venerdì 15 luglio 2016

Le gate pelose

Sempre in tema di entomologia criminale, un’altra occupazione estiva quando eravamo bocéte, era la caccia alle gate pelose.  Si tratta della processionaria,  una farfalla il cui nome scientifico è Thaumetopoea pytyocampa, mentre gata pelosa è il nome dialettale riferito al suo stato di bruco. La ragione di tale denominazione è di tutta evidenza dalle foto.

Da noi la processionaria del pino era parassita invasivo, specialmente nella zona delle Giare, che erano state imboschite con piante di pino nero e silvestre. Il lepidottero aggredisce infatti  preferibilmente conifere di questa specie e non gli endemici abeti bianco e rosso. Era comune allora osservare le processioni di questi lenti, pelosi e voraci bruchi, che strisciavano sul terreno in fila indiana in un processione (da cui il nome di processionaria) che aveva mete devastanti per il patrimonio boschivo.
Il nostro interesse non era tuttavia catturato dalla loro nocività, quanto dal fatto che questi grassi e lenti bruchi si prestavano ad essere facilmente schiacciati emettendo le interiora con un getto giallo e cremoso, la cui lunghezza dipendeva dall’arte  con cui veniva  effettuata l’operazione.
Essendo la competizione connaturata al nostro stato di sbregamandàti, dovevamo adoperarci  per misurare e confrontare l’estensione della proiezione e quindi stabilire le regole del gioco.
Anche qui si trattava di acquisire un po’ di pratica, perché bisognava osservare alcune fondamentali accortezze. Affinché l'emissione fosse unidirezionale, lo schiacciamento non doveva avvenire sul centro del corpo (altrimenti si attivavano entrambi gli opposti orifizi), ma sui due-terzi dello stesso in maniera da imprimere velocità e potenza allo spruzzo. Occorreva inoltre evitare di esercitare una pressione troppo secca, per non pregiudicare la fuoruscita del materiale. Infine, il tutto doveva avvenire su un supporto sufficientemente rigido e non ghiaioso. In poco tempo si riusciva comunque a padroneggiare i fondamentali e quindi dar sfogo alle competizioni.


Ai lettori che già stanno dando di stomaco, posso solo dire che tutto sommato eravamo guardie boschive in erba e abbiamo dato il nostro fattivo contributo al contenimento di questo parassita. Quel bruco, poi, rientrava nel nostro vastissimo novero dei bài da schissàre,  tanto più che il contatto dei suoi peli urticanti con parti del corpo provocava fastidiose dermatiti. Ai cani in particolare causava devastanti effetti, a volte addirittura mortali; era quindi del tutto logico e prudente avere a che fare con essi tramite la suola delle scarpe.
Anche i cacciatori e la Forestale sparavano ai nidi con la doppietta; facevano strage dei poveri bruchini e magari si divertivano pure. Non c’era poi molta differenza, anche se loro avevano più giudissio, cosa di cui noi bociasse, a detta dei grandi, difettavamo immancabilmente.
Gianni Spagnolo
VIII-VII-MMXVI

Nessun commento:

Posta un commento

La vignetta