Foto di Michele Toldo |
【Gianni Spagnolo © 21I21】
Credevate forse che gli Anelli delle Anguane sia stata la prime ferrata del paese?
Nossignori, grande sbaglio!
La prima ferrata in assoluto è stata quella delle Grape*, che sale la diga sulla Torra, poco a monte del ponte delle Sléche.
Beh,... in verità è alquanto breve e non era stata costruita con finalità ludiche, né era capace di attrarre arrampicatori rodati. Però era bella érta, proprio in piedi! Per bociasse alti niente e di bocca buona, attrezzati solo di sbruffonaggine, cimentarsi su quell’arrampicata era una prova di coraggio che preludeva alla più eroica salita alle Scafa dele Anguane.
Vabbé,... effettivamente l’unico vero cimento era infine con sé stessi, cioè se si soffriva o meno di vertigini, dacché chi non ne pativa ci poteva salire con allegra noncuranza.
Non io, che allora avevo per davvero paura del vuoto, ma non potevo sottrarmi alla prova per non essere da meno dei più spavaldi. Il problema principale non era tanto la salita in sé, perché si dava la faccia alla parete, quanto il fatto che la penultima grapa la scorlava. Era un problema di cimento, ma non nel senso dell’ardimento, quanto proprio del cimento che assicurava il ferro alla parete, che a forza di dai s’era allentato lasciando cosi scorlare la clàmara. Arrivare fin lì, quasi in cima e sentir ballare la grapa non era proprio un gran bel stare, tanto che tacavano a balare anche le gambe. Anche perché da lì si doveva salire sul bordo dove finiva ogni appiglio e protezione. Scendere poi, era ancor più problematico, dato che ci si doveva affacciare su quello che allora sembrava un profondo baratro.
La diga è una briglia di sbarramento che regimenta quell’ultimo tratto della valle della Torra e alimenta l’acquedotto della parte settentrionale del paese. Alla sua costruzione ci lavorò anche mio padre, mi pare appena dopo la guerra e prima di emigrare in Francia. Stante che la diga si trova proprio sull’alveo della Torra che segna il confine comunale, il fatto che le Grape fossero fissate sulla metà di destra le attribuiva senza fallo alle pertinenze di San Pietro. Quello era anche il luogo dove un tempo finivano le menàde, ossia i canali di divallamento dei tronchi dal Bìsele che d’inverno si facevano scivolare lungo lunghe condotte nell’alveo del torrente. Da lì venivano poi condotti fuori a strascico fin sopra la riva dell’Astico, per accatastarli e farli poi fluitare a valle con le piene di primavera.
Da quel mio primo timidissimo cimento con le arrampicate mi sono poi via via affrancato con l’età, controllando la paura del vuoto con l’accresciuta esperienza, scalando tutto quel che potevo scalare e prendendomi una sorta di rivincita sul quella nostrana Nord dell’Eiger dalla grapa mola, che mi aveva iniziato da piccolo.
* la grapa, o clàmara, in dialetto è quel ferro a forma di U con due punte che serviva in genere ad unire i tronchi e che, in questo caso, era infissa nella parete della diga a formare una scala di salita.
Grape ,anghieri,parole ormai conosciute da quelli di una certa età’.....
RispondiEliminala clàmara è proprio una vecchia parola cimbra: khlàmmara
RispondiEliminaEsempio: de höltzar saint gahaltet mittanandar métten khlàmmarn (Berto Martelar/Umberto Martello): le bore sono tenute insieme con le graffe
l'origine sembra essere la parola gotica "klamara" - ed anche la radice germanica "klam" che significa pressare/comprimere; in lusernar e bavarese e anche tirolese si dice "klamper"
Avventure tante andate alle grappe era sempre un'avventura bella, e li risalire la valle, poi il gorgo con le scale in pietra dei muri, con gradini a volte scivolosi, Scafa delle anguane, terza gioa Capitello della prima gioa, Sasso della Morte, diga della botte, le vasche si che a, e tante altre ancora Francesco
RispondiEliminaGrazie, Gianni, io adoravo e nello stesso momento temevo quella grappa instabile.
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