In quel tempo Gesù disse alle folle: Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti
a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli
altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora
il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del
Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla
creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora
i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e
ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E
il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete
fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a
me». Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra:
«Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il
diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato». Anch'essi
allora risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o
assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo
servito?». Allora egli risponderà loro: «In verità io vi
dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli,
non l'avete fatto a me». E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
*§*
Oggi, Gesù ci parla del giudizio finale. Con questa illustrazione
metaforica delle pecore e delle capre, ci fa vedere che si tratterà di
un giudizio d’amore. «saremo esaminati sull’amore», dice San Giovanni
Della Croce.
Come dice un altro mistico, San Ignazio di Loyola nella sua meditazione “contemplazione per raggiungere l’amore”, bisogna mettere l’amore più nelle opere che nelle parole. Il Vangelo di oggi è abbastanza illustrativo. Ogni opera di carità che facciamo, la facciamo allo stesso Cristo, «(...) perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36). «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Questo passaggio evangelico, che ci fa toccare con i piedi per terra, mette la festa del giudizio di Cristo Re al suo posto. La realtà di Cristo è una cosa ben distinta dalla prepotenza, è semplicemente la realtà fondamentale dell’esistenza: l’amore avrà l’ultima parola.
Gesù ci mostra che il senso della realtà —o potestà— è il servizio agli altri. Egli affermò di se stesso che era Maestro e Signore, (cf. Gv 13,13), e anche di essere Re (cf. Gv 18,37). Però esercitò come maestro lavando i piedi ai discepoli (cf Gv 13, 4 ss) e regnò dando la sua vita. Gesù Cristo, regna prima da una umile culla e poi, da un trono molto scomodo, ossia, la croce.
Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Gv 19,19): ciò che l’apparenza negava era confermato per la realtà profonda del mistero di Dio, giá che Gesù regna sulla sua croce e ci giudica nel suo amore. «saremo esaminati sull’amore».
Come dice un altro mistico, San Ignazio di Loyola nella sua meditazione “contemplazione per raggiungere l’amore”, bisogna mettere l’amore più nelle opere che nelle parole. Il Vangelo di oggi è abbastanza illustrativo. Ogni opera di carità che facciamo, la facciamo allo stesso Cristo, «(...) perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36). «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Questo passaggio evangelico, che ci fa toccare con i piedi per terra, mette la festa del giudizio di Cristo Re al suo posto. La realtà di Cristo è una cosa ben distinta dalla prepotenza, è semplicemente la realtà fondamentale dell’esistenza: l’amore avrà l’ultima parola.
Gesù ci mostra che il senso della realtà —o potestà— è il servizio agli altri. Egli affermò di se stesso che era Maestro e Signore, (cf. Gv 13,13), e anche di essere Re (cf. Gv 18,37). Però esercitò come maestro lavando i piedi ai discepoli (cf Gv 13, 4 ss) e regnò dando la sua vita. Gesù Cristo, regna prima da una umile culla e poi, da un trono molto scomodo, ossia, la croce.
Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Gv 19,19): ciò che l’apparenza negava era confermato per la realtà profonda del mistero di Dio, giá che Gesù regna sulla sua croce e ci giudica nel suo amore. «saremo esaminati sull’amore».
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