“Ci devo fare pace…” Ormai è più di un anno che questa frase torna e ritorna alla mia mente e ogni qual volta i discorsi toccano l’argomento, la ferita si riapre. Fare pace con una persona richiede uno sforzo comune, ma rappacificarsi con qualcosa che ti ha lacerato il cuore, che ti ha toccato in ogni più piccola cellula del corpo, che ti ha sconvolto i pensieri, che ti ha ferito l’anima, questo è molto più impegnativo e difficile. Eppure, mi dicevo, ci dovrò arrivare, ma rimandavo sempre, evitavo il problema, ci giravo attorno, sembrava avessi un rifiuto totale e la volontà mancava...
Per quattro anni ho affrontato le tante situazioni che giornalmente ho vissuto assieme a mia mamma nel tempo in cui è stata ospite in una casa di riposo; situazioni a volte talmente pesanti da logorarmi in tutto l’essere, ma le condizioni della mia famiglia non mi hanno permesso di agire diversamente.
Prima del covid, andando ogni giorno e cercando in tutti i modi di essere presente, avevo la percezione di tenere sotto controllo la situazione, ma con la pandemia tutto è cambiato in peggio.
Sono stati mesi, anzi anni, molto difficili, dove anche il semplice vedersi o toccarsi era diventato un sogno e quindi anche il controllare le piccole cose, avere per lei delle delicatezze, non era più possibile.
La mia mamma è mancata un anno fa e il ricordo degli ultimi giorni, è una ferita che brucia sempre… Ho anche scritto una lettera alla direttrice, per spiegarle ciò che avevo vissuto con la preghiera che non succedesse più a nessuno, ma la risposta non è mai arrivata… Quindi io evitavo volutamente tutto quello che riguardava le case di riposo, non volevo che il pensiero mi toccasse e mi facesse ancora male, cercavo di salvaguardarmi.
Poi un giorno una telefonata inaspettata: Marco, l’animatore della Casa di riposo di Valdastico, mi chiedeva se ero disposta ad andare per qualche mattina a leggere le mie poesie e i miei racconti. Se da una parte la richiesta mi ha fatto piacere, dall’altra ero restia, ma ho accettato pensando che forse quella era l’occasione per fare pace con quelle strutture. Così per tre lunedì mattina mi sono recata in Casa di Riposo e confesso che la prima volta non è stato semplice, anzi, vorrei dire che ho dovuto impegnarmi con tutta me stessa per scacciare dalla mente pensieri e dolori… Tre lunedì dove ho letto mie poesie e ho cercato di interagire con gli Ospiti presenti che hanno gradito questi miei interventi e si sono dimostrati interessati e partecipi. Il passo successivo, finita questa breve collaborazione, è stato quello di dedicare, ogni settimana, un’ora per fare compagnia agli anziani che lo desideravano. Questo momento è stato chiamato “Filò” proprio per creare uno spazio dove chiacchierare insieme su un tema che, anche da una semplice lettura, poteva scaturire. Io con le mie letture e un’altra volontaria con il lavoro a ferri, cerchiamo in quell’ora di far compagnia e cambiare il corso della giornata agli ospiti. Mentre leggo o recito, in quei volti vedo il viso di mia mamma e così mi sembra di far qualcosa anche per lei e mi rassereno. Tra i volti e le voci sconosciute, riesco a superare ricordi dolorosi e lentamente ho fatto pace… non sento più quel rifiuto e quel muro che avevo eretto, si è sgretolato piano piano. Così un venerdì, parlando del mese di maggio, di Maria, di rose, di mamme e leggendo poesie, è venuto a galla un grande bisogno che queste persone avvertono: la mancanza di un luogo dove ritrovare le immagini sacre a loro care, dove fermarsi un attimo in preghiera, dove trovare sollievo nei momenti di sconforto e di tristezza. Alcune si sono lamentate di questo vuoto chiedendoci come mai in una casa di riposo, non ci sono immagini sacre o un luogo dove pregarle. È pur vero che ogni tanto viene celebrata una S. Messa, ma viverla nel contesto di un ambiente adeguato, aiuta anche nel mettersi all’ascolto e partecipare con più coinvolgimento. Abbiamo raccontato che la cappellina c’era ed era anche bella, con le vetrate colorate e tutto il necessario, ma quando c’è stato il covid, per un’urgente necessità, sono state ricavate due stanze di degenza e quindi lo spazio per la chiesa è stato modificato. Ci hanno guardato incredule, dicendo che avrebbero piacere di entrarvi, ma ora non è proprio possibile accontentare questa semplice richiesta. Io credo che quelle due stanze siano state indispensabili in un momento tanto difficile, ma una volta passata l’emergenza bisognava ripristinare quello che era un luogo di preghiera e che ha un’importanza vitale per gli Ospiti della casa di riposo. Anche solo stare un attimo davanti al Crocefisso, o all’immagine di Maria, soffermandosi a dire una semplice preghiera, può essere fondamentale per questo periodo della loro vita. Credo che in una società che ha a cuore la “Persona”, l’attenzione più grande deva essere rivolta alle fasce più deboli, che sono i bambini e le famiglie, ma soprattutto gli anziani. A loro dovrebbero essere dedicate le attenzioni e le energie perché hanno bisogno di tutto, specialmente di tanti piccoli gesti, che possono fare la differenza in questa loro ultima fase di vita. Sicuramente ci saranno i motivi validi per non aver ancora ripristinato la cappellina, ma confido che chi ne ha il potere, possa al più presto porre rimedio a questa mancanza, rendendo agibile il luogo che è indispensabile e rende completa la struttura. Grazie a tanti volontari, ogni giorno della settimana ci sono attività varie: si cerca in ogni modo di rendere meno pesante il soggiorno di tanti ospiti e questa è una ricchezza e un dono di grande valore. Vedere qualche sorriso, scambiare chiacchiere e opinioni, farsi raccontare della loro vita, rallegrarli con qualche battuta… non è molto, ma se ognuno dà mediante le proprie doti, anche quel poco, può diventare importante.
Finalmente ho fatto pace, mi sono dovuta impegnare, ma la volontà di dare come posso qualcosa agli altri, ha preso il sopravvento e mi ha aiutato a superare le barriere che avevo eretto. Tutti noi abbiamo bisogno di qualcosa e spesso non riusciamo ad averla perché ci chiudiamo in noi stessi e non siamo capaci di guardare l’altro… Io, nel mio bisogno di rappacificarmi, ho trovato un altro modo per offrire quel poco di cui sono capace, per una buona causa e di questo sono contenta. Ringrazio Dio, perché nelle sue infinite vie, ogni tanto mi mostra la strada giusta da percorrere e nonostante ci siano sassi che intralciano il cammino, provo a superarli e a continuare sempre, ancora, fino a che mi sarà possibile.
Lucia Marangoni (Dàmari)
25/05/2024