martedì 27 febbraio 2018

Il Grande Nord




Ho spesso richiamato la mia predilezione per le montagne, i boschi, la neve, il ghiaccio, i laghi, i contesti incontaminati e le atmosfere gotiche.
Ho divorato i racconti di Jack London e la grande narrativa di esplorazione, di conquista dei poli e dei passaggi a Nord-Ovest, di Capo Horn e così via; per tacere della più disimpegnata e improbabile fumettistica western. Lì preferivo il Capitano Mark dei Grandi Laghi all’assolata Arizona di Tex, i Piedi Neri del Montana agli Apache della Sierra, i trapper della Hudson Bay Company ai cow boy del New Mexico.
Va da sé che io sia cresciuto nel mito del Grande Nord e abbia una certa idiosincrasia per tutto ciò che è troppo caldo e abbacinato.  Per stare in Europa mi affascinava quindi la Scandinavia, dove immaginavo si condensassero le caratteristiche topiche delle mie atmosfere d’elezione.
Appena ne ho avuto la possibilità mi sono dunque lanciato nell’esplorazione di questi paesi. Ho cominciato cautamente dall’antipasto girando la Danimarca in bicicletta. Vabbè, pur sempre Scandinavia era e si fa quel che si può.
Mi son trovato in un paese ordinatino, pulitino, bucolico, pieno di prati verdi, di mucche al pascolo e di allevamenti di maiali, ma anche tremendamente piatto e noioso. Migliore del vicino bassopiano germanico e dell’Holstein, ma altrettanto insignificante, almeno per i miei gusti. Neanche la capitale Copenhagen mi parve un granché, ancorché assolutamente confortevole da girare a piedi e in bici, come tutte le città del Nord Europa. Lì mi riuscì persino di beccare una multa perché non avevo esposto la freccia. Il dispositivo segnaletico della mia bicicletta era costituito da un paletto a molla con riga fosforescente rossa che si comandava dal manubrio. Aveva anche i freni che si attivavano pedalando all'indietro e ci misi un po' ad impratichirmi del mezzo.
Quando c’era un po’ di sole le cose si rivitalizzavano prendendo colore, altrimenti era tutto un grigioverde che sembrava d’esser sotto naja. 
Almeno così pareva a me, che un po’ deluso ero.
Poi è stata la volta della penisola scandinava, dove vagabondavo per i campeggi con i miei amici. Lì ce la siamo presa comoda girando in lungo e in largo il territorio che da Göteborg sale al Nord attraversando i grandi laghi di Vänern e Vättern, oltre ad un'infinita serie di minuscoli altri. E poi boschi e radure a non finire, colline e finalmente anche le basse montagne della dorsale. La nostra meta, ma neanche troppo, era Capo Nord, anche se non ci siamo mai arrivati.
C’erano allora diversi connazionali che dissipavano le allora poche ferie estive correndo a tappe forzatissime verso quella destinazione. Solo per dire d’esserci stati, di aver attraversato il Circolo Polare Artico e assistito (forse), al mitico sole di mezzanotte. Fu la vista di quei forsennati della meta, che non godevano niente di quanto attraversavano, a toglierci l’idea di perseguire quel progetto e indurci ad apprezzare quanto invece ci offriva il territorio.
Ecco allora che mi trovai finalmente al centro del mio mito. 
Percorrevo i boschi di conifere e betulle che erano equipaggiati con lunghe piste di binari in legno per lo sci di fondo. La neve, cadendo nell’incavo a V delle tavole, avrebbe generato automaticamente la pista per gli sci bell’e fatta, senza necessità di batterla. Per un fondista fanatico, qual'ero io allora, che sognava di correre la Vasaloppet, era una cosa fantastica. In realtà poi non feci neanche la Marcialonga e mi convertii allo scialpinismo giusto prima che s’imponesse lo skating.
Pagaiare in kayak su laghi e fiumi immersi nella foresta in un silenzio inusitato, vedendo attorno impavidi animali selvatici conosciuti solo in foto, rappresentava poi il culmine delle mie aspettative. Fra l’altro quell’estate dicevano essere la più calda e serena degli ultimi anni e quindi non potevo aspirare di meglio. 
Invece no, c’era qualcosa che non quadrava, che non era al suo posto, ma lì per lì non capivo cosa fosse.
Ci misi un po’ a realizzare che era la LUCE che influenzava la percezione delle cose.  Pur se era una bella giornata d’agosto, la luce solare era quella che da noi si trova in autunno e di conseguenza smorzava i toni e rendeva quel paesaggio e quelle situazioni, indiscutibilmente idilliche, molto meno appaganti di quanto non sarebbero state sotto il sole di casa nostra.
Ciononostante vedevo che i locali giravano scalzi per la città al primo balenìo di sole, con mise che noi non avremmo adottato nemmeno in Polinesia.
Questa sensazione si acuì più avanti, quando costeggiammo in bici il Baltico sotto un cielo plumbeo e un vento sferzante, con il mare schiumante che mandava zaffate di putrefazione e di gasolio che certo non mi aspettavo nella patria dell’ecologia ante litteram.
Non era come le giornate d’estate in malga, sdraiato sui prati a guardare quelle nuvole bianche e paffute rincorrersi nel cielo immerso in una luce sfolgorante che illuminava tutto e lo rendeva bello. Tutto! Anche quello che altrimenti non lo sarebbe stato.
Non basta che siano belli i paesaggi, è la luce che li rischiara che li rende speciali. Perché la vista non è solo questione di occhio, ma anche di mente che elabora le sensazioni visive secondo la nostra luce interiore. Quante volte abbiamo infatti sperimentato che di uno stesso posto, visto sotto una diversa luce, si cambia completamente la percezione?
Questo concetto l'avrei poi capito meglio in Africa, dove nonostante le precarie condizioni ambientali e di vita, la sua luce ti ammalia con quell'indefinibile e languido abbraccio che va sotto il nome di Mal d'Africa.
I paesi poi; anche i villaggi più isolati dell’interno non erano tipici come mi aspettavo, ma bensì tutti sostanzialmente simili, standardizzati, all’americana; con poco niente di quelle atmosfere gotiche che speravo di trovarci. Nuovi, belli, puliti, organizzati, efficienti si; tutto quel che si vuole, assolutamente niente di fuori posto, ma senza le secolari stratificazioni con la storia che grondava dai muri come nei nostri paesi, magari scrostati e cresciuti alla viva il parroco, ma senz’altro più vissuti e perciò amabili.

Allora ero anche fresco di naja, dove, dato che sapevo il tedesco, mi assegnavano in plotone gli alpini provenienti dai masi e dalle valli più remote del Sud Tirolo che masticavano poco d’italiano. Come Veneto, ero consapevole del pregiudizio che ci considerava i più beoni d’Italia, ma scoprii ben presto che quei ragazzi della Tridentina ci davano la stecca alla grande e tiravano su sache memorabili una sera si e l’altra anche. Riuscii tuttavia ancora a sorprendermi vedendo schiere di adolescenti svedesi girare al sabato pomeriggio con sporte piene di bottiglie di superalcolici che andavano poi a consumare nei sottopassaggi. 
Lì, in quegli ambienti squallidi e senza neanche la scusa di una festa, si ubriacavano fino a perdere i sensi, ma ognuno per conto suo. Senza allegria, senza goliardia, solo semplice e puro stordimento alcolico. 
Nemmeno i tipi eccentrici che una volta popolavano i nostri paesi e che del goto avevano fatto una filosofia  di vita, sarebbero mai arrivati a tanto.
Probabilmente non basta essere accuditi dalla società dalla culla alla tomba, non basta avere tutto, vivere in contesti mirabilmente efficienti ed organizzati; forse ci vuole qualcosa di più per stare bene.

In seguito avrei visitato altri posti del mio immaginario e sfatato altre illusioni, ma anche scoperto molte di nuove, imprevedibili e affascinanti realtà.

Non si può verificare un mito, altrimenti cessa di esserlo. Un mito deve restare tale per fede, non tollera gli accertamenti; questo l’ho imparato.
Gianni Spagnolo
23-02-2018

7 commenti:

  1. Mentre leggevo il tuo bellissimo racconto, Gianni, pensavo a A.Saint Exupéry che diceva nel suo libro Le Petit Prince : "J’ai appris, dit le Petit Prince, que le Monde est le miroir de mon Âme…
    Quand elle est enjouée, le Monde lui semble gai
    Quand elle est accablée, le Monde lui semble triste
    Le Monde, lui, n’est ni triste ni gai
    Il est là, c’est tout"
    (Ho imparato, dice il Piccolo Principe, che il Mondo è lo specchio della mia anima. Quando è allegra, lui le sembra felice, quando è oppressa, lui le sembra triste. Il Mondo, lui, non è ne triste ne allegro. E' li, e basta).

    Nonostante tutto, sognare è una ragione di sperare ed anche di fare. E tu, Gianni, ci fai sognare con i tuoi racconti di viaggio.

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  2. Gianni, meglio di un'atlante geografico. Complimenti

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  3. Grazie cari. Guarda Odette che l'Andrea ha tradotto il Piccolo Principe in cimbro, non lasciartelo sfuggire.

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    1. Grazie Gianni, e complimenti a Andrea. Potrebbe darci un'idea del suo lavoro tramite il blog...

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  4. Complimenti sinceri Gianni. Toglimi una curiosità : come si può girare il mondo come te, senza prosciugare il conto corrente ? Grazie

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    1. Grazie, molto gentile.
      Per rispondere alla tua curiosità: Io viaggio molto per lavoro, quindi i relativi costi sono in capo alla mia attività, pur se cerco di aggiungere quanto posso di dilettevole al necessario utile. Tuttavia viaggiare, anche in terre lontane, è meno costoso di quanto non si pensi, considerato i prezzi low cost che offrono anche su tratte intercontinentali e il fatto che nella maggior parte del mondo si può vivere spendendo assai meno che a casa nostra.
      Molto dipende dallo spirito di adattamento/avventura di ciascuno e dalla capacità d'arrangiarsi con le lingue e le opportunità locali. Non è infrequente, ad esempio, trovare passaggi aerei A/R per New York, San Paulo o Shanghai per meno di 500 Euro con primarie compagnie. Poi là uno può organizzarsi anche con molto poco. L'India e l'Indocina sono piene di giovani bianchi squattrinati che se la girano con lo zaino in spalla per settimane.
      Molti si sentono inibiti dalla poco o nulla conoscenza delle lingue, ma questo è un piccolo problema che è facilmente risolvibile con una buona organizzazione e una SIM locale, dato che un moderno cellulare permette di tradurre in tutte le lingue del mondo, prenotare passaggi con Uber, riservare alberghi nella propria lingua, spostarsi seguendo le mappe di Google, ecc. ecc. Provare per credere!

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    2. Grazie dei consigli. Comunque è sempre piacevole ''viaggiare '' grazie ai tuoi racconti ed esperienze. Ciao

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