venerdì 31 gennaio 2014

Eccidio di Pedescala - by Lucia -


Nel marzo 2005, scrivevo per il Giornale degli Altipiani e la Valle dell’Astico e, saputo che stavano girando un filmato sull’Eccidio di Pedescala, mi sono presentata al regista per scrivere un articolo. Mi ricordo che non aveva tempo, ci siamo dati appuntamento sulla panchina sotto alla “maronàra” vicino al monumento e li, con molta semplicità, ha risposto alle mie domande. Era freddo, ma è stato gentile con le spiegazioni così ho capito cosa ci può essere dietro a un documentario che riguardava le dolorose vicende del mio paese.
L’articolo che leggerete è quindi quello pubblicato sul giornale dell’Altipiano del 5 marzo 2005 e parla di quando il filmato doveva ancora uscire. Lucia


L’ECCIDIO DI PEDESCALA: 
UN DOCUMENTARIO PER NON DIMENTICARE

Informarsi, documentarsi, ricercare, indagare, rintracciare …
Questi sono tutti verbi che indicano un modo per capire, per trovare, per conoscere cose, fatti, avvenimenti della vita che hanno fatto la storia dell’uomo. Ogni singola persona costruisce la propria storia con la vita, le vicende, le opere, gli ideali, le azioni. Tutto quello di cui siamo a conoscenza, che leggiamo sui libri, che vediamo nei documentari, è frutto di lunghe ricerche, di studi, di documentazioni, di racconti; un minuzioso lavoro per portare a conoscenza di tutti, per aiutare a capire. E’ in nome della storia che il signor Andrea Prandstraller, regista di film documentari raccontati, ha cercato di realizzare un progetto per dare il suo apporto alla conoscenza di frammenti di pagine passate, da scrivere su basi certe. L’inizio delle sue prime ricerche, risale a tre anni fa quando, leggendo gli articoli sulle stragi nazifasciste dopo l’avvenuta scoperta del famoso “armadio della vergogna”, la sua voglia di sapere lo ha spinto fino al piccolo paese di Pedescala, dove ha cercato testimonianze sui terribili fatti dell’Eccidio del 30 aprile 1945, dove ci furono 84 vittime, compresi Settecà e Forni. Subito ha pensato che questo fosse un caso isolato, ma poi, dopo essersi documentato sulle ricerche di alcuni storici toscani, è venuto a conoscenza di realtà simili a quella di Pedescala, come Guardistallo, Civitella Val Di Chiara e altre stragi dove il filo conduttore era lo stesso anche per il “dopo”; vicende raccontate in molti libri che testimoniano pezzi di storia. Così Andrea ha pensato che il suo lavoro andasse di là del fatto di Pedescala, che potesse assumere un valore generale per il dopo guerra dell’Italia, cercando di allargare gli orizzonti, vista la somiglianza di alcune vicende. Nel nostro paese i filmati-documentario sono poco prodotti, a differenza dell’estero, dove la diffusione è ampia, per questo non è stato possibile avere finanziamenti, quindi veder realizzato questo lavoro era veramente difficile. Così, il signor Prandstraller, che aveva scritto una traccia per un film, in forma un po’ autonoma e con l’aiuto di alcuni amici, ha realizzato due anni fa un “promo”, un filmato di 10 minuti, allo scopo di fare un manifesto pubblicitario, per cercare i fondi necessari per la realizzazione dell’intero documentario. Per due anni non ha avuto risposte, poi con l’avvento delle TV satellitari, che sono TV telematiche, si sono aperte nuove strade. L’autunno scorso, ha proposto il suo “promo” in occasione della settimana del documentario a Bologna, alla The History Channel, un canale che si occupa solo di documenti e inchieste sulla storia. Il progetto ha destato interesse, così con i finanziamenti ottenuti sarà possibile la realizzazione dell’opera. La Società di produzione Brooklin Film Ager Tre che aveva in mano il progetto, ora potrà portarlo a termine. Dal momento che tutto questo è stato possibile, la troupe televisiva capitanata dal regista Prandstraller, si è recata per una settimana a Roma e a Padova, la scorsa settimana è stata a Pedescala e nei dintorni, andrà quindi in Germania, per poi recarsi negli Stati Uniti, precisamente a Washington, dove potrà accedere ai fascicoli della strage conservati al NARA, il più grande archivio storico americano. Il documentario, dopo essere stato montato, sarà proiettato su SKY il 29 aprile 2005. Come per altre vicende, altre stragi, è doveroso ricordare con un grande senso di rispetto per chi ha perso la vita, comprendendo chi ha vissuto quei momenti terribili, ma cercando che il “non dimenticare” diventi un modo perché cose di questo genere non succedano più e che in ogni persona ci sia sempre la ricerca della verità, in nome della Bandiera della Pace.

Lucia Marangoni

Andrea Prandstraller è nato a Padova il 20 maggio 1959. Nel 1981 si laurea in Storia del cinema al D.A.M.S. di Bologna. Dal 1982 lavora per dodici anni come Aiuto Regista in numerose produzioni italiane e internazionali collaborando, fra gli altri, con Franco Taviani, Emidio Greco e Franco Rosi. Ha diretto alcuni cortometraggi di fiction e numerosi documentari di attualità, storia ed arte, trasmessi da Rai 3, RAI Sat Arte, The History Channel e National Geographic. 

Eccidio di Pedescala - seconda parte -





giovedì 30 gennaio 2014

Gli Artisti della Val d'Astico










Valpegara inverno 1923-24:
alla cascata ghiacciata 
si fa musica!
Che l'idea di questi concerti, 
ora così ricercati, 
sia stata diffusa dai nostri Artisti di Valpegara?






mercoledì 29 gennaio 2014

Una fiaba da raccontare ai vostri bambini o nipotini...

I TRE GIORNI DELLA MERLA



Ben sapete che, da tempi memorabili, i tre giorni più freddi dell'anno risultano essere il 29, 30 e 31 gennaio, ma non è stato sempre così.
Tanto tempo fa gennaio aveva 28 giorni e una volta i merli, che allora erano bianchi, sottovalutarono la potenza del Generale Inverno. E quello si arrabbiò davvero.


C’era una volta …
… prima che le leggi della natura fossero spiegate dagli scienziati, a farla da padrone era il terribile Generale Inverno, che mandava neve e gelo sull’intero globo terracqueo.
Il suo potere era concentrato nei mesi di dicembre e gennaio mentre già in febbraio il vecchio Generale era influenzato dalla giovane primavera e si faceva più mite. Anche i mesi non erano uguali a quelli di oggi, infatti gennaio aveva solo 28 giorni e febbraio 31.
In uno di quei freddissimi mesi di gennaio la terra era ricoperta da una coltre bianca e anche i merli erano bianchi, ma proprio tutti bianchi tranne, come oggi,  il becco giallo.
Fu così che un anno, il 28 gennaio i merli uscirono dai loro nidi contenti che il periodo per loro più difficile stesse per finire. Già si vedeva qualche filo d’erba spuntare da sotto la neve e sotto i primi pallidi raggi di sole cominciarono a prendersi gioco del buon vecchio Generale Inverno. 
Soprattutto le merle femmine che, come nella gran parte delle specie animali, avevano la lingua più lunga, inziarono a vantarsi dello scampato pericolo: “anche quest’anno ce l’abbiamo fatta”, “il Generale inverno non fa più paura a nessuno”, “ha appena la forza di rinfrescare per un paio di mesi”, “domani sarà febbraio e il vecchio Generale non sarà più capace di fare niente”…
L’orgoglioso Generale tollerò per un po’, ma poi sentendosi sbeffeggiato da quegli insignificanti uccellini (al suo cospetto erano effettivamente piccoli e indifesi) montò su tutte le furie e sbottò: “voi bianchi pennuti mi avete stancato, vi farò pentire di avere preso in giro il potentissimo Generale Inverno! Avete voluto scherzare, ma adesso la pagherete!” Ciò detto raccolse tutte le sue forze, gonfiò il petto e con le sue grosse manone strappò tre giorni a febbraio e li attaccò alla fine di gennaio. Quindi scatenò la più grande bufera di tutto l’inverno: vento gelido e neve per tre giorni come non si era mai visto.
I merli che stavano festeggiando in anticipo la fine dell’inverno smisero subito di ridere e scherzare e cercarono conforto nei loro nidi. Ma il vento era troppo potente e il gelo arrivò anche lì. Allora cercarono riparo tra gli alberi o sotto le tettoie, ma il freddo li raggiunse implacabile. Alla fine per trovare un po’ di tepore si rifugiarono nei camini delle case. Passò quindi il 29 gennaio e il freddo aumentò, passò anche il 30 gennaio e continuò a nevicare, arrivò il 31 gennaio e fu il giorno più freddo di tutto l’anno.
I merli si salvarono restando appollaiati per tre giorni nei tiepidi camini in cui si erano rifugiati. La sera del 31 gennaio la tempesta si placò e la temperatura iniziò a risalire; il Generale Inverno aveva terminato la sua prova di forza e, soddisfatto, poteva lasciare spazio a un febbraio in cui avrebbe condiviso il tempo con la fresca primavera.
Finalmente i merli poterono uscire dai loro ripari di fortuna. Iniziarono a beccare i primi fili d’erba che già spuntavano per placare i morsi della fame. Appena furono più tranquilli finalmente alzarono gli occhi e guardandosi gli uni con gli altri videro che qualcosa era cambiato: le loro bianche piume dopo i tre giorni trascorsi nei camini si erano impregnate di fuliggine ed erano diventate tutte nere. Provarono a lavarsi in qualche pozza di neve sciolta, si strisciarono le piume nelle prime foglioline verdi,  si beccarono le penne l’un l’altro … non ci fu niente da fare: il nero non se ne andò e il loro piumaggio bianco fu perso per sempre.
Il Generale Inverno si godette lo spettacolo, quindi tirò fuori il suo vocione e disse in tono stentoreo: “che questo serva da lezione a voi e a tutti gli animali: non si scherza con le stagioni, con il freddo, con il clima. Non ci si può prendere gioco della Natura. Da oggi in poi gennaio avrà 31 giorni e i suoi ultimi tre giorni saranno i più freddi dell’anno. Per ricordare a tutti questa storia voi merli, che più di tutti avete scherzato, porterete per sempre queste penne nere”.

Da allora tanti anni sono passati ma ancora oggi gennaio ha 31 giorni e il 29, 30 e 31 gennaio sono i giorni più freddi dell’anno e sono detti i giorni della merla. I nerissimi merli stanno lì a ricordarci questa storia dalla quale abbiamo imparato che se durante l’inverno c’è un giorno di sole è meglio goderselo in silenzio, allentarsi la sciarpa, togliersi il berretto, alzare lo sguardo e sorridere al cielo blu, il Generale Inverno apprezzerà. Per tutti gli altri giorni dell’anno dovremmo guardarci bene dal sottovalutare la forza della Natura per non rischiare di ritrovarci un giorno tutti neri come gli spazzacamini.
zia Peppa


Erano tempi...

che anche Valpegara aveva le sue cartoline! 
Notiamo sulla statale la casa di Odette
 
(by Odette)

martedì 28 gennaio 2014

Anche quest'anno ho fatto la ... Befana!




Ormai sono diversi anni che il 5-6 gennaio mi vesto da Befana e vado in giro: a volte chiamata, a volte per mio piacere. Il fatto è che in tutti questi anni, il travestirmi e impersonare un personaggio che amo, mi ha sempre dato grandi soddisfazioni. Se un tempo, quando ero a scuola, il mio naso non proprio alla francese, mi ha dato modo di sperimentare la cattiveria dei ragazzi per le tante prese in giro, da tanti anni mi sono resa conto che Madre Natura mi ha fornito di un particolare perfetto per fare la Befana! Infatti, mai ho voluto mettere una maschera, ma solo un po’ di fuliggine, una parrucca, occhiali, portamento da vecchia e voce stridula: questi sono gli unici ingredienti che uso per il mio travestimento. Sono stata la Befana dei bimbi della Scuola Materna del Grumello anni fa, poi in giro a case dove  alcune amiche  richiedevano la mia presenza e tante, tante volte ai Forni, quando i bambini del posto non mi conoscevano bene e quindi potevo fare la mia sceneggiata!



La Befana mi piace, così anche quest’anno la settimana prima del 6 gennaio, ho pensato di rallegrare le persone che ne hanno più bisogno: sarei andata alla Casa di Riposo a San Pietro. Ho preso contatto con la responsabile e ho chiesto il permesso per poter far visita ai nonni. A dire il vero il 5-6 gennaio sono stati giorni difficili per via di ricordi dolorosi e anche di problemi famigliari di salute, ma al pomeriggio del 6, visto che la situazione era sotto controllo, ho deciso di travestirmi. Maglione, gonna, calze di lana, calzettoni, scarponcini, scialle, parrucca, fazzoletto, occhialoni, sacco, campanella e scopa con pila incorporata sul manico. Sono partita da casa mia e sono andata da mia mamma: la sua esclamazione: - Valà , che te sì mata ti! -.  


Arrivo a San Pietro e parcheggio  al Casélo per godermi una passeggiata un po’ diversa… Non c’è anima viva in giro, sono le 16e30 … una signora è alla finestra, la chiamo e lei mi fa segno di andarmene ... poi busso a una finestra e vengo accolta con gioia; incontro un’altra signora per la strada, le do una caramella e lei sorride: - Ah, ghè xè la Befana in volta!!! - Poi silenzio, sembra un paese di fantasmi! Arrivo al parcheggio della Casa di Riposo e vedo un gruppetto di persone che sono appena tornate da una camminata e lì … faccio un po’ di “bàgolo”, (c’è con loro anche il nostro Nicolò), dispenso caramelle e bagigi e mi fanno delle foto: sembra un avvenimento! Entro nello stabile e vengo accolta con gioia dagli ospiti che mi parlano, accettano i miei dolci e mi chiamano … lascio il sacco per terra per andare dove guardano la tv e quando torno mi accorgo che il sacco è … sparito! Un uomo in carrozzina sta scappando con il sacco in spalla ed io gli corro dietro mentre cerca di nascondersi ... Che scena!!! Faccio il giro del salone di sopra e delle camere … quanti sorrisi, richieste di baci, lacrime, ringraziamenti … ho visto la gioia in quei volti, la felicità di aver avuto un momento diverso nella vita sempre uguale di tutti i giorni. Anche le operatrici e le infermiere mi ringraziano e alcune ospiti mi chiedono: - Quando tòrnitu? - Presto - rispondo io, presto ritorno, magari in un’altra versione, ma tornerò! Ho dato qualcosa e sono stata felice di farlo, ma ho ricevuto tanto … tanto si riceve, nella semplicità delle cose, nella normalità delle situazioni, dove non si crede di ricevere …



Dentro ci sono 30 gradi e sento il sudore che scende lungo la schiena, saluto tutti ed esco: ormai è sera, il buio sta scendendo nella valle, alzo gli occhi al cielo e ringrazio Dio per tutto questo ... All’incrocio che sale ai Lucca trovo un gruppo di amici di Forni che erano andati a camminare  e mi intrattengo con loro, facendo le mie solite battute. Sul poggiolo c’è mia figlia con Gioele che mi chiama; ho paura che riconosca la mia voce e così lo saluto con la mano, ma sveglio com’è, mi aveva sentito parlare con il gruppetto di persone e a un tratto dice: - Ma tu sei Befana nonna Cia? -   Devo sparire in fretta! Vado a far visita ad alcuni amici che mi accolgono sempre con gioia, poi risalgo in auto e torno a  casa. Non avrei voglia di svestirmi di quei panni da vecchia, ma mio marito mi chiede cortesemente di lavarmi la faccia per tornare alla normalità perché dice che faccio spavento! Così mi svesto e mi lavo il viso… Un indumento dopo l’altro, la Befana scompare, il nero del viso non c’è più, torna la Lucia … Mi guardo allo specchio e mi sento contenta di quello che, nonostante lo stato d’animo che avevo, sono riuscita a fare, a essere. Ringrazio la Befana perché grazie a lei, per un paio d’ore ho dimenticato pensieri e problemi e ho portato un po’ di gioia a chi ne aveva bisogno. Il giorno dopo il mio nipotino mi chiede se ero io la Befana… gli racconto con la fantasia che di solito uso, che ero con il nonno a Pedescala e la befana non l’ho proprio vista!  Ma i giorni seguenti mi accorgo che la Befana mi ha fatto un regalo … Mi sono presa un accidente dal caldo al freddo … via la voce e una tosse da cani che non mi ha lasciato in pace per una settimana … La sera dell’undici, quando ho iniziato a presentare il Coro di Forni al Concerto del Grumello, ho dovuto scusarmi  davanti a una chiesa gremita, per la voce terribile che avevo. Così ho iniziato dicendo: - Mi scuso con voi tutti, ma il sei gennaio ho fatto la … Befana e mi sono presa un malanno! - Risata generale! 
Ecco, oltre a far sorridere anziani, giovani e amici vari, la Befana ha fatto sorridere di gusto, tanta gente!

                                                        Al prossimo 6 gennaio, speriamo!  Lucia

lunedì 27 gennaio 2014

Eccidio di Pedescala - prima parte -

Ringrazio Piero da Vicenza 
che mi ha passato il filmato sull'eccidio di Pedescala, 
che dura all'incirca un'ora. 
E' stato spezzettato in 4 parti di circa 15 minuti l'una.
Ringrazio anche Stefano G. per tutta la parte tecnica.




Shoah



















domenica 26 gennaio 2014

Le maschere italiane

Ai miei tempi, 
queste le maschere della tradizione, 
ma mi rendo conto 
che tanta acqua sotto i ponti è passata...
Visto che siamo in carnevale 
e che si parla di frittelle, 
crostoli e quant'altro, 
ricordiamo anche loro, 
forse con un po' di nostalgia.


La maschera di Arlecchino ha origine dalla contaminazione di due tradizioni: lo Zanni bergamasco da una parte, e “personaggi diabolici farseschi della tradizione popolare francese”, dall’altra.
La carriera teatrale di Arlecchino nasce a metà del cinquecento con l’attore di origine bergamasca Alberto Naselli noto come Zan Ganassa che porta la commedia dell’arte in Spagna e Francia. Nel ’700 Goldoni lo introdusse nella commedia letteraria.
Abito: a pezze multicolore, maschera nera, dialetto pseudo bergamasco, astuzia, coraggio e poltroneria. Ebbe particolare fortuna nel ’700, durante l’800 la sua figura decadde per essere ripresa durante il teatro dei burattini, come protagonista di farse e di commedia per fanciulli.

 




Colombina è il nome di una maschera veneziana della Commedia dell’Arte.
È la scaltra servetta fidanzata di Arlecchino. È molto maliziosa e convince Arlecchino ad esaudire ogni suo desiderio, soprattutto a comprarle tutto ciò che desidera.









Pulcinella è una maschera napoletana della commedia dell’arte.
La sua creazione si deve, molto probabilmente, a Silvio Fiorillo da Capu che lo interpretò sul palcoscenico. Pulcinella indossa un camicione bianco con larghi pantaloni bianchi, ha un cinturone nero in vita, il ventre sporgente, scarpette nere, un cappuccio bianco in testa e una grossa maschera al viso che lascia scoperta sola la bocca; ha un naso ricurvo, le rughe sulla fronte e un espressione al quanto inquietante. Egli è un servo furbo e pigro, ha una tonalità di voce stridula e acuta, cammina in maniera goffa, gesticola in modo eccessivo, tanto che quando deve mostrare la sua gioia, lo fa in maniera plateale e senza risparmiare le sue energie vitali comincia a saltellare, danzare, cantare, gridare, ecc.






Balanzone (allegoria della Giustizia), conosciuto anche con il nome di Dottor Balanzone, è una maschera di origine bolognese.
Uomo dalle guance rubizze, veste sempre di nero ed ha una grossa pancia; è solito gesticolare molto, ma i suoi gesti sono sempre pacchianamente autorevoli ed eloquenti. Calza una piccola maschera che ricopre solo le sopracciglia e il naso, appoggiandosi su due grandi baffi. Indossa la divisa dei professori dello Studio di Bologna: toga nera, colletto e polsini bianchi, gran cappello, giubba e mantello.
Gode di molta stima tra le altre maschere che spesso si rivolgono a lui per un parere medico, e lui non nega il suo aiuto e coglie l’occasione per fare la cosa che più gli piace: parlare ed elargire pareri di nessun valore.









Brighella è una maschera popolare bergamasca, deve il suo nome al suo carattere attaccabrighe, insolente e dispettoso. E’ compare di Arlecchino, entrambi bergamaschi. Brighella però ci tiene a precisare che lui é di Bergamo alta, mentre Arlecchino è di Bergamo bassa.
Brighella è un tipo di servo avventuriero munito di coltello e pronto a qualsiasi azione e intrighi, il che ha dato origine al suo nome. Viene raffigurato con giacca e pantaloni decorati con galloni verdi; ha scarpe nere con i pon pon verdi. Il mantello è bianco con due strisce verdi, la maschera e il cappello sono neri. Sa suonare e cantare tanto che è chiamato pure “Flautino”. Goldoni lo ha introdotto tra le sue maschere trasformandolo talora in servo affettuoso e disincantato.





 



Pantalone è una maschera veneziana, rappresenta il tipico mercante vecchio, avaro e lussurioso.
In seguito è stato trasformato nel saggio e buon padre di famiglia. Veste in velluto o stoffa rossa, con calze rosse e berretto. Non abbandona mai la borsa con i suoi averi.
Il nome Pantalone deriva da “Pianta Leone”, come venivano definiti coloro che, con la scusa di conquistare nuove terre per Venezia, si sbrigavano a piantare la bandiera di San Marco su ogni pezzo di terra che trovavano. E’ chiamato il Magnifico.







 


Gianduja è una maschera popolare torinese di origini astigiane. Il suo nome deriva dalla locuzione Gioann dla doja ovvero Giovanni del boccale.
Dal suo nome deriva quello della cioccolata gianduia e del famoso cioccolatino “Gianduiotto”.
E’ un intenditore di vini doc e la sua vera passione sono le osterie. E’ un galantuomo allegro dotato di buon senso e coraggio che ama, oltre al buon vino, anche la buona tavola.
Scaltro e arguto, ha un costume di panno color marrone, bordato di rosso, con un panciotto giallo e le calze rosse. Nella tradizione carnascialesca si affianca a quelle medioevali di Ballanzone per Bologna, Pantalone per Venezia, Pulcinella per Napoli ecc.










Stenterello è la maschera tradizionale di Firenze. Conosciuto come l’unica maschera del Carnevale e del Teatro fiorentino. Dal naso prominente, Stenterello è il tipico personaggio fiorentino chiacchierone, pauroso ed impulsivo; ma anche saggio, ingegnoso e pronto a schierarsi dalla parte del più debole, anche se la tremarella gli mette spesso i bastoni tra le ruote. Assieme alla risposta pronta, ha sempre battute pungenti, espresse in vernacolo fiorentino, non volgare ma mite e brioso. Indossa il tricorno nero o una lucerna con fregio, una giacca (zimarra) o giubba a falde di color azzurro chiaro o blu, sopra ad una sottoveste sgargiante, panciotto giallo canarino, dei calzoni corti neri (a volte neri e verdi), una calza di cotone rossa ed una fantasia, o due diverse tra loro ma a righe, scarpe a fibbia basse, ed una parrucca bianca con codino all’insù.




 


Meneghino è una maschera lombarda che nasce nel Seicento. Meneghino impersona un servitore rozzo ma di buon senso che, desideroso di mantenere la sua libertà, non fugge quando deve schierarsi al fianco del suo popolo. Generoso e sbrigativo, è abile nel deridere i difetti degli aristocratici. “Domenighin” era il soprannome del servo, che la domenica accompagnava le nobildonne milanesi a messa o a passeggio. Durante l’insurrezione delle Cinque Giornate di Milano nel 1848 fu scelto dai milanesi come simbolo di eroismo. Vestito di una lunga giacca marrone, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, ancora oggi è protagonista dei carnevali milanesi.






Rugantino è una maschera del teatro romano. Questa maschera impersona un tipico personaggio romanesco, er bullo de Trastevere, svelto co’ le parole e cor cortello, il giovane arrogante e strafottente ma in fondo buono e amabile. L’aspetto caratteristico di Rugantino è l’arroganza, infatti il suo nome nasce dalla parola romanesca ruganza ovvero “arroganza”. Rugantino era vestito da sbirro; indossava pantaloni, gilet e giacca rossi, calzava scarpe con grandi fibbie e portava un cappello a due punte. Il suo nome deriva senza dubbio da ” rugare” cioé brontolare, borbottare, come una pentola d’acqua che ribolle.
Con il tempo smetterà l’abbigliamento militare e, vestiti panni civili, smusserà il suo carattere negativo per assumere un carattere più pigro e bonario che ne farà l’interprete di una Roma popolare ricca di sentimenti di solidarietà e giustizia.
Indossa pantaloni, gilet e giacca rossi, calza scarpe con grandi fibbie e porta un cappello a due punte.

Stambecchi - Valle Antrona -

FENOMENALI, pur che è la loro natura!
(by Odette)


Solo per oggi


Giovanni XXIII, il Papa buono, 

scrisse così... 



Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata senza voler risolvere i problemi 
della mia vita tutti in una volta. 

Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà, non alzerò la voce, sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno, non cercherò di migliorare o disciplinare nessuno tranne me stesso. 

Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell'altro mondo, ma anche in questo. 

Solo per oggi mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino ai miei desideri. 

Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a sedere in silenzio ascoltando Dio, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così il silenzio e l'ascolto sono necessari alla vita dell'anima. 

Solo per oggi compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno. 

Solo per oggi farò una cosa che non desidero fare. E se mi sentirò offeso nei miei sentimenti, farò in modo che nessuno se ne accorga. 

Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò perfettamente, ma lo farò. E mi guarderò dai due malanni: la fretta e l'indecisione. 

Solo per oggi saprò dal profondo del cuore, nonostante le apparenze, che la Provvidenza si prende cura di me come nessun altro al mondo. 

Solo per oggi non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere nella bontà. 

Posso ben fare per 12 ore ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare tutta la vita. 

A tutti Voi l'augurio 
che di tanto in tanto possiate ripetere:

 Solo per oggi...
(by Lucia)

I grùstuli dela Gianìna campanàra



Sta specialità sajà al Circolo Pensionati.

4 guciàri de acua
4 guciàri de late
2 guciàri de graspa
2 guciàri de sùcaro
2 uvi
2 guciarìti de lievito
2 noséle de buro
na presa de sale
la farina che tira
sùcaro a velo da spolveràrghe sora
oio par frìsere

scaldare acua, late, sùcaro, buro e sale.
Dontàre pian pianélo tuto el resto.
Tirare la sfoja fina.
Fé i rumbi co la ruéla o tundi col bicére, o la forma ca vulì.
Scaldé l'oio de bagìgi fresco e procedì...
Se i ve ven fora boni e tanti e no saì a chi dàrghili...
mitì pure un messaggio sul post ca rivémo...
E... me racomàndo... sempre la finestra vérta...
par far cicàre chi che passa...


sabato 25 gennaio 2014

La panadéla...



A cosa serve:
- questo impacco è molto utile per ammorbidire la tosse secca e anche per sedare gli attacchi di tosse violenti;
- serve per la sinusite (applicare l'impacco, il più caldo possibile, sulla fronte o sugli zigomi, a seconda di dove si sente il fastidio-dolore);
- è utile in caso di cistite, applicato direttamente sulla vescica, ancora caldo; allevia il fastidio-bruciore e la sensazione di dover urinare continuamente;

Ingredienti:
- 1 dose di semi di lino (si possono acquistare nei negozi di alimenti naturali e biologici)
- 2 dosi di acqua
Le quantità variano in base all'utilizzo. L'impacco per la tosse va messo sulla parte alta del torace e quindi per un bambino la dose è una tazzina di semi di lino e 2 tazzine di acqua. Per un adulto saranno invece 2 tazzine di semi di lino e 4 tazzine di acqua.

Preparazione:
1) preparate un fazzoletto, tovagliolo o panno di cotone (o lino) ben disteso sul tavolo
2) prendete un pezzo di carta casa (tipo scottex) e appoggiatelo sopra il fazzoletto
3) in un pentolino versate una dose di semi di lino e 2 dosi di acqua e mettete sul fuoco
4) portate a bollore facendo attenzione a che i semi di lino non si incollano; quando inizia a bollire teneteli un po' mescolati e non allontanatevi dal fuoco perchè l'impacco è pronto in un attimo, altrimenti vi brucia
5) quando i semi di lino hanno rilasciato la loro mucillagine (tipo colla trasparente) e l'impacco ha la consistenza semi-solida (deve essere comunque ancora un po' liquido), versatelo sopra il foglio di carta casa
6) ripiegate i lembi del foglio di carta casa come per fare un pacchettino (della dimensione circa della parte alta del torace) e fate lo stesso con il fazzoletto
7) a questo punto l'impacco va fatto raffreddare in base al grado di sopportazione della persona a cui lo dovete applicare (per i bambini va fatto raffreddare molto; se mettete l'impacco e per loro è troppo caldo, levatelo e attendete ancora; potete provare il calore appoggiando l'impacco sulla vostra guancia oppure all'interno del braccio)
8) una volta raggiunto il grado di calore desiderato applicate l'impacco sulla parte alta del torace e, se serve, tenetelo fermo con una sciarpa o un foulard (soprattutto per i bambini perchè non stanno fermi e finisce che l'impacco gli arriva alla pancia)
9) tenere l'impacco in posa finchè si raffredda
10) al bisogno ripetere anche più volte al giorno (io l'ho fatto un massimo di 3 volte al giorno)

El sùcaro de ordo


150 g de sùcaro
medo bicére de acua
na petoléta de buro

In te na pignàta bassa e larga col fondo spesso mitì el sùcaro, l'acua e la petoléta de buro. Missié sù ben e lo fé nare pian pianélo. Quando che el sùcaro cominsia a cambiar colore, prima gialéto e via via sempre pì scuro, quando che lo vidì de un bel dorato carico a versè sto sciropéto in te un piato e lassè chel devente duro e fredo. Dopo a lo tajé a scajéte co la ruéta dei grùstuli o quela dela pissa.

Il Coro del Grumello


Festeggiati i venticinque anni 

del Coro Parrocchiale 

del Grumello di Piovene


Il percorso della vita di ognuno di noi è fatto di gioie e dolori, preoccupazioni e problemi, ma ci sono anche tanti momenti di felicità da vivere pienamente. Così è stato, infatti la serata che il Coro del Grumello ha organizzato per ricordare i 25 anni di canti insieme: un momento di gioia e condivisione. Come racconta il maestro, Guido Toniolo, il caso ha voluto che nel settembre 1988 mentre in un panificio ordinava il rinfresco per il suo matrimonio, ci sia stato un incontro a dir poco fortunato. Il parroco di allora, don Leonardo, gli fa gli auguri e gli propone di seguire il coro della parrocchia. Poche parole che però non lasciano tanto da pensare; in ottobre si inizia col trovarsi in tanti per iniziare un percorso che  negli anni ha regalato tanto, a tutti i componenti. Allora, una ragazzina che si chiamava Sabrina, suonava l’organo a tutte le messe, le viene proposto di passare alla tastiera e insieme ci si inoltra nel mondo dei canti  arricchendo il repertorio  che diventa sempre preghiera cantata. 
La prima messa l’8 dicembre, dà inizio a una storia di condivisione, di cammino, di maturazione e di amicizia. Anche se inevitabilmente negli anni tanti coristi si sono alternati, il coro continua ad animare le liturgie della parrocchia o dove viene richiesto, con la voglia di continuare il cammino insieme. Anche la scelta dei cori ospiti per la serata di sabato 11 gennaio 2014 non è stata casuale; le cose che ci capitano, a volte, sono quasi dei segni che ci indicano una via. Il maestro Toniolo e la moglie si sono trovati a settembre ad Assisi per festeggiare il 25° di matrimonio e, durante la messa nella basilica inferiore, hanno saputo che il coro che animava la liturgia era di Forni di Valdastico: da qui la decisione che il coro “Sulle ali del canto” di Forni, fosse presente alla serata. E visto che, il maestro Giulio Agostini dirige il Coro di Forni e anche il Coro Alpino Monte Caviojo, la serata è stata veramente coinvolgente. Tre cori che hanno allietato la serata con melodie e canti che si sono levati al cielo come ringraziamento, in una chiesa gremita. Il coro del Grumello ha ringraziato i parroci che in questi anni hanno seguito la parrocchia e i parrocchiani per il sostegno e l’incitamento che aiuta a proseguire una strada non sempre facile, ma che riempie il cuore di gioia. Dopo il concerto, ai coristi dei tre gruppi è stato offerto un rinfresco per continuare la serata in amicizia e allegria.
25 anni non sono pochi: un quarto di secolo, dove passione per il canto, impegno, costanza, pazienza, disponibilità, amicizia e affiatamento si sono mescolati insieme; ingredienti indispensabili per proseguire un cammino importante. 
Auguro al Coro del Grumello di tenere a mente questi ingredienti e di continuare a cantare insieme trasmettendo a chi ascolta emozioni uniche, ma più di tutto con la certezza di cantare per lodare Dio e ringraziarlo per i tanti doni che sempre ci elargisce.

                                                                Lucia Marangoni

 Concerto del 11 Gennaio CORO GRUMELLO
 CORALE "SULLE ALI DEL CANTO"
 CORO ALPINO MONTE CAVIOJO

Potenza del nome

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