lunedì 30 settembre 2024

I Genitori se ne vanno, il tempo li porta via



I genitori se ne vanno, bisogna amarli con questa consapevolezza, bisogna prendersene cura con questa coscienza, bisogna accettare che un giorno non ci saranno più.

Non è che se ne vanno; è il tempo che li porta via.

Non sono più il tuo centro. Non sono più la tua guida, non insegnano, osservano. Non guidano, sostengono. Non propongono, accettano.

Hanno bisogno di un altro tipo di cura, di un diverso modo di amare e di altre attenzioni.

Ormai la loro forza si affievolisce e cercano riposo.

La loro energia non è più la stessa e i loro passi diventano lenti.

Non riescono a portare più le stesse responsabilità sulle spalle, né basta la tua compagnia a colmarli, né il tuo aiuto a sostenerli.

Desiderano ricordare i loro giorni di gioventù, godere delle tranquillità, e sentire l’amore che un giorno hanno seminato in te.

Hanno un passato che vogliono rivivere, ciò che conta è che tu possa comprenderlo, hanno storie che desiderano condividere.

Tu rimani nel loro futuro.

Nelle parole di gratitudine, nelle promesse che hai fatto, nei ricordi che hai lasciato.

Rimani nel passato.

Nella foto che tengono in mano. Nel tuo abbraccio. Nel sussurro che li calma. Nel sorriso che offri loro.

Rimani sempre nel loro cuore anche se cambiano le circostanze.

Rendi la vita dei tuoi genitori così serena che, quando partiranno, possano pensare a quanto siano stati felici, anche solo per sorridere al ricordo di quei momenti passati con te.

Web

I consigli di Elettra


- Cosa Siamo ? Perché siamo senza vitamina B? - 

Siamo una colonia di batteri-funghi-virus con attorno un corpo che cammina e pensa e crede di essere il direttore di tutto.

Questa visione omo-centrica è sbagliata.

Siamo ciò che siamo perché dentro di noi abitano e regolano le nostre funzioni 3 kg di batteri, virus, funghi e altri microrganismi.

Questa popolazione più è varia e ricca, più siamo in salute.

Virus e batteri sono non solo dentro la pancia, ma in ogni distretto dentro e fuori noi.

Sulla pelle, nelle mucose, negli organi, non esiste un posto senza la sua popolazione specifica.

Uccidere questa varietà vivente senza subire degli effetti negativi sulla nostra salute è fantasia.

Abbiamo bisogno di nutrire e  lavare il corpo cercando nel contempo di rispettare e migliorare la vita di questi esseri viventi.

Il cibo è il primo e fondamentale fattore di crescita o perturbazione di queste popolazioni.

Scegliere cibo vivo, poco confezionato, pochissimo lavorato è fondamentale.

Dall'igiene e il modo con cui teniamo pulita la casa e il corpo è il secondo punto importante.


Usare prodotti non aggressivi, che rispettano la pelle  e che  non  inquinano è indispensabile.

Inoltre per migliorare la flora nel e sul corpo è utile andare a contatto con la terra, gli animali, una varietà di ambienti diversi. 

Da cosa si può capire che si ha poca varietà batterica?

Dalla carenza di vitamine B e dalle allergie che peggiorano.

Fare attenzione alla dieta, vivere nell'ambiente esterno (mare, lago, bosco o fattoria), evitare farmaci quando possibile, toccare gli animali ci preserva la salute.


Elettra Erboristeria 

Cornedo Vicentino 

Tenerezza autunnale

 

foto di Franca 

La vignetta


 

domenica 29 settembre 2024

La felicità è Amore



Quanto più invecchiavo, quanto più insipide mi parevano le piccole soddisfazioni che la vita mi dava, tanto più chiaramente comprendevo dove andasse cercata la fonte delle gioie della vita. 

Imparai che essere amati non è niente, mentre amare è tutto, e sempre più mi parve di capire ciò che dà valore e piacere alla nostra esistenza non è altro che la nostra capacità di sentire. 

Ovunque scorgessi sulla terra qualcosa che si potesse chiamare “felicità”, consisteva di sensazioni. 

Il denaro non era niente, il potere non era niente. Si vedevano molti che avevano sia l’uno che l’altro ed erano infelici. La bellezza non era niente: si vedevano uomini belli e donne belle che erano infelici nonostante la loro bellezza. Anche la salute non aveva un gran peso; ognuno aveva la salute che si sentiva, c’erano malati pieni di voglia di vivere che fiorivano fino a poco prima della fine e c’erano sani che avvizzivano angosciati per la paura della sofferenza. 

Ma la felicità era ovunque una persona avesse forti sentimenti e vivesse per loro, non li scacciasse, non facesse loro violenza, ma li coltivasse e ne traesse godimento. 

La bellezza non appagava chi la possedeva, ma chi sapeva amarla e adorarla. C’erano moltissimi sentimenti, all’apparenza, ma in fondo erano una cosa sola. Si può dare al sentimento il nome di volontà, o qualsiasi altro. Io lo chiamo amore. La felicità è amore, nient’altro. Felice è chi sa amare. Amore è ogni moto della nostra anima in cui essa senta se stessa e percepisca la propria vita. Ma amare e desiderare non è la stessa cosa. L’amore è desiderio fattosi saggio; l’amore non vuole avere; vuole soltanto amare.

Hermann Hesse - “Sull’amore”



Un po' di tenerezza per alleggerire il clima

 

Misteri!

 


Guardiamo questo confronto e poniamoci qualche domanda specialmente in questo periodo storico: 
la Via Lattea con e senza la Terra.

Un granello di polvere nell'Universo. Nulla più!

Differenze apparentemente non ce ne sono, ma pensate a tutta la storia e la cultura racchiuse in quel 'pallido puntino blu'.


Credit: NASA

La vignetta



 

sabato 28 settembre 2024

La cava e la nostra Comunità: tra guadagni e pericoli

 


Capisco perfettamente che la cava possa portare soldi al Comune e dare lavoro a diverse Persone, e non voglio certo negare l'importanza di questi aspetti. Tuttavia, non possiamo ignorare i gravi pericoli che la cava sta creando sul nostro territorio. In particolare, ci troviamo davanti a crolli di intere pareti della montagna, con enormi rischi per la sicurezza di chi lavora sotto. Questi crolli hanno già portato alla chiusura della statale, creando ulteriori disagi per la Comunità.
Inoltre, la situazione delle polveri e del rumore è insostenibile. Ogni giorno, più di 300 camion attraversano la nostra statale, spesso superando i limiti di velocità consentiti dalla legge, mettendo in pericolo chi viaggia su quelle strade e aggravando il degrado del nostro ambiente.
Non sto dicendo che non si debba cercare fonti di guadagno per il Comune, ma dobbiamo chiederci: a quale prezzo? Dobbiamo davvero mettere a rischio la sicurezza, la salute e la qualità della vita per qualche entrata economica? Credo che sia possibile trovare soluzioni più sostenibili, che possano conciliare il benessere economico con la protezione del nostro territorio e della nostra comunità.
Gino Sartori

I pregiudizi




I pregiudizi possono avere un impatto significativo sulla nostra capacità di pensare e agire in modo aperto e disponibile. 

Quando si parla di “pregiudizi”, ci si riferisce a opinioni preconfezionate e spesso irragionevoli riguardo a persone, idee o situazioni, basate su generalizzazioni superficiali piuttosto che su un’attenta e aggiornata valutazione individuale. 

Queste convinzioni tendono a bloccare la nostra mente, facendo sì che diventi rigida e resistente al cambiamento.

Quando la mente è saturata di convinzioni limitanti, tende a filtrare le informazioni in entrata in modo selettivo, riconoscendo e accettando solo quelle che rafforzano i pregiudizi esistenti e scartando o ignorando quelle che li contraddicono.

Da un lato, l’incapacità di assimilare nuove informazioni o di considerare differenti punti di vista impedisce la crescita personale, limitando la nostra comprensione del mondo e delle persone che ci circondano. 

Dall’altro lato, questa resistenza al nuovo inibisce la nostra capacità di generare nuove prospettive per la nostra vita o soluzioni ai problemi. 

Riflettiamo sull’importanza di coltivare una mente aperta, capace di andare oltre i pregiudizi per vivere una vita più soddisfacente e gratificante.

web

I consigli di Elettra

 


- Gocce  in ossimiele per bambini  per le difese - 


L'ossimiele è  uno sciroppo antico. 

È preparato facendo bollire assieme, aceto e miele. 

Nell'Italia del 500 le prime farmacopee ufficiali descrivono questo sciroppo preparato con miele e aceto.

L'ossimiele è espettorante (elimina il catarro dai bronchi), rimineralizzante, decongestionante e antisettico, ottimo per i bambini e per gli anziani.

Il laboratorio di fito-preparazione  Cento Fiori, ha recuperato questa preparazione antica e la riproduce. Poi  mescola l'ossimiele con le gocce di gemme.

Un abbinamento vincente, dove le proprietà delle gemme si sommano a quelle dell'ossimiele, e in più viene abbattuta la gradazione alcolica, che passa da 35 % a 4%, lo stesso grado alcolico di una mela.

Per i disturbi dei tuoi bambini, o per chi è  debole di stomaco, scegli gemmoterapici "Biogem",  Cento Fiori.

Essi possiedono una marcia in più. 

Sono bio, sono artigianali, efficaci, etici e sono buonissimi.

In questa stagione gli ideali da avere in casa sono:

- Medimil, coadiuvante vie respiratorie (quando iniziano i primi disturbi)

- Ridomil, coadiuvante difese e rinforzante (da integrare da subito perché agisce rinforzando.

Quali sono le gemme  in ossimiele contenute in queste gocce e campo di azione: 

Ribes (allergie), Ontano (catarro), Carpino (tosse),  (difese).


Elettra Erboristeria 

Cornedo Vicentino 

La vignetta


 

venerdì 27 settembre 2024

Le sfide della vita



Dobbiamo considerare le sfide della vita non solo come ostacoli da superare, ma come veri e propri agenti di cambiamento che hanno il potere di plasmare il nostro essere più profondo, proprio come lo scultore fa con il marmo. 

In questo processo di trasformazione, ogni colpo dello scalpello, nonostante possa sembrare duro o doloroso, ha uno scopo: rimuovere ciò che è superfluo o non essenziale, aiutandoci a scoprire e a valorizzare la nostra essenza più vera. 

Allo stesso modo, le sfide che incontriamo possono spogliarci delle illusioni, delle false credenze o delle dipendenze, stimolandoci ad affrontare la nostra realtà interiore e a riconoscere le nostre vere capacità e limiti.

Tuttavia, proprio come lo scultore che deve lavorare con pazienza, precisione e visione, anche noi dobbiamo approcciare le difficoltà con la giusta mentalità. 

Come il marmo che, sotto le mani esperte dello scultore, si trasforma in un’opera d’arte, così le nostre esperienze di vita, anche con le loro difficoltà, possono trasformarci in persone più forti e consapevoli.

web

E a proposito di lupi...

Contra' Soarda-Bassano
video inviato 
da Donatella Dal Maso

 


I consigli di Elettra


- Bere qualcosa a fine pasto -


Produciamo dai 2 ai 9 lt di succo gastrico al giorno. 

Ogni volta che mangiamo, partono tutta una serie di processi di attivazione e comunicazione nel corpo per avvisare della tipologia di cibo che stiamo introducendo.

Gli occhi, la lingua, il naso e lo stomaco, analizzano il cibo e mandano messaggeri chimici al fegato, all'intestino e al pancreas, per avvisarli del lavoro da fare.

Come permettere che questo processo si svolga al meglio?

- mangiando seduti 

- senza distrazioni 

- masticando bene 

- bevendo qualcosa di caldo alla fine

Assumere un liquido caldo permette alla digestione di attivarsi prima e procedere meglio. 

Che sia una tisana calda, camomilla, orzo o semplice acqua calda, la differenza si percepisce subito.

Bere a fine pasto una bevanda calda, è una buona abitudine.


Elettra Erboristeria 

Cornedo Vicentino

Scoperte interessanti

 


La grotta di Teopetra, in Tessaglia, Grecia, è un vero tesoro archeologico!

Risalente a ben 130.000 anni fa, questo sito è una delle tracce più antiche di abitazione umana in Europa.

Da cacciatori-raccoglitori a comunità agricole: la grotta è stata abitata ininterrottamente durante i periodi del Paleolitico, Mesolitico e Neolitico. Tra le incredibili scoperte ci sono attrezzi in pietra, ceramiche, resti umani e il muro di pietra più antico mai trovato, datato a 23.000 anni fa!

Un luogo che ci racconta l’evoluzione dell’umanità. #StoriaAntica #Archeologia

La vignetta


 

giovedì 26 settembre 2024

Dall'Albo Pretorio del Comune di Valdastico



Ricaviamo dall'Albo Pretorio del Comune di Valdastico, la seguente richiesta di prosecuzione dello sfruttamento della Cava Marogna. Così anche i Paesani che non bazzicano abitualmente il Comune e le sue pratiche, sono informati di queste vicende.


Alcune informazioni sull'Albo Pretorio Comunale, dove sono riportati gli atti salienti riguardanti l'Amministrazione e la Comunità. 
Questi atti sono di pubblica consultazione, sia per lettura diretta dell'Albo esposto in bacheca, che tramite il sito web del comune: Albo Pretorio Valdastico, dov'è possibile scaricare i relativi allegati, come quello pubblicato.







 

Firma la petizione anche da lontano!

 



Per tutti coloro che in questo periodo non si trovano in paese ma desiderano comunque sostenere la nostra petizione per un'acqua di qualità, abbiamo creato un'apposita email dedicata.
✉️
Basta inviare un messaggio con il testo qui sotto all'indirizzo lasingela@gmail.com, e noi ci occuperemo di stampare le vostre firme e consegnarle all'amministrazione comunale insieme a tutte le altre.
Testo da inviare via email:
"Io, [Nome e Cognome], sottoscrivo la petizione per migliorare la qualità dell'acqua nel Comune di Valdastico."
Ogni firma è fondamentale.
Grazie a tutti per il vostro supporto, anche da lontano!

Gino Sartori

Nuovo punto raccolta firme

 



Ora potete firmare anche presso il Bar Forni per la nostra petizione sulla qualità dell'acqua!
Ogni firma è fondamentale per portare avanti questa importante causa a favore di tutta la Comunità.
Passate a firmare e date il vostro contributo!
Un grande grazie al Bar Forni per il supporto e a tutti voi per la partecipazione!
Gino Sartori

FANTASTIK CLIMB FESTIVAL




 

Memorial Renzo Giacomelli


 

Il micro-mondo di Franca



Dolcezza e sensualità dei fichi

Così bagnati, lucidi e gocciolanti per la pioggia di settembre, i fichi sono ancora più seducenti.
Così gonfi, carnosi e zuccherosi, già sento la loro dolcezza, prima ancora che la polpa succosa mi riempia la bocca.
Sento già le dita appiccicaticce e quella voglia di pulirle con una leccatina.
Quanto mi piacciono!!!



La vignetta


 

martedì 24 settembre 2024

BLOG

 

Ci fermiamo un paio di giorni per "un'esigenza tecnica".

Ritorneremo giovedì 26 settembre.😊 

Grazie


Raccolta firme per la qualità dell'acqua del rubinetto



Stiamo raccogliendo firme per chiedere un miglioramento della qualità dell'acqua del rubinetto nel nostro comune. 
Sebbene l'acqua fornita sia potabile e conforme ai requisiti di legge, i cittadini hanno il diritto di aspettarsi di più. 
La qualità dell'acqua non si limita alla sola potabilità: è importante che l'acqua sia anche piacevole da bere e utilizzare. Aspetti come il sapore, l'odore, la trasparenza e la temperatura influiscono notevolmente sull'esperienza quotidiana.

Abbiamo già raccolto quasi 150 firme, ma purtroppo siamo carenti nelle frazioni come Pedescala, Forme, Forni e altre. Molti cittadini, al momento della firma, ci dicono che l'acqua dal loro rubinetto è a posto. Vorremmo chiarire che questa iniziativa non riguarda solo chi ha il problema oggi, ma è un gesto di solidarietà: aiutiamo chi ne ha bisogno ora, nella speranza che, se in futuro il problema si presentasse altrove, il supporto ricevuto possa essere ricambiato. È un modo per proteggere il benessere di tutta la comunità, poiché questo problema potrebbe estendersi e toccare tutti.

Diamoci una mano e uniamoci per fare la differenza. Firmiamo la petizione per migliorare la qualità dell'acqua e garantire che sia piacevole da usare per tutti.  

Gino Sartori



Annuncio importante per la raccolta firme



Presso i Bar: "Insima La Pontara" e "da Jona" sono disponibili i fogli per la nostra petizione sulla qualità dell'acqua.


Passate per firmare e sostenere questa importante iniziativa per migliorare la qualità dell'acqua nel nostro Comune. Ogni firma conta! 

Grazie a tutti per la vostra partecipazione e un grazie speciale a Chiara e Walter per il supporto! 

Vorrei cogliere l'occasione per ringraziare Eddi Pertile per essere il capofila di questa importante iniziativa, volta a migliorare la qualità dell'acqua nel nostro comune. Desidero inoltre sollecitare tutti i cittadini ad apporre la loro firma a sostegno di questa richiesta, anche se il problema riguarda principalmente alcune contrade. Credo che tutta la comunità di Valdastico debba sentirsi coinvolta per solidarietà e per il bene comune.

Passeremo personalmente per raccogliere le firme, ma per chi volesse avere maggiori informazioni o chiarimenti, può contattarmi al numero: 

Gino Sartori: 333-3805940

Grazie per la vostra collaborazione e sensibilità su questo tema importante.





El baéto scritore

[Gianni Spagnolo © 24I3]

Nel mentre si discute e ci si accapiglia sul ritorno dei grandi predatori, non ci avvediamo che tanti piccoli mostriciattoli stanno lavorando indefessamente sottotraccia per modificare il nostro paesaggio. 

Orsi e lupi fanno molto scalpore, attirano l’attenzione e richiamano il nostro immaginario collettivo, alimentato dalle ataviche paure delle favole della nostra fanciullezza. Ci fanno invece tenerezza caprioli, camosci e leprotti, salvo quando non impattano improvvisi sulla nostra vettura, o ci devastano l’orto; allora magari arrivano anche le oche, tante! I cinghiali non godono di buona stampa, troppo invadenti e prolifici e devastano i coltivi. Vogliamo la natura bella, rigogliosa e selvaggia, ma non siamo disposti a pagarne il prezzo. Vogliamo trattare gli animali come i cristiani, ma non è detto che loro apprezzino. Loro seguono l’istinto, noi la ragione (almeno così dovrebbe essere), ma non è sempre certo che la ragione abbia ragione.

Anche il mostriciattolo citato in premessa segue il suo istinto ed esegue diligentemente il compito che gli ha assegnato Madre Natura. Lo fa in silenzio e sottotraccia, ma i suoi effetti lasciano il segno, e che segni! Mi riferisco al bostrico tipografo (Ips typographus), un vorace coleottero che, nel suo silenzio operoso, sta colonizzando gli abeti rossi intorno a noi. Potremmo magari pensare che gli aghi color ruggine che ricoprono sempre più queste piante siano legati alla stagione, ma l’abete rosso è un sempreverde, e deriva il suo nome dalla tinta della corteccia e non delle foglie. La verità è che gli alberi con chiome di questa sfumatura stanno morendo, finiranno per perdere tutti gli aghi e diventare grigi: a copàrli, carimìe, a xe proprio sto baéto chìve!

Non si tratta, come per molti esseri viventi di cui si sente parlare ultimamente perché dannosi per l’ambiente, di una specie invasiva: da noi il bostrico è endemico, non un foresto. È un naturale abitante dei nostri boschi, nonché fondamentale per la perpetuazione della foresta come ecosistema. Il suo obiettivo abituale, infatti, sono gli alberi indeboliti, troppo vecchi o in situazioni di difficoltà fisiologica, sotto la cui corteccia scava intricate gallerie, interrompendo il flusso della linfa e avviando così il processo di decomposizione del legno morto. 

Questi che sono i normali processi che avvengono nei boschi in maniera equilibrata, sono stati però stravolti da una serie di eventi che hanno favorito il proliferare del bostrico con numeri che non si erano mai visti prima sull’arco alpino. Come mai, quindi, un insetto che popola da sempre i nostri boschi riesce a causare così tanti danni al suo ambiente?

L’epidemia di bostrico ha avuto come causa principale la tempesta Vaia e come concausa la siccità della stagione estiva del 2022. A questo si sono aggiunti i danni da neve che si erano verificati nella stagione invernale 2019-2020. Il 28 ottobre 2018 Vaia ha provocato la caduta di milioni di alberi in diverse regioni: si è trattato di un evento senza precedenti, causato da condizioni particolarmente avverse per gli abeti rossi, che hanno un sistema radicale superficiale, particolarmente vulnerabile alla combinazione di piogge abbondanti seguite da venti straordinariamente potenti. Conseguenza della catastrofe di Vaia è stato il diffondersi del bostrico, che ha trovato un’abbondante fonte di cibo nei tronchi degli alberi abbattuti. Una volta esaurite le risorse a terra, dato che gli alberi sradicati, dopo qualche tempo, non sono più appetiti al vorace baéto, gli insetti si sono riversati negli abeti rimasti in piedi, risparmiati dalla tempesta. Da qui il disastro visibile!

Gli abeti sopravvissuti, infatti, all’inizio hanno resistito all’invasione del coleottero, ma la prolungata siccità e le temperature più elevate del normale, associate alla carenza di pioggia, hanno provocato un terribile stress idrico e il crollo delle loro difese, lasciando campo libero al bostrico.

Pare che anche l’etologia di questo animale abbia avuto un ruolo importante nella sua rapida diffusione. Il bostrico nasce, si alimenta e cresce all’interno dei tronchi colonizzati, rimanendovi finché non raggiunge la maturità sessuale. A quel punto, il bostrico può allontanarsi anche di un paio di chilometri o più per andare alla ricerca di nuove piante sofferenti da colonizzare. Quando invece siamo di fronte a un’epidemia, il suo istinto cambia sensibilmente: per riprodursi, il bostrico non compie più grandi tragitti alla ricerca di piante sofferenti, ma colpisce direttamente quelle sane.

Al termine del suo ciclo riproduttivo annuale, il bao cerca un posto in cui svernare, che può essere all’interno delle gallerie scavate o più spesso nelle scaglie della corteccia. Negli inverni molto freddi la sopravvivenza si attesta intorno al 20-30%, mentre in quelli miti o caldi può arrivare dell’80% o più. Quando le temperature esterne, in primavera, raggiungono i 18°C circa, il bostrico esce e ricomincia un nuovo ciclo.

Nella straordinaria diffusione del bostrico non c’è nulla di intrinsecamente malvagio, e anche se ci fosse, la natura si è evoluta senza tener conto dei nostri principi etici. Per riconoscere che una pianta è stata attaccata, il sintomo principale da osservare è il cambiamento di colore, di solito piuttosto repentino. La chioma, da verde, diventa rossiccia, rosso scuro, infine grigia, poi cadono gli aghi. il bostrico è detto “tipografo” perché scava un sistema di gallerie dalla forma caratteristica e riconoscibile. Sulle Alpi, l’abete rosso è il suo ospite preferito, rappresentando il 99% delle vittime. Nei boschi fortemente colpiti, si possono osservare abeti rossi morti e larici o abeti bianchi vivi intorno. 

In fondo, siamo noi che abbiamo creato le condizioni per rendere il bostrico epidemico: se non fosse per la coltivazione dell’abete rosso e per il riscaldamento in atto, il bostrico rimarrebbe lì dove è sempre stato, svolgendo le sue azioni senza interferire con gli interessi umani. I boschi che abbiamo oggi sono il risultato delle piantagioni di abete rosso effettuate a partire dagli anni ’20 dello scoro secolo, e sia Vaia sia il bostrico sono una lezione che dobbiamo imparare e applicare per gestire meglio i boschi nei prossimi decenni. Sarà opportuno andare verso boschi a  composizione mista, dove insieme all’abete rosso ci siano altre specie di alberi che possano ricostruire la copertura, ma in modo più resistente. Siamo abituati a vedere il mondo a nostra immagine, convinti che i boschi da noi costruiti siano naturali anche se così non è. Perciò  quando un piccolo insetto si rende colpevole di una distruzione che noi operiamo su scale molto più ampie, fatichiamo ad accettarlo. Debellare il bostrico tipografo non è possibile, dobbiamo prenderne atto. Nell’Alta Val d’Astico i boschi di abete rosso sono stati piantumati prevalentemente nei primi anni Settanta, utilizzando le vanéde abbandonate; ad una quota troppo bassa per la specie, nonché con criteri di spaziatura assurdi. Il risultato è quello che vediamo. C’è forse da sperare in Delmo, che da tipografo a tipografo, riesca eventualmente a stabilire un dialogo col vorace baéto e indurlo a più miti consigli. 


La frana di Elm

Non per fare il menagramo, ma perché documentarsi e sapere non fa mai male, riporto un resoconto, segnalatomi dal prof. Zampieri, su una frana catastrofica verificatasi in un villaggio del canton Glarus, in Svizzera nel lontano 1881. Questo evento può insegnarci qualcosa circa la dinamica di spostamento di grandi masse franose, che a volte può essere controintuitiva. In particolare vanno considerati gli effetti della  violenta "proiezione orizzontale dei detriti" che può manifestarsi in questi casi, ampliando notevolmente l'area di azione dell'evento, ben oltre a quanto si potrebbe supporre confidando nella sola azione della gravità.

La catastrofe di Elm del 1881 divenne famosa perché gli eventi che produssero e accompagnarono la caduta di roccia furono attentamente documentati in lingua tedesca da parte di Buss e Heim (1881) e Heim (1882, 1932). Una rigorosa ricostruzione di questi rapporti fu pubblicata in lingua inglese da Hsü (1978), mentre l’articolo di Heim del 1932 fu tradotto in inglese solo nel 1989.

I primi rapporti includono interviste con testimoni oculari e osservazioni geologiche. In questo caso la rottura del versante fu originata in parte da cause naturali e in parte dall’estrazione di roccia nella cava Plattenberg situata al piede della parete. Questa cava fu sviluppata dagli agricoltori e allevatori locali, che non avevano esperienza di scavi (Hsü 1978). Gli scavi furono fatti al di sotto di una grande massa di roccia soprastante la cava. Quando lo scavo raggiunse oltre 50 metri di profondità, una grande frattura si produsse nel versante al di sopra della cava e una massa di milioni di metri cubi iniziò a muoversi molto lentamente, ma incessantemente. Massi caddero nella cava ferendo alcuni operai e i lavori furono sospesi. 

Gli abitanti di Elm inviarono un loro rappresentante alla capitale del cantone per informare dei fatti. Le autorità inviarono come esperto un forestale, che rassicurò suggerendo solo di alleggerire il peso togliendo la massa degli alberi caduti. Pochi giorni dopo, l’improvvisa rottura del versante, stimata in 10 milioni di metri cubi di roccia, provocò la caduta nel piazzale della cava. Da qui la roccia fu espulsa orizzontalmente a velocità superiore a 80 m/sec (Heim 1932) verso la valle e il villaggio di Elm, provocando la morte di 115 personeI rapporti iniziali enfatizzarono i modi inaspettati in cui la frana si mosse.

Per esempio Heim (1882) riportò che parecchie persone persero la vita mentre correvano in salita verso il villaggio di Düniberg e furono sopraffatti dal detrito che risalì il versante opposto per almeno 100 metri (Hsu 1978). Heim riportò le osservazioni di molti sopravvissuti di Elm, in particolare le loro impressioni sull’aspetto di flusso della massa di detrito e sulla rapidità con cui si fermò. Le dettagliate osservazioni di Heim permisero di comprendere il pericolo di questo tipo di frana, specialmente le grandi distanze orizzontali su cui si possono muovere (Eisbacher e Clague 1984). Nel suo articolo successivo Heim (1932) incluse dei calcoli sul comportamento cinematico della frana, ma le interpretazioni di Heim non ebbero subito la meritata attenzione, forse perché questo articolo fu tradotto in inglese solamente oltre 50 anni più tardi. 

Bibliografia: 

Buss E. und Heim A., 1881, Der Bergsturz von Elm. Zurich, Wurster & Cie, 163 p. Eisbacher G.H. and J.J. Clague, 1984, Destructive Mass Movements in High Mountains: Hazard and Management. Geological Survey of Canada, Paper 84-16. Heim A., 1882, Der Bergsturz von Elm. Deutsch. Geol. Gesell. Zeitschr, v. 34, 74-115. Heim A., 1932, Bergsturz und Menscheleben. Zurich, Fretz & Wasmuth Verlag, 218 p. Hsü K. J., 1978, Chapter 1 - Albert Heim: Observations on Landslides and Relevance to Modern Interpretations. Developments in Geotechnical Engineering, Volume 14, Part A, 1978, 71-93.

Tórghe pìe

 


[Gianni Spagnolo © 24I17]

In quest’epoca follemente social, dove tutti possono impunemente discettare di tutto, soprattutto di quel che non conoscono, mi permetto anch’io di giocare a fare il piccolo geologo. In ciò mi è d’aiuto il recente intervento dell’amico prof. Dario Zampieri [Frana Marogna], del quale conosco la competenza e la passione in materia, unita al legame affettivo con questa nostra bistrattata e fragile Valle.
Basta sbirciare fuori dalla sede del Blog, ossia dalla casa della Carla, per trovarsi di fronte il promontorio della “Gioia”, recentemente assurto agli onori della cronaca per la frana ed il blocco stradale. [Fra le righe: perché ostinarsi a chiamare “Gioia” quel che fisicamente è “Joa”, ossia un avvallamento fra rocce. Dal latino Jugum (giogo), ripreso dal germanico Joch; di questo si tratta. Di gioia lassù non ce n’è mai stata, se non nella mente contorta dei topografi militari savoiardi]. Gioia a parte, che in questa vicenda manca del tutto, torniamo al fianco della nostra montagna resa nella foto. Si vede chiaramente la sede della frana e anche tre piani di potenziale frattura o scivolamento evidenziati a colori, una piccola faglia verticale (rossa) e due lunghe fessure inclinate (blu e verde), solo per dire delle più evidenti. 
Qui ci sarebbero da fare diverse considerazioni. 
La prima estetica: finora l’ampia e abbagliante escavazione del pendio dell’antica frana delle Marogne di Casotto, si vedeva solo al di là del promontorio del Maso, deturpando oscenamente quel tratto di Valle più a nord, mentre ora sta incombendo anche sul fronte dei Siroccoli che sovrasta il Maso, rivolto a San Pietro (e non è per campanilismo). Osservo: era proprio necessario estendere gli scavi a compromettere il panorama e la stabilità del monte anche da questa parte? Non c'era bastante materiale nell'alveo della cava? Avete osservato che la nuvola di polvere e detriti sollevata dall'ultima e relativamente piccola frana, ha imbiancato anche il versante del monte al di là del corto solco vallivo che finora ha protetto il Maso?  Riuscirà, questa valletta, a proteggere le case del Maso anche in caso di franamenti maggiori?
Seconda osservazione: I piani di rottura o potenziale scivolamento. Di quelle tre fratture, quella verticale penso la faranno saltare, togliendo di mezzo la stretta péndola, ma per le altre due mi sa che siamo nelle mani della poja, non solo della Sipeg. 

Durante il mio faticoso ed estemporaneo apprendistato edile, mio padre m’insegnava che, per stabilizzare o destabilizzare qualcosa, sia esso un pendio, una trave, o soltanto un mucchio di terra, biognàva dàrghe o tórghe pìe. Semplice: se volevi far crollare qualcosa, anche di molto grande, bastava tórghe pìe, .. pianpianèlo .. et voilà, .. patapunfete! Veniva giù tutto! Un concetto talmente basico e banale che forse s’è perso per strada nei moderni concetti dello sfruttamento  - adesso dicono: coltivazione – delle cave. Salvo non sia proprio il risultato che si vuole ottenere: il patapunfete!
Passi il grattare gli sfasciumi delle antiche frane, passi il macinare i loro frantumi per oltre venti lunghissimi anni, ma biòn proprio riváre a farghe le gate soto i pìe del Spitz? Tórghe pìe ai soji?  Trascurare quell’evidente reticolo di piani inclinati che ci sta disperatamente avvertendo di non tirare troppo la corda, o la miccia della mina?
I nostri vecchi lo sapevano; sapevano leggere i millenari segnali che manda la montagna. Il nucleo centrale di San Pietro, per esempio, lo stabilirono sull’unico promontorio al riparo delle Marogne, dai Soji e dall’Astico. Fu in tempi moderni che si prolungò il paese e si costruì dovunque, sotto i soji, come in riva al torrente. Memoria curta e poco sentimento, i dirìa!
Un tempo avevano anche l’assillo e l’alibi della sopravvivenza su questi pendii rocciosi, fragili e tribolati. Ora mi pare non ci siano alibi né vantaggi, ma solo rischi; almeno per la popolazione residente. Magari tornerà il lago tra Casotto e Scalzeri, come nella prima parte dello scorso millennio, così finalmente la Valle avrà la sua riscossa turistica. Basta scavare e spetàre. Tanto la montagna a no la ga mia pressa!

Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...