【Gianni Spagnolo © 21I6】
I primi a scoprire l'esistenza della “Gi” furono i nostri genitori, ossia la generazione della prima istruzione di massa. Per i loro padri invece, cioè i nostri nonni, essa era del tutto sconosciuta e tale rimase. Non mi riferisco però a misteriose zone erogene di ardua localizzazione, quanto più banalmente alla settima lettera dell’alfabeto italiano; quella con la pronuncia affricata, postalveolare sonora, però, non quella dura, occlusiva e velare che richiede l’aiuto dell’H per essere espressa nella forma scritta.
La “Gi” venne infatti scoperta a scuola, con l’approccio all’italiano, perché prima nella nostra parlata semplicemente non esisteva. Tutte le parole che poi l'accettarono erano pronunciate come “J”: jachéta, jara, jorno, jura, joani, jóa, .. e così via. La pronuncia assomigliava ad una "i" dolce, quasi strascicata. Quand’ero bambino mi stupivo del fatto che agli anziani non c’era verso di fargliela pronunciare, la Gi, mentre dagli adulti era già stata metabolizzata e per noi era ormai la regola. Non andavamo più su par le Jare o le Jóe, bensì alle Giare o alle Gioe. Do paj Jarùni, poi, ci andava ormai solo il vecchio Ménego Oio.
Il mio nome era la prova provata di questa novità. Solo la maestra, che era foresta, lo pronunciava correttamente con la G sonora e perfino la doppia N, tanto che se altri mi avessero chiamato così, era sicuramente per prendermi di berta. Io ero Giani per la maggior parte dei paesani e Jani o Janìti per la vecchia guardia dei nati nel secolo precedente. I nomi propri di Giovanni e Giuseppe, tipici della generazione dei nostri padri, ma non della nostra, ovviamente imperversavano. Nessuno mai li pronunciava però all’italiana, dato che diventavano prontamente Nane e Bepi per gli adulti e i vecchi, mentre quand'erano bambini erano rimasti per un po’ vicini allo scritto con Joani, Joanìn, Jusépe. “Ghìo visto el me Jusépe?” Ci chiedeva ansiosa la Marialvira, nonna del mio coscritto Giuseppe, l’unico fra i miei scapestrati amici a portare quel nome, ma che noi chiamavamo con la Gi o più semplicemente Epe.
E si che la Gi era stata introdotta nell'alfabeto latino già da un paio di millenni, ma dalle parti nostre si vede che non aveva ancora attecchito. La Gi era come la Zeta o le doppie: ne avevamo fatto a meno per secoli senza sentirne la mancanza ma ora segnavano il labile confine fra il vecchio e il nuovo. Chi le usava era IN, chi rimaneva testardamente sui vecchi suoni era sorpassato: OUT!
Leggo sempre con molto interesse queste righe che sono una finestra aperta su un orizzonte di antica saggezza e cultura.
RispondiEliminaGrazie.