(segnalato da Marco Pettinà) - Corriere della Sera - Veneto
domenica 31 luglio 2016
sabato 30 luglio 2016
venerdì 29 luglio 2016
I Ragazzini e la tecnologia: Hanno in mano una Ferrari, ma non sanno dove andare
Estate non vuol dire solo vacanze. Per i genitori che lavorano
significa anche inventarsi qualcosa perché i figli non patiscano la
noia, la solitudine e (per quanto possibile) il caldo afoso.
I centri
estivi – delle scuole o privati – possono essere una
soluzione, ma il venir meno delle abitudini invernali, inclusa la
frequentazione dei compagni di classe e degli amici del quartiere, può
favorire un fenomeno che negli ultimi anni sta crescendo a dismisura:
l’uso di strumenti tecnologici (tablet e smartphone),
videogiochi, social network fin dalla più tenera età e senza regole né
di orario, né di contenuto.
Una questione che rischia di essere affrontata in modo ideologico,
ovvero con i genitori più «tradizionali» da una parte (che organizzano
per i figli giornate al museo, attività creative, sport, vietando o
limitando le tecnologie) e quelli
«smanettoni» che passano, loro per primi, molto tempo attaccati allo
smartphone (giocando, chattando, sui social) e dunque non vedono motivo
di negare tale possibilità ai propri bambini.
Per superare questa contrapposizione, che di certo non porta a nulla
(soprattutto se un genitore la pensa in un modo e il marito/moglie
all’opposto), c’è chi ha pensato di stilare
delle regole – pratiche e facili – per fare in modo che
l’estate non si traduca in un’immersione libera (e potenzialmente
pericolosa) nel mondo virtuale, ma sia un’occasione – grazie anche al
maggior tempo che si trascorre con i figli – per
dare e darsi delle norme di comportamento, mettere in guardia sui
rischi, far sì che lo stare «connessi» sia più costruttivo possibile e
adeguato all’età del bambino. Perché anche solo far finta che il
problema non esista è impossibile. E quei genitori che
pensano «la cosa non mi riguarda, mio figlio non è interessato a quelle
cose», potrebbero scontrarsi con il problema l’anno successivo.
Il vademecum è stato messo a punto da PEPITA ONLUS (cooperativa
sociale impegnata in interventi educativi e sociali, percorsi di
formazione e attività di animazione che opera in tutta Italia, con due
sedi a Milano e a Bari), in collaborazione
con RADIOMAMMA, sito milanese di informazioni e servizi «family friendly».
«Durante i nostri incontri parliamo a bambini e ragazzini dai 9 anni in su, che usano abitualmente gli strumenti tecnologici – spiega
Ivano Zoppi, presidente di Pepita Onlus -. Ciò che più colpisce è il loro grado di
inconsapevolezza: sono persone che hanno in mano una
Ferrari e la sanno guidare benissimo (meglio di noi adulti), ma non
sanno assolutamente che strada devono fare, non hanno riferimenti. Fin
da piccoli usano tante app, postano foto e video
e sono del tutto ignari dei rischi, del fatto di poter fare del male a
se stessi o agli altri. Per questo dico che il vero problema da
affrontare non è il cyberbullismo (che è solo una conseguenza estrema),
ma
la quotidianità di questi ragazzi. I nostri figli, al
contrario di noi, non hanno visto un mondo senza cellulari, smartphone e
tablet; quando sono nati queste cose esistevano già, non concepiscono
le proprie vite senza tali strumenti e non
ne hanno alcuna paura. Per darsi un appuntamento si mandano un
messaggio su WhatsApp anche se magari sono sotto casa dell’amico e
potrebbero benissimo usare il citofono. Bisogna partire da qui. Durante
gli incontri alcuni di loro mi dicono che se postano una
foto che non riceve abbastanza “like”, dopo un po’ la tolgono. Come
dire:
solo ciò che pubblico online esiste, è oggetto di affermazione
sociale (se riceve i giusti apprezzamenti). È una questione di autostima
e di riconoscimento della propria identità. Per questo dico loro:
ognuno di voi è un’opera d’arte, unica e irripetibile,
dovete averne cura».
Le reazioni che Zoppi vede nei bambini e ragazzi che incontra sono
positive: «Se sentono che l’adulto ascolta il loro vissuto e tenta di
indicargli una strada, accettano di stare al gioco. Da parte nostra,
seguiamo i gruppi nel tempo per capire se ci sono
stati cambiamenti nel rapporto con le tecnologie e quali. Non basta
dire le cose una volta e poi sparire, qui parliamo di
continuità educativa. Per questo organizziamo incontri
anche con genitori, insegnanti e allenatori sportivi, ovvero tutti
coloro che hanno un ruolo nella crescita degli adulti di domani».
Ecco dunque cosa devono sapere i genitori che vogliono essere attenti (e consapevoli).
Innanzitutto – spiegano gli esperti – è importante che gli adulti
visualizzino i rischi cui i ragazzi possono andare incontro usando in
particolare i social network (Instagram, WhatsApp, Snapchat, Ask.fm,
Facebook sono i più diffusi).
"Le cose che possiedi alla fine ti posseggono"
[Control di Pawel Kuczynski]
Cosa potrebbero vedere o fare:
• eccessiva condivisione di informazioni personali;
• visionare o condividere contenuti violenti o non appropriati;
• essere coinvolti più o meno consapevolmente in comportamenti inappropriati;
• recepire informazioni non veritiere, non verificate;
• creare una reputazione digitale che potrebbe creare problemi in futuro (condivisione di contenuti inappropriati).
Chi potrebbero incontrare:
• bulli o persone che vogliono intimidire, insultare;
• persone con profili falsi che hanno intenzione di fare stalking, estorsioni, furto di identità o di informazioni personali, adescamento.
• bulli o persone che vogliono intimidire, insultare;
• persone con profili falsi che hanno intenzione di fare stalking, estorsioni, furto di identità o di informazioni personali, adescamento.
Quali reazioni potrebbero derivare:
• paura di essere tagliati fuori e quindi eccessiva esposizione/utilizzo;
• insicurezza su come comportarsi in relazione a contenuti inappropriati, offensivi;
• tenere comportamenti rischiosi o essere spinti a farlo;
• sviluppare idee distorte rispetto alla propria immagine, alla percezione del proprio corpo.
• paura di essere tagliati fuori e quindi eccessiva esposizione/utilizzo;
• insicurezza su come comportarsi in relazione a contenuti inappropriati, offensivi;
• tenere comportamenti rischiosi o essere spinti a farlo;
• sviluppare idee distorte rispetto alla propria immagine, alla percezione del proprio corpo.
Quindi i consigli pratici per mamma e papà (e anche nonni, insegnanti, educatori):
1. favorite il dialogo e il confronto con i ragazzi
rispetto all’utilizzo dei social. Cercate di spiegare loro quali sono le
opportunità e le potenzialità della Rete, ma anche a quali rischi
potrebbero andare incontro. Invitateli a confrontarsi
con voi o con altri adulti di riferimento nel caso dovessero imbattersi
in contenuti inappropriati o persone insistenti, che chiedono
informazioni troppo personali;
2. verificate le impostazioni della privacy sui
social. Rendeteli consapevoli sui dati personali che non devono essere
condivisi. Meno dati personali si condividono in Rete e meglio è.
Sconsigliate l’utilizzo della geolocalizzazione (è una
funzione degli smartphone che permette di comunicare la propria
posizione in qualunque momento). Questa funzione può essere utile (in
certe applicazioni permette di ricevere informazioni immediate rispetto a
un luogo da visitare o a un locale da frequentare)
e divertente (per far sapere ai tuoi amici dove ti trovi, se sei in
vacanza o nelle vicinanze), ma non è sempre una buona idea far sapere a
tutti il luogo in cui ci si trova;
3. spiegate il potere delle parole. Chiarite con
loro quale comportamento vi aspettate da loro nell’utilizzo dei social
network. È importante farli riflettere: prima di
scrivere/postare/condividere qualcosa in Ret occorre che si fermino
e pensino a quali potrebbero essere le conseguenze di quello che stanno
per inviare (sto scrivendo qualcosa che potrebbe offendere o disturbare
qualcuno? È un contenuto imbarazzante?);
4. monitorate le foto che postano online. Occorre
far capire loro che ogni dato che viene pubblicato in Rete è «perso»,
non è più solo nostro. È fondamentale far capire questo valore
soprattutto per la condivisione delle immagini e dei selfie.
Bisogna spiegare ai ragazzi che la propria identità va protetta e
custodita con cura;
5. parlate loro della reputazione digitale. Quello
che pubblicano oggi rimane sulla Rete per sempre. Prima di
condividere/postare è quindi necessario riflettere sulle conseguenze di
quello che si fa, non solo a breve ma anche e soprattutto
a lungo termine. Sempre più spesso, per esempio, chi si occupa di
selezione del personale fa riferimento alle ricerche su internet per
ottenere informazioni su di noi;
6. siate informati sui social network più diffusi. Partecipate alla vita digitale dei figli;
7. siate un buon esempio. Se chiedete loro un
utilizzo responsabile dei social network e degli smartphone, sappiate
essere voi prima di tutto responsabili;
8. provate a concretizzare questi consigli in una
serie di regole condivise su smartphone e social network: le password
devono essere conosciute anche da voi (non è necessario accedere
davvero, ma è bene che i ragazzi sappiano che potete
farlo); definite gli orari in cui stare connessi non è necessario (per
esempio, dopo un certo orario alla sera); definite i momenti in cui lo
smartphone può stare in un luogo distante da voi e da loro (per esempio
durante i pasti).
In conclusione, secondo Pepita Onlus e Radiomamma, «i social media
(ovvero le applicazioni che permettono di creare e scambiare contenuti
sul web) sono preziosi strumenti di comunicazione che possono
trasformarsi in armi se non vengono utilizzati con attenzione
e consapevolezza. Educare i nostri figli a riflettere prima di postare o condividere pensieri e immagini,
fa la differenza: occorre essere informati, tenersi al passo con loro,
interagire e mostrare interessamento quando hanno qualcosa da
raccontarci. Fondamentale è non perdere mai il contatto con loro».
E questo è un consiglio prezioso, che vale per ogni aspetto della vita (anche quelli non digitali).
(Laura Cuppini)
giovedì 28 luglio 2016
mercoledì 27 luglio 2016
Il Parco dell'Emigrante
Momenti dei lavori nel cantiere in quello che sarà il PARCO
DELL'EMIGRAZIONE...
Potremmo pubblicare progetto e rendering dell'opera,
ma perché togliervi la curiosità di ciò che sarà??? 😁😁😉
Fra non molto sarà ultimato e dunque lo potrete vedere di persona...
Fra non molto sarà ultimato e dunque lo potrete vedere di persona...
(Amministriamo insieme lista giovani fb)
lunedì 25 luglio 2016
Perdiamo cinque minuti per guardare questo video e meditare un po'...
Dovremmo cercare di riflettere di più su quello che succede nei
nostri giorni, tutto il progresso, la tecnologia che ci circonda.
Ci sono alcuni paesi a cui manca
persino l’acqua, altri in cui non c’è energia elettrica. Stiamo facendo
riferimento soprattutto ai paesi sottosviluppati, ma le cose non vanno
meglio “in casa nostra”.
Non mancano in occidente paesi in cui la situazione è bivalente ed è,
per certi versi, assurda: da un lato ci sono cittadini che se la passano
più che bene e vivono una vita agiatissima, ma dall’altro c’è chi non
riesce ad arrivare a fine mese o che fa fatica a trovare un lavoro
nonostante i numerosi titoli. È chiaro che con la velocità che sta andando la tecnologia, stiamo diventando
dipendenti da tutto ciò che è virtuale. C’è qualcuno dietro tutto
questo, qualcuno che tira le fila a suo vantaggio o a vantaggio di
pochi.
È di certo un sistema corrotto, che dovremmo fare di tutto per
smascherare e mettere, una volta per tutte, fuori gioco. Dovremmo
però essere uniti contro questo scopo. Non si può sconfiggere il nemico
se non si uniscono le forze. Ecco il video che sta suscitando
indignazione nel web.
sabato 23 luglio 2016
venerdì 22 luglio 2016
Lunga vita alle (vere) amiche
Emozioni condivise e capacità di restare unite anche dopo la
pensione. Ecco perché i rapporti tra donne durano di più (e fanno
crescere l’aspettativa di vita del 22%)
di Elvira Serra
Che gli uomini vengono da Marte e le donne
da Venere lo sappiamo da un pezzo, grazie a John Gray che ci ha
costruito la sua fortuna personale e un bestseller
internazionale. Ma una delle prove che certifica la sua teoria arriva
in tarda età, più o meno dopo la pensione. Le signore, infatti, a furia
di condividere kleenex, confidenze, rimedi anti coliche del neonato e
tradimenti coniugali, si ritrovano sulla sessantina
senza aver perso la loro intesa: come una testuggine, hanno imparato ad
affrontare in formazione compatta ogni tipo di tormenta. Sono cresciute
insieme, si sono fatte compagnia, hanno condiviso illusioni e dolori. E
gli uomini?
Una questione di sopravvivenza
Ad alimentare le amicizie tra maschi c’è sempre stato un denominatore
contingente: la carriera, il calcio, la barca, la montagna. Esauriti i
tempi (e i passatempi), si sono ritrovati soli. Non hanno saputo dare
profondità al cameratismo,
futuro agli hobby. Raggiunta l’età degli abbandoni, senza per forza
pensare ai lutti, ma solo al fatto che oggi non si ha più paura di
separarsi con i capelli bianchi, quando il lavoro ha smesso di dare un
senso alle loro giornate, i maschi si sono ritrovati
soli. Il New York Times ne ha
scritto con una certa preoccupazione. Anche perché uno studio
longitudinale australiano del 2005 ha dimostrato che la presenza delle
amicizie ha un impatto serio sulle persone, facendo
crescere del 22 per cento l’aspettativa di vita. Dunque la sfida
dell’amicizia maschile non è qualcosa che si può perdere, è una
questione di sopravvivenza. Semmai bisogna chiedersi perché la
solitudine a una certa età riguardi più gli uomini che le donne,
che si ritrovano sì con un conto in banca più povero, ma infinitamente
più ricche dei coetanei in fatto di emozioni, sentimenti, affetti.
Le differenze culturali
«L’amicizia maschile non fa parte della nostra cultura. Superata
l’infanzia, non viene fatto niente per incentivarla», ha raccontato al
quotidiano statunitense Marla Paul, autrice del saggio
La crisi dell’amicizia. Trovare, creare e mantenere degli amici quando non sei più un ragazzino.
E in effetti sono molte le cose che una donna fa e un uomo non farebbe
mai. Per esempio è difficile che un uomo passi mezz’ora al telefono con
un amico
per lamentarsi della moglie. Così come non spenderebbe del tempo a
raccontare al collega quanto lo stanno facendo penare i figli
adolescenti (per quello ci sono le mamme). Un uomo non frequenterebbe
nessun circolo dei lettori (a meno che non ci sia una ragazza
da corteggiare) e la domenica non aspetta di aver riempito la
lavastoviglie per andare dal vicino di casa a bere un caffè e sfogarsi
sulle amarezze della vita domestica (a meno che non ci sia un Gran
Premio e lui non abbia la tivù più grande, ma in nessun
caso parlerebbe della casa).
Spazi pubblici e privati
Storicamente, l’ambito maschile è stato quello del pubblico, mentre
il femminile si è mosso nel privato. E queste sono le conseguenze.
«L’uomo, da un punto di vista culturale, ha ereditato lo spazio pubblico
del lavoro, della politica,
del bar sport, dell’economia. Le sue amicizie sono state finalizzate a
quei contesti», spiega Carla Facchini, sociologa della famiglia
all’Università Bicocca di Milano che ha studiato queste tematiche con
«Nestore», l’associazione nata per favorire la preparazione
al pensionamento. La relazione tra donne, invece, ha sempre avuto come
obiettivo la relazione stessa e come teatro non già un luogo pubblico,
ma quello privatissimo della propria casa, la cucina o il salotto a
seconda dell’estrazione sociale.
Il vero patrimonio su cui investire
«Un’altra differenza importante tra amicizie maschili e femminili —
va avanti la docente —, è che le prime tendenzialmente sono di gruppo,
quindi poco intime. Le seconde poggiano sulla intimità della
condivisione della quotidianità,
sono solide e si alimentano nella relazione duale, senza essere
esclusive: una donna può avere tante amiche». Così il momento della
pensione diventa cruciale: se in casa le donne sono state per una vita
custodi del focolare (e quindi giocano da titolari),
gli uomini si ritrovano quasi a fare gli ospiti, e questo non li aiuta.
Talvolta correre ai ripari a ottant’anni non è più possibile. Ma, strada
facendo, bisogna ricordarsi di investire meno in derivati e più in
amici. Sarà quello, un giorno, il nostro vero patrimonio.
giovedì 21 luglio 2016
Il Pasubio apre al turismo. La Provincia di Trento e i 5 comuni finanziano ‘Pasubio Express’
Per dare una spinta al turismo del monte Pasubio è arrivata la mano forte della Provincia autonoma di Trento.
Sì, perché i 70mila euro necessari per dare il via al Pasubio Express
arrivano proprio dal capoluogo del Trentino. A questa somma si
aggiungono 20mila euro che arrivano dai 5 comuni del Pasubio (Posina,
Valli, Trambileno, Vallarsa e Terrragnolo), che con 4mila euro ciascuno
hanno fatto la loro parte.
Pasubio Express è un servizio di bus navetta che nelle prossime
domeniche, dal 24 luglio all’11 settembre, sarà attivo per accompagnare i
turisti in lungo e in largo su tutti i versanti del Monte Sacro.
5
tragitti, che permettono di partire e arrivare in due luoghi o versanti
diversi, per poi essere recuperati dal bus e ricondotti alla propria
auto.
Per chi ama la montagna, sarà quindi possibile partire da Posina,
salire le 52 Gallerie, pranzare al Rifugio Papa e poi scendere dal
Lancia. In totale tranquillità, perché tanto poi c’è chi pensa al
trasporto fino all’auto.
“Il Pasubio Express è un servizio importante perché ci permette di
concretizzare qualcosa a livello turistico – ha spiegato Andrea
Cecchellero, sindaco di Posina – Ci chiediamo sempre cosa possiamo fare
per attirare persone qui sulle nostre montagne. Ecco, questo è un passo
in avanti. Inoltre – ha concluso – è apprezzabile che 5 comuni
appartenenti a due regioni diverse abbiamo compartecipato per rilanciare
il territorio condiviso senza fermarsi ai confini regionali”.
Lo scopo dell’associazione ‘5 comuni del Pasubio’ è infatti quello di favorire lo sviluppo integrato del territorio.
Per questo Trambileno, Terragnolo, Vallarsa sul versante trentino e
Posina e Valli del Pasubio su quello veneto, hanno accolto la proposta
di un gruppo di operatori del territorio, guidati dal Consorzio Pasubio
Piccole Dolomiti, di attivare la sperimentazione di un servizio di bus
navetta a favore dei turisti ed escursionisti che frequentano la zona.
“Lo scopo è quello di attrarre i turisti e permettere loro di
accedere ai principali luoghi storici della zona, utilizzando il
servizio di mobilità e non il proprio mezzo – hanno commentato gli
organizzatori – In questo modo si offrire un servizio preziosissimo e si
tenta di ridurre l’impatto ambientale che altrimenti si avrebbe con
l’utilizzo del mezzo privato”.
Chiara Comper, assessore del comune di Trambileno, capofila
dell’associazione, ha sottolineato: “Questo servizio nasce dal lavoro
sinergico di un gruppo di operatori del territorio, che per la prima
volta si sono trovati a ragionare assieme su delle esigenze condivise
elaborando proposte a beneficio dell’intero sistema Pasubio. Si tratta
della prima iniziativa che volge a far conoscere territorio come unico
sistema turistico, condiviso e valorizzato dagli operatori presenti in
loco.”
Il servizio è sperimentale ed è stato attivato nelle tratte di
maggior flusso per favorire la circolazione dei turisti sul territorio e
valorizzare quei punti di particolare importanza come Forte Pozzacchio,
la strada delle 52 Gallerie, la zona sommitale del Pasubio, ricca di
luoghi simbolo della Grande Guerra in Trentino e Veneto
e permettere agli escursionisti di fare percorsi ad anello sul
massiccio. Se si dimostrerà efficace l’obbiettivo è quello di ripeterlo
anche in futuro.
Questa azione si inserisce all’interno del Progetto Pasubio Grande
Guerra, finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento, che vede
l’associazione dei Comuni del Pasubio impegnata per il rilancio
turistico dell’area del monte Pasubio grazie a numerose azioni di
comunicazione, promozione, recupero della memoria e formazione degli
operatori che sul territorio lavorano. Per informazioni su tratte e
orari consultare il sito www.comunidelpasubio.it
Anna Bianchini
altovicentinonline
mercoledì 20 luglio 2016
Attentato di Nizza e golpe in Turchia, e se la verità fosse un’altra?
Come ho avuto modo di scrivere sulla mia pagina facebook poco dopo la strage di Nizza, ho visto un video raccapricciante che mostrava i corpi martoriati dal tir.
Donne e uomini gettati per terra come se fossero pupazzi vecchi. Uno strazio. Ognuno di noi poteva essere lì.
I nostri figli potevano essere tra quelli che, mentre guardavano incantati i fuochi, sono stati travolti dal camion.
Ma anche se uno di quei bambini poteva essere uno dei miei, sento di affermare che la sua vita non può considerarsi superiore a quella di un piccolo afgano o iracheno. Scene di violenza e disperazione simili a quelle vissute a Nizza, quotidianamente si replicano da anni in Iraq e Afghanistan. “E’ stato ripetutamente detto agli Stati Uniti e alla Nato che le loro operazioni unilaterali e inutili causano la morte di afgani innocenti e che tali operazioni violano i valori umani e morali, ma sembra che non vogliano ascoltare”. Queste parole sono state pronunziate il 30 maggio del 2011 dal presidente afgano Karzai, dopo l’ennesimo raid occidentale che uccise 12 bambini. I corpicini furono caricati dai parenti su un pickup e portati all’ufficio del governatore del capoluogo, a Lashkar Gah per mostrargli che quei bambini non erano talebani, quei talebani un tempo sostenuti dal governo Usa per fermare i sovietici.
Ma a prescindere dallo sciacallaggio dell’Isis che ha rivendicato la strage, quanto conta nella scelta dell’attentatore la sua devianza sociale e la sua riconosciuta instabilità mentale? L’Isis, oltre ad essere stato creato e finanziato dagli Stati Uniti per colpire Bashar al-Assad nemico d’Israele e contrario alla colonizzazione del proprio Paese, usa il grande riverbero dei mass media occidentali per attribuirsi attacchi compiuti da paranoici ed emarginati che anelano a vivere il loro momento di celebrità. Forse a Nizza più che militante dell’Isis l’attentatore era un disperato, appena divorziato, i familiari dicono con disturbi mentali, ma soprattutto uno dei tanti nord africani cresciuti in Europa e che vivono in una terra di mezzo, divisi tra le tradizioni dei genitori da cui desiderano smarcarsi e la declinante cultura occidentale che li ha relegati a vivere in periferie dove per anni masticano rabbia e cemento. Ma essere catalogato come militante dell’Isis conviene all’Occidente e all’Isis. Se certi individui trovano attraente lo Stato islamico evidentemente le ragioni vanno cercate anche nel fallimento della politica occidentale, incapace di armonizzare, di includere invece che produrre scarti sociali.
Nessun uomo a prescindere dalla religione, dalla razza può essere trattato come uno scarto: prima o poi il rancore personale e sociale esplode. Il tentato golpe in Turchia è stato un altro episodio che ha canalizzato l’attenzione di tutti i mass media. Ma anche nella fattispecie temo che il mainstream mediatico non ci abbia narrato tutta la verità. In Turchia, membro della Nato, non si muove foglia se non lo decidono gli Stati Uniti d’America. A chi è giovato tale tentativo? Probabilmente non è stato organizzato direttamente da uomini di Erdogan (sono scettico sull’autogolpe) ma pensare che nessuno l’avesse avvisato che migliaia di militari e giudici stessero ordendo un colpo di Stato temo sia puerile. E’ evidente che li hanno lasciati fare per poi poterli schiacciare e rendere la Turchia un Paese ancor più fondamentalista.
I golpisti sono fedeli agli insegnamenti di Mustafa Kemal Atatürk considerato eroe turco per aver occidentalizzato il Paese. Dopo questo golpe Erdogan e l’élite che lo sostiene potranno continuare a comprare a costi conveniente il petrolio dall’Isis e poi una Turchia più fondamentalista, rispetto a quella laica anelata dai patetici militari, cosa che paradossalmente conviene di più agli Usa. Il compito di cittadini liberi e pensanti è di ribellarsi a tutto questo e soprattutto in questo tempo di barbarie non rinunciare alla propria umanità.
di Gianluca Ferrara
19 luglio 2016
ilfattoquotidiano
ilfattoquotidiano
martedì 19 luglio 2016
Il "piano" di ALFANO:
Inviare gli immigrati nei Comuni più piccoli
I Comuni che aderiranno al piano avranno benefici economici e potranno assumere personale per gestire l'integrazione
I Comuni che aderiranno al piano avranno benefici economici e potranno assumere personale per gestire l'integrazione
Gli sbarchi continuano senza sosta, i centri di prima accoglienza sono al collasso e il governo si accorge che il sistema non funziona.
Il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha messo a punto un nuovo piano per gestire l'imponente flusso di immigrati
che arrivano in Italia. I richiedenti asilo verranno distribuiti su
tutto il territorio del Paese con una media di due o tre per ogni mille
abitanti. Per placare l'ira dei Comunio il Viminale è pronto ainondare
di soldi le casse degli enti locali.
Il piano, messo a punto da Alfano e anticipato oggi dalla Stampa, prevede "anche attraverso un allentamento del patto di stabilità" una accelerazione sul sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) che, per il momento, si attiva esclusivamente su base volontaria. In linea generale, gli immigrati verranno distribuiti su tutto il territorio nazionale. Due o tre extracomunitari ogni mille residenti. Per le grandi città, però, Alfano sta già cercando correttivi per alleviare i centri già al collasso e "puntare sui piccoli centri più desertificati". Per invogliare i paesini più piccoli a riempirsi di immigrati il Viminale sta pensando a una serie di "sconti". Tra questi c'è, in primis, la deroga al divieto di assunzioni. I Comuni che aderiranno allo Sprar potranno assumere nuovi dipendenti pubblici che verranno impiegati esclusivamente "nei progetti di assistenza e integrazione dei migranti e richiedenti asilo".
Il piano di Alfano prevede anche incentivi di carattere economico. Nelle casse comunali arriveranno 50 centesimi a migrante a titolo di spese generali. "La quota - si legge sulla Stampa - verrà detratta dai 2,50 euro attualmente previsti quotidianamente per le spese spicciole (il cosiddetto pocket money o argent de poche) dei profughi.
Finora ai Comuni che partecipano allo Sprar non vengono elargite somme per spese generali a fondo perduto, ma solo quelle relative alle spese sostenute per il progetto di accoglienza di strutture ad hoc o appartamenti". Non solo. I Comuni che aderiranno allo Sprar saranno esonerati dagli interventi dei prefetti che possono inviare gli immigrati dove vogliono e senza chiedere il permesso alla città che li deve accogliere.
Sergio Rame - ilgiornale.it
Il piano, messo a punto da Alfano e anticipato oggi dalla Stampa, prevede "anche attraverso un allentamento del patto di stabilità" una accelerazione sul sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) che, per il momento, si attiva esclusivamente su base volontaria. In linea generale, gli immigrati verranno distribuiti su tutto il territorio nazionale. Due o tre extracomunitari ogni mille residenti. Per le grandi città, però, Alfano sta già cercando correttivi per alleviare i centri già al collasso e "puntare sui piccoli centri più desertificati". Per invogliare i paesini più piccoli a riempirsi di immigrati il Viminale sta pensando a una serie di "sconti". Tra questi c'è, in primis, la deroga al divieto di assunzioni. I Comuni che aderiranno allo Sprar potranno assumere nuovi dipendenti pubblici che verranno impiegati esclusivamente "nei progetti di assistenza e integrazione dei migranti e richiedenti asilo".
Il piano di Alfano prevede anche incentivi di carattere economico. Nelle casse comunali arriveranno 50 centesimi a migrante a titolo di spese generali. "La quota - si legge sulla Stampa - verrà detratta dai 2,50 euro attualmente previsti quotidianamente per le spese spicciole (il cosiddetto pocket money o argent de poche) dei profughi.
Finora ai Comuni che partecipano allo Sprar non vengono elargite somme per spese generali a fondo perduto, ma solo quelle relative alle spese sostenute per il progetto di accoglienza di strutture ad hoc o appartamenti". Non solo. I Comuni che aderiranno allo Sprar saranno esonerati dagli interventi dei prefetti che possono inviare gli immigrati dove vogliono e senza chiedere il permesso alla città che li deve accogliere.
Sergio Rame - ilgiornale.it
lunedì 18 luglio 2016
Quale mondo?
Lei, la nonnetta nel cerchio, guarda curiosa e attenta ciò che succede.
Loro, quelli che le stanno attorno, armeggiano entusiasti con il loro telefonino.
Siamo sicuri che il mondo che vedono sia lo stesso?
domenica 17 luglio 2016
L'angolo della Poesia
BRONSE QUERTE
Bate in te la stua
el core de fagaro
spia fora pal camin
par farghe el bafo a
genaro.
Bate nea note freda
‘na sgresenda de moraro
rento la fogara
la vol farse el gnaro.
Sora un cusin de senare le
se reposa
‘na brancà de stele
querte de corsa
le fa finta de dormire
rusando un fià
semenando el caldo dele
istà pasà.
‘Na poesia…
con afeto te go scrito
bronsa querta del me bosco
principesa in tel me leto:
par scaldarme i nisoi non
te te sparagni
par cunare i me sogni te
asi andare i to bei ani.
Col vento petena la Vale
de aria fina
bate soto na querta
molesina
na bronsa de fagaro che
non vedarà matina.
Irma Lovato Serena
sabato 16 luglio 2016
Inglese, naltri can.
L’internazionalizzazione e la globalizzazione galoppanti richiedono sempre
più spesso almeno un’elementare conoscenza della lingua inglese. Per chi deve
passare dal dialetto all’inglese saltando la tappa di un’italiano usato come il
vestito da sposi, cioè praticamente intonso, la faccenda può essere un po’ più
impegnativa. Ecco quindi che veniamo loro incontro fornendo di seguito un
piccolo vademecum di espressioni idiomatiche dialettali tradotte letteralmente nel
corrispettivo inglese. Alcune sono anche un po’ colorite, ma d’altra parte lo è
anche il nostro esprimerci in modo schietto e figurato.
Agli emigranti anglofoni, invece, potrà servire per rinverdire la lingua
madre.
- Go slowly and do fast! = Va pian e fa presto!
- Némo, dei! = Come, fingers!
- Come inside, so warm you out = Némo rénto, che te te scaldi fora
- Watch that I send you to bed with heels backward = Vara ca te mando in leto coi calcagni par de drìo
- No my father my = No me pare mia
- I have te boards full = Ghin’ho piene le tole
- Eye! = Ocio!
- You are one who pisses hurriedly = Ti si un pissainpressa
- My father of yes. = Me pare de sì.
- Go to know! = Va savere!
- Heal this! = Cùrete questo!
- I throw you a strike of lightning. = Te tiro na sitonada.
- I open you like a crustacean. = A te verdo come na canocia.
- I've rammed my belly. = Me so sfondrà el buèlo.
- It's a boom, I'm going home. = A xe un boto, vao casa.
- It's at one rifle shot! = Xe a un tiro de stciopo!
- This boss, throw me a shadow of white = Ciò capo, butème n’ombra de bianco.
- Your sea cow = To mare vaca
- I crush you like a bug = A te schisso come un bao
- It’s not his sea = A no xe mìa so mare
- You are waving! = Ti te scurli!
- The handle has to said about the basket = El mànego ga da dir del sésto
- Taken with the bombs. = Ciapà cole bombe.
- You'll take it on the teeth. = Te tela ciàpi sui denti.
- This thing smells of little fresh. = Sta roba la sa da freschìn.
- You're locked = Te xi ciavà
- He has taken as a meal = El ghin’ha ciapà un pasto
- Rotten belly = Buèlo marso
- Are you behind joking? = Situ drio schersare?
- I tore me from the laughs = Me go sbregà dal ridare.
- He was rotten roasted, ironed on the floor = El gera rosto marso, destirà par tèra.
- What a cancer you are! = Che cancaro che te xi!
- Brothers, processions = Fradei, cortéi
- You're out like a balcony. = Ti xi fora fa un balcon
- They’ve called beautiful for tomorrow = I ga ciamà beo par doman!
- Pig and out. = Porco e fora.
- Worse the patch than the hole = Pedo el tacon del sbrego
- Ahead with the Christ that the procession congests... = Vanti col Cristo che la procesion se ingruma
- I run into your ass = Te coro in cùlo
- You know as a big dog = Te sè da cagnon
venerdì 15 luglio 2016
Le regole violate
(per chi ha la pazienza e la voglia di spendere 10 minuti del suo tempo a leggere questa nota, che dedico a coloro che vogliono il ritorno al primato delle regole, poche, ma precise e da fare rispettare)
In questi ultimi venti anni sono saltate molte regole che permettono alla società di funzionare con ordine.
Sono saltate, ad esempio nella strada, dove la percentuale di infrazioni è elevatissima (in pochi si fermano, la velocità è quasi sempre superiore ai limiti, si va contromano in bicicletta, si parcheggia in doppia fila...)
Sono saltate nella scuola, dove genitori immaturi non accettano i brutti voti dei figli e ne diventano i sindacalisti non richiesti e dannosi, dove la bocciatura meritata non viene praticata per paura di... reazioni e ricorsi al Tar...; nei rapporti civili per cui non si paga chi ci ha dato una prestazione (e lo Stato non dà un buon esempio in tal senso) sapendo che ci vorranno anni per avere una ingiunzione.
Sono saltate nella stessa sanità dove ormai oltre alla giusta denuncia di eventi gravi colposi si denuncia a prescindere sotto la spinta di studi legali affamati di parcelle e creando così le premesse per una medicina difensiva costosa e ritardante, mettendo in difficoltà le stesse case di riposo che certamente non hanno una organizzazione sanitaria paragonabile a quella di una lungodegenza ospedaliera.
Sono saltate nel lavoro dove, al di là dello stucchevole ed inutile dibattito sull'art. 18, la realtà vede ormai, in gran parte dei settori non protetti, dilagare precarietà, domeniche lavorative sempre più numerose anche in settori non essenziali, riposi saltati e stipendi ai limiti della sopravvivenza.
Sono saltate nella giustizia, sempre più lenta, perché è chiaro che se per ottenere ciò che mi spetta devo attendere anni, il cittadino sceglie altre strade. Sono saltate nelle famiglie, visto l'incredibile aumento delle separazioni, spesso legate all'intolleranza di fronte ai normali problemi quotidiani della convivenza nelle coppie giovani, ma ormai anche nelle coppie che hanno passato i 60 anni.
E sono saltate anche nella riproduzione (peraltro bassa in Italia) per cui adesso i figli si possono fare anche ricorrendo volontariamente all'eterologa, ovvero introducendo un terzo nella vita di coppia...
Sono saltate nella vita politica dove si confonde il ruolo pubblico destinato al bene comune, con l'acquisizione di privilegi personali, ormai anacronistici ed inaccettabili.
Mi permetto un paragone: se in sanità cala in modo significativo il tasso di copertura vaccinale della popolazione, il rischio che si riaffaccino patologie che si pensavano debellate da anni, riaffiora (è il caso della tbc), così nella società, se cala il tasso di copertura delle regole aumenta la presenza di comportamenti devianti, di bullismo, di violenza gratuita.
Non è un caso se sono sempre più numerosi gli adolescenti che presentano gravi disturbi del comportamento, se picchiano gli insegnanti, se nei fine settimana trasformano i locali pubblici in palestre di violenza gratuita.
Il disordine che vediamo si accompagna, quasi sempre, nella storia al disordine morale e non promette nulla di buono. A meno che la parte ancora sana delle nostre comunità (e spero vivamente sia la maggioranza), quella che è stata abituata a rispettare le regole non in modo acritico, ma per convinzione (e sa anche lottare per cambiare le regole che non vanno) non faccia sentire la sua voce, si organizzi e con grande determinazione, dico CON GRANDE DETERMINAZIONE FACCIA SENTIRE LA SUA VOCE A CHI DEVE DECIDERE. E DEVE DECIDERE SOLO DI FAR RISPETTARE LE REGOLE O CREARNE DI NUOVE.
Senza regole, ovviamente, una società si affloscia e nessuno è più tutelato.
Sono saltate, ad esempio nella strada, dove la percentuale di infrazioni è elevatissima (in pochi si fermano, la velocità è quasi sempre superiore ai limiti, si va contromano in bicicletta, si parcheggia in doppia fila...)
Sono saltate nella scuola, dove genitori immaturi non accettano i brutti voti dei figli e ne diventano i sindacalisti non richiesti e dannosi, dove la bocciatura meritata non viene praticata per paura di... reazioni e ricorsi al Tar...; nei rapporti civili per cui non si paga chi ci ha dato una prestazione (e lo Stato non dà un buon esempio in tal senso) sapendo che ci vorranno anni per avere una ingiunzione.
Sono saltate nella stessa sanità dove ormai oltre alla giusta denuncia di eventi gravi colposi si denuncia a prescindere sotto la spinta di studi legali affamati di parcelle e creando così le premesse per una medicina difensiva costosa e ritardante, mettendo in difficoltà le stesse case di riposo che certamente non hanno una organizzazione sanitaria paragonabile a quella di una lungodegenza ospedaliera.
Sono saltate nel lavoro dove, al di là dello stucchevole ed inutile dibattito sull'art. 18, la realtà vede ormai, in gran parte dei settori non protetti, dilagare precarietà, domeniche lavorative sempre più numerose anche in settori non essenziali, riposi saltati e stipendi ai limiti della sopravvivenza.
Sono saltate nella giustizia, sempre più lenta, perché è chiaro che se per ottenere ciò che mi spetta devo attendere anni, il cittadino sceglie altre strade. Sono saltate nelle famiglie, visto l'incredibile aumento delle separazioni, spesso legate all'intolleranza di fronte ai normali problemi quotidiani della convivenza nelle coppie giovani, ma ormai anche nelle coppie che hanno passato i 60 anni.
E sono saltate anche nella riproduzione (peraltro bassa in Italia) per cui adesso i figli si possono fare anche ricorrendo volontariamente all'eterologa, ovvero introducendo un terzo nella vita di coppia...
Sono saltate nella vita politica dove si confonde il ruolo pubblico destinato al bene comune, con l'acquisizione di privilegi personali, ormai anacronistici ed inaccettabili.
Mi permetto un paragone: se in sanità cala in modo significativo il tasso di copertura vaccinale della popolazione, il rischio che si riaffaccino patologie che si pensavano debellate da anni, riaffiora (è il caso della tbc), così nella società, se cala il tasso di copertura delle regole aumenta la presenza di comportamenti devianti, di bullismo, di violenza gratuita.
Non è un caso se sono sempre più numerosi gli adolescenti che presentano gravi disturbi del comportamento, se picchiano gli insegnanti, se nei fine settimana trasformano i locali pubblici in palestre di violenza gratuita.
Il disordine che vediamo si accompagna, quasi sempre, nella storia al disordine morale e non promette nulla di buono. A meno che la parte ancora sana delle nostre comunità (e spero vivamente sia la maggioranza), quella che è stata abituata a rispettare le regole non in modo acritico, ma per convinzione (e sa anche lottare per cambiare le regole che non vanno) non faccia sentire la sua voce, si organizzi e con grande determinazione, dico CON GRANDE DETERMINAZIONE FACCIA SENTIRE LA SUA VOCE A CHI DEVE DECIDERE. E DEVE DECIDERE SOLO DI FAR RISPETTARE LE REGOLE O CREARNE DI NUOVE.
Senza regole, ovviamente, una società si affloscia e nessuno è più tutelato.
Alberto Leoni
Le gate pelose
Sempre in tema di entomologia
criminale, un’altra occupazione estiva quando eravamo bocéte, era la caccia alle gate
pelose. Si tratta della
processionaria, una farfalla il cui nome
scientifico è Thaumetopoea pytyocampa, mentre gata pelosa è il nome dialettale riferito al suo stato di bruco.
La ragione di tale denominazione è di tutta evidenza dalle foto.
Da noi la processionaria del pino
era parassita invasivo, specialmente nella zona delle Giare, che erano state
imboschite con piante di pino nero e silvestre. Il lepidottero aggredisce
infatti preferibilmente conifere di
questa specie e non gli endemici abeti bianco e rosso. Era comune allora
osservare le processioni di questi lenti, pelosi e voraci bruchi, che strisciavano
sul terreno in fila indiana in un processione (da cui il nome di
processionaria) che aveva mete devastanti per il patrimonio boschivo.
Il nostro interesse non era tuttavia
catturato dalla loro nocività, quanto dal fatto che questi grassi e lenti bruchi si prestavano ad essere facilmente schiacciati emettendo le interiora
con un getto giallo e cremoso, la cui lunghezza dipendeva dall’arte
con cui veniva effettuata l’operazione.
Essendo la competizione
connaturata al nostro stato di sbregamandàti,
dovevamo adoperarci per misurare e confrontare
l’estensione della proiezione e quindi stabilire le regole del gioco.
Anche qui si trattava di
acquisire un po’ di pratica, perché bisognava osservare alcune fondamentali accortezze.
Affinché l'emissione fosse unidirezionale, lo schiacciamento non doveva avvenire sul centro del corpo (altrimenti si attivavano entrambi gli opposti orifizi), ma sui due-terzi dello stesso in maniera da imprimere velocità e potenza allo spruzzo. Occorreva inoltre evitare di
esercitare una pressione troppo secca, per non pregiudicare la fuoruscita del
materiale. Infine, il tutto doveva avvenire su un supporto sufficientemente rigido e non
ghiaioso. In poco tempo si riusciva comunque a padroneggiare i fondamentali e
quindi dar sfogo alle competizioni.
Ai lettori che già stanno dando
di stomaco, posso solo dire che tutto sommato eravamo guardie boschive in erba
e abbiamo dato il nostro fattivo contributo al contenimento di questo
parassita. Quel bruco, poi, rientrava nel nostro vastissimo novero dei bài da schissàre, tanto più che il contatto dei suoi peli urticanti con
parti del corpo provocava fastidiose dermatiti. Ai cani in particolare causava devastanti effetti, a volte addirittura mortali; era quindi del
tutto logico e prudente avere a che fare con essi tramite la suola delle
scarpe.
Anche i cacciatori e la Forestale
sparavano ai nidi con la doppietta; facevano strage dei poveri bruchini e
magari si divertivano pure. Non c’era poi molta differenza, anche se loro
avevano più giudissio, cosa di cui
noi bociasse, a detta dei grandi,
difettavamo immancabilmente.
Gianni Spagnolo
VIII-VII-MMXVI
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