giovedì 28 febbraio 2019
mercoledì 27 febbraio 2019
Mancanza di rispetto
In questi ultimi anni, spesso e
volentieri si ha notizia di furti nei cimiteri: dai vasi di rame e
simili, ai fiori, a composizioni floreali con vaso annesso, insomma
nemmeno nei cimiteri c’è più rispetto! Questo genere di furti, ci
tocca profondamente per il culto che noi abbiamo per i defunti e per
il luogo dove il corpo riposa. Giorni fa mi sono recata al Cimitero
del mio paese, a pomeriggio inoltrato, sono andata sulle tombe dei
miei cari e stranamente ho visto che il lumino di mio papà era
spento. Ho guardato quello di mio fratello, portato qualche giorno
prima e ho visto che era ancora acceso. Ma guarda, mi sono detta, mi
avevano assicurato due mesi pieni, ma probabilmente le batterie non
erano della stessa potenza. Ma incuriosita, apro il lumino e…
sorpresa! Delle quattro pile, due erano state sottratte! Chi può
portare via due batterie stilo? Che bisogno reale c’è di prendere,
sottrarre, portare via in un cimitero? Sono rimasta sconcertata per
il gesto, per il luogo, per la mancanza di rispetto verso i defunti.
Non è l’entità del danno, ma l’azione stessa che, compiuta in
questo contesto, diventa violazione di un luogo sacro.
Lucia Marangoni
Non sono piú tra noi - (FC - 1* § 2-19)
Trascorreva sempre le estati della sua giovinezza presso la Nonna ai Checa. Era la figlia di Lorenzi Giuseppina (satèla)
martedì 26 febbraio 2019
Diritti & Doveri
【Gianni Spagnolo © 190213】
Un capodanno di tanti anni fa mi trovai ad assistere alla prima messa in un paese di montagna non molto lontano da qui. Avevo trascorso la fine dell’anno con la famiglia, a casa di amici; una festa del tutto tranquilla, anche perché avevamo i figli piccoli. Fu forse a causa di essi che mi svegliai di primo mattino e mi ritrovai lì dopo una lunga camminata mattutina nella neve, solleticato dall’aria sottile e pungente di quell’inizio d’anno nuovo.
Ambiente gelido, pochi anziani intabarrati sparsi sui primi banchi, qualche signora che doveva poi probabilmente attendere al pranzo festivo e un vecchio celebrante infreddolito. Tutto secondo prassi dunque e scarse aspettative per un'omelia scontata su un tema post-natalizio come la responsabilità verso i poveri. Se non che, ad un certo punto, il prete buttò lì un concetto che mi scosse dal sopraggiunto torpore liturgico. Disse sostanzialmente che non sono i diritti a garantire il povero bensì i doveri. Ohibò, cosa stava dicendo quel parroco di montagna a quell’attempata e assonnata platea in un’epoca di rivendicazione di ogni diritto possibile e immaginabile?
Eh sì, perché sosteneva il prete che van bene i diritti, ma poi questi devono essere opposti, rivendicati, fatti valere affinché diventino efficaci. Cosa che richiede conoscenza, cultura, mezzi, possibilità, connessioni sociali, ecc. e in questo il povero è spesso assai poco attrezzato e quindi di fatto escluso dal godimento anche dei diritti che sono stati pensati per lui.
In sostanza i diritti sono per chi se li può permettere!
Ecco perché deve subentrare il senso del dovere a garantire il diritto. Se ciascuno attende con scrupolo e retta coscienza ai doveri del proprio stato, se non vi antepone la pigrizia, il comodo, il rispetto umano, la furbizia o addirittura la sopraffazione, solo allora nella società i diritti e le opportunità potranno essere fruiti ed efficaci per tutti, specie per chi ha maggior bisogno di essere tutelato. Altrimenti si vive in un contesto ipocrita di diritti formali.
Per carità, non è un concetto inaudito né particolarmente sofisticato, ma detto lì, in quel conteso e con quella semplicità mi colpì. Tanto più perché gli astanti appartenevano per lo più ad una generazione alla quale il concetto del "dovere" - inteso prevalentemente come cieca osservanza - era stato inculcato. Tanto più perché il senso del “dovere” e della “responsabilità personale" sono diventati i grandi assenti nella mentalità corrente, dopo appunto essere stati portati sugli scudi, anche a sproposito, dalle precedenti generazioni. Ora la rivendicazione di ogni diritto, forse per reazione, è diventata invece un’universale tendenza.
Dunque il diritto e il dovere sono due piatti della stessa bilancia che devono stare imprescindibilmente in reciproco e virtuoso equilibrio affinché la società si regga con giustizia.
Un’emerita banalità, sembrerebbe, detta così. In pratica non pare lo sia altrettanto.
lunedì 25 febbraio 2019
Il primo Consiglio Pastorale a S. Pietro
foto da Silvio Eugenio
Da dx vediamo il carissimo don Francesco Zago - Elsa Lorenzi - Rita Toldo - Mariella Lucca - Silvio Eugenio Toldo - Battista Lorenzi - il Vescovo Girolamo Bortignon - il M° Carlo Pesavento - Giuseppe Pretto - Ettore Slaviero - Argenta Bonato - M° Piergiorgio Nicolussi e la Suora non so.
Recinti mentali
【Gianni Spagnolo © 190201】
Guardando un po' in giro, è
interessante osservare come gli uomini si rapportino fra loro e con il loro
ambiente. Mi chiedo, ad esempio, quale nesso ci sia fra la gestione dello
spazio e gli schemi mentali di chi lo abita.
Si sa che ciascuno di noi ha una sua
aurea esclusiva e flessibile di privacy, ovvero la bolla di rispetto intorno al
proprio corpo all’interno della quale scatta il fastidio per intrusioni non
cercate. Poi viene la casa, il clan, il paese, ecc., che sono nostre
estensioni. Vediamo dunque un po’ come sono costruite le nostre case, che
rappresentano l’ultima ridotta del nostro potere esclusivo e cosa potrebbero rivelarci del nostro modo di pensare.
Da noi l'abitazione ideale
dev’essere assolutamente singola, isolata, cioè priva di murature comuni con i
vicini su tutti i quattro lati e necessariamente recintata da muri, siepi, e
cancellate il più evidenti e opache possibile: è il nostro fortino! Il nostro
territorio esclusivo è marcato come quello delle tigri, solo che per noi non
sarebbe sufficiente pisciottare qua e là, per cui dobbiamo erigere barriere.
Chi non può permettersi di
distanziare la casa su tutti i lati, s’ingegna a trovare compromessi che
salvino l’inderogabile assunto. Non solo nessuno deve poter avvicinarsi, ma
spesso neppure riuscire a sbirciare dentro la nostra
proprietà. Quand’anche il giardino fosse ridotto ai cinque metri
canonici, lo spazio per una robusta recinzione lo si troverà sempre.
Qualcosa di simile, addirittura con
le reti elettrificate ad alta tensione, l’ho visto da qualche parte in
Sudamerica e in Asia, in paesi dove la sicurezza, causa il terrorismo o la
criminalità, è certamente precaria, ma qui da noi che senso ha? Da
cosa ci stiamo difendendo, che tanto sappiamo benissimo che non sono certo le
nostre difese statiche a tenere alla larga eventuali malintenzionati? Forse
dall'occhio scrutatore dei vicini? Forse per la scusa del cane?
Nulla a che vedere con le case con
recinzioni assenti o appena accennate che si vedono in altre parti
d'Europa o negli States, dove le abitazioni risaltano graziosamente non essendo
circondate ed appesantite da muraglie o improbabili barriere vegetali.
Se avessimo case diroccate e
giardini invasi dai rovi, la cosa potrebbe essere un pudico espediente, ma noi
spendiamo l’iraddidio per abbellire le nostre case e i nostri giardini, e
allora, ancora, che senso ha? Sembra che vogliamo nasconderci,
ritirarci nella nostra casetta come le chiocciole e chiudere anche le aperture
con la bava; nessuno deve sapere che siamo lì.
Mi chiedo quanto più belli, ariosi e
accoglienti sarebbero i nostri paesi e le nostre città se fossero ridotte
all’essenziale tutte quelle limitazioni confinarie che disturbano e distolgono
la vista. Non è che insistiamo pervicacemente con un limite mentale
nostro? Una inutile e dannosa piccineria del nostro individualismo?
Eppure, a ben pensarci, siamo la
nazione del Leopardi, che ha poetato di interminati spazi e sovrumani
silenzi di là dalle siepi. Ma forse lo stiamo interpretando alla
rovescia.
Nemo poeta in patria sua!
domenica 24 febbraio 2019
La pagina della domenica
LA RIFLESSIONE
LA POESIA
È un mattino che non trova il suo posto, si gira quasi non abbia spazio stretto nella morsa di una inquietudine indefinita.
Com'è libero il bucato steso al sole, si muove come vuole, si attorciglia al filo, scavalca le mollette e si rimette in fila dopo le piroette.
Com'è tranquilla la goccia d'acqua che perde dal rubinetto della terrazza, scende a ruota continua, suona una melodia che attira gli insetti pronti a saltarle addosso.
E la terra del vaso che ancora si riposa in attesa di vedere germogliare un fiore, distesa e senza rughe abbraccia un filo d'erba, un sassolino, il vento.
Ed il mattino scorre sul vicolo di fronte, sulla strada che conduce al centro senza aver centrato i miei pensieri, sparsi come foglie.
Com'è libero il bucato steso al sole, si muove come vuole, si attorciglia al filo, scavalca le mollette e si rimette in fila dopo le piroette.
Com'è tranquilla la goccia d'acqua che perde dal rubinetto della terrazza, scende a ruota continua, suona una melodia che attira gli insetti pronti a saltarle addosso.
E la terra del vaso che ancora si riposa in attesa di vedere germogliare un fiore, distesa e senza rughe abbraccia un filo d'erba, un sassolino, il vento.
Ed il mattino scorre sul vicolo di fronte, sulla strada che conduce al centro senza aver centrato i miei pensieri, sparsi come foglie.
Francesca Stassi
LA FRASE
Quando si smette di pensare a ciò che potrebbe succedere,
si inizia a godere di ciò che sta succedendo.
IL PROVERBIO
Febràro suto... erba dapartùto!
sabato 23 febbraio 2019
Utile a sapersi
Probabilmente più di qualcuno passando nelle vicinanze della ex Colonia
Gil di Castelletto (ora sede di un’associazione scout) avrà notato sui
rami degli alberi la presenza di numerosi ciuffi bianchi, simili a nidi
di uccelli. Si tratta della processionaria, un insetto che allo stadio
adulto ha la forma di una farfalla (infatti è un lepidottero) mentre da
giovane è una vorace larva che si nutre di aghi di pino. Le larve
passano l’inverno ben riparate nei loro nidi di seta da cui escono in
primavera per nutrirsi e riprendere il ciclo. Normalmente attaccano
piante di Pino Nero o Pino d’Austria, una conifera usata nei
rimboschimenti di qualche decennio fa; in seguito tale specie venne
abbandonata proprio per la sua estrema sensibilità agli insetti, oltre
al fatto che il legno era scadente. La cosa insolita della
processionaria è che negli ultimi anni ha iniziato ad aggredire anche il
Pino Silvestre, pianta molto antica e tipica dei versanti assolati e
caldi delle nostre montagne. Di anno in anno abbiamo notato un’indubbia
espansione di questo parassita, almeno a giudicare dai nidi invernali;
nei primi anni le larve preferivano e si sviluppavano nelle sole
piantine giovani, evidentemente più morbide e tenere, ma negli ultimi
tempi l’attacco si è spostato anche sugli individui adulti. Forse in
altre località tale fatto potrà essere considerato normale dal momento
che la bibliografia indica il pino silvestre quale possibile ospite
della processionaria, ma per la nostra zona è una novità assoluta per
cui osserviamo con curiosità e un po’ di preoccupazione tale fenomeno.
La natura si evolve e si muove, cambia e si adatta e non manca di
riservarci sorprese. Per il momento questo fatto è circoscritto ai
dintorni della ex Colonia Gil di Castelletto, per cui speriamo si
tratti di un caso limitato e circoscritto. Ricordiamo che i peli che
ricoprono le larve sono estremamente irritanti e urticanti per la pelle,
gli occhi e soprattutto per le vie respiratorie, in quest’ultimo caso
le conseguenze potrebbero anche rivelarsi gravi. La raccomandazione è
quella di non toccare né tanto meno rompere i nidi di processionaria se
non adeguatamente protetti.
venerdì 22 febbraio 2019
25.500 passi - 16 km - 1.505 metri di dislivello positivo - 4 ore di cammino
Sentiero CAI 606 Casotto - Luserna
La Val dei Pempli da sotto
La Val dei Pempli da sopra:
150 metri di dislivello in un tratto di 200 metri, 10 minuti di paura
Soliti incontri
Ma il cielo è sempre più bluuuu
Arrivati a Luserna con l’amico Ale;
ora una bella Forst e panino con lardo dal Ferdy
Il municipio
Sentiero CAI 601 Luserna - Scalzeri
Ormai a casa, Fox ci indica di accelerare
Alessandro Toldo African
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Potenza del nome
[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...