domenica 31 marzo 2024

Strada 350 richiusa in via cautelativa

 


Un masso di grandi dimensioni piomba sulla strada, ennesimo crollo sulla statale e viabilità interrotta sull'Alpe Cimbra tra Trentino e Veneto

di Luca Andreazza - 31 marzo - 16:37-ildolomiti.it

Ennesimo crollo di roccia sulla statale 350 di Folgaria e Valdastico. Presenti sul posto vigili del fuoco e polizia locale. 

Viabilità interrotta in via cautelativa in attesa delle verifiche e degli approfondimenti del caso.

Una lieta Pasqua a Tutti Voi!


 

Che vi porti tanta serenità e tanta gioia! 
Che possiate risplendere sempre di una nuova Primavera! 

«Per quanto gli uomini cercassero di distruggere la terra, per quanto la soffocassero di pietre, per quanto esalassero fumi di carbon fossile e petrolio, per quanto abbattessero gli alberi e scacciassero tutti gli animali e gli uccelli, – la primavera era primavera anche in città. 

Il sole scaldava, l’erba riprendeva vita. Betulle, pioppi, ciliegi selvatici schiudevano le loro foglie profumate; le cornacchie, i passeri e i colombi già preparavano i nidi. Allegre erano le piante, e gli uccelli, e gli insetti, e i bambini. Ma gli uomini – i grandi, gli adulti – non smettevano di ingannare e tormentare se stessi e gli altri. Gli uomini ritenevano che sacro e importante non fosse quel mattino di primavera, quella bellezza del mondo, la bellezza che dispone alla pace, all’amore, ma sacro e importante fosse quello che loro stessi avevano inventato per dominarsi l’un l’altro.»


Lev Tolstoj (1828-1910)


La vignetta



 

sabato 30 marzo 2024

Filosofia, cultura e...


Avete mai sentito l’espressione «torre di babele»? Vi siete mai chiesti cosa significa? Ecco, quest’antico mito racchiude una grandissima verità. 

Si racconta che c’era un tempo in cui tutti i popoli della terra avevano una sola lingua. Un giorno però alcuni uomini decisero di innalzare una torre altissima, tanto alta da toccare il cielo. Al che Dio decise di punire la superbia di quegli uomini. E come lo fece? Confuse le loro lingue! D’ora in avanti gli uomini avrebbero parlato senza più riuscire a capirsi! Babele deriva da «balal», confondere. Torre di babele significa letteralmente «torre della confusione»

Ma qual è oggi la vera torre di babele? 

Vi è mai capitato di ascoltare un politico parlare per ore e alla fine del suo discorso non avere idea di cosa ha detto? 

Da che mondo è mondo c’è sempre stato qualcuno che ha usato la parola per far colpo sui non addetti ai lavori. Dai sacerdoti egizi e assirobabilonesi fino a tutte le specie di stregoni e azzeccagarbugli possibili, questi personaggi si sono sempre serviti della lingua non per fare chiarezza, ma per generare confusione, affinché la lingua da patrimonio di tutti divenga patrimonio di pochi. 

Nel mondo greco c’era un famoso oratore che era nemico di Socrate: Callicle. Un giorno chiamò intorno a sé i discepoli e disse: «Se è il potere che c’interessa, sarà necessario, da oggi in poi, parlare senza farsi mai capire dagli altri. L’umanità si dovrà dividere in due gruppi: noi che parliamo, e gli acusmatici, che sarebbero quelli che si debbono accontentare di ascoltare senza capire mai un tubo!» Callicle usava un linguaggio vago, forbito, eccessivamente tecnico per confondere i suoi interlocutori e intorbidare le acque.

Il linguaggio è uno strumento di potere, ricordatevelo sempre. Come sapere se chi sta parlando vi sta davvero dicendo qualcosa? Provate a riassumere con parole semplici il succo del suo discorso, falciate senza pietà tutti gli aggettivi, le perifrasi ridondanti, gli anglicismi e poi tirate le somme. Se impiegate più di cinque minuti per trovare un senso in ciò che avete ascoltato, non fatevi troppi problemi, vi siete imbattuti nel peggior tipo di essere umano: un parolaio. 

G. Middei

Sospensione del collegamento ad Internet



Nicolò Lorenzi vorrebbe sapere quante altre Persone in Valle hanno ricevuto la mail che segue, per capire come poter procedere in difesa dei diritti degli Utenti. Grazie.

La ISA SRL aveva al tempo sostituito la E4A


Gentile Lorenzi Nicolò


siamo spiacenti di informarla, che a seguito della rinuncia pervenutaci dall'ospitante del ripetitore, dove la sua utenza è attestata, entro i prossimi 30 giorni sarà cessata e il collegamento dismesso.
La fatturazione è già stata sospesa. La invitiamo a valutare un'alternativa per il suo collegamento a Internet.

ISA s.r.l.
Assistenza tecnica
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Buona Pasqua a Tutti "dall'alto dei Cieli"...


Tanti auguri di Buona Pasqua a Carla, Gianni e a tutti i Lettori del Blog Bronsescoverte dal "Tetto del mondo". 
Non proprio dai..., ma l’obiettivo sono i 5850 metri.


Alessandro Toldo African ed Emanuela

I consigli di Elettra


- Alla sera pane e latte - 


Solo caffè, pane e latte, questa era la cena di mio padre, e quando poteva scegliere preferiva polenta e latte.

E caffè, pane e latte è stata la cena per molti anni per tutta la mia famiglia (2 genitori e 6 figli).

Pane e latte per tutti alla sera, ma pane e latte era  anche la colazione del mattino.

Quindi, che ha fatto mio padre per aver disponibile tutto questo latte? Si è preso le mucche.

Mucche vere che mangiavano fieno e 'ceroso' 2 volte al dì e bevevano tanto, da secchi portati a mano.

E poi bisognava pulirle.

Ecco il prezzo da pagare per avere latte a volontà, latte per 8 persone, per 2 volte al giorno.

Ma non è che oggi mangiamo troppo con i nostri 3 pasti al giorno più spuntini vari?

Se a mezzogiorno mia madre preparava qualcosa che non mi piaceva, non c'era scelta, o mangiavo quello che c'era o mi facevo bastare il pane con?... Con nulla, perché non c'erano in casa creme spalmabili come la nutella o simili e la marmellata era presente poche volte.

Allora se mangiavo poco o mi prendeva la fame nel pomeriggio mi aprivo una scatoletta di fagioli borlotti e li condivo con olio e aceto o mi preparavo un ovetto sbattuto.

Mangiavo male? No. 

Erano cibi semplici, nutrienti, completi.

Al giorno d'oggi mangiamo troppo, specialmente se siamo sedentari, se ci spostiamo in macchina, se abbiano le case riscaldate.

Possiamo vivere con molto meno se mangiamo bene, ed è un risparmio di tempo, denaro, risorse.

(bambini, sportivi, lavoratori di fatica, persone convalescenti, donne in gravidanza esclusi).

Mangiare meno, ma mangiare meglio, ecco la strada da percorrere.

Dobbiamo mangiate meno, meno  cibo confezionato,  meno cibo lavorato, colorato, gonfiato e preferire cibo più semplice, più basico.

Mio padre ha mangiato pane e latte mattina e sera fino ai 65 anni, poi ha dovuto correggere la dieta e introdurre più proteine alla sera, mantenendo il pane e latte al mattino.

La sua storia non è la storia di tutti, ma è vissuto fino a 89 anni.

E mi lascia questa indicazione saggia: mangia meno e mangia meglio.


Elettra Erboristeria 

Cornedo Vicentino 


La vignetta


 

venerdì 29 marzo 2024

Perché Gesù è stato ucciso?



Gesù oggi è un simbolo di amore e rinascita, ma ai suoi tempi era in realtà l’uomo più odiato della Giudea. Era odiato dalla classe politica romana, dai sacerdoti del Tempio, era odiato dalla folla che gli preferì Barabba. Ma perché tanto accanimento? 

Apparentemente Gesù non faceva nulla di pericoloso: predicava un messaggio di fratellanza, compassione e amore. Ma in realtà il messaggio di Gesù era rivoluzionario. Perché? Perché aveva avuto l’ardire di smascherare i sacerdoti che avevano fatto della casa di Dio un mercato.  Politici corrotti, intellettuali asserviti al regime, finti predicatori che promettono alle folle salvezze e salute in cambio di denaro: ecco chi sono i «mercanti del tempio» di oggi. 
Non bisogna essere cristiani per ritrovare in ogni epoca questi individui che mercanteggiano con i sentimenti e gli ideali per ricavarne un profitto.

Gesù aveva anche detto che «l’uomo viene prima del sabato». Cosa significa? Che l’uomo e l’amore vengono prima delle leggi e  non il contrario. Aveva detto che tutti gli uomini sono uguali agli occhi di Dio, parole che non fecero piacere a chi aveva privilegi, ricchezza e denaro e per tale motivo si credeva migliore degli altri. Ed ecco perché venne messo a morte. 
Gesù era una minaccia allo status quo. 
Così venne condotto da Ponzio Pilato. Pilato sapeva che Gesù era innocente, ma non fece nulla. Perché? Perché mise al primo posto la propria tranquillità, il proprio tornaconto. Fece decidere alla folla. E la folla gli preferì Barabba. 

Perché in un mondo di ingiusti, chi parla di giustizia può solo essere osteggiato, perseguitato e, se possibile, ucciso. Gesù avrebbe potuto negare e chiedere clemenza: e allora l’ostilità verso di lui sarebbe cessata. Invece scelse di non fuggire e per tale motivo venne condannato al supplizio più crudele di tutti: la morte sulla croce. 
«Per i cattolici, Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo».

La Croce sopra Mosson


Torna la luce che annuncia la Pasqua: da quasi mezzo secolo è la croce sopra Mosson

Da Marco Zorzi - (articolo della pasqua 2023) Eco Vicentino 

Oltre 100 metri di luce e più di 80 lampade. E’ qualcosa che va oltre il senso religioso che pur rappresenta con tutta la sua forza: una luce nella notte anche di chi pur da non credente, ne riconosce il valore e un conforto quasi umano che prescinde la fede.

E’ la croce che ormai almeno dalla fine degli anni Settanta si illumina nel periodo pasquale sopra l’abitato di Mosson, la vivace frazione di Cogollo del Cengio, e che ogni anno racconta il mistero del Triduo Pasquale. La sua luce rosso porpora, si vede a diversi chilometri di distanza e ormai, per molti residenti dell’alto vicentino, cercarne il bagliore in questi giorni è ormai una tradizione irrinunciabile che non si è fermata se non per rare eccezioni, come quelle legate alla pandemia.

Da un’idea di Olindo e Carlo Trenti, oltre che Francesco Borgo e Angelo Grazian assieme ad altri del paese, in particolare appartenenti all’allora Associazione Combattenti e Reduci, la croce è stata sempre collocata di anno in anno nel Monte Tesso grazie al volontariato di chi non si è mai preoccupato di spendere qualche ora del proprio tempo – non senza un bel po’ di fatica – per srotolare la lunga matassa di fili e controllare con pazienza, una ad una, le lampade.

Cavi che una volta si alimentavano con un generatore, poi grazie all’allaccio generosamente concesso presso abitazioni private, trovando solo in anni recenti il supporto dell’Amministrazione Comunale di Cogollo che ne ha predisposto il collegamento diretto all’illuminazione pubblica, garantendone così l’accensione per tutta la notte.

“Oggi – spiegano in paese – si occupa di tutto Leone Ronzan, uno che quando c’è da mettersi in prima linea per dare il suo contributo a organizzare feste popolari o per aiutare le associazioni di Mosson, non si è mai risparmiato. Con lui una nutrita comitiva di volontari, anche ragazzi giovani, disponibili per installare, ma poi finita la Pasqua, anche per rimettere tutto a posto”.

E lui, Leone, racconta fiero e sprezzante di qualche capello bianco in testa di come la croce abbia trovato posto anche in questo 2023: “Anche se non occorre più fare la ‘guardia’ al generatore fino all’una di notte – bisogna comunque continuare a fare manutenzione – e anche oggi siamo saliti per verificare alcuni portalampade guasti. Negli ultimi anni abbiamo convertito le lampade passando alla tecnologia led e dopo la Pasqua dobbiamo un po’ rivisitare la struttura. Uno sforzo non da poco, i cavi pesano decine di chili, ragion per cui invece che illuminare solo a partire dal Venerdì Santo, abbiamo deciso di anticipare di un paio di giorni. Un impegno per il quale ci autofinanziamo ma che facciamo volentieri per tutti i paesani e non solo”.

In attesa di una nuova Passione di Gesù Cristo da illuminare certi che poi arriverà la Pasqua: la forza del bene che vince e squarcia l’oscurità del male, oltre la morte.

(foto N. Nizzi e J. Carlesso)

La vignetta


 

giovedì 28 marzo 2024

Gli Artisti di un tempo che fu...

 





PARCO DEI PALMENTI – PIETRAGALLA

Foto Giovanni Lancellotti

Il Parco dei Palmenti di Pietragalla simbolo della civiltà contadina: l’architettura rupestre lucana tra arte e ingegno.

“I palmenti” di Pietragalla sono uniche e originali forme di architettura rupestre, con impatto paesaggistico davvero notevole e in grado di suggerire per certi versi scenari e atmosfere fiabesche.

Realizzati in pietra e disposti su diverse quote, formano una composizione armonica in grado di fornire un colpo d’occhio che suscita interesse e curiosità soprattutto verso chi li osserva per la prima volta.

E’ un aggregazione di oltre 200 costruzioni, esempi di architettura rurale, dei veri e propri laboratori per la produzione del vino, frutto dell’intuizione e dell’ingegno dei vignaiuoli pietragallesi.

Queste costruzioni, degna testimonianza della civiltà contadina di un tempo, erano infatti adibiti alla pigiatura e alla fermentazione del mosto in apposite vasche (palmenti) per poi ottenere il prodotto finito (il vino), da qui la denominazione di palmenti.

COME RAGGIUNGERE L’ITINERARIO

Questi esemplari laboratori, se ne stimano poco più di 200, che hanno funzionato fino alla fine degli anni 70, sono ubicati nel territorio di Pietragalla, in provincia di Potenza.

La zona, in passato denominata zona TOFI, è caratterizzata dalla presenza di rocce arenarie che affiorano dal terreno.

Lo studio condotto dall’architetto Maria Donata De Bonis per la preparazione della sua tesi di laurea proprio sui palmenti, attesta lo stato di fatto aggiornato agli inizi degli anni 2000, 2002 per la precisione. Da sopralluoghi eseguiti in maniera certosina è emerso che i palmenti totalmente censiti sono 211 di cui 55 sono inservibili (33 privi di tracce, 19 semi abbattuti e 3 ruderi), 69 risultano in buone condizione e 87 versano in situazione precaria.

ORIGINE DEI PALMENTI

Il nome “Palmenti” deriva dal latino “Paumentum”, l’atto del pigiare, del battere, da cui deriva il termine pavimento.

Ci si può chiedere perché i palmenti siano stati creati proprio in quel luogo. La risposta potrebbe essere questa: la maggior parte delle coltivazioni di viti si trovava sulle colline di Poggio Sedano, nella contrada Cuneo e nella Fornace, tutte terre poste ad est del paese, in corrispondenza della via Breccia, anche se col tempo la vite si è diffusa altrove.

La scelta si spiega inoltre con la natura del terreno, formato da rocce tufacee piuttosto facili da lavorare.

Poiché nelle vicinanze erano presenti già dei palmenti, costruiti in parte nella roccia, a qualcuno è balenata l’idea di costruire in quel luogo dei manufatti per pigiare l’uva.

In mancanza di prove certe si potrebbe formulare una proposizione in base a qualche documento che attesterebbe la presenza dei palmenti a partire dalla seconda metà del 1800.

Nel giornale degli Atti di Intendenza di Basilicata anno 1856, vengono per l’appunto menzionati dei luoghi demaniali usurpati dai cittadini tra cui la zona Tofi in prossimità del paese.

Trattandosi di un area tufacea non coltivabile, vicino al cosiddetto giardino di proprietà del duca, nessuno aveva interesse ad occuparla, fino a quando qualcuno ha messo in atto l’idea di costruire un manufatto che probabilmente prima è servito per la pigiatura, poi anche per la fermentazione sino a completarlo come palmento.

In definitiva si può affermare con buona approssimazione che la costruzione dei palmenti avvenne principalmente nella seconda metà dell’800, periodo in cui ci fu un sensibile aumento demografico della popolazione e di conseguenza un progressivo aumento delle colture e della produzione agricola.

Essi sono stati utilizzati fino agli anni 70 per cui adesso sono in disuso, ma stanno lì come a voler trasmettere la cultura e la civiltà di un tempo durante la quale la laboriosità e l’ingegno dei nostri contadini si fondevano perfettamente.

LA FUNZIONE DEI PALMENTI

Sono costituiti da un atrio nel quale vi è la vasca per la pigiatura dell’uva che può essere a livello terra oppure in posizione sopraelevata rispetto alle altre vasche, su di un arco, a mo’ di mensola.

La vasca ha dimensioni medie di circa 60 cm x 1 metro con un’altezza di 50 cm.

In posizione adiacente alla vasca di pigiatura, vi è la vasca di fermentazione, posta ad una quota leggermente inferiore alla prima, collegata attraverso un canale in modo tale da permettere lo scorrimento del mosto.

La vasca di fermentazione risulta quasi sempre costruita completamente nel tufo (blocchi di arenaria quarzifera) in un substrato ipogeo.

Al fondo della vasca di fermentazione vi è un canale per lo scarico del vino in corrispondenza del quale si trova una buca spaziosa (palm’ndédd) quanto basta per riempire i barili durante la svinatura.

Essi poi, vengono riposti temporaneamente in alto, sul pavimento dell’atrio, attraverso scalette interne. Dopo di che i barili si caricavano a dorso dei muli o degli asini per poi trasportarli nelle cantine (le “rutte”) dove il vino veniva versato nelle botti.




Sostenibilità energetica dei palmenti

Bisogna sempre ricordare che i palmenti servivano per far fermentare il mosto e questo processo non è nient’altro che una reazione chimica realizzata da esseri viventi (lieviti) che lavorano bene soprattutto a specifiche temperature, temperature sicuramente superiori alle medie del periodo della vendemmia. 

Per raggiungere temperature superiori ai 20°C, poiché non esistevano ancora i riscaldamenti, l’unico modo era quello di inventarsi qualcosa.

Conoscendo le proprietà isolanti della roccia, un’idea poteva essere proprio quella di utilizzare quella affiorante; la quale a Pietragalla non manca.

Per aumentare la temperatura all’interno delle vasche si sfruttava la fonte di calore più grande ed a buon mercato, ovvero il Sole!

Sì, ma come? Andando a scegliere un banco roccioso dove realizzare i palmenti in modo tale da sfruttare l’orientamento sud oppure sud-est che garantisse il massimo afflusso di energia solare nel corso della giornata.

Inoltre anche gli ingressi sono tutti rivolti verso il medesimo orientamento.

Come affermato precedentemente, dagli anni 70 in poi i palmenti sono in disuso. Tuttavia alcuni viticoltori locali utilizzano ancora questi manufatti, essendo proprietari, per la produzione a livello familiare e nel pieno rispetto delle tradizioni.

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Per la costruzione del palmento, il lavoro più importante era lo scavo della roccia di tufo, ma non era certo da meno l’opera di finitura interna che richiedeva una superficie liscia e regolare, costituita da un’intonacatura fatta di calcare e sabbia. Le opere erano generalmente eseguite da vignaioli pietragallesi sotto la guida di uno o più maestri muratori specialmente nei periodi in cui non vi erano attività agricole.

I palmenti in funzione del numero delle vasche, si distinguono in palmenti ad una vasca (73 esemplari), a due vasche (54 esemplari), a tre vasche (10 esemplari) sino a quattro vasche.

Più vasche indicano un utilizzo dal manufatto da parte di famiglie diverse o di più persone, appartenenti alla stessa famiglia o semplicemente confinanti.

I materiali impiegati sono di diverso tipo.

Esistono murature con conci di tufo e pietra crosta usate inizialmente, murature miste con pietra e laterizio oppure con pietra calcarea squadrata usate successivamente.

La copertura interna è di vario genere.

L’atrio può essere a botte o a crociera, la tipologia prevalente risulta essere quella a botte, mentre la coperture delle vasche di fermentazione possono essere ancora a botte o costituite da monolite.

La copertura esterna è generalmente costituita da terra riportata, su cui in seguito cresce spontanea la vegetazione, oppure, da zolle di terra inerbita; in un minor numero di casi, si presenta con estradosso nudo a vista.

La natura camaleontica dei palmenti

Per il semplice fatto che la copertura sia generalmente rivestita dal terreno, i palmenti a seconda delle stagioni mostrano un aspetto diverso a causa del mutamento della vegetazione.

In ogni caso il paesaggio risulta di notevole impatto e sempre bello da vedere soprattutto in inverno quando i palmenti sono innevati.

Durante la primavera le coperture si rivestono di una coltre fiorita di colore rosa che offre uno spettacolo da non perdere.

Insieme alle coperture inerbite e fiorite, ad abbellire la facciata, spesso si abbinano due archi a sesto ribassato: uno per sostenere la volta di copertura, l’altro come architrave per l’ingresso.

Anche la facciata, normalmente rivolta verso sud o sud-est, ha due differenti tipologie: in muratura a vista o parzialmente intonacata e presenta di solito una sola apertura.

La struttura dei Palmenti si basa su un importante principio della statica, che è quello della distribuzione uniforme di tutte le spinte, che si scompongono in orizzontali e verticali, queste ultime sono contrastate e azzerate dalle controspinte causate dal suolo, mentre le prime, per essere annullate, necessitano di un apparato murario robusto e continuo. 

Nella parte superiore della porta esiste sempre una piccola luce che ha duplice funzione cioè far esalare l’anidride carbonica derivante dal processo di fermentazione e a volte di alleggerire le strutture sovrastanti.

I piedritti delle porte sono, nella maggior parte dei casi, formati da pietre vive calcaree squadrate che sostengono una struttura verticale la quale può essere un architrave formato da conci di pietra oppure da un monolite di tipo lapideo o ligneo o da una piattabanda con conci di pietra o laterizio.

Il locale dei palmenti oltre ad avere una distribuzione razionale dei suoi componenti: vasca di pigiatura, vasca di fermentazione, spazio per la palm’ntedd, prevede un vano scavato nel muro per la lucerna o la candela e, in alcuni casi, addirittura il camino.

Il mosto, infatti, si bolliva all’esterno del palmento, ma in caso di cattivo tempo era uso bollirlo all’interno.

Per approfondimenti su questo argomento, si consiglia vivamente la lettura del libro di Vincenzo D’Angelo — Pietragalla e i palmenti, Patrimonio di archeologia rurale — Edizioni Paideia Firenze dal quale alcuni cenni sono stati riportati in questa pagina.


I consigli di Elettra


- Quando depurare fa male - 

Depurare, pulire, eliminare, fa bene, specialmente nei cambi di stagione o dopo malattie, assunzioni di farmaci, periodi stressanti, carichi sportivi.

Depurare significa alleggerire il corpo, aiutarlo a lavorare meglio, è rispettarlo donandogli attenzione a pause.

Si depura cambiando dieta, bevendo tisane, facendo digiuno, bagni, sudando, assumendo integratori.

Ma quando NON bisogna depurare?

- Quando si è in gravidanza 

- quando si è troppo debilitati 

- quando si è stitici

1- In gravidanza, non si depura, perché le tossine rimesse in circolo per essere eliminate, verrebbero assorbite anche dal feto.

2- Quando si è troppo debilitati e in carenza, perché i processi di eliminazione non funzionerebbe a dovere visto che necessitano di amminoacidi, vitamine e minerali.

È come lavare uno straccio liso, senza rammendarlo, rischiamo che si laceri.

3- Non si deve depurare una persona stitica.

Prima bisogna liberare e riattivare l'intestino.

E' come voler iniziare a buttare fuori le cose dai cassetti, pulire il frigo, eliminare la merce in garage, senza aver organizzato un posto dove mettere le cose da eliminare, divise per categorie, senza poter accedere all'ecocentro.

Mai iniziare a depurare se non si ha l'intestino libero.

I vecchi lo sapevano bene, perché nelle tisane depurative o dimagranti c'era sempre una pianta lassativa.

Ecco una tisana lassativa, da usare per le emergenze. 

Tisana lassativa:

10 g Anice semi 

10 g camomilla fiori

10 g malva foglie 

30 g frangula corteccia 

10 g salvia foglie 

15 g senna foglie 


Elettra Erboristeria 

Cornedo Vicentino

Tenerezza

 

Cena e gioco a Forni

 


La vignetta


 

mercoledì 27 marzo 2024

Lemme lemme... scava scava... gratta gratta... a sèmo rivà in sima...

Quasi ogni giorno transito per il ponte di Casotto e, se non ci sono auto, rallento o addirittura mi fermo a "contemplare" lo stato avanzamento lavori...😖
Le 2 foto sotto sono il panorama dal mio poggiolo. 
E niente... da oggi vedo anche lo scavatore e il pezzo di roccia bianco sulla sinistra.




 

El buso dele banchète

 






(o Voragine delle Banchette)
Questa località si trova sull'altopiano dei sette Comuni quasi alla fine della mulattiera Pedescala-Rotzo, propriamente detta “Strada delle Banchette” che corrisponde al sentiero C.A.I. n. 621, ma dai locali è detta “Strada Vecia”, una delle più antiche vie di comunicazione fra la pianura Vicentina e l’Altopiano. Dopo una rilevante sporgenza rocciosa a forma di panca si trova un buco profondo e su questo foro del terreno aleggiano storie assai inquietanti e misteriose.
La voragine si manifesta con un pozzo principale verticale di 28 metri che porta in uno stanzone con diametro alla base di oltre 10 metri e varie diramazioni ostruite, all'interno del quale si sono formate delle meravigliose bianche concrezioni calcaree e vive una nutrita e varia colonia di pipistrelli.
Salendo dopo il profondo baratro delle "Banchette" proprio sul tornante, trovasi una serie di fortificazioni militari risalenti alla Grande Guerra con trincee e gallerie ancora ben visibili e proseguendo si arriva a dei prati pianeggianti, tale località viene chiamata "Longa Làita" o "Campi Tombassi" forse dal nome dell'antico proprietario, montando poi sulla alla SP78. Da anni su questo percorso le Pro Loco di Pedescala e quella di Rotzo organizzano la marcia “PEDESCALANDO-ROTZO”.
(Notizie e foto del Gruppo Speleologico Settecomuni)
Questo angolo di Altopiano merita di essere conosciuto per la sua suggestione e per le storie vere ed immaginarie che racchiude. Il toponimo "panca" potrebbe derivare dall’antico idioma cimbro “Pankh” e “Banchette” dal termine longobardo “Banka”. Le antiche leggende narrano che su questo lungo sedile stavano a lavorare la lana ed a formare i loro magici gomitoli, le piccole fate delle nostre montagne chiamate “Selègen Bàiblen” o “Beate Donnette”. Poco oltre la panca, semi nascosta, si trova la "Kerkle" nome “Cimbro” che tradotto in italiano vuol dire Chiesetta ed indica una piccola grotta dove, secondo le leggende, domiciliavano le "Sèlegen Bàiblen". Si narra inoltre di streghe, maghi, orchi e “salbanelli", di feroci animali, di agguati ed orrendi delitti avvenuti nei secoli addietro che la gente del luogo ancor oggi, arrivata in quel luogo allunga il passo.
Delmo Stenghele

I consigli di Elettra


- Dormire Bene - 


Dormire bene è fondamentale per stare in salute.

La salute non è solo assenza di malattia, è sentirsi bene, in forza, attivi, reattivi.

Avere sonno durante il giorno, sentirsi poco lucidi, affaticati, con la memoria che fa cilecca non è essere in salute e spesso è dato da un sonno non ristoratore. 

Far fatica ad addormentarsi, svegliarsi continuamente e riaddormentarsi, svegliarsi spesso per fare pipì, è indice di un sonno disturbato.

Le cause possono essere molteplici e serve una buona anamnesi medica per mettere ordine e sequenza ai disturbi.

Il problema del sonno, se non è insonnia, può essere dato da:

- bere troppo alla sera (il sonno viene interrotto dalla visita al bagno, controllare che non si beva troppo alla sera, controllare la prostata,) applicare dei cuscini caldi sui reni mentre si sta davanti alla tv può aiutare a non svegliarsi di notte. Meglio bere più al mattino e al primo pomeriggio.

- bere caffè durante la giornata (la caffeina impiega 12 ore per essere smaltita dal corpo)

- essere in carenza di vit B12, folati, magnesio.(indispensabili per la produzione della melatonina e i processi del sonno notturni)

- avere una dieta troppo ristretta (mangiare troppo poco specie carboidrati, per alcune persone crea una carenza di serotonina, precursore del buon sonno).

- mangiare troppo o troppo pesante (acidità, sete, reflusso disturbano il sonno).

- una camera troppo calda (il picco più basso di temperatura del corpo avviene di notte, e coincide con un buon sonno a onde lunghe. Una camera troppo calda disturba questo meccanismo).

- una respirazione troppo superficiale (crea un'insufficiente apporto di ossigeno con conseguente difficoltà di svolgimento dei processi metabolici che avvengono di notte. Serve fare sport o seguire un percorso per migliorare la respirazione).

- dolori alle ossa, alle gambe. (farmaci, carenza di minerali, di vitamine possono influire sul sonno).

- bere troppo poco (la disidratazione è nemica del nostro corpo).

- essere depressi e soffrire di altre patologie che influenzano la tenuta di un buon sonno.


Avere cura del sonno è fondamentale visto che fa parte delle funzioni principali per la sopravvivenza.

Passiamo più ore a dormire che a mangiare, perché un terzo della vita la trascorriamo dormendo.

Gli antichi dicevano: non dormire porta alla follia.

In casa possiamo aiutarci con delle tisane di Tiglio, Biancospino, Camomilla, Papavero, Escolzia.

Melatonina, magnesio, sonniferi possono essere prescritti dal medico o dallo psichiatra.

Quando si soffre di depressione o disturbi mentali, l'igiene del sonno è ancora più importante.

Anche dormire troppo può essere un segno di depressione o altre malattie.


Elettra Erboristeria 

Cornedo Vicentino 

L'angolo della Poesia


Non vorrei dirlo,
 
ma com'è triste 

anche la dolcezza

il retrogusto amaro

è quello che rimane 

delle ore liete, 

degli attimi sublimi.

Sublimi perché rari 

e nulla si ripete 

pur ripetendo 

gli stessi gesti, 

dicendo le stesse parole,

tornando nei luoghi 

che furono testimoni 

di sguardi irripetibili,

di sensazioni 

che non hanno nome.

E non vorrei dirlo, 

ma com'è dolce 

anche la tristezza,

il mancarti disperatamente,

sapere che mi cerchi 

nel cielo di stasera, 

ed io... 

mi sento stella.


Francesca Stassi

Ma che storia



Torna l'appuntamento con la rassegna #machestoria!


Cammineremo nella Valle dell'Astico, alla scoperta dei sentieri e della storia di questi meravigliosi territori.
Ci sarà spazio per tutti i gusti, tra tradizioni locali e Grande Guerra, avvenimenti medievali e lavori di una volta, leggende popolari e archeologia!
💪🏻
Vi aspettiamo!
Biosphaeara

Le Contrade - Associazione Culturale di Pedemonte

La vignetta


 

martedì 26 marzo 2024

Il senso di colpa



Se ti senti in colpa verso qualcuno, gli stai dando dell’incapace. Sai perché? 

Il senso di colpa è del tutto naturale; l’evoluzione se l’è inventato come emozione dell’accudimento

Percepisci che non hai accudito abbastanza qualcuno che invece ne aveva bisogno, e allora scatta il senso di colpa. 

Un conto però è sentirsi in colpa verso un bambino che non è in grado di gestirsi da solo; diverso è sentirsi in colpa verso un adulto che è capace di reggere i colpi della vita. 

Se agisci mosso dal senso di colpa verso un adulto, gli stai dando dell’incapace; incapace di cavarsela da solo.

Il senso di colpa ti frena dall’utilizzare una sana comunicazione assertiva, che è l’opposto della comunicazione manipolatoria. 

Nella manipolazione c’è sempre un vincitore e un perdente; ed esiste la comunicazione manipolatoria in cui il manipolatore vince facendo perdere te, ma esiste anche una comunicazione ancora - in un certo senso - manipolatoria dovuta al senso di colpa in cui crei a te stesso uno svantaggio volontario per portare un vantaggio all’altro. In entrambi i casi la logica sottesa è la medesima: uno vince e l’altro perde. 
La comunicazione assertiva presuppone invece che l’altro sia un adulto - tanto quanto te - e, se parli con un adulto, non lo fai per manipolarlo, convincerlo, impietosirlo, correggerlo, farlo soffrire, per fare strategia o fargli cambiare idea; comunichi semplicemente per esprimere chi sei, per raccontare la tua verità. 
Certo, comunicherai il tuo punto di vista nel miglior modo possibile, nel modo più etico possibile, ma la risposta dell’altro è una sua responsabilità. 
Tu sei responsabile della tua comunicazione, l’altro della sua reazione. 
Tuo è il senso di colpa, da cui l’altro non ha il dovere di sollevarti; così come sua è la rabbia che prova verso di te, di cui tu non sei l’autore e su cui non hai responsabilità.
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La vignetta


 

lunedì 25 marzo 2024

La primavera non lo sapeva


La primavera non lo sapeva

che tu non c’eri più…

Puntuale e silenziosa è arrivata 

anche nel tuo giardino 

e ha colorato ogni angolo.

Non lo sa la primavera 

che tu non ci sei,

ma è esplosa in tutta la sua bellezza.

Manchi… 

mancano le tue mani 

che curano i piccoli fiori,

manca il tuo sguardo felice

di quei doni speciali che ricevevi,

manca il tuo grazie 

per questa meraviglia…

Manchi… 

e non mi sembra vero

di passare e non fermarmi a casa tua

per un abbraccio, un caffè,

una confidenza, una chiacchierata…

In punta di piedi 

sono entrata nel tuo giardino,

ti ho immaginata lì, tra i fiori,

tra i profumi e i colori…

La primavera ora si è accorta 

che non ci sei…

mancano i rumori abituali,

mancano i passi, 

mancano le voci…

Eppure lei è ritornata 

a rallegrare il giardino

tanto, troppo silenzioso…

      Lucia

23 marzo 2024

Curiosità


La lingua italiana è colma di metafore legate al mondo della tessitura. 

Locuzioni come: “la trama del film” o "tessere le lodi", “dare filo da torcere” o gli autobus definiti "navetta” e ancora “fare la spola”, “intrecciare una conversazione” o “ordire una congiura” oppure "tramare nell'ombra" e “seguire il filo del discorso”; sono tutte frasi legate alla tessitura che utilizziamo in senso astratto. 

Ve ne sarebbero molte altre, ma su di una espressione in particolare vale la pena soffermarsi: "tutti i nodi vengono al pettine"

Tale locuzione non si riferisce ai nodi sui capelli come qualcuno può ingenuamente pensare, ma bensì ai nodi dei tappeti che, avvolti sui fili di ordito, una volta arrivati al pettine, vengono serrati dal tessitore, con una pressione che dall'alto verso il basso lì unisce alla trama e all'ordito. 

Tale antico proverbio di origine greco-romana, non soltanto proviene dall'antica arte dei tessitori, ma ci riporta direttamente all'antichissima arte dell'annodatura dei tappeti.

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Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...