il 28 giugno1578 per l’approvazione del “Lodo Piovene”.
In centro a Rotzo, accanto alla casa dei Pellizzari, si riuniscono i sindaci di Rotzo e i rappresentanti della popolazione di San Pietro per definire la fusione di San Pietro con Rotzo in un unico comune e porre così fine alla ostinata e dispendiosa lite che li opponeva.
L’oggetto del contendere era l’esercizio degli usi civici sugli spalti della Singéla, e nelle soprastanti montagne, territorio che Rotzo considerava sua esclusiva proprietà, come pure i crinali della valle, ma che i Sampieresi rivendicavano come loro secolare diritto, che peraltro era già stato riconosciuto dai magistrati, per i declivi rivolti al paese.
Erano in gioco interessi cruciali per la grama economia di allora.
La contesa si era protratta per lungo tempo, come è scritto nel verbale dell'assemblea riportato sotto, con corollario di feroci dispetti da entrambe le parti. Questo rischiava ormai di pregiudicare l’equilibrio sociale ed economico delle due comunità, soprattutto perché nessuno era disposto a cedere.
Ecco allora che con l’interessato patrocinio della Dominante (La Repubblica di Venezia, che curava il pacifico presidio dei suoi confini), l’arbitrato del nobile cav. Guido Piovene, i probabili buoni uffici della famiglia Cerato dei Forni, maggiorenti della Valle e per mezzo di persone “..amorevoli et amiche..” che hanno consigliato i contendenti, si è arrivati alla decisione di fondere le due comunità in un unico comune. San Pietro sarebbe divenuto colonnello (frazione) di Rotzo, al pari di Castelletto, Albaredo e Pedescala e i relativi beni collettivi sarebbero stati fruiti insieme (in seguito, sul pro-capite o pro-frazione sarebbero sorte altre annose dispute, ..ma questa è un’altra storia).
Una deliberazione salomonica, che ha il grande pregio di salvare capra e cavoli, senza vinti né vincitori.
È una decisione troppo importante però, per essere presa per delega, è necessario che venga formalmente ratificata dai capifamiglia delle due comunità, titolari dei diritti (il popolo,.. non l’istituzione). Vengono quindi indette le Vicinìe che si sarebbero tenute l’indomani, giorno di domenica, 29 giugno del 1578, solenne festività patronale di San Pietro. Non si sa mai!
Leggiamo allora questo documento, e soffermiamoci là dove recita “.. siccome sono vicini et congiunti per la magior parte di sangue et parentella insieme et tutti habitanti sopra queste montagne..”
Lo riconoscevano già allora, 433 anni fa, che siamo tutti fratelli.
Ma non solo con Rotzo, anche con Forni, Casotto, Pedemonte e su fino in Tonezza e Luserna. Lastebasse non era ancora stato trasferito nel sito attuale (1752) e la sua popolazione resisteva ancora a San Fermo, sotto al Cherle. Allora per andare in Luserna non ci voleva molto di più della quotidiana fatica di salire la Singéla, ..ci si andava e veniva per i sentieri del Croier, che non erano i percorsi da camosci che sembrano adesso, ma trafficate vie di comunicazione e lo stesso vale per le altre località. Erano perciò frequenti i matrimoni con donne dei paesi lungo tutta l’Alta Valle e gli Altipiani intorno, come attestano i registri parrocchiali di quei secoli. Basti pensare che da un documento coevo, risulta che Brancafora con Luserna, Ponteposta e Casotto contassero insieme solo 60 abitanti (sessanta). Allora anche l'antica lingua, che poi si è ritirata ai margini come quella di un ghiacciaio sotto il sole dei secoli, era comune. Gli abitanti dell’Alta Val d’Astico e delle Montagne che la contengono, sono complessivamente una comunità che è stata divisa da tante vicissitudini storiche e anche da un confine di Stato, ma che è sostanzialmente una sola fratellanza di sangue.
Qualche volta forse varrebbe la pena di rifletterci.
Prossimamente vi darò conto della Vicinìa di San Pietro; chi erano e come hanno votato i nostri baldi progenitori e poi di quella di Rotzo.
Nessun commento:
Posta un commento