A che velocità stiamo correndo?
Sembra di vivere questi mesi come se si dovesse recuperare ogni giorno un po' del tempo e dell'illusione perduti negli ultimi due anni. Come a rimettere di corsa in piedi la scenografia di cartone del mondo precedente che era crollata, pezzo dopo pezzo. Stiamo provando a dimenticare di aver visto l'insensatezza della nostra società, ed è un processo sfiancante.
La sensazione diffusa è quella di dover recuperare, affannandosi, un tempo perduto. Le persone si precipitano ovunque come impazzite rincorrendo scadenze e urgenze e la stanchezza è diventata il fondamento naturale delle giornate.
Essere stanchi è oramai un sottinteso; a cambiare è soltanto la quantità di questa stanchezza diffusa, ma nessuno nella società delle performance può più dirsi riposato.
Essere stanchi, esausti, sfibrati è diventata una condizione primaria senza la quale aleggia su di noi subito il senso di colpa.
Ma come ha scritto a proposito Byung Chul Han... l'eccessivo aumento delle prestazioni porta all'infarto dell'anima.
Un infarto avviene quando un organo o un tessuto non riceve un adeguato apporto di sangue e ossigeno dalla circolazione arteriosa a loro dedicata.
A forza di vivere e lavorare gareggiando, di competere incessantemente con qualsiasi altro essere umano, la nostra anima, intesa qui come casa del senso della vita, non riceve più nutrimento e muore.
Perchè oggi, chi non si ferma, è perduto.
(web)
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