【Gianni Spagnolo © 21I7】
Talvolta mi perdo a riflettere su qualche espressione della nostra parlata che mi torna alla mente. Il dialetto era ricchissimo di modi di dire e sfumature che poi si son perse per strada con l’accelerazione impressa dalla civiltà moderna. Infatti ormai mi trovo a parlarlo tra io e me, perché solo noi due ci capiamo.
Pensavo al significato di povero. Come si traduce povero in dialetto?
Poro? No! Si dice: poaréto.
Poaréto non ha mai un’accezione negativa, bensì di partecipazione e comprensione, direi di empatia. Sarà magari perché stiàni erano un po’ tutti, chi più e chi meno, poarìti.
- El tato l’è cascà dal caregòto. Poaréto!
- Poaréto, … el se ga fato bua!
- I jera poarìti, ma gran brai tusi!
Poro, invece, ha prevalentemente un’accezione negativa, di commiserazione, di biasimo o di lutto.
- A l’è on poro gramo!
- A l’è passà da poro mona.
- Mòleghe de tenpelarlo, ca l’è on poro semo!
Poro, poi, era specifico per evocare i morti con deferenza mista a compatimento:
- El to poro nono.
- To pora sàntola.
- El poro prete de Pedescala.
L’unico caso in cui poro recuperava forse un briciolo di empatia era con l’espressione: Poro can.
Poro can era infatti abbastanza neutro. Non era espressione di aperto biasimo, semmai di rassegnazione: No xe mia colpa sua, poco can. A l'é cussita, xavutu farghe!
Anche l’italiano ha analoghe espressioni di povero, poverino e poveretto, che si prestano a rappresentare un po' le medesime situazioni, ma in virtù del contesto anziché dell’aggettivo usato e non con la stessa precisione.
talvolta "poro can" veniva usato in tono dispregiativo: "te si un poro can" o "valà poro can"
RispondiEliminagrazie Gianni per questi spunti
A proposito di parlare io a me:
RispondiEliminaParlando a me stesso
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Recentemente ho sognato
di essere dietro di me
io davanti
ed io dietro di me
e così in cerchio
quasi come un cane
dietro alla sua coda.
Man mano mi sembrava,
di non saper più,
allora sono quello davanti a me
o quello di dietro.
Noi due -
io davanti
io didietro -
ci siamo guardati
e tutti e due ci sembrammo stranieri
e non ci salutammo
nemmeno.
Allora mi son sorpassato,
mi fermai
più avanti,
all'incrocio degli steccati
e mi aspettai.
Mi sembravo
come uno sconosciuto.
Mi sentivo
come se fossi invecchiato.
Julian Dillier von Rotz (traduzione: E. Sartori)
Mi fa pensare ad uno sketch di Raymond Devos, comico francese.manipolatore della lingua francese.morto in 2006,poareto...
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