martedì 31 dicembre 2024

Il tempo




Il tempo di per sé, non risolve i problemi, ma spesso fornisce la lucidità necessaria per comprenderli più a fondo. 

Attraverso il tempo guadagniamo nuove prospettive, permettendoci di vedere le situazioni sotto una luce diversa. Tuttavia, questa comprensione non equivale a una soluzione automatica.

La responsabilità dell’azione riguarda ognuno di noi. Infatti, non basta comprendere la natura dei problemi; è necessario fare i passi concreti per superarli.

Dobbiamo essere non solo riflessivi, ma anche parte attiva nel creare cambiamenti positivi nelle nostre vite e nelle situazioni che ci circondano.

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Curiosità



LA MEGAIDROELETTRICA AVREBBE DEVIATO L'ASSE TERRA

Dopo 18 anni di costruzione, nel 2012, la centrale megaidroelettrica cinese è stata interamente completata. È lunga più di due chilometri, alta 185 metri (simile a un edificio di 62 piani) e possiede 32 turbine, che la rendono la centrale idroelettrica più grande del mondo. 

È anche quella che, secondo i media AS, produce più energia in un anno intero, con 80.000 milioni di kilowatt all'ora. 

In questo complesso idroelettrico, la diga delle Tre Gole ha un sistema di chiuse per trasportare le navi da un luogo all'altro sul fiume Yangtze. A ciò si aggiunge che è stato costruito un ascensore navale in grado di sollevare una nave da 3.000 tonnellate, mentre con il sistema di bloccaggio ci vogliono circa quattro ore. 

La megacentrale idroelettrica ha una capacità massima di 39 miliardi di litri d'acqua e il canale si estende per 600 chilometri verso l'alto. La copertura di questa quantità d'acqua ha avuto conseguenze per la popolazione vicina alla costruzione. 

Secondo uno studio della NASA, questo accumulo di acqua avrebbe causato un allungamento della durata dei giorni di 0,06 microsecondi, “rendendo la Terra più piatta ai poli e un po’ più rotonda all’equatore”.

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I consigli di Elettra


 - Coltivare la gratitudine -

Siamo circondati da mille piccole cose che rendono bella e leggera la vita.

Ma le piccole cose sono spesso non considerate, invisibili, non riconosciute. 

Eppure sono loro, le piccole cose, che rendono più 'facile' la vita. Facile nel senso di possibilità di concentrarsi sulle cose 'importanti'.

Un esempio di piccole cose 'importantissime'? 

Eccole!

- La carta igienica.

È morbida, pulita, comoda da usare. Utilissima per non sentirsi bagnati, per non 'saper' da pipì. Indispensabile per pulirsi (se non si usa l'acqua o il bidet). 

Appesa vicino alla tazza del water la diamo per scontata e ci rendiamo conto di quanto serve solo quando manca.

Quando ero piccola a volte mancava in casa mia. Allora ci si ingegnava con carta da giornale o riviste patinate, ma bisognava stroppicciarle forte tra le mani per renderle un po' morbide. Il risultato non è minimamente paragonabile alla   carta igienica ufficiale.

- L'accensione del fornello.

Ora basta un pulsante: click click ed ecco il fuoco, pulito, disciplinato, regolabile e funzionale per preparare il caffè. 

Ma se il 'click' non funziona e non si ha un accendino vicino? Se l'accendino è bagnato o esaurito? 

O se si accende solo il fuoco più grande, ma serve il fuoco piccolo?

Si cercano fiammiferi dimenticati nei cassetti o accendini forse sparsi per casa.

E per passare il fuoco dal bruciatore grande a quello piccolo, ecco che serve il giornale arrotolato a punta, che acceso nel bruciatore grande, porta il fuoco nel bruciatore piccolo lasciando una scia di fumo e cenere.

(anche questo succedeva a casa mia)

E nel frattempo l'orologio avvisava che era tardi, bisognava uscire a prendere la corriera, ma tra il tempo perso in bagno e in cucina il tempo era volato e invece di mangiare una bella scodella di pane e latte, se ne beveva velocemente un bicchiere e fino all'ora di pranzo, il nulla.

Ecco... l'accendino, il fuoco, la carta igienica, piccole cose che diamo per scontate, piccole cose che rendono leggera la vita.

Ogni giorno è un buon giorno per essere grati delle piccole cose.


Elettra Erboristeria 

Cornedo Vicentino 

La vignetta


 

lunedì 30 dicembre 2024

Momento tragico


 

I misteri del Presepe (13) - el Caganer -

  

“EL CAGANER” 





Concludiamo l’anno con un sorriso!  
Quello che ci strappa questa curiosa figura, che si trova, tra l’altro, dipinta anche nel soffitto della Cappella Palatina di Palermo.  

Di chi stiamo parlando?  

Del “caganer”, una tipica statuina spagnola che, dall’epoca barocca, non può mancare nei presepi della Catalogna e zone limitrofe, dove è diventata una vera e propria icona del folklore… e non solo! La si trova, inoltre, anche nei presepi classici napoletani.  
Ebbene sì! Lui è il contadino intento a… “fare i propri bisogni”!  

Metterlo nel presepe è di buon auspicio: porterà frutti in abbondanza. Dopotutto il caganer è un contadino. E chi meglio di lui conosce il valore dei fertilizzanti per la terra? 

È posizionato in un cantuccio della scena presepiale, di solito vicino a una pianta, al riparo dagli sguardi altrui, lontano dalla capanna. Ma solo per riservatezza!  In realtà è molto caro a Gesù, perché dimostra di aver capito il suo messaggio.  
Da quell’angolino nascosto vuole ricordare infatti, in modo prosaico, ma divertente, che, in fondo, ricchi e poveri, maschi e femmine, grandi e piccini, bianchi e di colore,… su questa Terra siamo tutti uguali!  

È quindi simbolo di pace, giustizia, prosperità, allegria e felicità: proprio quelle cose che, in questi giorni, ci auguriamo tutti per l’Anno Nuovo! 

Paola Toldo Slaviero

Il Presepe di Alberto in Contra' Tartura




Non sono riuscita a rimanere indifferente di fronte a questo Presepe fatto a mano da Alberto
Mi ha intenerito la sensibilità e l'attenzione che ha avuto nello scegliere il luogo: una grotta come ai tempi di Gesù, e pure dentro la mònega per tenere Gesù bambino al caldo! Sicuramente anche un omaggio alla sua Contra' dove ritorna ogni momento che può. Forse con la presenza di questo Presepe, desidera sentirla ancora viva come ai vecchi tempi, almeno per il periodo natalizio!...
Questa Contrada è un po' penalizzata dalla strada per accedervi "un po' così"... però io la trovo semplicemente stupenda! E vi assicuro essere anche come la "Terra Promessa"... a vien de tuto!...😊

Ad Alberto un applauso per la sua creazione, e per chi vuol fare una camminata lo potete ammirare nelle gallerie giù alle fontane di Tartura.







 

Girovagando


La BUCOVINA, regione a nord-est della Romania, al confine con l'Ucraina, è sicuramente una delle più belle regioni europee, ed insieme al Maramures è senza dubbio la più bella regione Rumena.
Le sue bellissime colline coperte da secolari boschi sono come uno scrigno, al cui interno si trovano piccoli borghi medievali, e dei Monasteri di incredibile bellezza.
Qui il tempo rallenta, i ritmi sono tranquilli, la gente alla domenica veste gli abiti tradizionali per andare a messa, ed è anche un modo per sentirsi parte di una comunità.

Se volete rilassare il corpo e la mente, uscire dal ritmo frenetico a cui spesso siamo costretti nella vita di tutti i giorni, allora dovete assolutamente venire in BUCOVINA.

Michele Carbone

Curiosità


Questa me la lego al dito


È un’espressione che deriva da un’antica usanza. 

In passato, piccole strisce di pergamena, contenenti insegnamenti religiosi, venivano attaccate alla mano per garantire che non venissero dimenticati. Quindi è un detto popolare che evoca l’idea di ricordarsi di qualcosa per lungo tempo, sia esso un torto subito o una lezione imparata. Ma come si può interpretare questa frase nel contesto lavorativo? 

In ambito professionale, "legarsela al dito" non dovrebbe significare portare rancore o restare ancorati ad un errore altrui. Al contrario, può diventare un invito a prendere appunti mentali di situazioni, errori o sfide che ci hanno lasciato qualcosa di significativo. 

È un promemoria per crescere e per affinare la nostra capacità di adattamento. 

Ecco qualche esempio pratico: 

    Quando un progetto non va come previsto, "legarsela al dito" significa ricordarsi delle dinamiche che hanno portato a quel risultato, così da non ripeterle. 

    Quando riceviamo un commento, anche critico, possiamo trasformarlo in un'opportunità: legarcelo al dito per migliorare le nostre competenze. 

    Di fronte ad un comportamento non collaborativo, possiamo "segnare il punto" per imparare a gestire meglio i rapporti umani in futuro, evitando tensioni inutili. 

"Legarsela al dito" non è vendetta, ma memoria consapevole. Una memoria che ci spinge a lavorare su di noi, a migliorare le nostre relazioni, a non dimenticare mai le lezioni che la vita lavorativa ci offre ogni giorno. 

Giuseppe Falco



La vignetta

 


domenica 29 dicembre 2024

Eretici


Vi auguro di essere eretici. 
Eresia viene dal greco e vuol dire scelta.  
Eretico è la Persona che sceglie e, in questo senso, è colui che più della verità, ama la ricerca della verità. 
E allora io ve lo auguro di cuore questo coraggio dell’eresia. 

Vi auguro l’eresia dei fatti, prima che delle parole, l’eresia che sta nell’etica, prima che nei discorsi.  

Vi auguro l’eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità e dell’impegno. 

Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri. Chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è. 

Eretico è chi non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia, chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello che fa. 

Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie. Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.  

Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza. Chi crede che solo nel noi, l’io possa trovare una realizzazione. 

Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio.


Don Luigi Ciotti 

Perchè si dorme?


- Il sonno spiegato ad un alieno - 


Gli umani soffrono di una strana patologia.

Dopo circa 12 o 18 ore di veglia, il corpo cade in uno stato strana di immobilità.

Questa immobilità è una situazione reversibile, ma è  simile ad uno stato di coma (perdita di coscienza, sensibilità e abilità motorie).

Nello stato di come apparente il  corpo è immobile o quasi, ci sono piccoli scatti del corpo e a tratti si presentano  movimenti veloce degli occhi.

Stranamente, la mente non si blocca, ma crea  immagini sbalorditive, assurde, strane. 

Questo stato di coma apparente è innocuo, anzi sembra sia di aiuto agli uomini,  perché dopo questa fase le Persone tornano ad essere attive e collaborative e ricordano i fatti vissuti.

Questa fase avviene ogni giorno per tutta la vita.

Lo stato di coma apparente è presente in tutto il pianeta terra e ne hanno bisogno tutti gli esseri viventi.

Praticamente 1/3 della vita degli umani è passata a stare immobili per un periodo di ore che può essere da quattro a otto, ma mai sotto le quattro.

La scienza umana non è riuscita a spiegarne il motivo di questo stato di coma apparente, ma sembra di fondamentale importanza perché le  persone costrette a non dormire alla fine impazziscono o muoiono.

Gli umani per dare una spiegazione a questa bizzarria hanno creato i miti.

Secondo la mitologia greca, Ipnos (dio del sonno) ha avuto molti figli, fra cui Morfeo, Fobetore e Fantaso, ognuno dei quali rappresenta una diversa tipologia di sonno.

Dormire è indispensabile alla vita.

Quando il sonno è disturbato può servire:

- regolare la dieta

- sistemare  il reflusso

- assumere sali minerali o magnesio

- aggiungere melatonina

- controllare la tiroide

- bere infusi con piante per rilassare o per il sonno

- depurare il fegato 

- diffondi oli essenziali

- introduci oligoelementi 

Affrontare ansie o paure o rabbie che disturbano il sonno con percorsi dedicati. 


Elettra Erboristeria 

Cornedo Vicentino

Curiosità sulla Germania



La Germania è la patria di oltre 1.500 tipi di salsicce: La Germania è famosa per il suo amore per le salsicce, con una vasta gamma che include la Bratwurst, Weisswurst e Currywurst. 

Il festival della birra più grande del mondo: L'Oktoberfest di Monaco attira oltre 6 milioni di visitatori ogni anno, durante il quale vengono serviti più di 7 milioni di litri di birra. 

La Germania ha più castelli di qualsiasi altro paese: Con oltre 25.000 castelli, è un paradiso per gli appassionati di storia e architettura medievale. 

L'autostrada senza limiti di velocità: La famosa "Autobahn" permette, in alcuni tratti, di guidare senza limiti di velocità, un sogno per gli amanti delle auto veloci. 

Il paese con più premi Nobel: La Germania ha vinto oltre 100 premi Nobel in campi come scienza, medicina, letteratura e pace. 

Il tedesco ha parole lunghissime: Alcune parole in tedesco possono essere molto lunghe. Ad esempio, Donaudampfschifffahrtsgesellschaftskapitän è una delle più estese. 

Inventori dell'auto moderna: Karl Benz, un tedesco, inventò la prima automobile con motore a combustione interna nel 1885. 

Il pane è una vera ossessione: La Germania ha più di 300 tipi diversi di pane, a testimonianza della sua ricca tradizione panificatoria. 

La Foresta Nera: Questo famoso bosco, che sembra uscito da una fiaba, ha ispirato molte storie dei Fratelli Grimm ed è una meta turistica molto amata. 

La Germania ha il museo della scienza più grande del mondo: Il Deutsches Museum a Monaco ospita oltre 28.000 mostre su scienza e tecnologia. 

Un paese verde: Oltre il 30% del territorio tedesco è coperto da foreste, rendendo la Germania uno dei paesi più verdi d'Europa. 

Il castello da fiaba: Il castello di Neuschwanstein ha ispirato il famoso castello Disney, ed è una delle attrazioni più iconiche della Germania. 

I cani hanno il loro posto nei ristoranti: In molte parti della Germania, i cani sono benvenuti nei ristoranti, e spesso viene loro offerto un posto o dell'acqua mentre i proprietari mangiano.

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La frase

 


sabato 28 dicembre 2024

I misteri del Presepe (12) - I Musicanti -


I MUSICANTI 




 

Nei dodici giorni che intercorrono tra la nascita di Gesù e l’arrivo dei Magi, nel presepe la festa continua!…  
Merito dei MUSICANTi, ovvero zampognari, flautisti, zufolai e suonatori di strumenti a corda che se ne staranno lì, fino all’Epifania, a suonare e cantare per noi.   

Quelle dei musicanti sono tra le più classiche figure che possiamo trovare nei presepi, essendo caratteristiche della tradizione italiana.  Gli strumenti rappresentati sono soprattutto a fiato, in particolare le zampogne del Centro e del Sud Italia, ma non mancano le cornamusa tipiche della Scozia. 
Restando nel nostro Paese, poi, come dimenticare “Le ciaramelle” di Giovanni Pascoli? 

Pur non facendo parte della narrazione sacra, la statuina del musicante si è diffusa col tempo a mano a mano che il presepe diventava sempre più una fedele riproduzione della vita reale. Da questa si prendeva spunto non solo per mettere in scena i vari lavori svolti, ma anche i momenti di svago e allegria dati dalla musica e dal canto, che sono sempre serviti anche ad alleviare il peso e la fatica del vivere in miseria. 
I musicanti del presepe, infatti, appartengono alla povera gente, indossano abiti semplici e hanno il volto segnato di chi è costretto a vivere con poco.    

Eppure - ed è questo il bel messaggio che ci arriva dal presepe e che possiamo fare nostro - nonostante le fatiche e le tribolazioni, non hanno mai perso la voglia di suonare e cantare!

Paola Toldo Slaviero

Ipse-dixit - la pecora nera -


Sono orgogliosa di essere una pecora nera. Le pecore nere di una famiglia sono in realtà liberatrici del loro albero genealogico. 

Non si adattano alle regole o alle tradizioni familiari. Scelgono strade contrarie ai percorsi ben battuti e  per questo sono criticate, giudicate e persino respinte. Queste cosiddette "pecore nere", quelle che non si adattano, quelle che ululano con la ribellione, in realtà riparano, disintossicano e creano nuovi rami fiorenti nel loro albero genealogico. Liberano la famiglia da schemi ripetitivi che frustrano intere generazioni.

Spesso invece scendiamo a patti con la realtà per acquisire un ruolo. Rinunciamo alla capacità di sentire ottenendo in cambio una maschera. Perdiamo la nostra luce per soddisfare le aspettative degli altri. Non fatelo! Questo ho imparato nel corso della mia vita: ciò che sei è «come il fiore più prezioso del tuo albero». Non seppellite la vostra unicità, perché altrimenti diventate un’altra pecora del gregge e sarete morti ancor prima di morire. Date vita alla vostra unicità, difendetela e siatene fieri. Non sempre i ribelli possono cambiare il mondo. Ma mai il mondo potrà cambiare i ribelli. Siate selvagge. Non permettete che la vita vi domi.


Chandra Chandiani 

Curiosità



In Nuova Zelanda, dove la popolazione umana è di circa 5 milioni, le pecore sono quasi otto volte più numerose, con circa 37 milioni di esemplari.

Questo squilibrio evidenzia l’importanza dell’allevamento ovino, che per decenni è stato un pilastro dell’economia nazionale grazie all’esportazione di lana e carne di alta qualità.

Oltre al suo impatto economico, le pecore rappresentano un simbolo della vita rurale e una parte integrante dell’identità culturale del paese, consolidando la Nuova Zelanda come uno dei principali produttori mondiali in questo settore. 

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Chissá se qualcuno la storia l'ha studiata🙄


28 dicembre 1908, Messina, Reggio Calabria e lo stretto di Scilla e Cariddi, cambiano faccia per sempre. Il terremoto più drammatico della storia d'Italia provoca – si stima – fra 50 e 100 mila persone. Messina viene rasa al suolo per il 90%. Impressionanti la scossa e il conseguente maremoto. 

Ma altrettanto impressionante sarà la gara di solidarietà per aiutare i terremotati.

La vignetta


 

venerdì 27 dicembre 2024

Spirito libero


Fin da ragazzo capì che... o lasci che sia il mondo a decidere chi sei o scegli chi vuoi essere. Suo padre voleva farne un medico, i suoi insegnanti uno studioso, i suoi amici un cortigiano. Lui invece no. Uno spirito libero non accetta di vivere in gabbia: soffoca. E cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia. Perché alle volte per trovarti devi perderti. E lasciar andare chi credevi di dover essere. «Il tempo non si misura in ore e minuti, ma in trasformazioni.» E se qualcuno ti rimprovera che sei cambiato, significa che hai smesso di vivere a modo suo. 

«Io sono destinato ad avere l'anima perennemente in tempesta». Perché la vita è troppo corta per passarla a fingere di essere qualcuno che non sei. O a rimpiangere ciò che non si ha avuto il coraggio di provare. E lui visse davvero di tutto: fu un soldato, un poeta, un ribelle, amante, filosofo, missionario. Perse il fratello, la casa e la famiglia: e poi ci fu l’esilio per non essersi sottomesso agli austriaci e i vagabondaggi per mezz’Europa. 

E allora scrisse poesie che non furono soltanto poesie, ma «parole in tempesta,» uragani di emozioni, perché senza emozioni la vita non avrebbe senso.  Nella sua penna c'è tutto: le grandi domande di chi non cerca la strada che «tutti» percorrono, ma «osa»; quella voglia di libertà che ti dà le vertigini e il coraggio di chi al conformismo di tutti, sceglie la libertà e la solitudine dei pochi.

«Io non odio persona alcuna,» era solito dire, «ma vi son uomini che ho bisogno di vedere soltanto da lontano». Ci sono alcune persone nella nostra vita che sono nocive e ci fanno del male. A volte si chiamano genitori, parenti, amici, superiori. E poi ci sono persone che a volte non sappiamo neanche come chiamarle, ma sappiamo soltanto una cosa: che ci fanno stare bene. Sono queste le persone di cui dovremmo circondarci. E sono sempre queste le persone che dovremmo diventare. 


G. Middei

Numeri che ci invitano a riflettere e a "sclerare"...

 


Dove ci troviamo nello spazio?

La Terra, il nostro pianeta, si trova nel superammasso Laniakea!

Il nome Laniakea viene dalla lingua hawaiiana e significa "cieli incommensurabili".

Terra, sistema solare e Via Lattea sono solo una piccola parte di questo gigante cosmico. 

L'imponente massa di Laniakea è 100.000 bilioni di volte più grande del Sole!

Questo ammasso di galassie si estende per 500 milioni di anni luce, una rete cosmica incredibile. Ma attenzione, Laniakea è solo una minuscola parte dell'universo visibile, che si stima si estenda per 90 miliardi di anni luce! 

Oltre alla nostra Via Lattea, Laniakea include altre 100.000 galassie!

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La "traversa" della Nonna

Ogni tanto lo ripropongo 
perchè mi piace troppo...😊



Il primo scopo della "traversa" (o grembiàle) della Nonna era proteggere i vestiti che indossava sotto, ma serviva anche a molto altro. 

Perfetto per togliere le padelle calde dal forno, come un guanto ed asciugava le lacrime dei bambini e, a volte, puliva i loro visi sporchi. Nel pollaio, il grembiule trasportava le uova, e a volte persino i pulcini. Quando arrivavano ospiti, diventava uno scudo per i bambini più timidi.

Questo vecchio grembiule era come un soffietto, agitato sul fuoco di legna. Portava le patate e la legna asciutta in cucina. Dal giardino, fungeva da cesto per raccogliere le verdure: prima i piselli, poi i cavoli. E, alla fine della stagione, veniva usato per raccogliere le mele cadute. Quando gli ospiti arrivavano all'improvviso, era incredibile vedere con quanta rapidità il grembiule spolverava la casa.

Quando era il momento di servire i pasti, la nonna usciva sulla soglia di casa e scuoteva il grembiule, segnalando agli uomini nei campi che era ora di andare a tavola.

Lo usava anche per mettere a raffreddare la torta di mele appena sfornata sul davanzale della finestra.

Ci vorrà molto tempo prima che qualche invenzione moderna possa sostituire il vecchio e fedele grembiàle.

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La vignetta


 

giovedì 26 dicembre 2024

I misteri del Presepe (11) - Stefania -

  

STEFANIA 





Perché oggi, anche nel presepe, si festeggia S. Stefano? 
C’è una figura, tipica del presepe napoletano, ma diffusa anche da noi, rappresentata da una giovane donna che porta in braccio un bambino piccolo. 
Sì chiama Stefania e questa è la sua storia.

Venuta a conoscenza che Gesù era nato, Stefania s’incamminò verso la capanna, desiderosa di adorare il Bambinello. 
Al tempo, però, non era consentito alle donne nubili avvicinarsi a Maria che aveva appena partorito, perciò lungo il cammino venne fermata da un angelo che le impedì di proseguire. 
Ma Stefania, che non accettava questa assurda regola, usò uno stratagemma: prese una grossa pietra e la avvolse negli stracci, così da far credere all’angelo di avere tra le braccia suo figlio. In questo modo, poté proseguire.
Avendo perso tempo, arrivò alla capanna il 26 dicembre e, appena si trovò di fronte a Maria, si compì un miracolo: la pietra nascosta starnutì e si trasformò in un bambino, quello che le si vede tenere in braccio. 
Gli venne dato il suo nome, Stefano, e un giorno sarebbe diventato Santo. 

Ecco spiegato perché il 26 dicembre di ogni anno si festeggia S. Stefano e, con lui, chi ha l’onore di portare il suo nome! 

Paola Toldo Slaviero

Resilienza

 


Non mi è mai piaciuta la parola resilienza!  Prelevare dalla fisica un termine (resilienza) impiegato per indicare la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi, significa trattare l’uomo alla stregua di un oggetto, significa trascurare il fatto che l’uomo non è una cosa. Perché in lui si agitano passioni, emozioni, sentimenti, angosce, dolori, fantasie in quel gioco vertiginoso e incerto che è la vita! 

Ecco, io vorrei sapere se i resilienti sono anche capaci di comprendere chi non ce la fa, e quindi di assisterli, confortarli, aiutarli. Se conoscono, oltre alla resilienza, anche l’accudimento, il soccorso, la cura. Perché solo chi conosce la propria debolezza è in grado di comprendere la debolezza altrui. Solo chi è caduto può sostenere chi sta cadendo. E sa soccorrere con parole che non siano di generico incoraggiamento, ma di autentica partecipazione, quella che i greci chiamavano compassione, nell’accezione, non di compatire, ma di partecipare a quel « patire» comune di cui nessuno può dirsi immune.

Di partecipazione abbiamo bisogno. Di socialità e non di orgoglio individuale ostentato da chi ce l’ha sempre fatta. Mettere in comune le sconfitte mi pare molto più interessante che resistere o vincere a tutti i costi. Confucio una volta disse: Un uomo è grande non perché non ha fallito. O perché si è rialzato. Ma perché da quel fallimento ha imparato che quella che ora vedi come una debolezza, un giorno diventerà la forza di qualcun altro. Perché la vera forza non è sorpassare chi ti sta davanti, ma tendere la mano verso chi ti cammina dietro.

Umberto Galimberti

Vita da Minatori

Anche Francesco Lorenzi ha piacere di aggiungere questi due video per invitarci a riflettere cos'era il lavoro nelle mine, per capire la fatica che facevano i minatori, e qui non si sente l'odore di carbone e polvere che rovinava i polmoni delle persone.
C'è parecchio su cui riflettere...




 

Cuori nel pozzo




Riguardo al vergognoso sfruttamento dei cavalli in miniera (post del 20 dicembre)... vorrei porre all'attenzione di tutti noi anche un altrettanto vergognoso sfruttamento che subivano gli uomini  che venivano chiamati "Conogon" e che all’inizio del ventesimo secolo molti di loro erano adolescenti.
Nell'ottobre scorso mi sono recato a Marcinelle, ho messo una foto su Bronsescoverte dove si vede l’entrata della mina con le immense gabbie dove scendevano uomini, cavalli e wagoni a 700/ 800 metri sotto terra e anche più. Erano molti i connazionali ed anche paesani che scendevano in quel pozzo. Avrei voluto che i lettori di Bronsescoverte, giovani e non giovani avessero preso coscienza della durezza  e del sacrificio che facevano: All'infuori di Giorgio, nulla! Vorrei  fare un parallelo con il lavoro dei nostri Cavallari: I loro cavalli facevano 6 giorni alla settimana la Singèla e il settimo giorno si riposavano, quello anche era uno sfruttamento del cavallo sebbene  erano fuori all’aria, però sottomessi a tutte le condizioni atmosferiche. Che ci siano reazioni o meno al mio messaggio non è importante! Per me quello che è importante è di trasmettere come stavano le cose, per non dimenticare, sebbene c'è chi vorrebbe riscrivere la storia, ma la storia rimane quella.
Felice Natale a tutti voi cari lettori e buon anno.

Giulio Lucca Parigi



Atroci realtà d'altri tempi

 


Per anni, questi nobili cavalli vissero privati della luce del sole e dell'aria fresca, confinati nell'oscurità delle miniere sotterranee. 
Erano conosciuti come "conogons" e condividevano la vita dura e pericolosa dei minatori umani, lavorando al loro fianco in condizioni estreme.

Alla fine del XIX secolo, questi cavalli furono esportati dalle isole Shetland in Inghilterra a causa delle loro dimensioni compatte e della grande forza, qualità che li rendevano ideali per trascinare i pesanti carri pieni di carbone nelle miniere. Nati, cresciuti e destinati a una vita nell'oscurità, sopportavano un lavoro estenuante e logorante. Non era raro che un singolo cavallo trascinasse fino a otto vagoni di carbone, completamente carichi.

Nonostante le difficili circostanze, questi cavalli mantennero la loro dignità e dimostrarono una notevole intelligenza. Sapevano quando un carico era troppo pesante e si rifiutavano di muoversi fino a che non veniva alleggerito. Inoltre, possedevano un incredibile senso del tempo, sapendo esattamente quando finiva la loro giornata lavorativa e trovando la strada del ritorno alle stalle, anche nel buio più profondo.

Questa vergognosa forma di sfruttamento continuò fino al 1972, quando la tecnologia finalmente rimpiazzò il loro lavoro, segnando la fine di un'era. Il 3 dicembre di quell'anno, Ruby, l'ultimo dei cavalli minatori, emerse in superficie in un evento simbolico. Accompagnato da un'orchestra e adornato con una corona di fiori, Ruby uscì dall'oscurità, ponendo fine all'epoca dei conogons e dei loro compagni di lavoro.

Per onorare il loro sacrificio e commemorare il duro lavoro condiviso sotto terra, è stata eretta una scultura chiamata "Conogon" nel Museo-Riserva "Red Hill", come un ricordo duraturo della lealtà e del coraggio di questi cavalli che diedero così tanto nelle miniere.

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La vignetta

 


mercoledì 25 dicembre 2024

Un sereno Natale a tutti Voi!

 






Il video era molto più lungo, ma non si sarebbe potuto caricare nel blog. Accontentatevi di questi brevi 33 secondi, giusto per capire che in Piazza dei Signori a Vicenza quest'anno si sono superati! Con giochi di luci, che l'attuale tecnologia permette di fare, han creato un'atmosfera natalizia magica!







Auguri scomodi


Carissimi, 

non obbedirei al mio dovere di Vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. 

Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.

Tanti auguri scomodi, allora, miei cari Fratelli!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.

I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.

Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.

Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. 

Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’ unico modo per morire ricchi.

Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.


don Tonino Bello

La generosità autentica



Dare tanto non significa solo possedere risorse o capacità, ma avere un cuore capace di amare, condividere e dedicarsi agli altri.

La generosità autentica non si misura con la quantità, ma con la qualità di ciò che doniamo: un gesto, una parola, un ascolto sincero, un momento del nostro tempo. Quando diamo, riveliamo la ricchezza interiore che ci abita. Chi dona tanto, spesso lo fa senza rendersene conto, perché il dono nasce da un valore personale radicato, da una forza che scaturisce da esperienze vissute, da una fede incrollabile o da un amore profondo per la vita e per il prossimo.

E allora, diamo con gioia e senza paura. Ogni dono, anche il più semplice, è una testimonianza del nostro valore. È il riflesso di ciò che abbiamo ricevuto e coltivato dentro di noi. Non temiamo di svuotarci, perché chi dona si riempie: di senso, di gratitudine, di quella pace che solo l’amore generoso sa portare.

Che ognuno di noi possa continuare a riconoscere il valore che porta dentro e a condividerlo con chi ne ha bisogno. Perché nella reciprocità del dare e del ricevere, si scopre la bellezza di ciò che veramente siamo.

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“A Natale non ci intossichiamo.”


È una delle frasi più ripetute e condivise in questo periodo, forse perché riflette una realtà che in molti vivono durante le festività. 

Dietro l’apparenza di luci, regali e celebrazioni, per tante Persone il Natale porta con sé tensioni, delusioni, rancori sopiti e dispiaceri che sembrano emergere con ancora più forza. Ci si ritrova intossicati da aspettative irrealistiche, dal bisogno di apparire perfetti o dal peso di situazioni irrisolte.

Ma se questa frase è così visitata, forse è perché porta con sé un invito a vivere diversamente. 

A Natale possiamo scegliere di non intossicarci, di non farci travolgere da ciò che ci allontana dal suo vero significato. È un tempo per respirare, per fare spazio alla semplicità e al cuore delle relazioni, per disintossicarci da ciò che spegne la gioia.

Il Natale non è perfezione, non è accumulo, non è competizione. È un richiamo a vivere l’essenziale: 

il dono di un abbraccio, il calore di un gesto autentico, la luce di un perdono atteso da tempo. Possiamo fare della frase “a Natale non ci intossichiamo” un proposito, trasformando la festività in un momento di vera rinascita, in cui liberare il cuore e ritrovare pace e autenticità.

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Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...