Sempre in tema di entomologia
criminale, un’altra occupazione estiva quando eravamo bocéte, era la caccia alle gate
pelose. Si tratta della
processionaria, una farfalla il cui nome
scientifico è Thaumetopoea pytyocampa, mentre gata pelosa è il nome dialettale riferito al suo stato di bruco.
La ragione di tale denominazione è di tutta evidenza dalle foto.
Da noi la processionaria del pino
era parassita invasivo, specialmente nella zona delle Giare, che erano state
imboschite con piante di pino nero e silvestre. Il lepidottero aggredisce
infatti preferibilmente conifere di
questa specie e non gli endemici abeti bianco e rosso. Era comune allora
osservare le processioni di questi lenti, pelosi e voraci bruchi, che strisciavano
sul terreno in fila indiana in un processione (da cui il nome di
processionaria) che aveva mete devastanti per il patrimonio boschivo.
Il nostro interesse non era tuttavia
catturato dalla loro nocività, quanto dal fatto che questi grassi e lenti bruchi si prestavano ad essere facilmente schiacciati emettendo le interiora
con un getto giallo e cremoso, la cui lunghezza dipendeva dall’arte
con cui veniva effettuata l’operazione.
Essendo la competizione
connaturata al nostro stato di sbregamandàti,
dovevamo adoperarci per misurare e confrontare
l’estensione della proiezione e quindi stabilire le regole del gioco.
Anche qui si trattava di
acquisire un po’ di pratica, perché bisognava osservare alcune fondamentali accortezze.
Affinché l'emissione fosse unidirezionale, lo schiacciamento non doveva avvenire sul centro del corpo (altrimenti si attivavano entrambi gli opposti orifizi), ma sui due-terzi dello stesso in maniera da imprimere velocità e potenza allo spruzzo. Occorreva inoltre evitare di
esercitare una pressione troppo secca, per non pregiudicare la fuoruscita del
materiale. Infine, il tutto doveva avvenire su un supporto sufficientemente rigido e non
ghiaioso. In poco tempo si riusciva comunque a padroneggiare i fondamentali e
quindi dar sfogo alle competizioni.
Ai lettori che già stanno dando
di stomaco, posso solo dire che tutto sommato eravamo guardie boschive in erba
e abbiamo dato il nostro fattivo contributo al contenimento di questo
parassita. Quel bruco, poi, rientrava nel nostro vastissimo novero dei bài da schissàre, tanto più che il contatto dei suoi peli urticanti con
parti del corpo provocava fastidiose dermatiti. Ai cani in particolare causava devastanti effetti, a volte addirittura mortali; era quindi del
tutto logico e prudente avere a che fare con essi tramite la suola delle
scarpe.
Anche i cacciatori e la Forestale
sparavano ai nidi con la doppietta; facevano strage dei poveri bruchini e
magari si divertivano pure. Non c’era poi molta differenza, anche se loro
avevano più giudissio, cosa di cui
noi bociasse, a detta dei grandi,
difettavamo immancabilmente.
Gianni Spagnolo
VIII-VII-MMXVI
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