di Delmo Stenghele
Erano nella mia giovinezza l’attrezzatura per la pesca ai “MARSÒNI” nel torrente Astico, strumenti di una semplicità estrema, ma efficacissimi:
Il “SACO” consisteva in un vero e proprio sacco di juta tagliato sul fondo dove veniva rattoppato con una rete da pesca in spago per fare defluire più velocemente l’acqua, sull’entrata invece veniva adattato un ramo di nocciolo a forma di archetto; i pesci vedendo questo buco scuro si infilavano per nascondersi e così venivano catturati.
La “CUNÈLA” invece era una sorta di cesta di forma trapezoidale con la rete fissata su quattro lati sostenuta da due pali sempre di nocciolo piegati ad arco e saldamente fissati incrociati, era aperta da uno solo lato dal quale venivano sospinti spaventati “marsòni o trutèle”.
Il “RÀBIO” era una semplice tavola di legno inferiore ad un metro di lunghezza, alla quale sopra le veniva applicato un arco in legno che serviva da manubrio, in basso era fissato un piccolo travicello sul quale appoggiare il piede per tenere il tutto schiacciato sul fondo del torrente. In questo modo la forza dell’acqua spingeva in avanti il “ràbio” come una lama sgombraneve, livellando il fondo del torrente e facendo fuggire i pesci impauriti dentro la “cunèla” che attendeva saldamente ancorata poco più a valle.
Ricordando gli amici fraterni “BEPINO MEA” e “CESCO FOLI” gli unici con i quali ho potuto sperimentare questo tipo di pesca.
Foto dei primi anni cinquanta tratta dal libro di Franco Stefani
“I MARSÒNI DELL’ASTICO”.
davanti "Tones" Pesavento
dietro Ferruccio Stefani
Papà, grande Papà... Grazie Delmo
RispondiEliminaAllora non c'era in divieto di pescare i marsoni, al contrario delle trote, in quanto era considerato un pesce di scarsa qualità. Ora, se ne prendi uno anche solo in mano, rischi la prigione...
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