giovedì 31 ottobre 2019

Halloween - Samhain


La festa di Halloween, sembrerà strano, ma non nasce in America bensì ha origini antichissime rintracciabili in Irlanda, quando la verde Erin era dominata dai Celti. Halloween corrisponde infatti a Samhain, il capodanno celtico. Dall’Irlanda, la tradizione è stata poi esportata negli Stati Uniti dagli emigranti, che, spinti dalla terribile carestia dell’800, si diressero numerosi nella nuova terra. Ma vediamo nel dettaglio il viaggio dall’Irlanda dei Celti fino ai giorni nostri, osservando cosa è successo e come, attraverso i secoli, sono cambiate le cose. 

Il nome Halloween (in irlandese Hallow E’en), deriva dalla forma contratta di All Hallows’ Eve, dove Hallow è la parola arcaica inglese che significa Santo: la vigilia di tutti i Santi, quindi. Ognissanti, invece, in inglese è All Hallows’ Day. L’importanza che, tuttavia, viene data alla vigilia si deduce dal valore della cosmologia celtica: questa concezione del tempo, seppur soltanto formalmente e linguisticamente parlando, è molto presente nei paesi anglofoni, in cui diverse feste sono accompagnate dalla parole “Eve”, tra cui la stessa notte di Capodanno, “New Year’s Eve”, o la notte di Natale “Christmas Eve”.  
I Celti erano prevalentemente un popolo di pastori, a differenza di altre culture europee, come quelle del bacino del Mediterraneo. I ritmi della loro vita erano, dunque, scanditi dai tempi che l’allevamento del bestiame imponeva, tempi diversi da quelli dei campi. Alla fine della stagione estiva, i pastori riportavano a valle le loro greggi, per prepararsi all’arrivo dell’inverno e all’inizio del nuovo anno. Per i Celti, infatti, l’anno nuovo non cominciava il 1° gennaio come per noi oggi, bensì il 1° novembre, quando terminava ufficialmente la stagione calda ed iniziava la stagione delle tenebre e del freddo, il tempo in cui ci si chiudeva in casa per molti mesi, riparandosi dal freddo, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie e leggende. Il passaggio dall’estate all’inverno e dal vecchio al nuovo anno veniva celebrato con lunghi festeggiamenti, lo Samhain (pronunciato sow-in, dove sow fa rima con cow), che deriverebbe dal gaelico samhuinn e significa “summer’s end”, fine dell’estate. In Irlanda la festa era nota come Samhein, o La Samon, la festa del Sole, ma il concetto è lo stesso. In quel periodo dell’anno i frutti dei campi (che pur non essendo la principale attività dei celti, venivano comunque coltivati) erano assicurati, il bestiame era stato ben nutrito dell’aria fresca e dei pascoli dei monti e le scorte per l’inverno erano state preparate. La comunità, quindi, poteva riposarsi e ringraziare gli Dei per la loro generosità. Ciò avveniva tramite lo Samhain, che, inoltre, serviva ad esorcizzare l’arrivo dell’inverno e dei suoi pericoli, unendo e rafforzando la comunità grazie ad un rito di passaggio che propiziasse la benevolenza delle divinità. L’importanza che la popolazione celta attribuiva a Samhain risiede nella loro concezione del tempo, visto come un cerchio suddiviso in cicli: il termine di ogni ciclo era considerato molto importante e carico di magia. Insieme a Samhain (31 ottobre, appunto) si festeggiavano Lughnasadh (1 agosto), Beltane (30 aprile o 1 maggio), Imbolc (1-2 febbraio), Yule (21 dicembre), Ostara (21 marzo), Litha (21 giugno) e Mabon (21 settembre). L’avvento del Cristianesimo non ha del tutto cancellato queste festività, ma in molti casi si è sovrapposto ad esse conferendo loro contenuti e significati diversi da quelli originari. La morte era il tema principale della festa, in sintonia con ciò che stava avvenendo in natura: durante la stagione invernale la vita sembra tacere, mentre in realtà si rinnova sottoterra, dove tradizionalmente, tra l’altro, riposano i morti. Da qui è comprensibile l’accostamento dello Samhain al culto dei morti.  
I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti, che vivevano in una landa di eterna giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge, e che le forze degli spiriti potessero unirsi al mondo dei viventi, provocando in questo modo il dissolvimento temporaneo delle leggi del tempo e dello spazio e facendo sì che l’aldilà si fondesse con il mondo dei vivi e permettendo agli spiriti erranti di vagare indisturbati sulla Terra. Samhain era, dunque, una celebrazione che univa la paura della morte e degli spiriti all’allegria dei festeggiamenti per la fine del vecchio anno. Durante la notte del 31 ottobre si tenevano dei raduni nei boschi e sulle colline per la cerimonia dell’accensione del Fuoco Sacro e venivano effettuati sacrifici animali. Vestiti con maschere grottesche, i Celti tornavano al villaggio, facendosi luce con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui interno erano poste le braci del Fuoco Sacro. Dopo questi riti i Celti festeggiavano per 3 giorni, mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per spaventare gli spiriti. In Irlanda si diffuse l’usanza di accendere torce e fiaccole fuori dagli usci e di lasciare cibo e latte per le anime dei defunti che avrebbero reso visita ai propri familiari, affinché potessero rifocillarsi e decidessero di non fare scherzi ai viventi. L’avvento del Cristianesimo Attraverso le conquiste romane, Cristiani e Celti vennero a contatto. L’evangelizzazione delle Isole Britanniche portò con sé un nuovo concetto della vita, molto distante da quello celtico e durante tale periodo la Chiesa tentò di sradicare i culti pagani, ma non sempre vi riuscì. Halloween non fu completamente cancellata, ma fu in qualche modo cristianizzata, tramite l’istituzione del giorno di Ognissanti il 1° Novembre e, in seguito, della commemorazione dei defunti il 2 Novembre. Fu Odilone di Cluny, nel 998 d.C., a dare l’avvio a quella che sarebbe stata una nuova e longeva tradizione delle società occidentali. Allora egli diede disposizione affinché i monasteri dipendenti dall’abbazia celebrassero il rito dei defunti a partire dal vespro del 1° Novembre. Il giorno seguente era invece disposto che fosse commemorato con un’Eucarestia offerta al Signore, pro requie omnium defunctorum. Un’usanza che si diffuse ben presto in tutta l’Europa cristiana, per giungere a Roma più tardi. La Festa di Ognissanti, infatti, fu celebrata per la prima volta a Roma il 13 Maggio del 609 d.C., in occasione della consacrazione del Pantheon alla Vergine Maria. Successivamente, Papa Gregorio III stabilì che la Festa di Ognissanti fosse celebrata non più il 13 Maggio, bensì il 1° Novembre, come avveniva già da tempo in Francia. Fu circa nel IX secolo d.C. che la Festa di Ognissanti venne ufficialmente istituzionalizzata e quindi estesa a tutta la Chiesa, per opera di Papa Gregorio IV. Fanno eccezione i cristiani Ortodossi, che coerentemente con le prime celebrazioni, ancora oggi festeggiano Ognissanti in primavera, la Domenica successiva alla Pentecoste. L’influenza del culto di Samhain non fu, tuttavia, sradicata e per questo motivo la Chiesa aggiunse, nel X secolo, una nuova festa: il 2 Novembre, Giorno dei Morti, dedicato alla memoria delle anime degli scomparsi. Dall’Irlanda agli Stati Uniti Verso la metà del XIX secolo, l’Irlanda fu investita da una terribile carestia, ancor oggi ricordata con grande partecipazione dagli irlandesi. In quel periodo per sfuggire alla povertà, molte persone decisero di abbandonare l’isola e di tentar fortuna negli Stati Uniti, dove crearono, come molte altre nazionalità, una forte comunità. All’interno di essa venivano mantenute vive le tradizioni ed i costumi della loro patria, e tra di essi il 31 Ottobre veniva celebrato Halloween. Ben presto, questa usanza si diffuse in tutto il popolo americano, diventando quasi una festa nazionale. Più recentemente, gli Stati Uniti grazie al cinema ed alla televisione hanno esportato in tutto il mondo i festeggiamenti di Halloween, contagiando anche quella parte dell’Europa che ne era rimasta estranea. In moltissimi film e telefilm spesso appaiono la famosa zucca ed i bambini mascherati che bussano alle porte. E molti, infine, sono i libri ed i racconti horror che prendono Halloween come sfondo o come spunto delle loro trame. Negli Stati Uniti Halloween ha perso i suoi significati religiosi e rituali, ed è diventata un’occasione per divertirsi e organizzare costosi e allegri festeggiamenti. Pare che ogni anno gli Americani spendano due milioni e mezzo di dollari in costumi, addobbi e feste per il 31 ottobre!
https://www.irlandando.it/halloween/storia/

Castagnata a Scalzeri stasera


Il crisantemo


Il crisantemo, è anche detto “la margherita dai 16 petali”, fiorisce tra fine ottobre e inizio novembre ed è per questo che in Italia è collegato alla commemorazione dei defunti, ma nel resto del mondo è simbolo di bene, gioia e prosperità.
In Giappone il crisantemo è il fiore nazionale e, ogni anno, l’imperatore apre i suoi giardini per poter ammirare la splendida fioritura delle numerose varietà che vi sono coltivate.
La traduzione letterale del suo nome, dal greco, è fiore d’oro ed è originario di Cina e Giappone.
Nel linguaggio dei fiori e delle piante il crisantemo ha molti significati, ma prevalentemente simboleggia la gioia e la vitalità.
Negli Stati Uniti simboleggia le feste e le riunioni famigliari.
In tutti i paesi orientali è simbolo di vita e felicità, in particolare in Cina e in Corea è considerato il fiore delle spose.
Tra le sue qualità, inoltre, il crisantemo dai petali bianchi è simbolo di verità e il crisantemo dai petali rossi rappresenta l’amore.

mercoledì 30 ottobre 2019

I video di Gino Sartori: Escursione sull'alta via del tabacco









E voi lo sapevate che l'uomo più anziano d'Europa è di Bassano? Io no!


Quando diciamo che a Bassano si vive bene, non lo diciamo per caso. Ne abbiamo la prova.

Giovanni Quarisa, carabiniere in pensione, ha 110 anni

Classe 1909, il “nonnino di Bassano” vantava già il primato di essere il carabiniere più anziano vivente ed il decano d'Italia.
Grande Giovanni!!!

martedì 29 ottobre 2019

Tempesta VAIA un anno dopo



Le mille forme della cura





C'era un tempo dove la cura era  incentrata su preghiere, pozioni, riti.
Poi è nata la figura del guaritore del villaggio,  ed infine il medico.
La progressione della conoscenza, con tutti i suoi vantaggi, ha lasciato per strada l'empatia, l'ascolto, il tempo dedicato alla narrazione da parte del paziente.
La  "medicina narrativa" sta ritornando ad avere il suo spazio e la sua dignità.
Il tempo del racconto è un tempo importante e deve fare parte della cura.
È in questo tempo che si instaura fiducia, attenzione, pazienza e l'alleanza terapeutica tra medico e paziente.
Il tempo del racconto,  dove le parole prendono forma, spazio e possono dare voce  a emozioni quali:  dolori, paure, incertezze, e quindi liberarle.
Un tempo  in cui il raccontare e la cura con farmaci o rimedi, hanno il loro posto e creano l'alleanza terapeutica, indispensabile per la riuscita della cura.
Quando puoi, racconta. 
Quando devi, racconta.
La parola è potente, ed è il primo mezzo di guarigione. 
 

lunedì 28 ottobre 2019

Se è vero... purtroppo...


Ho molti amici su FB e ogni giorno parlo con alcuni di loro, eppure mi sento solo. Nessuno mi conosce veramente, potrei essere chiunque, ma gli “amici” prendono per buono quello che scrivo e le foto che pubblico. Ma è la verità? Il problema consiste essenzialmente tra il guardare negli occhi la persona con cui si interloquisce e il vedere una foto su schermo. Chi è veramente Gregorio, Rita, Giovanna... Chi sono veramente le persone che si affacciano su Facebook? Ho pensato molto e ho capito una cosa su questi media che chiamiamo social.  
Sono tutto fuorché sociali
Quando accendiamo il computer è come se noi sospendessimo la vita reale, come se mettessimo in modalità di attesa la nostra vita reale, chiudiamo la porta dell’accoglienza. Tutta questa tecnologia è solo un’illusione di una comune società, unita da uno spirito di gruppo, ma quando ti allontani anche solo per qualche ora o giorno, ti svegli e vedi un mondo di confusione, un mondo in cui siamo schiavi della tecnologia che abbiamo creato, in cui l’informazione è venduta da qualche ricco ingordo, bastardo manipolatore di menti
È solo un mondo di interessi, di selfie, di autocelebrazioni, in cui tutti condividiamo le nostre parti migliori, lasciando fuori la realtà e le emozioni vere. Siamo felici di condividere un’esperienza, anche se non c’è nessuno ad ascoltarci, l’importante è che noi abbiamo lanciato il messaggio virtuale. Editiamo, esageriamo, ricerchiamo adulazione, fingiamo di non notare l’isolamento sociale. Sistemiamo le parole per far brillare le nostre vite. Stare soli è diventato un problema. Non siamo più in grado di leggere un libro, siamo solo capaci di leggere chat. Dovremmo invece dipingere, fare esercizi fisici, scrivere anche se non siamo scrittori, anche se chi dice di leggerci alla fine non legge nemmeno il primo capitolo del libro che le hai regalato con tanto di dedica, solo così saremo produttivi, presenti, vivi. Bisogna saper spendere bene il nostro tempo. Quando siamo in pubblico e non abbiamo un telefono fra le mani, ci sentiamo soli… assurdo! Qualche giorno fa mi è capitato di viaggiare su un treno di pendolari, ebbene, c’era un silenzio irreale, come l’ho odiato, non lo sopportavo, nessuno che parlasse per paura di sembrare matto, tutti che “smanettavano” su quei dannati telefonini. Stiamo diventando asociali, non siamo più capaci di parlare con gli altri, guardarli negli occhi. Siamo circondati da bambini che fin dalla nascita ci vedono vivere come se fossimo dei robot e pensano che tutto questo sia normale. Io dico che non saremo mai un buon padre, o una buona madre se non si è grado di intrattenere un bambino senza un Ipad. Da bambino non stavo mai in casa, stavo con gli amici, sulla bici, avevamo buchi nelle scarpe, sbucciature alle ginocchia, costruivamo case sugli alberi, giocavamo agli “Indiani”. Adesso i parchi sono silenziosi; è impressionante, ci sono solo vecchi che portano a spasso il loro cane, non ci sono altalene, bambini che schiamazzano, non si gioca più a “salta la corda, a campana, stiamo creando una generazione di idioti. Bisognerebbe vietare di guardare il telefono mentre si cammina per la strada. Le strade sono da esplorare, così come il cielo, le nuvole, gli alberi… la gente! Abbiamo una vita limitata, i giorni contati, non possiamo passarla intrappolati nella rete: i risultati saranno solo rimpianti. Anch'io sono colpevole e faccio parte del sistema, di questo mondo digitale in cui ci vedono, ma non ci sentono. Parliamo, digitiamo, leggiamo solo chat, passiamo ore insieme senza essere vicini, senza mai guardarci negli occhi e quello che più conta senza mai guardarci nell'anima

Non arrendiamoci a questa vita, diamo amore alla gente, non ai nostri “mi piace”! Disconnettiamoci dal bisogno di essere ascoltati solo virtualmente e circoscritti, usciamo dal mondo virtuale e cerchiamo il contatto “vero”. Non guardiamo il telefono spegniamo il display… viviamo di una vita vera!
Gregorio Asero-web



E io spero anche che Christian Bobin sia lungimirante...

C’è qualcosa della vita che non scompare, ma che si allontana.
Semplicemente si allontana per un certo tempo, come un bambino che ha avuto troppi maltrattamenti eviterà di trovarsi in presenza dei genitori che lo maltrattano.
La natura, la verità, la bellezza, la dolcezza, la lentezza che sono state danneggiate sono solo indietreggiate e diventano un po’ più difficili da cogliere, da vivere.
Troppo male è stato compiuto, ma non è irreversibile.
Non credo all’irreversibile. Rimango molto fiducioso e lo sarò sempre, l’umano nel profondo è invincibile, incancellabile.
Torneremo alle cose vive e vere.
Ma per questo, occorrerà che si raggiunga il punto di estrema stanchezza. Occorrerà che non si possa fare altrimenti.

L’uomo di oggi non è più cattivo di quello di ieri, è soltanto più smarrito.
(Christian Bobin - da “Abitare poeticamente il mondo”)

MCMLXI



Nel centesimo anno dall'unità d'Italia, nel mentre che si costruiva il muro di Berlino, Gagarin vagava nello spazio e veniva fondato il WWF, in una remota valle delle Prealpi Venete, sotto il pontificato di Giovanni vigesimo terzo, la presidenza di Giovanni Gronchi e l'alto governo di Amintore Fanfani, mentre sulla Terra imperava la Guerra Fredda, delle luci rifulsero. 
Le schiere celesti diedero fiato alle trombe dal Verena allo Spitz e dal Corbin al Cornetto per dare il benvenuto ai vispi pargoletti scodellati alla chetichella uno dietro l'altro in pieno Baby Boom e mandati a popolare il mondo.
Gran parte di quelle stesse lucine, magari un po' più sbiadite (a parte qualche faro non soffocato da inutile peluria), ma sempre vispe, si sono ritrovate sabato sera da Canarolo per una bella serata in compagnia, grazie al loro capo Luciano, mai domo nel riunire le pecorelle vallive smarrite.

Il filò a Lastebasse contra' Giaconi presso ex albergo Speranza

Filó dalla tradizione (ciàcola)
Quando le domande giuste trovano le molteplici risposte...
Grazie a tutti e tutte, ci siamo divertiti a riscoprire tanti arnesi caduti in disuso e le storie che riportano a galla i veri valori della vita umana.
Proloco Lastebasse



Ale african desidera ricordare suo Papà in questo modo

Son già passati tre anni da quando te ne sei andato ed oggi vogliamo ricordarti tra le nostre montagne. Sono andato ai Mori, logicamente con Fox, salendo ho pulito il sentiero che piano piano si sta chiudendo. Ho pulito la tana dai sassi che son caduti e dagli alberi che son cresciuti davanti; il fuoco ha fatto la sua parte, bruciando tutto. Nel terzo anniversario ti ho lasciato un fiore che guarda verso Campolongo. Ciao vecio.









domenica 27 ottobre 2019

La pagina della domenica





LA RIFLESSIONE


Un commerciante aveva appeso un cartello sulla sua porta: «Cuccioli di cane in vendita». Questo messaggio attraeva i bambini. Ben presto un ragazzino apparve e gli chiese: «A quanto li vendi i cuccioli?». Il proprietario rispose: «Tra 30 e 50 euro». Il ragazzino mise la mano in tasca e tirò fuori qualche moneta. «Ho solo 2,37 euro, posso vederli?».
Il proprietario sorrise e fischiò. Dalla cuccia apparve la sua cagna di nome Lady seguita dai suoi cinque piccoli cuccioli. Uno di loro era solo e molto indietro rispetto agli altri. Immediatamente il ragazzo fu colpito da questo cagnolino che zoppicava vistosamente. Egli chiese all'uomo: «Cosa ha quel cane?». L'uomo spiegò che quando nacque il veterinario riscontrò che aveva un'articolazione rotta e che quindi avrebbe zoppicato per il resto della sua vita. Il ragazzino, molto eccitato, replicò: «È lui il cagnolino che voglio comprare!».
L'uomo rispose: «Tu non puoi volerlo comprare... Lui non potrà mai né correre né saltellare, ma se proprio lo vuoi te lo regalerò!».
Di rimando il bambino: «Io non voglio che tu me lo regali, perché lui ha lo stesso valore degli altri ed io voglio pagare per lui lo stesso prezzo. Adesso ti do 2,37 euro e poi 50 centesimi al mese finché non te l'ho pagato tutto».
Il ragazzo si chinò e tirò su la gamba dei pantaloni, scoprendo un arto steccato con una bacchetta di metallo di spessore. Alzò lo sguardo verso l'uomo e disse: «Beh, non posso correre così bene neanche io e il cagnolino ha bisogno di qualcuno che lo capisce».
L'uomo si morse il labbro inferiore. I suoi occhi si riempirono di lacrime, sorrise e disse: «Figlio mio, spero e prego che ognuno di questi piccoli cuccioli avrà un proprietario come te».



LA POESIA

"Non lamentarti"

Non incolpare nessuno, 
non lamentarti mai di nessuno, 
di niente, 
perché in fondo tu hai fatto quello che volevi nella vita.
Accetta la difficoltà di costruire te stesso 
ed il valore di cominciare a correggerti.
Il trionfo del vero uomo proviene dalle ceneri del suo errore...
Non amareggiarti del tuo fallimento, 
né attribuirlo agli altri.
Accettati...
Non dimenticare che la causa del tuo presente 
é il tuo passato, 
come la causa del tuo futuro 
sarà il tuo presente...
Apprendi... 
da chi vivrà malgrado tutto,... 
i  tuoi problemi, senza alimentarli, moriranno. 
Impara a nascere dal dolore e ad essere più grande, 
che è il più grande degli ostacoli...
Alzati e guarda il Sole nelle mattine e respira la luce dell'alba...  
Combatti, cammina..."
                         
Pablo Neruda

LA FRASE


Dopo la prima bugia, tutta la verità si trasforma in dubbio...


IL PROVERBIO

Sale mojo ciama piova...

RELAX



TENEREZZE...

Pomo & Pero Lusiana


Vogliamo fare i complimenti agli amici di Lusiana per la bella manifestazione “Pomo pero”, l’evento che promuove i prodotti della loro terra, tanto da diventarne quasi l’emblema, e che ogni anno riempie le vie del centro storico di espositori e visitatori. La festa si apre con un convegno dal tema sempre diverso; questa volta si è parlato di cambiamenti climatici e delle conseguenze sull’ambiente e sulle coltivazioni. Marco Rabito, meteorologo, ci ha parlato della tempesta Vaia ad un anno dal suo passaggio in Altipiano, approfondendo le cause di tale evento e chiarendo come episodi di questo tipo siano indubbiamente legati al finora inarrestabile innalzamento delle temperature in atto. A questo proposito ha ribadito una volta di più come ormai tutti i climatologi del mondo siano concordi nel ritenere il surriscaldamento globale una conseguenza diretta delle attività umane. Se ci sono altri ricercatori che negano questo fatto è perché non sono climatologi o non hanno esaminato a fondo la gran mole di studi e ricerche prodotte su questo fenomeno. Di Rabito ammiriamo la competenza ma soprattutto la passione travolgente, quando parla è carico a molla e nell’esprimersi si accalora cambiando il tono e l’enfasi. Gianbattista Rigoni Stern – personaggio molto conosciuto in Altipiano – ci ha parlato dello stato dei boschi all’indomani della bufera. Le operazioni di recupero degli alberi schiantati procedono con regolarità e a giudizio degli esperti la qualità del legname è discretamente buona. In merito alla possibilità di eliminare le ceppaie divelte facendole esplodere o frantumare, Rigoni ha espresso i propri dubbi, dovuti alle difficoltà tecniche e agli altissimi costi. Conviene lasciare le ceppaie dove sono, certo ci vorranno 25-30 anni ma alla fine tutto diverrà humus in grado di nutrire il bosco che verrà. I tempi della Natura sono diversi dai nostri, i boschi hanno cicli lunghi e bisogna sapere aspettare. Nasceranno nuove piantine, di vario tipo, senza bisogno di fare piantagioni, costosissime anche queste; l’importante sarà effettuare un intervento colturale fra una ventina di anni, in modo da selezionare il giusto insieme di piante che andranno a formare il bosco futuro. È senz’altro opportuno puntare ad avere un bosco misto ma è altrettanto impensabile sognare giardini variopinti con ogni tipo di latifoglie alle quote dei nostri boschi, specialmente se ci alziamo verso i 1.500 metri, dove non sono molte le tipologie di alberi che possono vivere e prosperare. Per quanto riguarda il bostrico, fino a questo momento la situazione appare sotto controllo, il freddo di inizio stagione e le piogge frequenti hanno rallentato lo sviluppo di questo insetto, potenzialmente in grado di provocare danni enormi al patrimonio boschivo; ma è ancora troppo presto per dare un giudizio. Infine ha parlato lui, Tiziano Fantinel, agricoltore della Val Belluna. Fa parte di un gruppo che già nel nome – Coltivare Condividendo – esprime tutta la sua filosofia, consistente, in estrema sintesi, nel mettere a disposizione di tutti non solo le proprie sementi ma anche ogni sapere, ogni esperienza e conoscenza acquisita nell’arte di coltivare la terra, a beneficio dell’Umanità. È l’esatto contrario di quanto ci viene imposto dai grossi gruppi del settore che vorrebbero invece monopolizzare anche i semi, legando gli agricoltori all’acquisto dei soli prodotti offerti dalle industrie, anche in abbinamento fra loro (come ad esempio la soia transgenica resistente al glifosato). Fantinel ci scuote e ci ricorda come l’agricoltura, fin da suo nascere, abbia avuto come presupposto la libera circolazione dei semi e lo scambio continuo di ogni tecnica o fattore di produzione, senza brevetti o diritti da parte di chicchessia; ci riporta al tempo in cui ogni territorio aveva le proprie varietà colturali, frutto di un adattamento delle piante all’ambiente e alla selezione operata dall’uomo; in cui non esisteva la monocoltura e c’era invece una ricchissima biodiversità. Dati i tempi in cui stiamo vivendo, questa visione rappresenta non solo il passato ma è da augurarsi possa ritornare ad essere il futuro. Un modo “nuovo” di fare agricoltura, con produzioni legate al territorio e rispettose dell’ambiente, con l’agricoltore che non si affida solo alla chimica per produrre ma conosce e usa con intelligenza ogni fattore a sua disposizione: un salto culturale non da poco, indubbiamente.
Biblioteca civica di Rotzo

Fresche suggestioni

In tanti ce li danno per moribondi, ma intanto i ghiacciai sanno anche regalarci scorci di magica bellezza.

sabato 26 ottobre 2019

La stalla

Il primo luogo di sostentamento delle famiglie non propriamente ricche: eh già! Perchè averla significava contemporaneamente più cose: mangiare, sopravvivere e paradossalmente... condivisione. Sì, perchè lì si svolgeva la vita quotidiana della famiglia e di sera si trasformava in luogo di ritrovo.
Durante il giorno ci stavano le donne e gli anziani e i bambini, dopo le ore di scuola, vi svolgevano i loro compiti (se andavano a scuola) . Le donne più giovani accudivano il bestiame: nutrimento, abbeveraggio (nella fontana più vicina) due mungiture al dì, pulitura della lettiera e sostituzione della paglia con nuovo strame, pulitura del fosso o canale di scolo per il letame.
Diventava invece salotto accogliente per più persone solo all'imbrunire. 
I ritrovi serali variavano: da stalle rigorosamente riservate alla famiglia perché troppo piccole o perché la famiglia non teneva relazioni amichevoli con altre , ad altre per gruppi di famiglie amiche parenti o vicini: una linea guida dettata dal capofamiglia o dalla moglie.
Nella stalla spesso si pregava: se le persone più anziane a causa delle strade ghiacciate e dei loro malanni, non avevano potuto partecipare alle funzioni religiose della sera, imponevano a tutti la recita del rosario o dei cento requiem.
La vita sociale del paese si svolgeva quasi completamente nelle stalle, che erano i centri di aggregazione più importanti. Pur esistendo bar ed osterie, l'incontro tra le famiglie si svolgeva nel caldo tepore del ricovero delle mucche.
la campagna appena ieri

Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...