In quel tempo Gesù disse alle folle: avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: «Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque». «Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: «Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due». «Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo». Il padrone gli rispose: «Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti»
*§*
Oggi, Gesù ci narra un’altra parabola del giudizio. Ci avviciniamo alla
festa dell’Avvento e quindi, la fine dell’anno liturgico è vicina.
Dio, donandoci la vita, ci ha consegnato anche delle possibilità –più
piccole o più grandi- di sviluppo personale, etico e religioso. Non
importa se uno ha molto o poco, l’importante è che si deve far
fruttificare quello che abbiamo ricevuto. L’uomo della nostra parabola,
che nasconde il suo talento per paura del padrone, non ha saputo
arrischiarsi: «Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a
fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone» (Mt
25,18). Forse l’essenza della parabola potrebbe essere questo: dobbiamo
avere il concetto di un Dio che ci anima ad uscire da noi stessi, che ci
incoraggia a vivere la libertà per il Regno di Dio.
La parola “talento” di questa parabola –che non è nient’altro che il
peso equivalente alla quantità di 30 kg di argento- ha fatto tanta
fortuna, che nel linguaggio popolare si usa per indicare le qualità di
una persona. La parabola però non esclude che i talenti che ci ha dato
Dio non siano soltanto le nostre possibilità, ma anche le nostre
limitazioni. Ciò che siamo e ciò che abbiamo, è il materiale con il
quale Dio vuole fare di noi una realtà nuova.
La frase «a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non
ha, verrà tolto anche quello che ha» (Mt 25,29), non è, naturalmente,
una sentenza per stimolare il consumo, soltanto si può capire a livello
di amore e di generosità. Effettivamente, se corrispondiamo ai doni di
Dio fidandoci del suo aiuto, allora sapremo che è Lui chi da l’aumento:
«Le storie di tante persone semplici, gentili, alle quali la fede ha
fatto buone, dimostrano che la fede produce effetti molto positivi
(...). E, al contrario: dobbiamo anche notare che la società, con
l’evaporazione della fede, si è tornata più dura... » (Benedetto XVI).
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