E no stè a dirme che no lè da strucùni...😊
Una persona priva di immaginazione ascoltando discorsi del genere, avrebbe detto: “Questo signor Newton è poco serio, crede in forze misteriose, magari crede che ci sia un mago dentro la terra, pensa che le mele possano volare come il tappeto delle Mille e una notte, insomma, alla sua età, crede ancora nelle favole”. E invece io penso che il signor Newton abbia scoperto le leggi della gravitazione universale proprio perché aveva una mente aperta in tutte le direzioni, capace di immaginare cose sconosciute, aveva una grande fantasia e sapeva adoperarla.
Occorre una grande fantasia, una forte immaginazione per essere un vero scienziato, per immaginare cose che non esistono ancora e scoprirle, per immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per costruirlo. Ecco perché credo che le fiabe possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi, essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo, gli può dare delle immagini anche per criticare il mondo.
Gianni Rodari
Se avete letto Anna Karenina, vi ricorderete del marito di Anna, Aleksej Karenin. Non è un uomo malvagio, il problema di quest’uomo è che semplicemente non è un uomo. La moglie la tradisce e il suo unico pensiero, qual è? Preservare le apparenze. È il burocrate per eccellenza, tutto ciò che è sentimento, passione, amore sincero, rabbia, non trova semplicemente posto nella sua vita. Si rifiuta con cieca ostinazione di concedere ad Anna il divorzio, la vede soffrire, logorarsi nell’attesa, ma non fa nulla, non muove un dito per aiutarla. E alla fine Anna, emarginata da quella stessa società che praticava liberamente l’adulterio a patto che venissero mantenute le apparenze, si toglie la vita.
Non essere e neanche avere ma “apparire”: ecco l’unica cosa che conta per tali individui. «Viviamo in un mondo in cui il funerale è più importante del morto, il matrimonio più dell'amore, il corpo più dell'intelletto e dell'anima della persona. Viviamo la cultura del contenitore che se ne frega del contenuto.» La cultura delle apparenze va anche a braccetto con la censura.
Censurare, proibire, vietare, ancora oggi i moralisti come Aleksej Karenin sono in ogni dove. Sono quelli che vi vietano di leggere 1984 di George Orwell perché, secondo l’università del North Hampton, “contiene del materiale che potrebbe essere sconfortante e pericoloso“. Sono quelli che per la stessa ragione boicottano la letteratura russa o un’innocua festa popolare. Ricordate l’assurda polemica sulla cosiddetta “festa delle banane”?
Il censore non è soltanto chi vieta alle donne d’indossare una gonna o di fumare in pubblico o di divorziare. Il censore è colui che si arroga il diritto, in nome della religione, della morale, di qualsiasi idea gli passi nel cervello, di dire alle donne, alla gente, cosa pensare, cosa fare. Perché? Perché chi sente e ragiona con la propria testa e il proprio cuore non è facilmente asservibile.
Il misterioso artista, conosciuto come Hat, ha creato un dipinto che omaggia il mecenate Franco Mucchietto, ritraendolo con il ponte tibetano e il sojo di mezzogiorno sullo sfondo. Questi simboli rappresentano il finanziamento che Mucchietto ha fornito per la realizzazione della ferrata anelli delle Anguane. L'opera è ricca di dettagli sorprendenti, che non potete perdervi. Vi invitiamo a visitare il nostro paese per scoprirli di persona.
Inoltre, vi suggeriamo di utilizzare la mappa creata dall'associazione Vivivaldastico, che vi aiuterà a scoprire l'ubicazione di tutti gli altri capolavori presenti nel nostro paese. Venite a scoprire il fascino della nostra comunità e a sperimentare il risveglio che sta avvenendo grazie alla passione di tanti. ViviValdastico©
Continuerò a credere, anche se tutti perdono la speranza.
Continuerò ad amare, anche se gli altri distillano odio.
Continuerò a costruire, anche se gli altri distruggono.
Continuerò a parlare di pace, anche in piena guerra.
Continuerò ad illuminare, anche nell'oscurità.
Continuerò a seminare, anche se altri calpestano il raccolto.
E continuerò a gridare, anche se gli altri tacciono.
E disegnerò sorrisi sui volti in lacrime.
E apporterò sollievo, quando vedrò dolore.
E offrirò motivi di gioia laddove regna la tristezza.
Inviterò a camminare chi ha deciso di fermarsi,
e offrirò le mie braccia a chi si sente sfinito.
Perché in mezzo alla desolazione, ci sarà sempre un bambino che ci guarderà, pieno di speranza, aspettando qualcosa da noi e anche se siamo in mezzo ad un uragano, il sole sorgerà sempre e in qualche luogo e in mezzo al deserto spunterà una pianta.
Ci sarà sempre un uccello che canterà per noi, un bambino che ci sorriderà e una farfalla che farà dono della sua bellezza.
Mokathavatan-Capo Cheyenne
Mi togli il fiato ogni volta,
però ora ascolta...
Stai sul mio viso
e celi il mio sorriso,
mi appanni gli occhiali,
non sono questi tutti i mali...
Sei stata introvabile
ed ora anche lavabile,
chirurgica, di pizzo o di stoffa,
sinceramente ti ho visto anche goffa...
Sei stata originale sulla torta,
va beh, poco importa.
Ti ho usato nel mio albero di Natale,
per un anno inusuale.
Sei diventata obbligatoria
e per niente respiratoria,
ma per non incorrere nelle sanzioni,
ti ho usata, in tutte le occasioni,
anche se sei stata molto utile,
in questo momento assai difficile.
Ora però torna a dormire,
in quel cassetto devi finire,
dove per sempre devi poltrire,
perché questo virus deve finire.
La speranza nel vaccino ci è stata data
così non sarai più utilizzata...
(Paola Marangoni)
Molto tempo fa, Carla mi ha chiesto di scrivere un articolo sul latte, ma non essendo molto preparato sull'argomento ho avuto molte difficoltà. Infatti il mio pensiero è sempre rivolto ai formaggi, che rappresentano la mia grande passione. Tuttavia, ho comunque provato a fare del mio meglio per soddisfare la sua richiesta.
Il latte ha una lunga storia che risale a migliaia di anni fa, quando gli antichi nomadi dell'Asia Centrale iniziarono a domesticare le prime capre e pecore per ottenere il loro prezioso latte. Nel corso dei secoli, la produzione di latte si è diffusa in tutto il mondo, diventando un alimento fondamentale per molte culture.
Nel Medioevo, il latte era considerato un alimento prezioso e riservato alle famiglie nobili, mentre i contadini lo consumavano solo raramente. Con l'avvento dell'industrializzazione, la produzione di latte è diventata sempre più meccanizzata, permettendo di ottenere grandi quantità di latte a basso costo.
Oggi il latte è uno degli alimenti più comuni e versatili, utilizzato per preparare una vasta gamma di prodotti, tra cui formaggi, yogurt e burro. Tuttavia, negli ultimi anni, il latte è diventato anche oggetto di controversie, poiché alcune persone sostengono che il suo consumo possa avere effetti negativi sulla salute.
Nonostante ciò, il latte rimane un alimento fondamentale per molte persone in tutto il mondo, rappresentando una parte importante della loro dieta quotidiana. La sua storia, dalle prime domesticazioni alle moderne produzioni industriali, ci parla della lunga e complessa relazione tra l'uomo e il cibo.
L'alimentazione delle vacche da latte è un fattore fondamentale per la produzione di formaggi di qualità. Infatti, il latte che queste producono è direttamente influenzato dalla loro alimentazione.
Le vacche da latte devono ricevere una dieta equilibrata e adeguata alle loro esigenze nutrizionali per produrre latte di alta qualità. Una corretta alimentazione deve garantire una giusta quantità di proteine, grassi, carboidrati, vitamine e minerali, in modo da favorire la produzione di un latte nutriente e con una composizione equilibrata.
Inoltre, l'alimentazione delle vacche da latte deve essere controllata anche per evitare la presenza di sostanze che potrebbero alterare la qualità del latte, come ad esempio gli antibiotici o i pesticidi.
Il latte di qualità, ottenuto da vacche correttamente alimentate, è la base per la produzione di formaggi di alta qualità. Infatti, la composizione del latte influisce direttamente sulla consistenza, sul gusto e sull'aroma dei formaggi.
In particolare, l'alimentazione delle vacche influisce sulla quantità di grasso e proteine presenti nel latte, che sono fondamentali per la produzione di molti tipi di formaggi. Ad esempio, i formaggi stagionati come il Parmigiano Reggiano richiedono un latte molto ricco di grassi e proteine, mentre per i formaggi freschi è necessario un latte più leggero.
Una dieta equilibrata e controllata garantisce la produzione di un latte di alta qualità, che è la base per la creazione di formaggi pregiati e gustosi.
Il latte prodotto dalle vacche che pascolano liberamente sui pascoli montani e quello prodotto dalle vacche allevate nelle stalle possono differire per diversi fattori.
Le vacche che pascolano liberamente sui pascoli montani hanno a disposizione una grande varietà di erbe e piante, che possono variare a seconda della stagione e dell'altitudine. Questo si traduce in una maggiore diversità nutrizionale e nella produzione di un latte più ricco di nutrienti e antiossidanti.
D'altra parte, le vacche allevate nelle stalle possono essere alimentate con mangimi concentrati e integratori nutrizionali, che possono garantire una maggiore stabilità della composizione del latte ma che possono anche essere meno naturali e meno nutrienti rispetto alla dieta basata sul pascolo.
Inoltre, le vacche che pascolano liberamente sui pascoli montani hanno maggiori opportunità di muoversi e di fare esercizio fisico, cosa che può influenzare positivamente il benessere degli animali e quindi la qualità del latte che producono. Al contrario, le vacche che vivono nelle stalle possono avere meno spazio e movimento, cosa che potrebbe influire negativamente sulla loro salute e sulle proprietà del latte prodotto.
Infine, le condizioni ambientali possono influire sulla produzione di latte. Le vacche che vivono nei pascoli montani possono essere esposte a temperature più rigide e ad altitudini elevate, il che può influenzare la loro salute e quindi la qualità del latte prodotto.
In conclusione, la differenza tra il latte prodotto dalle vacche che pascolano liberamente sui pascoli montani e quello prodotto dalle vacche allevate nelle stalle può essere significativa. Tuttavia, va sottolineato che la qualità del latte dipende da molti fattori e che una corretta alimentazione e un'adeguata cura degli animali possono garantire un prodotto di alta qualità indipendentemente dal tipo di allevamento.
Gino Sartori minài
I giovani, anche se non sempre lo sanno, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, fiacca la loro anima, intristisce le passioni. Bisogna perciò educare i giovani a essere se stessi, assolutamente se stessi.
Questa è la forza d'animo. Ma per essere se stessi occorre accogliere a braccia aperte la propria ombra. Di forza d'animo hanno bisogno i giovani soprattutto oggi perché non sono più sostenuti da una tradizione, perché si sono rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell'esistenza e incerta s'è fatta la sua direzione.
Alla base dell'assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche del tabacco e dell'alcol, c'è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere. Se questo senso non si dà, se non c'è neppure la prospettiva di poterlo reperire, se i giorni si succedono solo per distribuire insensatezza e dosi massicce di insignificanza, allora si va alla ricerca di qualche anestetico capace di renderci insensibili alla vita.
Umberto Galimberti
Noi sentiamo il dolore, ma non l’assenza del dolore; sentiamo la preoccupazione, ma non l’assenza della preoccupazione; la paura, ma non la sicurezza. Sentiamo il desiderio, così come la fame e la sete; ma non appena è soddisfatto, succede come per il boccone che, nel momento in cui viene inghiottito, cessa di esistere per la nostra sensibilità. Sentiamo amaramente la mancanza di piaceri e di gioie, quando non ci sono; dei dolori invece non sentiamo direttamente la mancanza, anche se non ne proviamo da parecchio tempo, tutt’al più ce ne ricordiamo per mezzo della riflessione. Solo dolore e mancanza infatti possono venire sentiti positivamente, e dunque si fanno sentire da sé: il benessere invece è solo in negativo. Perciò noi ci rendiamo conto direttamente dei beni più grandi della vita, salute, giovinezza e libertà, solo quando li abbiamo perduti...
Arthur Schopenhauer da:
Il mondo come volontà e rappresentazione
Segnalato da Odette questo tenerissimo filmatino
Internet, i social in particolare, sembrano aver legittimato la presunzione, l’arroganza, la maleducazione. Chiunque si sente in diritto di dirti cosa devi fare, qual è il modo giusto di pensare, cosa dovresti scrivere. Usi un dipinto in un post che per qualche ragione non piace al maleducato di turno? Sei un idiota.
Scrivi qualcosa che urta il moralismo di un altro? Ciò che scrivi è pericoloso e fuorviante. Parli degli scrittori russi? Semplice, sei alle dipendenze dello zar. Non sto scherzando; ricordo ancora quando un signore mi accusò di strumentalizzare Socrate per promuovere una propaganda filo putiniana. Ci sono persone che sono dei muri. Letteralmente. È inutile parlare, argomentare, tentare di spiegare: loro hanno ragione e tu hai sempre torto. C’è un solo modo per evitare le critiche, diceva Aristotele, «non fare nulla, non dire nulla, non essere nulla.»
Sì, perché qualunque cosa farete, sarete sempre criticati. Dagli invidiosi, da chi è convinto di sapere tutto e meglio di voi, da chi semplicemente cerca un pretesto qualsiasi per litigare. Ci sarà sempre qualcuno che vi dirà con una vocina presuntuosa «ma io invece se fossi stato al posto suo, avrei…», ci sarà sempre qualcuno che vi dirà che state sbagliando, che non siete abbastanza intelligenti, che ciò che fate o pensate non va bene.
E sapete cosa ho capito? Che gli idioti, i presuntuosi e gli arroganti sono tanti, ma non vale la pena abbassarsi al loro livello. Oggi l’unica cosa che rimpiango è il tempo che ho sprecato con queste persone. O per dirlo con le parole del grande De Crescenzo: «Tacere non significa che non abbia niente da dire, o che quello che vedo mi sta bene. Il mio tacere vuol dire:
“Ho capito chi sei e non vali nemmeno la mia attenzione.”
Il filosofo (philosophos, colui che ama la conoscenza) è ben diverso dal sophos, colui cioè che possiede un determinato sapere e dunque è chiamato sapiente. Chi è il filosofo allora? Non chi possiede la verità, ma chi ricerca la verità. Ecco, in questa precisazione, vi è tutta la differenza del mondo. Il famoso detto socratico «so di non sapere» è il presupposto della filosofia. Se sei convinto di sapere qualcosa, perché mai dovresti metterti in discussione?
L’ho già detto, ma lo ripeto: né i diplomi, né i titoli di laurea fanno la cultura. Cultura non è sapere tutto, essere archivi ambulanti di fatti, dati, nozioni. «È curioso a vedere» diceva Leopardi, «che quasi tutti gli uomini che valgono molto, hanno le maniere semplici.» Cosa intende Leopardi con semplicità?
Ecco, c’è un’altra parola, una parola che oggi è completamente passata di moda, che nessuno o quasi usa più: umiltà. La persona saggia è umile, questo vi sta dicendo Leopardi. Disprezza i modi affettati, la presunzione che invece abbonda negli stolti, in quelli che gli antichi greci chiamavano “falsi sapienti”.
Quella in cui viviamo oggi è letteralmente l’epoca dei parolai: tutti vogliono mettersi in mostra, parlano, parlano, parlano, non di rado senza cognizione di causa: infarciscono i loro discorsi con parole sofisticate, con la volontà di umiliare, di far sentire inferiore il proprio interlocutore. «Lei non sa chi sono io», sembrano dire e alle volte te lo dicono proprio in maniera esplicita. Come comportarsi con questi individui?
Ecco, un giorno il filosofo Eraclito venne invitato a una riunione di saggi. La riunione andò avanti per molto tempo, tutti discutevano, argomentavano, parlavano facendo mostra della loro eloquenza, mettendo in mostra tutto il loro sapere. Eraclito invece se ne stava zitto, senza aprire bocca. A un certo punto uno degli altri notò il silenzio del filosofo. «Perché taci?» gli domandò. «Perché voi possiate chiacchierare.» gli rispose.
Il burro è parte della nostra storia dal neolitico.
Le prime tracce storiche risalgono al 2500 a. C., viene nominato nella Bibbia, Ippocrate lo chiama 'boutiron', i greci lo amano, i romani lo disprezzano, i popoli del nord Europa ne hanno fatto grande uso, tra le popolazioni del mediterraneo molto meno, preferendo l'olio.
Tra alterni momenti di gloria e di disprezzo non ha ancora perso l'epiteto di cibo non sano.
Invece il burro è un buon alimento, specialmente se consumato crudo.
È fragile perché irrancidisce facilmente se lasciato all'aria per molto tempo, ma questa sua caratteristica ci parla della sua 'vitalità '.
Il burro è un buon alimento, specialmente per i bambini, per proporre merende sane e nutrienti.
È tempo di recuperare la saggezza dei nostri nonni che offrivano pane e burro come merenda a scuola o nel pomeriggio.
Ottime anche le sue varianti:
Pane, burro e zucchero
Pane, burro e limone (qualche goccia)
Pane, burro e alici
La paura del burro come alimento grasso e nocivo deve essere superata, perché una fetta di pane e burro non perde nel confronto con i biscotti che sono molto più ricchi di grassi cotti ad alte temperature e molto zucchero.
Il cibo che richiede meno lavorazioni per essere prodotto è il più semplice e sano.
Giovanni Ballarini - La storia sociale del burro
40.000 i laureati fuggiti dalla regione
18/02/2023 Altovicentinonline
Nel periodo 2011-2019 sono ‘fuggiti’ all’estero più di 40.000 laureati veneti:
lo dicono le cifre elaborate sulla base di dati Istat, da Fondazione Nord Est e per il Pd in regione questo significa una “una perdita secca in termini di competitività e dal punto di vista economico”.
I dati, emersi dal rapporto della Fondazione Nord Est presentato a Verona, sono drammatici perché danno la dimensione di una fuga, quella dei laureati, che impoverisce tutto il nostro sistema.
Un’emorragia che riguarda anche il Veneto e che deve spingere anche la Regione a puntare con decisione su politiche sociali in grado di arginare il fenomeno, afferma la consigliera regionale del Pd, Anna Maria Bigon. L’esperienza lavorativa all’estero- osserva l’esponente dem – potrebbe essere considerata come investimento, ma solo a patto che questi giovani facciano ritorno a casa. Cosa che non avviene praticamente mai. Nel frattempo viviamo una crisi profonda di disponibilità di risorse umane in sanità e tra le nostre imprese. Oltre al fatto che l’ingresso nel mondo del lavoro avviene da noi troppo tardi rispetto al resto d’Europa, dove a 25 anni si è già laureati ed occupati, resta sul campo una carenza profonda di servizi”. Diventa così quasi impossibile, aggiunge Anna Maria Bigon, “per i trentenni il riuscire a vivere fuori famiglia. Il livello troppo alto delle locazioni; i servizi di trasporto costosi e spesso inefficienti a tal punto che obbligano molti a ricorrere all’acquisto dell’automobile; le rette esorbitanti per gli asili nido che dovrebbero essere gratuiti; la mancanza di adeguata copertura economica per la maternità: sono tutti ostacoli insormontabili che, sommati ai livelli troppo bassi degli stipendi, inducono alla fuga. Investire davvero in politiche sociali, anche in Veneto, è una strada obbligata e doverosa se si vuole invertire questo trend”.
Non mi vergogno a dirlo, c’è stato un periodo nella mia vita, nella mia infanzia in cui avevo fame. Letteralmente fame. A quell’epoca il mio papà aveva perso il lavoro, mia mamma era incinta, costretta a letto perché aveva rischiato di perdere il bambino.
Fu un momento davvero brutto.
Ma sapete cosa ricordo? C’è una cosa che mi è rimasta impressa, che ricordo ancora come se fosse ieri: la vergogna. Sì, perché se hai una malattia o se ti colpisce un lutto o qualsiasi altra disgrazia, puoi parlarne liberamente, ma se non hai i soldi per fare la spesa, lo devi nascondere. Io non capivo perché dovesse essere così. Fu soltanto quando incominciai a leggere, quando incominciai a studiare che capii che la povertà è sempre stata vista come una vergogna dal sistema.
Ma cos’è il sistema? Il sistema è quella cosa che stabiliva che un plebeo, nato plebeo, dovesse morire plebeo, capii che un intoccabile indiano, un plebeo romano, un servo della gleba francese erano soltanto nomi diversi per parlare della stessa cosa, quella cosa che oggi fa ancora paura: la povertà.
Il povero era considerato malvagio, indubbiamente malvagio, perché se la sorte non lo aveva favorito, doveva essere colpevole di avere un animo cattivo. Perfino dopo la morte i poveri andavano isolati. Pensate che nel cimitero degli Innocenti, a Parigi, la fossa dei poveri era in disparte, perché il corpo del povero non era ben accetto fra gli altri Cristiani. E sapete cosa mi fa più rabbia? Che erano sempre loro, i privilegiati a disprezzare i poveri, ad essersi serviti della filosofia, della religione, della morale per giustificare l’esistenza del povero. Per colpevolizzare la povertà. Se sei povero, te lo sei meritato. Dunque abbi vergogna della tua condizione. Possibile che in tutti questi anni non sia cambiato nulla?
Un nuovo arrivo a San Pietro: è nato Felipe Lucca, di Joaquin e Julieta. Di questo dono speciale dobbiamo essere grati: una nuova vita è sempre un miracolo! Congratulazioni ai genitori, nonni e zii e al piccolo Felipe, gli auguri di buona vita!
Lucia Marangoni
Il furgoncino di Roberto, il nostro intrattenitore di giochi antichi, nonché genio del riutilizzo, ricorda proprio quelli che giravano un tempo per paesi e contrade, vendendo ogni tipo di mercanzia. Stipato di scatoloni contenenti corde, bottiglie, mollette, tubi in plastica, pezzi di stoffa, piccoli attrezzi, potrebbe riempire mezzo mercato. Roberto insegna ai ragazzi a guardare con occhi nuovi, quelli della fantasia, le cose che normalmente buttiamo, per scoprirne l’anima nascosta e la loro possibile seconda vita, la quale chiede solamente di essere portata alla luce. Perché, non dimentichiamolo, prima del riciclo - già ottima cosa di per sé, nel quale materiali come carta, plastica, vetro, metalli vengono rifusi per ottenere un nuovo prodotto di base - viene il riutilizzo, che significa allungare la vita ad un oggetto mantenendone la struttura, ma utilizzandolo per fini diversi da quelli suoi originali. Per i bambini di un tempo questa era la regola e fin da piccoli si imparava a utilizzare quel poco che si aveva e i giochi con archi, frecce, fionde, catapulte o corde tese fra gli alberi dipendevano dai film che si vedevano in parrocchia alla domenica pomeriggio e dall’inventiva nel tradurre quanto si era visto in oggetti veri. Ricordo una catapulta, ispirata dalle immagini di un assedio ad un castello medievale, costruita con un grande cucchiaio di legno, di quelli che servivano per preparare da mangiare ai maiali, da una striscia di camera d’aria che fungeva da molla, e uno spago per trattenerla in tiro fino al momento del lancio. Qualunque di noi avrebbe lanciato a mano un sasso ben più lontano e con più precisione, ma quell’oggetto auto costruito appariva ai nostri occhi come un’arma formidabile. Poi è arrivato il progresso, accompagnato dal consumismo, in pochi anni le cose sono profondamente cambiate, i giochi si comperavano già fatti e non serviva più costruirseli.
[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...