martedì 31 gennaio 2023

"Realtà moderne"

 


di Michele Serra

C’è una nuova figura sociale della quale si parla spesso. È il driver, in motorino o in bicicletta, che con la neve, il freddo, la nebbia, e in estate sotto la canicola, deve consegnare la pizza. È pagato poco, quasi sempre un precario, non ha garanzie. Facciamo bene a preoccuparci per lui. Ma dimentichiamo sempre di parlare di chi sta decisamente peggio di lui. Di chi, nella scala sociale, sta sotto di lui. Il più disperato. Il più solo. Quello di cui nessuno parla mai.

È quello che ha ordinato la pizza.

È chiuso in casa da una settimana. Non esce quasi mai. Digita. Ha le occhiaie fatte di pixel, ormai. Per lavarsi la faccia deve usare un detergente per il computer.

Sotto casa, proprio nella sua via, ci sono due pizzerie, una cinese, una giapponese e una cinogiapponese, sta per aprire anche una giappocinese, e poi ci sono tre bar, una paninoteca, perfino un kebab. Nemmeno troppo unto. Ma lui non ci va. Il cibo se lo fa consegnare in cella, come un carcerato. Anche prendere l’ascensore deve sembrargli una distrazione fatale. Un’avventura in terre sconosciute. Ordina tutto on line: i vestiti, la pizza e lo smacchiatore per pulire le macchie di pizza sui vestiti. 

Non entra in un negozio da mesi. All’angolo c’è una libreria, ma i libri li compra su Amazon, così ogni libro fa sessanta chilometri su un camion evitando a lui la fatica di fare trenta metri a piedi. A suo modo, è un recordman: facendosi portare tutto a casa, riesce a provocare un impatto ambientale devastante rimanendo perfettamente fermo…

Non cucina. Nemmeno due uova al tegamino, o un piatto di pasta al burro. Cento generazioni di italiani, prima di lui, hanno cucinato. In questo paese, con tutti i suoi difetti, la cucina è stata per secoli il cuore palpitante di ogni casa. Lui no, non cucina. Niente pentola con l’acqua che bolle, niente cipolla che sfrigola, il solo segno del cibo, in casa sua, è il citofono che suona.

Come volete che stia, uno così? Di buon umore? Ben disposto verso il suo prossimo? Con i pensieri bene ossigenati? Ma no, ovviamente sta male. È di cattivo umore. Diffidente. Per forza poi, scrive sui social le stupidate che scrive. Volete che scriva l’Infinito di Leopardi? E come fa, se l’ermo colle che il guardo esclude, bene che vada è il davanzale della sua cameretta, con vista sul davanzale del condominio di fronte, dove uno o una uguale a lui digita tutto il santo giorno le stesse stupide realtà moderne? Se scendessero in strada, lui e il dirimpettaio, almeno potrebbero guardarsi negli occhi, oppure darsi una manica di botte. A scelta. Insomma avere un contatto umano… 

Quello che ha consegnato le pizze in bicicletta, almeno, la strada la conosce. Quello che la pizza l’ha ordinata, rischia di non conoscere più niente. Nemmeno il rumore dei suoi passi per le scale. 

Se l’uomo che ha ordinato la pizza si affaccia per un attimo alla finestra, vede arrivare il ragazzo in bicicletta che gli porta la pizza. Il ragazzo sta cantando. Quando si pedala, spesso si canta. Sta cantando una canzone di Gaber: “C’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza. Perché il giudizio universale non passa per le case, le case dove noi ci nascondiamo. Bisogna ritornare nella strada. La strada per conoscere chi siamo.


Flora e Fauna

 


Passati i giorni della merla, e lusingata dal proverbio sulla candelora che, comunque sarà il tempo, dall'inverno sèmo fora... io inizio sempre a sentire "odore di primavera".
Sarà per lo spuntare timido di qualche anemone o primula, bucaneve od elleboro, favorito da inverni oramai non più rigidi come un tempo.
Erroneamente noi chiamiamo bucaneve l'elleboro, ma in realtà il vero bucaneve sono le campanelline della prima foto. Esiste anche l'elleboro verde che io quando lo vedevo pensavo al bucaneve "nà vanti", invece no, è un elleboro verde😊

Questo fiore invernale è chiamato comunemente Rosa di Natale. Appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee.

Esistono diverse specie: l'Helleborus niger ( o rosa di Natale), l'Helleborus viridis (= elleboro verde), l'Helleborus foetidus (="cavolo di lupo"), l'Helleborus Purpurascens (le sue foglie hanno un colore vere chiaro ed i suoi fiori sono grandi di colore violetto), l'Helleborus Abchasicus (con fiori bianco-rosei), l'Helleborus Odorus (con foglie bellissime e fiori penduli, odorosi, di colore verdastro) e l'Helleborus Orientalis (nativo della Siria, dell'isola di Antichira: ha bei fiori grandi e rosa).

Gli inglesi lo chiamano in generale hellebore, Christmas flower la specie Helleborus niger.

In Francia lo chiamano Rose de Nöel.

Nella lingua tedesca abbiamo due termini per chiamarla: Christrose o Schneerose.

Questo fiore si presenta con cinque petali bianchi-rosacei. Appartiene alle specie delle erbacee perenni. Le foglie, annunciatrici della sua fioritura, sono grandi, palmate, coriacee, di un colore verde scuro.

Secondo l'etimologia, questo termine deriva dal greco, Helleborus: è formata da due parole greche che significano "far morire" e "nutrimento" che uccide, in riferimento alla sostanza venefica che contiene. Infatti tutta la pianta è altamente velenosa. Le parti più velenose sono il rizoma e le radici. La precauzione di lavarsi le mani dopo aver toccato le rose di Natale è una buona norma.

Attorno a questa pianta sono sorte innumerevoli leggende.










lunedì 30 gennaio 2023

Filosofia, cultura e...



Avere un’opinione è un reato?
Oggi sembra esserci un unico pensiero, un solo modo corretto ed accettabile di vedere le cose, che viene propagandato da quella che viene chiamata l'informazione.
Chiunque si discosti da tale linea, viene accusato, non di avere un’opinione contraria, giusta o sbagliata che sia, ma di promuovere la disinformazione. E la disinformazione merita di essere censurata.
Mentre i fatti possono essere veritieri o manipolati, la nostra interpretazione di determinati fatti, di determinati eventi, rientra nella sfera delle opinioni. Vi sono opinioni valide, opinioni intelligenti, opinioni terribilmente ingenue o addirittura cattive, ma le opinioni sono appunto opinioni: espressione di quella sfera soggettiva che fa parte del nostro IO, del nostro vissuto personale, del nostro particolare percorso intellettuale.
Quando si stabilisce cosa dobbiamo pensare, quali opinioni sia lecito avere, come dobbiamo o possiamo pensare, quando si viene a creare una sorta di Ministero della Verità di orwelliana memoria, allora si vengono a ricreare dei meccanismi che non sono più compatibili con il concetto stesso di democrazia. Democrazia significa rispetto delle altrui opinioni.
Oggi invece non appena la pensi diversamente, o magari ti rifiuti di adagiarti sul comodo conformismo di massa, incontri un muro. Viviamo in una società dominata dal Pensiero Unico, dove la cultura viene strumentalizzata per fini politici, le questioni etiche strumentalizzate per fini politici, dove gli stessi intellettuali non hanno il coraggio di esprimere le loro opinioni e si limitano ad accodarsi a quella che è la moda del momento, l’aria generale. Ecco, per citare Canfora: «l’altro ieri ho incontrato un tizio per la strada che mi ferma e mi dice: “Ma lei cosa pensa di quel pazzo di Putin?”. “Qualche responsabilità c’è anche dall’altra parte”, gli rispondo. “Ah”, dice l’uomo, ma allora lei la pensa come me”. Ecco a cosa siamo arrivati. All’autocensura. Siamo ridotti a questo.»

Letto qua e là

 

Purtroppo a breve sarà
 anche questo un problema 😔



Assemblea annuale alpini


 

domenica 29 gennaio 2023

Snoopy: il Jolly del Blog






Il buon Snoopy, da quando ha avuto spazio sul giornale di Vicenza ed è venuto a sapere che era pure il portafortuna degli astronauti statunitensi, si è ringalluzzito parecchio e ha preteso di avere una paginetta tutta sua. Ha litigato con Tobia e pure con Woodstock e non parliamo delle liti serali col gatto dei Vicini. Ha detto che per fare da "stropabusi" è capace di farlo anche da solo! Seguiamo il suo "emme" e assecondiamolo...😊




29 - 30 - 31 
"i giorni della merla"

Inverni rigidissimi furono quelli del 1606, 1709 e 1788. Di quest'ultimo perdura il ricordo in qualche canzone popolare.

La Laguna geló al punto che da Venezia si potesse raggiungere a piedi quel tratto di tre chilometri e mezzo che la separa dalla terraferma.

Ci furono problemi per gli approvvigionamenti, e il Governo per l'occasione lasció entrare liberi da dazi, vino, carne e ogni genere di commestibili.

Sulla Laguna ghiacciata, dopo aver assistito ai più vari spettacoli, gente di ogni età e ceto, bevevano e mangiavano allegramente sotto appositi padiglioni.

Alcuni accendevano fuochi, altri giocavano a palla, altri di sera, se ne andavano con il lanternino in mano a piedi sino a Mestre o a Campalto.

Ma il freddo cagionó anche molte malattie e decessi.

Giancarlo Sivos ci ha lasciato questa descrizione:

"Entró il nuovo anno a Nativitate, con neve et ghiaccio in tanta quantità et freddo orrendo... Le case tutte incrostate di ghiaccio luceano come specchi. Morse molta gente... et le barche che venivano da Zaffusina et Marghera voleano dieci scudi per viaggio, e vi andavano molte barche di Buranelli, che con manere rompeano il ghiaccio delle lagune... et era una carestia grande di viveri... né poteano venir a Venezia li Burchi di Polesine con fassi e fassine, né da mar per li gran venti... Il qual freddo fu generalmente per tutto il mondo".

P. Molmenti

In foto: F. Battaglioli "la Laguna ghiacciata" esposto a Cà Rezzonico





Vi rubo un minuto per rivedere delle "scenette" che abbiamo già visto tante volte in rete. Rivederle ogni tanto non è male. A me confermano che non tutto quello che stiamo vivendo è migliore di quello che abbiamo vissuto. 


sabato 28 gennaio 2023

La mitica panchina di MARDIFAIA













Ténti ale peche

 


Percorrendo i sentieri nostrani può capitare d'imbattersi nelle tracce degli animali che popolano il nostro territorio. Soprattutto sul terreno innevato, non sarà difficile riconoscere la bestiola dalle tracce che lascia, utilizzando lo schemino qui illustrato. Dal grande cervo, al neo arrivato cinghiale, passando per il più tradizionale camoscio, per finire alla fauna più minuta come volpi e scoiattoli. Sono perlopiù animali schivi e guardinghi, che difficilmente si lasciano sorprendere dagli umani, anche perché hanno generalmente abitudini notturne. Solo l'ultimo animale ha ritmi di vita affini agli umani e una diffusione così capillare che non è raro imbattervisi. Le sue tracce sono le più facili da riconoscere, anche da parte di chi non riesce a memorizzare bene le differenze fra quelle dei vari ungulati. le sue sono tracce permanenti, ma sempre diverse: solo la testa è sempre quella.

Letto qua e là

 


venerdì 27 gennaio 2023

Il ponte di Pedescala


Oggi sicuramente innescherò polemica io...😖😖😖

Però mi piacerebbe sentire anche qualche vostro parere in merito.

Sabato scorso verso le 10, mi trovavo sul ponte pronta per uscire a sinistra e, intanto che attendevo che transitasse qualche auto proveniente da destra, mi arrivano delle auto a sinistra: 3 con la freccia per entrare a Pedescala, quindi ferme. A destra nessuna auto, quindi provo ad uscire. La quarta auto stava sorpassando contemporaneamente alla mia uscita. Ci è mancato molto, ma molto poco che... e, non so a voi, ma a me questa "situazione" NON è assolutamente la prima volta che capita!!! A mio ricordo altre 3/4 volte di sicuro.

Durante le festività natalizie, verso le 18:30 di una domenica, rientravo da Arsiero, ed entrare nel ponte era impossibile, perché tutte le auto che scendevano dal Piovàn s'infilavano nel ponte per girare a sinistra senza dare la possibilità di entrare a chi proveniva da Arsiero. 

Ovviamente, c'era pure la solita colonna che scendeva da Forni che non permetteva che il traffico defluisse e le auto in fila per entrare nel ponte, hanno atteso ben 20 minuti!!!

A mio vedere, considero il ponte di Pedescala per nulla funzionale e, specie in determinate situazioni, pure pericoloso...  

Se era importante non demolirlo, lo si sarebbe potuto tenere pedonale e farne uno adiacente "normale e funzionale" e si sarebbero risparmiati anche i soldi del muro antistante. 

Mi sembra anche che nella statale (o provinciale?) i camion della cava viaggino spesso ad una velocità un po' discutibile... (o è solo una mia impressione?)


Un capolavoro di film


“Comincia il gioco, chi c'è c'è, chi non c'è non c'è.

Si vince a 1000 punti.
Il primo classificato vince un carro armato vero.
Beato lui.
Ogni giorno vi daremo la classifica generale da quell'altoparlante là.
All'ultimo classificato verrà attaccato un cartello con su scritto 'asino', qui sulla schiena.
Noi facciamo la parte di quelli cattivi cattivi che urlano, chi ha paura perde punti. In tre casi si perdono tutti i punti, li perdono:
1) Quelli che si mettono a piangere;
2) Quelli che vogliono vedere la mamma;
3) Quelli che hanno fame e vogliono la merendina, scordatevela!
È molto facile perdere punti per la fame. Io stesso ieri ho perso 40 punti perché volevo a tutti i costi un panino con la marmellata. D'albicocche. Lui di fragole.
Ah, non chiedete i lecca-lecca perché non ve li danno: ce li mangiamo tutti noi. Io ieri ne ho mangiati 20. Un mal di pancia. Però erano buoni.
Lascia fare.
Scusate se vado di fretta, ma oggi sto giocando a nascondino, ora vado, sennò mi fanno tana.”
(dal film La vita è bella)




"Buongiorno e Buon Venerdì a chi ha Memoria e cuore, a chi non dimentica, a chi non cancella i ricordi, anche quando sono orribili, perché è l’unico modo per non ripetere gli errori commessi. A chi non c’era ma sa che è successo veramente, sa quante lacrime si versarono, anche a causa dell’indifferenza di molti che non sapevano o di quelli che si girarono dall’altra parte perché non volevano sapere. Buongiorno alle persone che ricordano, che cercano di non ripetere gli errori commessi nel passato. Che cercano di imparare anche dagli errori fatti dagli altri. Perché il tempo della vita trascorre velocemente, ma i ricordi restano sempre vivi. Ricordare non è vuota ritualità, significa ri-provare una emozione e trarre insegnamento. Perché è qualcosa che vive dentro di noi, che è sempre attuale. Perché ricordare significa non dimenticare mai quegli orrori e non ripeterli più. Buongiorno alle persone che dentro al cuore hanno le loro speranze più belle, quelle che emergono e acquistano forza nei momenti difficili. Quelle speranze che ogni giorno ci aspettano come vecchie a care amiche e ci fanno compagnia, ci prendono per mano e ci fanno coraggio, ci convincono che le difficoltà si possono superare. Sempre. Perché dopo ogni notte buia inizia un nuovo giorno luminoso. Buongiorno a tutti, ma proprio a tutti, nessuno escluso. Con un sorriso..." Agostino Degas

L'avarizia

Umberto Galimberti

L'avarizia è il più stupido dei vizi capitali perché gode di una possibilità, o se si preferisce di un potere, che non si realizza mai. Il denaro accumulato dall'avaro, infatti, ha in sé il potere di acquistare tutte le cose, ma questo potere non deve essere esercitato, perché altrimenti non si ha più il denaro e quindi il potere a esso connesso. 

Quando il denaro diventa il fine ultimo, tutti i beni che non sono di natura economica come l’intelligenza, la cultura, l’arte, la forza, la bellezza, l’amore, per l’avaro cessano di essere valori in sé, perché lo diventano limitatamente alla loro convertibilità in denaro. Ma allora perché essere avari? Da quale angoscia si difende l’avaro? 

L’avaro ha il terrore del futuro, da cui si protegge scegliendo un potere più raffinato, un potere che non si esercita nel presente, ma che nel futuro può essere esercitato in qualsiasi momento. Di questa possibilità gode l’avaro e la protrae fino al giorno della sua morte, che è sempre una morte disperata, non perché l’avaro in quell’occasione è costretto a separarsi dal suo denaro, ma perché è costretto a separarsi dal futuro, per garantirsi il quale ha accumulato denaro per tutta la vita. Quindi l’avaro ha paura della morte, non accetta la condizione di mortale che è propria dell’uomo, per questo il suo vizio è davvero un “vizio capitale”. 



Per non dimenticare


 

Foto varie

 



foto di Michele Toldo


A Montepiano alla Casa del Pastore "sfilate osè"...


 Sanno di averlo carino 
"il lato B" 
e ben fanno 
a metterlo in mostra...
😊😊😊

Servizio di ortofrutta a Pedemonte


Dal gruppo WhatsApp "Pedemonte Informa" dell'Amministrazione Comunale:


🍎🍐🍊🍋🍌🍇🍉

*Ortofrutta a Pedemonte*

🍎🍐🍊🍋🍌🍇🍉


Si avvisa la popolazione che *da lunedì 30 gennaio* sarà a disposizione un servizio di ortofrutta che farà tappa in ogni frazione, partendo da Casotto alle ore 13.30, passando poi per Scalzeri, Longhi, Brancafora, Ciechi e Carotte.

Si precisa che la scansione oraria è da considerarsi provvisoria.

Flora e Fauna



Troviamo ancora qualche brandello di tempo per poter ammirare le meraviglie della natura? L'alchechengi per esempio, io lo trovo di una bellezza unica, sia nel pieno della fioritura che d'inverno!





foto di Franca Rocchetti

Corso per usare in sicurezza la motosega

 



giovedì 26 gennaio 2023

El gronbiàle dela nona

[Gianni Spagnolo © 23A7]

Ve lo ricordéu el gronbiàle dele None?

Grando fa on tarlisòn, co le scarsèle che ghe stava rento de tuto, màssima el fassoléto da naso, grando anche èlo e bon par tuti i usi.

Lo scopo primario del grembiule delle nonne, il nostrano gronbiàle, era ovviamente di proteggere gli abiti, in tempi in cui i lavaggi non potevano essere troppo frequenti. Serviva poi per innumerevoli usi, a seconda delle attività di chi lo indossava; eccolo quindi fungere da:

  • Sugamàn improvvisato;
  • Comoda protezione per voltare el caliéro o estrarre la padella dal forno;
  • Veloce protezione per evitar di scottarsi riempendo la flassa;
  • Portar su i uvi dal punàro;
  • Portar su le sìcole pal fogo;
  • Tor sù la roba dal’orto;
  • Tor do fighi, pumi, piri e ùa e tor su le nose;
  • Netàr le téghe e sernìre i fasùi;
  • Tegnér su i gémi;
  • Sugàrghe le lagrime ai bocéte;
  • Netàrghe face e oci ai popi, bagnadoghe on cantonsèlo co l’acua;
  • Scòndare i tosatéi pì timidi co rivàva gente par casa;
  • Tirar do le terajine e netàre in pressa co rivava gente;
  • Supiaòro pal fogolare, sventolando le bronse;
  • Desguidàre on bussoloto o la moka;
  • Farlo torno al manégo dela sécia par no segàrse le man;
  • E tanti altri mistijri…

El gronbiàle era realizzato con scampoli di stoffa robusta, nelle tonalità dimesse e con i decori minuti tipici delle vesti di allora. Spesso le tasche erano di stoffe diverse, che ne evidenziavano la mostruosa capienza. Ospitavano il fazzoletto da naso, ma anche le mentine per la gola e talvolta la scatoletta del tabacco da naso, oltre ad altre cose alla bisogna. Il gronbiàle caratterizzava la donna di casa come una divisa. Vederne una donna senza questo accessorio, significava che stava andando a messa o si apprestava a qualche evento eccezionale.

Messà che se dovessimo scegliere una bandiera per identificare la nostra terra e la nostra gente, un bel gronbiàle al vento potrebbe rappresentarla efficacemente.


Mondo Sanità


I nodi della sanità vanno affrontati  strutturalmente

24/01/2023 

Gentile Direttore,

La violenza nei pronto-soccorso e nelle sedi di guardia medica, le aggressioni ai sanitari suscitano l’interesse della politica quando diventano fatti di cronaca. Solo allora ci si premura di intraprendere soluzioni d’urgenza, raffazzonate, che più che essere utili per le vittime del sistema riempiono di titoloni le prime pagine dei quotidiani. Ma si è mai chiesta la politica, si sono mai chiesti gli amministratori quali sono le cause del fenomeno crescente che mina la sicurezza dei lavoratori della sanità nel settore dell’urgenza e dell’emergenza? Da molti anni la politica sanitaria delle compagini di governo che si sono avvicendate ha tagliato in modo trasversale le risorse del SSN: riducendo posti letto negli ospedali e nelle altre strutture di ricovero, stremando il personale con il blocco del turnover, chiudendo molte sedi di pronto-soccorso. Si è così  progressivamente compromessa la capacità del SSN di dare risposte adeguate alla crescente domanda di salute che l’emergenza pandemica ha drammaticamente slatentizzato.

Nel territorio i medici sono insufficienti, già gravati da una asfissiante burocrazia che uccide la professione devono ora farsi carico di massimali crescenti di assistiti. I pronto soccorso pesantemente ridotti di numero devono assorbire un progressivo, esponenziale, numero di accessi dal territorio, incapace di fornire risposte adeguate, e non riescono a smistare in tempi accettabili i pazienti che necessitano di ricovero perché non ci sono posti letto e personale. Un imbuto disorganizzato, una miscela esplosiva che esaspera gli animi degli utenti che riversano il loro disagio sugli attori ultimi del sistema. Quando il background culturale scadente e la disinformazione coincidono allora il disagio si trasforma in aggressività. Non saranno i demagogici provvedimenti tampone che la politica adotta per arginare il dissenso elettorale che risolveranno la grave criticità in cui versa il SSN. Manca, infatti, una visione complessiva del problema  e la conoscenza della realtà lavorativa,  si decreta in modo autoreferenziale senza interfaccia con chi fà il mestiere snobbando le associazioni di categoria.

Non ci saranno soluzioni all’agonia del Servizio Sanitario Pubblico senza una revisione complessiva dell’architettura organizzativa del SSN che richiama la tanto millantata integrazione ospedale – territorio.

I mali che affliggono la sanità pubblica sono noti e ormai cronici: carenza di personale medico e infermieristico che incide sui tempi di erogazione delle prestazioni  e sulla qualità dell’assistenza;

impoverimento delle professioni sanitarie; condizioni di lavoro usuranti e bossing che rendono poco attrattivo il lavoro nel pubblico; migrazione delle professioni sanitarie all’estero che offre maggiori remunerazioni e opportunità di carriera; inquinamento burocratico della professione medica con svuotamento della mansione clinica.

Demotivare e usurare il personale che rappresenta il patrimonio più prezioso del SSN è una grave responsabilità della politica degli ultimi 20 anni che si deve riscattare migliorando le condizioni economiche e di lavoro e riappropriando al personale la governance del sistema.

Il sindacato rappresenta da questo punto di vista un interlocutore affidabile nella sua pluralità rappresentativa, trasversale  a tutti i settori di attività, gli deve essere tuttavia riconosciuto un ruolo partecipativo nelle sedi decisionali e non un mero ruolo consultivo.

Se, invece, l’obiettivo è la privatizzazione della sanità pubblica allora anche i fatti di cronaca ben manipolati possono essere utili!

Alberto Pozzi

Presidente Regionale Veneto Sindacato Medici Italiani (SMI)

[Altovicentinonline]


Arsiero. Pienone all’incontro per la carenza di medici, ma le promesse non convincono. Stasera si ‘replica’

25/01/2023 

Più ombre che luci. Almeno nelle premesse – oltre che negli auspici degli amministratori dell’Unione Montana Alto Astico – l’incontro organizzato in collaborazione con l’Ulss 7 per affrontare l’annosa questione dell’assistenza medica, avrebbe dovuto fornire qualche elemento di chiarezza oltre che di risoluzione.

Ma a giudicare dagli sguardi e dai mugugni dei numerosi partecipanti all’uscita dalla Sala Conferenze di Piazza Rossi ad Arsiero così non è stato.

Se da un lato infatti la platea ha apprezzato la presenza e la disponibilità del direttore del distretto Alto Vicentino Francesco Calcaterra così come ha mostrato comprensione per l’appello alla collaborazione suggerito dalle parole di Marco Dal Pozzo in qualità di referente per la medicina di gruppo integrata, decisamente meno entusiasmo hanno registrato invece le prospettive tracciate dal manager dell’azienda sanitaria che in più occasioni, pur riconoscendo l’emergenza, ha rivendicato il massimo sforzo possibile.

“Abbiamo ben presente questa situazione emergenziale” – ha più volte ammesso Calcaterra a fronte dei quesiti posti dalla cittadinanza – “ma dal canto nostro, assicuro che ci siamo mossi per tempo e che stiamo facendo il meglio per venirne a capo con un mio quotidiano interessamento personale”.

Di fatto, un bacino con oltre 11.600 utenti, si sta avvalendo di soli tre medici su un minimo previsto di 6 e le ultime vicissitudini di inizio anno, con un medico che sembrava pronto ad arrivare – molti pazienti avevano già ricevuto il messaggio che ne annunciava il passaggio poi rettificato nell’arco di una manciata di giorni – altro non ha fatto che esasperare un’utenza già messa a dura prova da un disservizio ormai annoso.

“Al medico che doveva arrivare” – si è difeso Calcaterra – “avevamo offerto casa e auto. Questo per dire che purtroppo, nella carenza strutturale di medici, si pone un problema di appetibilitá della valle. Ma l’azienda non demorde: ci sono dei contatti in corso, non voglio espormi anzitempo, ma confido che entro pochi mesi si possa tornare a regime”.

Parole che non scaldano la platea, accesa anche nel rilevare problemi col fatto che nel continuo turn over di medici, mancherebbe un passaggio di consegne con conseguente mancato trasferimento del ‘diario’ del paziente: “Io non posso ogni volta spiegare tutti i mie malanni da capo al nuovo medico” – si è sfogato uno dal pubblico – “col rischio magari di farlo in modo approssimativo”.

Problemi anche con il call center che costringerebbe l’utente a interminabili attese senza risposta. Anche su questo punto la promessa di ‘elevare’ gli standard subito prima di traghettare la discussione su altri lidi in cerca di un consenso almeno sulle buone intenzioni: “Grazie ai fondi del Pnrr” – ha spiegato il dirigente Ulss – “Arsiero avrà un suo hub con laboratori diagnostici e servizi di prim’ordine”.

Opportunità e possibilità che si infrangono irrimediabilmente con l’intervento inaspettato di un ex amministratore seduto in platea a fare pubblica ammenda: “15 anni fa da primo cittadino di Valdastico oltre che da presidente della Conferenza dei Sindaci” – ha dichiarato Alberto Toldo – “presentavo con un certo orgoglio i passi avanti di questa Ulss e immaginavo una transizione completamente diversa, capace di dare realmente risposte al territorio. Oggi posso solo dire che provo grande vergogna e chiedo scusa perché non sarei più in grado di prestare il fianco ad un’azienda che risponde così ai bisogni della gente”. Applausi sentiti, anche da alcuni medici in pensione presenti in sala.

E se su questo incontro è calato il sipario con molti interrogativi ancora senza risposta, c’è attesa mista a curiosità per quello indetto per stasera alle 20.30 nella medesima location. Stavolta sul banco dei relatori ci saranno il Consigliere regionale Giacomo Possamai e il medico Stefano Pellegrini moderati da Luca Cislaghi, coordinatore del locale circolo del Partito Democratico in qualità di promotore dell’iniziativa.

“Il nostro appuntamento” – spiega Cislaghi – “è stato annunciato prima di quello poi indetto in velocità dall’Unione Montana. Ma non ne voglio fare argomento di polemica, anzi. Se è servito per stimolare un pur tardivo dibattito, ben venga. Noi cercheremo comunque di approfondire la questione della carenza dei medici. E sul tema manterremo i riflettori accesi sino a quando l’emergenza per la valle non sarà conclusa”.

di Redazione AltoVicentinOnline


Vuoti incolmabili


Questa scultura 
si chiama "VUOTO
è stata creata da un padre 
nel tentativo di far capire 
come ci si sente 
a perdere un figlio.

mercoledì 25 gennaio 2023

Avvisi funebri (FC)



MIX: di tutto un po'...


Ricordate l’espressione: «fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza?»

Dante le fa dire ad Ulisse. Sono forse le parole più celebri dell’intera Divina Commedia. Ma cosa significano? Che cosa vi sta dicendo Ulisse? Ecco è molto semplice: vivere per mangiare, respirare, soddisfare i bisogni primari della vita, significa vivere come animali. Non essere niente di più. In tanti scelgono questa sorta di vita: non pensano, fanno ciò che tutti fanno, non hanno curiosità, non hanno passione, si limitano a sopravvivere, capite? Dante invece vi sta dicendo: non vivete come bruti, perché non siete nati soltanto per questo! 

Ricordate le parole di Kant: abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza? Più di duemila anni prima  invece un altro grande filosofo diceva: conosci te stesso. Il conosci te stesso di Socrate, il Sapere aude di Orazio (osa sapere!) vi stanno dicendo la stessa identica cosa. La vostra missione su questa  terra è di arricchire il vostro bagaglio di conoscenze e di esperienze. Siate curiosi, pensate, indagate, ponetevi continui domande, esercitate e mettete in pratica la vostra intelligenza, perché è il pensare che vi rende umani!

Oggi invece c’è la televisione, ci sono i giornali, gli influencer: tutte queste persone fanno una cosa, una cosa soltanto: vi distraggono! Vi esortano a non pensare. Pensare non va più di moda. Non scegliete in questi nidi di mediocrità e conformismo i vostri modelli. 

Pensate ad Ulisse invece. Ulisse è il simbolo della curiosità, è l’eroe che per il l’instancabile desiderio di sapere non ha esitato a spingersi oltre i limiti del mondo conosciuto. Dante, Foscolo, Tennyson, D’Annunzio… generazioni di poeti e scrittori hanno parlato di Ulisse, per ricordarvi questo: 

vivere e sopravvivere non sono affatto la stessa cosa! 

G. Middei

Avvisi funebri (FC)



Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...