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Visualizzazione dei post da gennaio, 2022

Vie reali

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  [Gianni Spagnolo © 22A26] Le strade maestre di San Pietro, ossia quelle che conducono alla piazza del paese da sud e da nord, sono tuttora dedicate a due Altezze Reali di Casa Savoia. La Via Carlo Alberto e la Via Regina Margherita confluiscono infatti sulla Piazza che, molto originalmente, è intestata a quella Roma, che, oltre che capitale di ben due imperi, lo è tuttora d’Italia.  Vabbé, … il secondo Impero, rispetto al primo, può andare a nascondersi, sia per gloria che per durata, tuttavia meritò anch’esso una fugace dedicazione della stradina che conduceva al Ricreatorio, poi rimossa. I fasti e i nefasti di quell’effimero Imperiuccio durarono poco e le sue tracce e i suoi simboli vennero fatti velocemente sparire dalla circolazione. Anche la dinastia dei Savoia fu giubilata dalla Repubblica e dell’ultimo Re ed Imperatore si perse volentieri l'ossequio. Differentemente dal suo omologo e parente della Destra-Torra, che probabilmente lasciò miglior ricordo.  Carlo Alb...

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Dal drone di Flores Munari

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Momenti di riflessione

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(di Don Marco Pozza) Il tempo che scorre adagio-adagio:  “Non (mi) passa mai il tempo, uffa!”  Il tempo che scorre con troppa velocità:  “Quest'anno mi è letteralmente volato via!”  Il tempo per tutte le stagioni: quello bello, quello brutto, quello cattivo. Il tempo della semina - dei legumi, del radicchio, del mais, del pomodoro – e il tempo del raccolto: “E' tempo d'andare a vendemmiare, è la stagione delle castagne, la settimana perfetta per raccogliere i melograni. E'  l'ora dei cachi”.  Il tempo delle persone:  con alcune perdi tempo, con altre perdi la nozione del tempo, con altre ancora puoi recuperare il tempo perduto con le prime: «Stare con te o senza di te è l'unico modo che ho per misurare il tempo» (J. Borges). C'è chi perde tempo e chi cerca di guadagnare tempo: c'è chi si accorge di avere tempo e, per questo, non aspetta tempo. Il fatto è – ammonirebbe il filosofo Seneca – che non è affatto vero che abbiamo poco tempo: la verità, invece...

Nelle foto di Marzia e Mirco Lorenzi apprezziamo le meravigliose limpide giornate che ci sta regalando gennaio, ma come si sa, tutto ha un dritto ed un rovescio e il Gorgo "in suta" ne è la testimonianza...😊

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Non è più tra noi - nr. 1 - 01/22 - Luciana Fontana

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Il titolo non mi viene...

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Caro professore, sono un sopravvissuto di un campo di concentramento. I miei occhi hanno visto ciò che nessun essere umano dovrebbe mai vedere: camere a gas costruite da ingegneri istruiti, bambini uccisi con veleno da medici ben formati, lattanti uccisi da infermiere provette, donne e bambini uccisi e bruciati da diplomati di scuole superiori e università. Diffido - quindi – dell’educazione. La mia richiesta è la seguente: aiutate i vostri allievi a diventare esseri umani. I vostri sforzi non devono mai produrre dei mostri educati, degli psicopatici qualificati, degli Eichmann istruiti. La lettura, la scrittura, l’aritmetica non sono importanti se non servono a rendere i nostri figli più umani. Anniek Cojean C’è un paio di scarpette rosse numero ventiquattro quasi nuove: sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica “Schulze Monaco”. C’è un paio di scarpette rosse in cima a un mucchio di scarpette infantili a Buckenwald erano di un bambino di tre anni e mezzo chi sa...

MIX: di tutto un po'...

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LE LUCI A VENEZIA Già dal 1128 le calli e le zone più soggette a pericoli avevano dei piccoli fanali ad olio, chiamati cesendelli, appesi ai muri; non facevano in realtà molta luce, ma certo rincuoravano i passanti. Partendo dalle zone centrali e spandendosi poi verso la periferia della città, l’illuminazione stradale migliorò piano piano nei secoli, richiesta sempre di più dai cittadini che, pur di rendere sicure le strade, si offrivano di partecipare alle spese. Nel 1450 si decretava di porre quattro grosse lampade sotto i portici di Rialto per rischiarare la zona, ritrovo di omosessuali; attorno al 1720 i bottegai cominciarono a tenere fuori dal loro negozio delle lanterne per ovviare alla carenza di illuminazione, quindi nacque una nuova professione: delle persone sostavano per la via e, dietro ricompensa, accompagnavano i passanti nella loro strada ovvero "còdega". Nel 1732 si decise che tutta Venezia venisse illuminata; l’illuminazione iniziò così a coprire tutte le zon...

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La borsetta

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Tra i tanti accessori che una donna usa quotidianamente, la borsetta occupa un posto importante. Che sia a tracolla, a mano o a zainetto, sul mercato si possono trovare borse di ogni colore,  forma e fattura, più o meno pregiate: le borse grandi o piccole, contengono oggetti, documenti, agende e tanto di tutto che solo una donna può avere! Un tempo invece, se ne possedeva una che andava bene per tutto ed era adoperata con molto riguardo perché doveva durare negli anni; per una qualsiasi cerimonia però, la borsetta era sempre abbinata alle scarpe.  La mia prima borsetta è stata quella unita al vestito della Prima Comunione, con merletti e tulle, ma il vestito con l’accessorio abbinato, mi era stato prestato da mia cugina di Calvene e quindi non era mio.  La mia borsetta risale a tanti anni fa: credo di aver avuto undici anni ed era come possedere qualcosa di eccezionale, un oggetto da ricchi! Mi fu regalata perché mi ero arrabbiata vedendo che mia sorella, più piccola di m...

Guardiamolo. Forse le immagini aiutano a memorizzare più facilmente

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Solari lustri

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  [Gianni Spagnolo © 22A22] Per delle strane circostanze mi sono trovato a cimentarmi in un’operazione che avevo visto fare molte volte da bambino, ma mai attuato in prima persona, anche perché ne ero stato pesantemente scottato.  Si trattava di lavare con acua de bojo e verechina un solaro de legno, vecchio di 70 anni, d'una stanza che da allora non era stata quasi più usata. L’ho quindi affrontata ricorrendo alle mie reminiscenze di bambino, quando queste pulizie erano ricorrenti ad ogni primavera. Una volta passai da testimone ad attore tirandomi addosso la pentola di acqua che bolliva sulla stufa, ustionandomi così il volto e il torace; perciò conservo un bruciante ricordo di quelle faccende domestiche. Brao furbo! Direte voi. Evvabbé, ... avevo solo quattro anni. I solari delle nostre case, come pure le scale, erano in legno di abete al naturale, senza nessuna verniciatura o prodotto di protezione; perciò andavano lavati a fondo e disinfettati almeno una volta all’anno, a...

Il giorno della memoria - per non dimenticare

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  “Ad Auschwitz superai la selezione per tre volte. Quando ci chiamavano sapevamo che era per decidere se eravamo ancora utili e potevamo andare avanti, o se eravamo vecchi pezzi irrecuperabili. Da buttare. Era un momento terribile. Bastava un cenno ed eri salvo, un altro ti condannava. Dovevamo metterci in fila, nude, passare davanti a due SS e a un medico nazista. Ci aprivano la bocca, ci esaminavano in ogni angolo del corpo per vedere se potevamo ancora lavorare. Chi era troppo stanca o troppo magra, o ferita, veniva eliminata. Bastavano pochi secondi agli aguzzini per capire se era meglio farci morire o farci vivere. Io vedevo le altre, orrendi scheletri impauriti, e sapevo di essere come loro. Gli ufficiali e i medici erano sempre eleganti, impeccabili e tirati a lucido, in pace con la loro coscienza. Era sufficiente un cenno del capo degli aguzzini, che voleva dire “avanti”, ed eri salva. Io pensavo solo a questo quando ero lì, a quel cenno. Ero felice quando arrivava, perché...

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Pesse da pìe

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[Gianni Spagnolo © 22A21] A nessuno piaceva essere: tratà come na pessa da pìe , stante l’infima considerazione che il capo di abbigliamento aveva nel sentimento comune. Anche chiamarlo capo d’abbigliamento sarebbe troppo pomposo, dato che si trattava di due banali pezze di cotone con cui avvolgere i piedi al posto delle calze. Era il corredo dei nostri militari nella Prima  Guerra, ma anche nella  Seconda, dato che la divisa dei soldati italiani non prevedeva calze. L’esercito forniva invece delle pezze squadrate di cotone resistente con le quali si avvolgeva il piede prima di infilarlo nello stivaletto o nello scarpone, aggiungendovi eventualmente un calzettone fuori ordinanza. Praticissime, erano tutte della stessa misura, proteggevano bene il piede, non bisognava rammendarle come le calze, ed erano facili da lavare e sostituire. Il nome divenne sinonimo di cosa sporca e puzzolente perché era questo infine il loro destino dopo le marce o lo stazionamento nel fango delle tri...

Simpatiche misure della nostra parlata - ne conoscete altre? Scrivetele nei messaggi

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  un scheo na spana  un ninìn un cicìn na s,cianta un fià un pelo un spuaccio un deo du die (do dea) tri die (tre dea) un brasso na ponta na brancà un passo na taca na monàda na òngia un tiro de s,ciopo na pissàda de can na scaretà un pìssego na sbailà un goto na cìcara na bòte na frégola na sghinsa un smerdàro un smeàro na sfilsa un saco na sporta un sésto na ponta un giosso na guciarà na spieronà