sabato 19 dicembre 2020

E se no la fusse mìa nà cussita ..?

【Gianni Spagnolo © 20XII3】
Della mia famiglia, la mia è la quarta generazione che ha dovuto lasciare il paese per un periodo più o meno lungo, quando non per la vita. La quarta documentata, ma facilmente anche prima un’emigrazione stagionale verso il Tirolo avrà senz'altro coinvolto la nostra gente. L’emigrazione è la piaga endemica e mai rimarginata della nostra Valle, che credo non abbia risparmiato nessuna famiglia. Un dolore diffuso, sommesso, nascosto. Un dolore grande! 
Quante vedove bianche! Quanti orfani bianchi! 
Ma anche neri! Quanti morirono precocemente di prussiéra?*
Certo, l'emigrazione ha dato opportunità, esperienze, aperture e speranze e, in definitiva, sopravvivenza e benessere. Tutte cose negate nella nostra terra nel secolo scorso; almeno ai più. Ha costituito, per così dire, la valvola di sfogo ad una situazione altrimenti ingestibile.
E se no la fusse mìa nà cussita? E se non fosse andata così?
Se avessero avuto tutti la possibilità di restare in paese e trafficare qui i loro talenti e creare le loro opportunità? Così come l'ebbero gli abitanti della Media Valle o delle aree industrializzate di Piovene e Schio, dove si esplicò il talento e la lungimiranza sociale di capitani d’industria come i Rossi, che fra l’altro venivano dalla montagna. 
Cosa ne sarebbe stato del nostro territorio se fosse andata così?
Che volto avrebbe il paese se fosse andata così?

Con i se e i ma non si fa la storia; lo sappiamo tutti! 
Proviamo però a metterli in fila e a guardarli in volto quelle migliaia di uomini e donne che qui hanno visto la luce e si son dovuti misurare con la privazione, per poi  sparpagliarsi per il pianeta portandosi dietro solo il coraggio, la forza e la dignità, che forse erano l’unico lascito della loro terra. Una terra grama, certo, ma che come tutte le terre grame produce alberi sofferti e contorti, ma saldi come altri mai.
Il seme della nostra gente non è più qui: è in Francia, è in Belgio, è in Svizzera, è nella Americhe, è in Australia, é altrove! In ogni altro luogo del pianeta dove ci sono state opportunità che attecchisse.
Sul monumento dei Caduti sono incisi i nomi dei paesani che per la Patria hanno dato la vita. Su alcune case è murata una targa che ricorda qualche personaggio che ha dato lustro al paese per studi o imprese. Dei primi emigranti che son partiti in massa, lasciando tutto per il Rio Grande do Sul, c’è una lapide sulla chiesetta del cimitero a ricordarli. Giusto, doveroso!
Pensiamo per un attimo se su ogni vecchia casa del paese, accanto ad ogni porta chiusa, ci fosse una targa d’ottone con incisi i nomi di tutti coloro che lì sono nati e da quella porta sono usciti per non farvi più ritorno, disperdendosi nel mondo. Potremmo fermarci al solo secolo scorso, se avremo ottone a sufficienza.
Sarebbe un Museo dell’Emigrazione a cielo aperto, ben più evocativo e simbolico del Parco dell’Emigrante e una sua, forse necessaria, appendice.
Un museo che costerebbe poco, ma significherebbe molto!

(*) Prussiera è un termine che deriva dal francese poussière, cioè polvere artificiale: in questo modo i minatori definivano la polvere che si creava dopo l'esplosione delle mine destinate a scalzare la roccia e aprire nuovi filoni, oppure quella causata dalle perforatrici. Il termine è infine passato a identificare popolarmente la silicosi.

4 commenti:

  1. a proposito di questo argomento io qualche anno fa ho avuto il previlegio di visitare la miniera di marcinelle in belgio dove l"otto agosto 1956 e avvenuta una tragedia spaventosa 262 vittime di qui 136 italiani e un mio pensiero va a tutti i nostri compaesani che anno dovuto emigrare in terra straniera e magari portando con loro le loro famiglie per dar loro una vita migliore e dignitosa e scusate un pensiero va agli emigranti di oggi che vengono in italia a lavorare e fare i lavori anche umilianti come li facevano i nostri padri e nonni quando andavano in terra straniera certo ce ne sono anche che non meritano il nostro rispetto ma saro un sognatore ma penso che la solidarieta salvera il mondo

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  2. hai proprio ragione, Gianni, non so se l'ottone basterebbe. Le placche dovrebbero anche raccontare la sofferenza di chi è rimasto, pensa solo alle madri

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  3. bravo giorgio toldo le placche piu importanti sono quelle che ci portiamo dentro di noi nel ricordare quei uomini e quelle donne che anno lavorato e sono morte per dare a noi un futuro migliore cerchiamo di esserne degni eredi

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