È conosciuto come il Capitello della Torra perché prossimo a quella Valle, essendo situato sul principio della strada delle “Sléche”, che la supera con un ponte conducendo a Casotto e, un tempo, nei territori dell’Impero.
È dedicato alla Madonna del Rosario associata ad una inedita terna di Santi: San Rocco, San Sebastiano e San Carlo Borromeo; tutti invocati soccorritori contro uno degli eventi più nefasti che si ricordi: l’epidemia di peste, che negli anni intorno al 1630 decimò i nostri paesi.
Venne edificato per questo voto nel 1645 (Don G. Toldo annota che c’era una iscrizione: “Ex voto questa opera à fatto C.. il popolo di Sà.. Piero… 1634”).
“A peste, fame et bello, …. libera nos, Domine”, si recitava nella seconda invocazione delle Rogazioni, a riprova di quanto fosse temuto questo flagello.
La peste si presentò a più riprese nella storia, nella duplice forma di polmonare e bubbonica. La causa era il batterio Yersinia pestis, veicolato da una pulce parassita dei topi, ma allora questo non si sapeva e se ne individuavano le cause nell’azione scellerata dei cosiddetti "untori”, o nell’imperversare di forze malefiche.
Quelli che invece si conoscevano bene erano i sintomi, terribili, del morbo: nel caso della peste bubbonica, dopo una incubazione da uno a sei giorni, il rigonfiamento delle ghiandole linfatiche, l’improvvisa febbre, che raggiungeva rapidamente punte di 42°, seguita da cefalee violente, vomito, emorragie, allucinazioni e delirio, fino alla morte. La malattia era quasi una condanna a morte: assai ridotta, infatti, era la percentuale di coloro che le sopravvivevano; arrivava quasi ad azzerarsi nella sua variante più virulenta, la peste polmonare, che aggrediva le vie respiratorie.
Il batterio penetrava nell’organismo umano per mezzo del contatto cutaneo, complici piccole escoriazioni e, nel caso della peste polmonare, l’inalazione. Era solo la peste polmonare ad essere contagiosa da uomo a uomo, ma le scarsissime condizioni igieniche di quei tempi e la promiscuità fra uomini ed animali rendevano rapidissima la diffusione anche della variante bubbonica.
Questa è l'epidemia di peste raccontata dal Manzoni nei Promessi Sposi e causata dal passaggio dei mercenari Lanzichenecchi, che dalla Valchiavenna calarono nel Milanese, nel contesto di una delle tante vicende belliche della Guerra dei Trent’anni.
Non è dato a sapere il numero di morti che la peste causò in paese, basti considerare che ne provocò mille nella sola Asiago e 30.000 in tutta provincia, che certo non contava la popolazione di oggi.
Il capitello si presenta come una costruzione massiccia in pietra intonacata, con tetto in legno e coppi a due spioventi che conferiscono all’insieme un aspetto grazioso e ben proporzionato di sacello di campagna. La grande nicchia è interamente affrescata con le figure dei Santi titolari e con la volta occupata da cori angelici attorno ad un maestoso Dio Padre benedicente e reggente il globo crucigero.
L'affesco mostra una buona fattura artistica e una eccellente qualità pittorica, avendo resisitito all'aperto per quasi quattro secoli, ingiuriato più dagli uomini che dal tempo.
L’edificio è stato restaurato nel 1986 dal locale Gruppo Alpini che gli ha conferito l’aspetto curato con il quale si presenta oggi. Una targa in ottone ne attesta la manutenzione in ricordo di quanti non tornarono dalla campagna di Russia e da tutti gli altri fronti bellici.
Il restauro non ha coinvolto la teoria degli affreschi originali, quantunque in alcuni tratti alterati dal tempo e dappertutto deturpati da scritte e incisioni più moderne.
Si racconta che i nostri vecchi annotassero sul capitello le date delle vendemmie, la più antica risalente al 1702 e continuamente fino all'ultima del 1936, ma lo fecero con discrezione lungo la cornice. Purtroppo i loro discendenti non usarono lo stesso riguardo e impressero nomi, date e dediche con ogni sorta di mezzo, avendo nessun rispetto per il loro retaggio e non lasciando spazio alcuno sgombro dagli sfregi.
La maggior parte di queste iscrizioni risale al trentennio dopo il 1950, anni in cui i vicini salti del gorgo erano meta ricreativa di schiere di giovani, anche da fuori paese. L’isolato capitello si ritrovò quindi a custodire il parcheggio dei loro mezzi e a testimoniare e tramandarne ai posteri anche la civiltà.
L’edicola domina uno slargo alla fine della carreggiabile della Campagna, che è diventato una serena meta di passeggiate e sosta anche per gli ospiti della vicina Casa Nostra. Di fronte al capitello c’era una fontanella con vasca in cemento, sostituita nel 2000 da una monumentale fontana in pietra rossa di Asiago a cura dell’Amministrazione Separata.
In occasione della ricorrenza della Madonna del Rosario, la prima settimana d'ottobre, Il capitello è tuttora meta della tradizionale processione con la statua della Vergine, che si snoda dalla chiesa parrocchiale, assistita dal Gruppo Alpini che provvede anche ad organizzare un rinfresco in loco.
Gianni Spagnolo
P.S.: Mi permetto un suggerimento, da Alpino agli Alpini: è triste vedere la Madonna in macchina; portatela a spalla, come sempre s'è fatto e meglio s'addice alla nostra tradizione.
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