I nodi della sanità vanno affrontati strutturalmente24/01/2023
Gentile Direttore,
La violenza nei pronto-soccorso e nelle sedi di guardia medica, le aggressioni ai sanitari suscitano l’interesse della politica quando diventano fatti di cronaca. Solo allora ci si premura di intraprendere soluzioni d’urgenza, raffazzonate, che più che essere utili per le vittime del sistema riempiono di titoloni le prime pagine dei quotidiani. Ma si è mai chiesta la politica, si sono mai chiesti gli amministratori quali sono le cause del fenomeno crescente che mina la sicurezza dei lavoratori della sanità nel settore dell’urgenza e dell’emergenza? Da molti anni la politica sanitaria delle compagini di governo che si sono avvicendate ha tagliato in modo trasversale le risorse del SSN: riducendo posti letto negli ospedali e nelle altre strutture di ricovero, stremando il personale con il blocco del turnover, chiudendo molte sedi di pronto-soccorso. Si è così progressivamente compromessa la capacità del SSN di dare risposte adeguate alla crescente domanda di salute che l’emergenza pandemica ha drammaticamente slatentizzato.
Nel territorio i medici sono insufficienti, già gravati da una asfissiante burocrazia che uccide la professione devono ora farsi carico di massimali crescenti di assistiti. I pronto soccorso pesantemente ridotti di numero devono assorbire un progressivo, esponenziale, numero di accessi dal territorio, incapace di fornire risposte adeguate, e non riescono a smistare in tempi accettabili i pazienti che necessitano di ricovero perché non ci sono posti letto e personale. Un imbuto disorganizzato, una miscela esplosiva che esaspera gli animi degli utenti che riversano il loro disagio sugli attori ultimi del sistema. Quando il background culturale scadente e la disinformazione coincidono allora il disagio si trasforma in aggressività. Non saranno i demagogici provvedimenti tampone che la politica adotta per arginare il dissenso elettorale che risolveranno la grave criticità in cui versa il SSN. Manca, infatti, una visione complessiva del problema e la conoscenza della realtà lavorativa, si decreta in modo autoreferenziale senza interfaccia con chi fà il mestiere snobbando le associazioni di categoria.
Non ci saranno soluzioni all’agonia del Servizio Sanitario Pubblico senza una revisione complessiva dell’architettura organizzativa del SSN che richiama la tanto millantata integrazione ospedale – territorio.
I mali che affliggono la sanità pubblica sono noti e ormai cronici: carenza di personale medico e infermieristico che incide sui tempi di erogazione delle prestazioni e sulla qualità dell’assistenza;
impoverimento delle professioni sanitarie; condizioni di lavoro usuranti e bossing che rendono poco attrattivo il lavoro nel pubblico; migrazione delle professioni sanitarie all’estero che offre maggiori remunerazioni e opportunità di carriera; inquinamento burocratico della professione medica con svuotamento della mansione clinica.
Demotivare e usurare il personale che rappresenta il patrimonio più prezioso del SSN è una grave responsabilità della politica degli ultimi 20 anni che si deve riscattare migliorando le condizioni economiche e di lavoro e riappropriando al personale la governance del sistema.
Il sindacato rappresenta da questo punto di vista un interlocutore affidabile nella sua pluralità rappresentativa, trasversale a tutti i settori di attività, gli deve essere tuttavia riconosciuto un ruolo partecipativo nelle sedi decisionali e non un mero ruolo consultivo.
Se, invece, l’obiettivo è la privatizzazione della sanità pubblica allora anche i fatti di cronaca ben manipolati possono essere utili!
Alberto Pozzi
Presidente Regionale Veneto Sindacato Medici Italiani (SMI)
[Altovicentinonline]
Arsiero. Pienone all’incontro per la carenza di medici, ma le promesse non convincono. Stasera si ‘replica’
25/01/2023
Più ombre che luci. Almeno nelle premesse – oltre che negli auspici degli amministratori dell’Unione Montana Alto Astico – l’incontro organizzato in collaborazione con l’Ulss 7 per affrontare l’annosa questione dell’assistenza medica, avrebbe dovuto fornire qualche elemento di chiarezza oltre che di risoluzione.
Ma a giudicare dagli sguardi e dai mugugni dei numerosi partecipanti all’uscita dalla Sala Conferenze di Piazza Rossi ad Arsiero così non è stato.
Se da un lato infatti la platea ha apprezzato la presenza e la disponibilità del direttore del distretto Alto Vicentino Francesco Calcaterra così come ha mostrato comprensione per l’appello alla collaborazione suggerito dalle parole di Marco Dal Pozzo in qualità di referente per la medicina di gruppo integrata, decisamente meno entusiasmo hanno registrato invece le prospettive tracciate dal manager dell’azienda sanitaria che in più occasioni, pur riconoscendo l’emergenza, ha rivendicato il massimo sforzo possibile.
“Abbiamo ben presente questa situazione emergenziale” – ha più volte ammesso Calcaterra a fronte dei quesiti posti dalla cittadinanza – “ma dal canto nostro, assicuro che ci siamo mossi per tempo e che stiamo facendo il meglio per venirne a capo con un mio quotidiano interessamento personale”.
Di fatto, un bacino con oltre 11.600 utenti, si sta avvalendo di soli tre medici su un minimo previsto di 6 e le ultime vicissitudini di inizio anno, con un medico che sembrava pronto ad arrivare – molti pazienti avevano già ricevuto il messaggio che ne annunciava il passaggio poi rettificato nell’arco di una manciata di giorni – altro non ha fatto che esasperare un’utenza già messa a dura prova da un disservizio ormai annoso.
“Al medico che doveva arrivare” – si è difeso Calcaterra – “avevamo offerto casa e auto. Questo per dire che purtroppo, nella carenza strutturale di medici, si pone un problema di appetibilitá della valle. Ma l’azienda non demorde: ci sono dei contatti in corso, non voglio espormi anzitempo, ma confido che entro pochi mesi si possa tornare a regime”.
Parole che non scaldano la platea, accesa anche nel rilevare problemi col fatto che nel continuo turn over di medici, mancherebbe un passaggio di consegne con conseguente mancato trasferimento del ‘diario’ del paziente: “Io non posso ogni volta spiegare tutti i mie malanni da capo al nuovo medico” – si è sfogato uno dal pubblico – “col rischio magari di farlo in modo approssimativo”.
Problemi anche con il call center che costringerebbe l’utente a interminabili attese senza risposta. Anche su questo punto la promessa di ‘elevare’ gli standard subito prima di traghettare la discussione su altri lidi in cerca di un consenso almeno sulle buone intenzioni: “Grazie ai fondi del Pnrr” – ha spiegato il dirigente Ulss – “Arsiero avrà un suo hub con laboratori diagnostici e servizi di prim’ordine”.
Opportunità e possibilità che si infrangono irrimediabilmente con l’intervento inaspettato di un ex amministratore seduto in platea a fare pubblica ammenda: “15 anni fa da primo cittadino di Valdastico oltre che da presidente della Conferenza dei Sindaci” – ha dichiarato Alberto Toldo – “presentavo con un certo orgoglio i passi avanti di questa Ulss e immaginavo una transizione completamente diversa, capace di dare realmente risposte al territorio. Oggi posso solo dire che provo grande vergogna e chiedo scusa perché non sarei più in grado di prestare il fianco ad un’azienda che risponde così ai bisogni della gente”. Applausi sentiti, anche da alcuni medici in pensione presenti in sala.
E se su questo incontro è calato il sipario con molti interrogativi ancora senza risposta, c’è attesa mista a curiosità per quello indetto per stasera alle 20.30 nella medesima location. Stavolta sul banco dei relatori ci saranno il Consigliere regionale Giacomo Possamai e il medico Stefano Pellegrini moderati da Luca Cislaghi, coordinatore del locale circolo del Partito Democratico in qualità di promotore dell’iniziativa.
“Il nostro appuntamento” – spiega Cislaghi – “è stato annunciato prima di quello poi indetto in velocità dall’Unione Montana. Ma non ne voglio fare argomento di polemica, anzi. Se è servito per stimolare un pur tardivo dibattito, ben venga. Noi cercheremo comunque di approfondire la questione della carenza dei medici. E sul tema manterremo i riflettori accesi sino a quando l’emergenza per la valle non sarà conclusa”.
di Redazione AltoVicentinOnline