【Gianni Spagnolo © 20X20】
Oggi Montanello viene in Valle proponendo un giro denso di riferimenti storici, naturalistici e culturali. Saliremo infatti a Lavarone partendo dalle Carotte sull’antichissimo sentiero dell’Anzin de quà, passando per i Piccoli, il Covelo di Rio Malo e il Forte Belvedere, per poi scendere a valle lungo le pendici della valle del Rio Torto.
Parcheggiamo alle Carotte (525 mslm), nella piccola area di sosta appena sopra le case, sotto l’imponente fila di masiere vistosamente imbragate da maglie metalliche. Si sale quindi sulla strada sterrata tangente al parcheggio, fino a raggiungere la prima indicazione del segnavia CAI 595. Il percorso ricalca l’antichissima “Via dell’Ancino”, che sale sull’altopiano di Lavarone inerpicandosi con pendenza costante sulle pendici della sinistra orografica della valle dell'Astico. Camminiamo all’ombra di un folto e continuo bosco di ostrieto, cosa assi apprezzabile se lo si percorre d’estate, mentre d'autunno accende il paesaggio dei suoi variegati colori. La progressione è agevole anche se il tracciato è ingombro di ciottoli franati nel tempo dai pendii. S’intravede a tratti l’originale acciottolato della strada, costituito da una pavimentazione in pietre, talvolta lastricate, che lo ha protetto per secoli dal dilavamento meteorico e dall'intenso calpestio di uomini e bestie. Purtroppo oggi ha dovuto arrendersi alla subentrata irrilevanza, dopo esser stato l’asse viario primario della valle per quasi un millennio. A quota 747 mslm si raggiunge un bello slargo prativo in corrispondenza dei bàiti Sordi, mentre alla nostra destra si nota la devastazione di un tratto di bosco operata dalla tempesta “Vaia” dell’autunno 2018. Si aggira il prato sulla destra, per una labile traccia invasa dalla bassa vegetazione degli ambienti umidi. Poco più sopra, infatti, si sente scorrere l’acqua proveniente da una valletta laterale che ha in parte invaso il sentiero causandone un intenso dilavamento. Si prosegue con un po’ d'attenzione apprezzando la solida impronta costruttiva di questa strada, ora malridotta, ma che ai suoi tempi dovette essere ampia e solida. Più su s'annuncia uno slargo prativo sulla costa dell'Hochknot, sui sorge la contra’ Piccoli, anticipata dai tre enormi e squadrati massi di frana degli storici "Sassi Donati". Questi ebbero un ruolo originale nella determinazione dei confini del territorio, dato che la tradizione li vuole presidiare il punto d’incontro delle tre diocesi che si dividevano in antico la giurisdizione su questo territorio, ovvero Trento, Feltre e Padova. In una piazzola erbosa poco prima si ergono infatti i "Sas de Mitrie", aperti in cima e saldati alla base (proprio come le mitrie vescovili) che recano sulla facciata meridionale lo stemma a croce latina di Vicenza.
Pochi passi ancora ed entriamo nella pittoresca frazione di Piccoli attraverso un ampio slargo prativo dominato da due enormi e squadrati massi erratici. Questa contra’ meridionale di Lavarone è un autentico gioiellino paesaggistico e urbanistico, che si apre ad un ampio panorama sulla corona di montagne attorno e dove tutte le abitazioni, decorate a marcapiano, sono state pregevolmente conservate e valorizzate senza alterarne l’originaria matrice. Sull’abitato domina l’inconfondibile profilo della chiesetta campestre dedicata alla Madonna di La Salette. Il nucleo originario fu infatti edificato per ringraziamento nel 1858 da minatori emigrati in Francia, sopra un solitario masso all’inizio del paese, da dove era caduta una bambina risultata miracolosamente illesa. Vi si accede attraverso una scalinata in pietra massiccia e merita senz’altro un visita. La frazione, che risale probabilmente al XVII secolo, era chiamata originariamente Maso Piccinini e, alla fine del Milleottocento, contava sedici case, un'osteria e un centinaio d'abitanti. Ora si prosegue alla volta del Dazio salendo sulla strada carreggiabile per raggiungere il Còvelo di Rio Malo che si apre sulla parete alla nostra destra, accanto alla rumorosa cascata sull’omonimo Rio che scende fino ai Busatti. Al Còvelo si sale dalla strada attraverso un brevissimo raccordo che porta alla lunga scala in metallo che immette nell'ampio e profondo antro posto ad una decina di metri dalla base della parete. All'epoca del Principato Vescovile, questa cavità praticamente inespugnabile, ospitava un drappello di soldati che aveva il compito di esigere il dazio dai viaggiatori in transito sulla Via Imperiala. Per un certo periodo esso fu presidiato per conto delle Signorie venete da milizie capitanate dai nostri Cerato dai Forni.
Continuando sulla carreggiabile si sbuca sul raccordo con la soprastante strada che collega il Dazio a Oseli. Proprio alla sinistra dell’incrocio, si stacca il sentiero con segnavia CAI 221 che scende, in circa un’ora, ai Busatti lungo le pendici della Val di Rio Malo e che può essere utilizzato come opzione di rientro veloce al punto di partenza, qualora s'intenda accorciare il giro. Noi invece continuiamo sulla strada che attraversa la frazione di Birti-Lenzi e raggiunge Oseli, in parte utilizzando i sentieri sterrati delimitati dalle caratteristiche laste calcaree (Platten), fra i pochi esempi rimasti delle recinzioni dei pascoli un tempo diffusissime nell’areale cimbro.
Da Oseli si sale sul sentierino di raccordo che lambisce il campeggio, puntando sul Forte Belvedere, noto asburgicamente come Werk Gschwendt, l’installazione militare di questo tipo meglio conservata dell'area ed ora adibita a museo. Proprio in virtù della sua posizione dominante e strategica, questo sito offre un impagabile panorama sulla Valle dell’Astico e le montagne del circondario. La zona è anche attrezzata con area di sosta e pic-nic. Qui di mistica ce n'è poca, salvo la grandiosità dello scenario naturale che offre, per cui ci si potrà dedicare più prosaicamente alla mastica e prepararsi al rientro.
Dal trincerone meridionale del forte, si stacca infatti il sentiero con segnavia 297 che ci porterà verso le pendici della destra idrografica della Valle del Rio Torto e così a Brancafora. La prima parte del sentiero percorre il costone della valle verso S-E in leggera pendenza sostenuta da poderose massicciate di evidente matrice militare, permettendo di spaziare con lo sguardo lungo la valle dell’Astico. Si raggiunge così la località Tabelle (1.050 mslm), dove si prospetta il primo bivio. Continuiamo senza indugio sul 297, che è ben segnalato, ma s’invalla vistosamente verso lo Spillek, diventando, a tratti, una labile traccia. Il sentiero continua a scendere con sedime variabile a seconda del terreno che attraversa, a volte sprofondato in trinceroni scavati dall’acqua meteorica. Si attraversano ruderi di bàiti e carbonare che testimoniano l’intenso utilizzo di questi versanti nel passato, fino a giungere alla Crosetta (790 mslm) dove s’incontra il sentiero che viene dalla Graselait. In quest’area la tempesta Vaia ha fatto qualche danno ed è necessario zigzagare brevemente fra gli alberi schiantati. Si prosegue il sentiero, che assume da qui in poi il segnavia 597 che ci conduce a Brancafora, immettendosi sulla traversa di costa che porta ai Ciechi ed evitandoci così di scendere subito sulla strada provinciale. Questo sentiero bretella attraversa i coltivi terrazzati a monte dell’abitato offrendoci una panoramica della civiltà contadina che caratterizzava in passato i nostri paesi. Ai Ciechi sbuchiamo sulla provinciale e proseguiamo su questa fino a raggiungere Carotte e il quindi il punto di partenza.
Questo Montanello si snoda per circa 13 chilometri con un dislivello altimetrico netto di 600 m e si completa indicativamente in 5 ore, attraversando ambienti diversi e suggestivi, coniugando gradevolmente movimento, natura e cultura locale in buona armonia e senza eccessiva fatica.
Bravo Gianni! Spero che Montanello percorra e scriva di molti altri sentieri della Val d'Astico....
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