La Regione ha appena concesso il via libera per la copertura. Il sindaco di Rotzo: investiremo 300mila euro con la Provincia
ROTZO Danno
fuoco al villaggio per fare «terra bruciata», letteralmente, senza
lasciare nulla agli aggressivi invasori che si fanno avanti: le legioni
romane. Tutto questo era cronaca, duemila e cento anni fa, a Rotzo
nell’Altopiano dei Sette comuni. Ed è così che si è preservato,
carbonizzato e paradossalmente «più resistente» in mezzo al fango, il
villaggio Bostel: una splendida gemma dell’archeologia italiana che
riporta le lancette della storia a tremila anni fa, datazione di alcuni
dei reperti ritrovati.
Per il Bostel presto arriverà una grande novità,
una copertura studiata ad hoc che renderà l’area visitabile tutto
l’anno: «Abbiamo finalmente ottenuto il via libera dalla Regione Veneto,
investiremo con la Provincia 300mila euro per il tetto e il
miglioramento della viabilità dell’area» esulta il sindaco Aldo
Pellizzari. Posta su una collinetta ad ovest di Rotzo, nella frazione di
Castelletto, sul ciglio destro della Valdassa, il Bostel è una stazione
retica dell’età del Ferro. Un villaggio che arrivava a contare seicento
anime: per l’epoca, un’enormità. Gli scavi dell’antico villaggio
iniziarono nel lontano 1781, ad opera dell’illuminato abate-archeologo
Agostino Dal Pozzo. In questi giorni nell’area archeologica si sono
svolti convegni – in particolare sui terrazzamenti, caratteristici degli
spazi in cui era seppellito l’antico villaggio – e si è festeggiata
l’apertura del Museo Archeologico dell’Altopiano, adiacente. «Il museo è
strettamente legato al Bostel, è stato realizzato in una ex scuola
trasformato grazie a finanziamenti della Comunità montana. Un passettino
alla volta stiamo raggiungendo dei buoni risultati» osserva Pellizzari.
Fino al 2015 l’area archeologica era gestita dall’azienda Archeidos. Ora
il museo e il Bostel verranno gestiti da un’Ati, associazione
temporanea di imprese che si occuperà allo stesso tempo dell’apertura e
chiusura degli spazi, delle visite guidate, della ristorazione per i
turisti ma anche dell’agricoltura negli spazi destinati a colture. In
vista della riapertura, nelle scorse settimane sono stati anche puliti i
prati e i percorsi di visita nell’area archeologica. «È tutto già
accessibile, per i visitatori, al momento si stanno concludendo alcune
fasi burocratiche e l’accesso è a offerta libera, gestito da volontari.
Presto verranno definiti i prezzi veri e propri dei biglietti – osserva
il sindaco – il Bostel è aperto ogni giorno dalle 9 alle 16, il museo
alcuni giorni a settimana ». L’area museale è accessibile il giovedì
dalle 15 alle 18 e dal venerdì alla domenica dalle 10 alle 12.30, e
dalle 15 alle 18. «Consiglio agli appassionati di venire a visitare il
Bostel in particolare dal 20 agosto in avanti – riprende Pellizzari –
per tre settimane infatti saranno sul posto, al lavoro per scavi e
ripristini, degli archeologi dell’università di Padova. E chi è
appassionato potrà parlare con loro e approfondire la storia di questi
luoghi».
Lo scavo in questo momento è parzialmente protetto da un telone.
L’altra grande novità in arrivo è una tettoia che, posta sopra il
Bostel, permetterà di ammirarlo in ogni stagione dell’anno. «Il
progetto, che comprende sia la copertura che variazioni viabilistiche,
prevedeva uno stanziamento congiunto da Regione, Provincia e Comune, ma
era fermo per motivi legati al bilancio regionale. Da qualche giorno
abbiamo ottenuto il via libera – precisa Pellizzari – l’Unione Montana,
proprietaria del sito archeologico, ha già predisposto l’appalto. A
settembre verrà assegnato, speriamo che i lavori abbiano tempi rapidi».
ilcorrieredelveneto
Le ultime tre terzine della poesia ARCHEOLOGY
RispondiEliminadi Wystan Hugh Auden, sua ultima poesia 1973
Dedicata all'abate Agostino dal Pozzo e al Bostel:
Von dar arkeolojìin am-me mindorsten
òana lèeronghe man-sich ziigan auzar,
dèz is, az alle de
ünzarn schuul-püchar khödent luughe.
Vor dèz ba rüüfat-sich gaschìcht
bar schöltan gaar nèt looban-üz,
sainanten gamàchet, in baarot,
vom-me pöösen steenanten in üns:
de guutekhot ist heebikh.
Tradüürnt von Oliver Baumann, Remíjo Geiser, un Enrico Sartori - 2017
Dall’Archeologia
Almeno una morale può essere estratta,
Cioè, che tutti
I nostri libri di testo mentono.
Quello che chiamano Storia
Non è affatto degno d’ammirazione,
Essendo fatta, si sa,
Dal criminale che è in noi:
La bontà è eterna.
Tradotto da Enrico Sartori - 2017
Ben valà ciò, .. se impara sempre calcossa.
RispondiEliminaMe intriga el Remijo Geiser: chi élo chi con sto nome paleoveneto? Uno imparentà con cuili dal Bostel? Un reto-venetico-cimbrizzato?
Remíjo Geiser o meglio Remíjo Goasar è il nome cimbro di Remigius Geiser, bavarese che abita a Salisburgo dove insegna all’università. Secondo molti è considerato quello che il cimbro classico lo sa, lo scrive e lo parla meglio di tutti. Un suo sito è http://remigius.org/ o meglio http://www.remigius.yourweb.de/italiano.html e alcune sue traduzioni di poesie in cimbro si trovano in http://cimbri.npage.de/remigius.html#Start . È suo l’inno dei cimbri adottato nel 2002, basta andare su Liid dar Zimbarn .
RispondiEliminaLa sua biografia (in tedesco) si trova in http://www.remigius.yourweb.de/autobiographia2005.html
La poesia completa sull’archeologia di W.H. Auden in 4 lingue si trova in http://cimbri.npage.de/arkeolojia.html#Start
Troppa grazia e considerazione, per un giullare come MMS, con questi precisi e puntuali riferimenti. Sono commosso. Solo che adesso il Remijo cimbricum dall'articolata biografia m'intriga ancor di più. Con uno così eclettico, esperto di bai e molte altre cose, credo che m'intenderei a meraviglia. Mi sa che è un tipetto piuttosto originale.
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