sabato 8 dicembre 2018

Le ho trovate in rete e le ho trovate stupende. Desidero condividerle con chi non le avesse mai lette



Fammi essere ancora figlio. 
Solo una volta. 
Una volta sola.
Poi ti lascio andare.
Ma per una volta ancora, fammi sentire sicuro.
Proteggimi dal mondo.
Fammi dormire nel sedile dietro il tuo.
Guida tu. Che io sono triste e stanco.
Ho voglia che sia tu a guidarmi, Papà.
Metti la musica che ti piace. 
Che sarà quella che una volta cresciuto piacerà a me.
Fammi essere piccolo.
Pensa tu per me.
Decidi tu per me.
Mettimi la tua giacca, 
che a me sembra enorme, 
perché ho freddo.
Prendimi in braccio 
e portami a letto 
perché mi sono addormentato sul divano.
Raccontami storie.
E se sei stanco non farlo. 
Ma non te ne andare.
Ho voglia di rimanere figlio per sempre.
Abbracciami forte come dopo un gol.
Dormi ancora, come hai fatto, 
per una settimana su una sedia 
accanto al mio letto in ospedale.
Rassicurami.
Carezzami la testa.
Lo so che per tutti arriva il momento 
in cui devi fare da padre a tuo padre.
Ma io non voglio.
Non ora.
Voglio vederti come un gigante. 
Non come un uccellino.
Non andare, papà.
Ti prego.
Fammi essere ancora figlio.
Fammi essere per sempre tuo figlio.
Web


I MIEI FIGLI

Il tempo, inesorabilmente, svuoterà gli occhi dei miei figli, che ora traboccano di un amore poderoso e incontenibile. Toglierà dalle loro labbra il mio nome urlato, cantato, sillabato e pianto cento, mille volte al giorno. Cancellerà – un po’ alla volta oppure all’improvviso – la familiarità della loro pelle con la mia, la confidenza assoluta che ci rende praticamente un corpo solo. Con lo stesso odore, abituati a mescolare i nostri umori, lo spazio, l’aria da respirare. Subentreranno, il pudore, il giudizio, la vergogna. La consapevolezza adulta delle nostre differenze.
Come un fiume che scava l’arenaria, il tempo minerà la fiducia che mi rende ai loro occhi onnipotente. Capace di fermare il vento e calmare il mare. Riparare l’irreparabile, guarire l’insanabile, resuscitare dalla morte.
Smetteranno di chiedermi aiuto, perché avranno smesso di credere che io possa in ogni caso salvarli. Smetteranno di imitarmi, perché non vorranno diventare troppo simili a me. Smetteranno di preferire la mia compagnia a quella di chiunque altro, e guai se questo non dovesse accadere.
Sbiadiranno le passioni, la rabbia e la gelosia, l’amore e la paura. Si spegneranno gli echi delle risate e delle canzoni, le ninne nanne e i "C’era una volta…" termineranno di risuonare nel buio.
Con il tempo, i miei figli scopriranno che ho molti difetti, e, se sarò fortunata, ne perdoneranno qualcuno.
Saggio e cinico, il tempo porterà con sé i ricordi. Dimenticheranno, anche se io non dimenticherò.
Il solletico e gli inseguimenti (“Mamma, ti prendo io!”), i baci sulle palpebre e il pianto che immediato ammutolisce con un abbraccio. I viaggi e i giochi, le passeggiate e le febbri alte. I balli, le torte, le carezze mentre si addormentano piano.
I miei figli dimenticheranno. 
Dimenticheranno che li ho allattati e cullati per ore, portati in fascia e tenuti per mano. Che li ho imboccati e consolati e sollevati dopo cento cadute. Dimenticheranno di aver dormito sul mio petto di giorno e di notte, che c’è stato un tempo in cui hanno avuto bisogno di me quanto dell’aria che respirano.
Dimenticheranno, perché è questo che fanno i figli, perché è questo che il tempo e la vita pretende.
E io, io, dovrò imparare a ricordare tutto anche per loro, con tenerezza e senza rimpianto. Gratuitamente. Purché il tempo, sornione e indifferente, sia gentile abbastanza con questa madre che non vuole dimenticare.
Lettera di una mamma
unamammagreen.com

Una buona madre è colei che diventa inutile nel tempo.
  Diverse volte ho sentito pronunciare questa frase da un amico psicoanalista e mi è sempre sembrata strana.
Sto vivendo quel particolare momento che tutte le mamme vivono.
Quello in cui bisogna reprimere l’impulso naturale materno di voler mettere il proprio figlio, ormai cresciuto, ancora sotto l’ala protettrice.
Quello di cercare di proteggerlo dagli errori. Dai dolori.
E dai pericoli.


È una battaglia erculea, lo confesso.
Mentre sto per perdere la lotta contro la super-mamma che vorrebbe controllare tutto, la frase del mio amico psicologo mi illumina la mente.
Ora è assolutamente chiara.
Se ho svolto bene il mio lavoro di educatrice, se ho trasmesso valori e principi, oggi sono inutile.
Posso diventare inutile.

Prima che qualche mamma, lettrice frettolosa, mi accusi di non essere una madre amorevole, voglio spiegare cosa significa, in realtà, essere diventata una madre inutile.

Essere “non necessari” non significa smettere di amare il proprio figlio, ma significa essere riuscita a non renderlo dipendente da me per ogni suo bisogno ed esigenza.
Significa averlo reso un adulto autonomo, sicuro di se stesso, indipendente.
Un uomo pronto a seguire la sua strada, a superare le sue frustrazioni, a fare i suoi errori, ad assumersi le sue responsabilità. Pronto ad essere uomo.

È a questo punto che tagliamo realmente quel cordone ombelicale.

Ogni nuova fase rappresenta una nuova perdita e un nuovo guadagno per entrambi. Per madre e figlio.
Perché l’amore è un processo di liberazione permanente e questo legame continua a trasformarsi per tutta la vita.
Arriva il giorno in cui i bambini diventano adulti, formano la propria famiglia e ricominciano il ciclo.
Ciò che sarà sempre importante per loro, è sapere che la propria madre è lì. Ferma. Al suo posto.
Per un abbraccio, per una parola, per una risata, per un ballo insieme. Per amore.
Sempre lì. Ferma. Al suo posto.

Aiutare i propri figli ad essere uomini liberi e degni, è la più grande sfida per ogni genitore.
È la principale missione.


Imparare ad essere “inutili” significa semplicemente diventare un rifugio. Un porto sicuro quando sentiranno il desiderio di attraccare.

E questo perché …
“I figli sono come gli aquiloni,
insegnerai a volare
ma non voleranno il tuo volo.
Insegnerai a sognare

ma non sogneranno il tuo sogno.
Insegnerai a vivere
ma non vivranno la tua vita.
Ma in ogni volo, in ogni sogno

e in ogni vita rimarrà per sempre
l’impronta dell’insegnamento ricevuto.”

-Santa Teresa di Calcutta-

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