Non è proprio così! Il nostro nome non lo abbiamo scelto noi e ci è spesso attribuito seguendo le tradizioni familiari e sociali, oppure le mode del momento, senza farci sopra uno specifico pensiero. Il cognome invece ce lo troviamo appiccicato d'ufficio e noi possiamo fare ben poco, così come i nostri genitori. Ci troviamo perciò nello strano caso in cui su qualcosa di così nostro e personale, come il nome e il cognome che ci contraddistingue, non abbiamo voce in capitolo.
Nel nostro mondo popolato da più di sette miliardi di persone, identificare ciascuno con precisione è diventata una inderogabile necessità. Alla nostra univoca identità sono infatti collegati un’infinità di diritti, doveri ed adempimenti. Non era così nei tempi antichi, quando la popolazione scarseggiava, i diritti connessi alla persona erano pochi e precari e il nome proprio bastava per le esigenze sociali e fiscali. Il nome era allora preso dalla natura, da animali, regioni geografiche, territori, da mestieri, o dalla località di provenienza. Nel mondo occidentale, un primo tentativo di dare una regola lo troviamo al tempo dell'Antica Roma, dove si usava avere tre nomi, ovvero tria nomina: il nome individuale preanomen, seguito dal nome nomen e dalla famiglia di appartenenza detta gens e cioè il cognomen, e in caso di omonimia, s'aggiungeva un quarto nome, detto agmomen. A volte anche di più tra gli altolocati, che si aggiungevano una moltitudine di nomi a proprio piacimento.
Attorno al quinto secolo, con la caduta dell'Impero Romano, l'avvento del Cristianesimo e con l'arrivo di numerose genti diverse con nomi nuovi la scelta si amplia, si diffonde l'uso di semplificare le cose ritornando così ad avere un solo nome, il quale diventa unico e personale facendo riferimento alle caratteristiche della persona, alle sue capacità o altro, comunque personalizzato, non copiato ne ereditato: signa o supernomia. Un altro importante cambiamento si avrà dopo l'anno Mille; la popolazione aumenta e così l'omonimia, sorge così nuovamente l'esigenza di appaiare al proprio nome personale, quello del paese di appartenenza o quello paterno. L'uso del secondo nome si diffonde allora in tutta Europa divenendo sistema di uso comune e resistendo fino ai nostri giorni. Nel 1564, con il Concilio di Trento, si stabiliscono delle regole secondo le quali il secondo nome, ovvero il futuro cognome, deve essere obbligatoriamente ereditario. Il compito di registrare le nascite e catalogare così le famiglie di appartenenza, generazione dopo generazione, toccherà ai parroci al momento del battesimo. Ciò avvenne anche per limitare e controllare i matrimoni fra consanguinei, che non erano occasionali nell’Europa rurale, spesso funestata da epidemie e pestilenze che ne riducevano la popolazione. Anche la fine del feudalesimo indusse i comuni a catalogare e censire in modo capillare la loro popolazione, parallelamente alla Chiesa.
Il sistema del cognome ereditario, con il tempo porterà alla scomparsa di molti cognomi. Questo fenomeno già si riscontra in paesi o villaggi che sono stati a lungo isolati dove la varietà dei cognomi si riduce drasticamente. Un classico esempio è ciò che è avvenuto in Cina, dove, a differenza del mondo occidentale, l'uso del cognome ereditario da un solo genitore è in uso da millenni, con la conseguenza che milioni di persone portano tutti lo stesso cognome, ma è ancora presto per noi occidentali ovviare a questo problema. Anche nel nostro paesello s’erano formati alcuni cognomi che non hanno retto l’avvicendarsi delle generazioni, ad esempio: Facin, Facino o de’ Facini, Rezara, Rezarini o Rezanini, Campagna, Boscoscuro, ecc. Alcuni forse erano solo dei soprannomi, altri forse cognominazioni di famiglie estinte, emigrate o di temporaneo insediamento.
Grazie Gianni, come sempre molto interessante
RispondiEliminaBravo Gianni, bel lavoro!
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