giovedì 14 luglio 2016

Pretìni volanti

Non lasciatevi trarre in inganno dalla foto d’apertura, non intendo certo rivaleggiare col bravo e paziente Alago (al secolo Alfredo Agostini), nell’immortalare lepidotteri e baìti vari. Come fotografo valgo poco e come entomologo non ne parliamo.

Cavolaia, Bombo bombo, ecc. sono nomi che non mi sono familiari; sono insetti visti magari tante volte, ma che non riesco a classificare con nome e caratteristiche. Da bambino conoscevo solo due categorie del settore: poéje e bài  e questo mi bastava. La mia cultura sulle poéje, poi, è piuttosto essenziale e utilitaristica e si riduce alle esperienze sul campo (è il caso di dirlo), maturate da fanciullo, quando con la natura avevo quel rapporto istintivo e diretto che ora un po’ mi manca.
La farfalla in effigie mi pare si chiamasse el pretìn ed era una presenza fissa delle nostre estati da bocéte. Il suo nome scientifico ho scoperto poi che è Amata Phegea, o più semplicemente: Fegea.
Il pretìn sfarfallava numeroso sui prati, andando di fiore in fiore, da maggio a settembre, proprio i mesi di nostra maggiore libertà e attività. A differenza di altre sospettose farfalle, questa vola a circa un metro dal suolo e quando si posa si lascia facilmente acchiappare in quanto non s’invola subito quando ci si approssima.
La tecnica era collaudata: non appena si posava e chiudeva le ali, ..zac! Ci si avvicinava lentamente, … si premevano delicatamente le alette fra il pollice e l’indice ... ed era cosa fatta: la falena restava bloccata e inerte alla nostra mercé.
Vabbè, ... la maestra ci aveva detto che le farfalle non vanno mai prese per le ali, perché altrimenti perdono quella polverina colorata e poi non possono più volare, ecc. ecc.,  ma c’erano tante cose che non si dovevano fare e si facevano istesso. Poi la maestra non capiva niente delle nostre tradizioni e poi vorrei aver visto lei come faceva a ciapàr le poéje.
Ma veniamo al dunque!
L’operazione di acchiappo era soltanto la prima fase di una cruenta procedura volta ad ottenere il controllo della falena e dirigerne il volo a nostro piacimento, così come si fa con un palloncino appeso ad un filo o a una bacchetta. Il passo successivo era di individuare un fastugo di lunghezza, leggerezza e diametro confacente allo scopo. Il più adatto era il fustino interno del pàvio, debitamente estratto da una pianta giovane tirando la parte sommitale. Questi era sufficientemente rigido in testa e flessibile all’estremità opposta per ottenere il risultato voluto. Ora c’era da fare la parte più difficile, ovvero introdurre il capo del fastugo nell’addome della farfalla attraverso l’orifizio anale in modo tale che vi rimanesse conficcato senza tuttavia pregiudicare la vitalità della bestiola.
Se l’operazione era condotta con adeguata perizia, si otteneva che la falena continuasse a svolazzare imperterrita, guidata però dalle nostre mani tramite l’altro capo del fastugo. Una specie di palloncino volante dunque, ecologico e a chilometri zero. 
Ora iniziava la gara a chi aveva la farfalla più vispa e che volava più in alto.

Vabbè, ... chiaro che non tutte le ciambelle riuscivano col buco e che i danni  collaterali erano piuttosto frequenti; dipendeva dall’esperienza. Acquisire la pratica sul campo era ovviamente necessario, cosi che poi la maestria raggiunta avrebbe stupito anche i più esperti paramedici in fatto di catetere.
Arrivati a questo punto, immagino che buona parte dei lettori avrà stampato in volto un moto di disgusto e disapprovazione. Ma allora era così, ci si divertiva con quello che c’era e il rapporto con la natura era istintivo e forse meno depredante di quello odierno. Non ci si accaniva; le farfalle venivano poi liberate e sembravano non risentire eccessivamente dell’operazione subita.

Nonostante le nostre razzie da bambini, vedo che la fegea non ne ha affatto risentito e continua a volteggiare numerosa sui prati estivi anche in questa attuale strana stagione. Questa farfalla, infatti, non è commestibile per la sua tossicità e non ha quindi predatori naturali. Sarà forse per questo che il fattore di tutte le cose ha permesso che divenissero facile preda di quei fanciulli che non potevano permettersi un palloncino.
Gianni Spagnolo
VII-VII-MMXVI

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