Dalla fine di giugno 1916, dopo una lunga e sanguinosa battaglia, siamo a riposo nella nuova posizione detta “Gibraltarstellung” (posizione Gibilterra) sopra il paese di Pedescala. Tutta la nostra linea, chiamata “Winterstellung (posizione invernale) è fervente di lavori, stavolta siamo sulla difensiva. Noi del decimo battaglione, 59° reggimento di fanteria “Rainer” dopo aver attaccato punta Corbin al comando del colonnello Victor Kliemann abbiamo ricevuto il cambio per poi ritirarci a nord della val d’Assa. Verso ovest vediamo il paese di Tonezza e più a sud il monte Cimone, sotto di noi la valle del fiume Astico con i villaggi di Barcarola e Forni, dietro di noi le montagne della nostra patria dominate dal gruppo della Vigolana.
Una strada che scende a S. Pietro ci aiuta a ricevere i rifornimenti dall’interno dell’impero, dodici tornanti in terra battuta facilmente percorribili. Prima del paese si sta costruendo un grande campo militare con ospedale, dormitori, magazzini e perfino un ritrovo per ufficiali chiamato hotel Astico. Qui a Gibraltar stanno scavando trincee esterne su più ordini, postazioni per arma pesante in caverna su diversi piani, tutti collegati tra loro da camminamenti sotterranei, alla base della roccia caverne per pezzi di artiglieria. Ho visto il progetto e mi sembra di ottima idea, credo che a lavori conclusi i fortunati che avranno l’obbligo di soggiornare a Gibraltar saranno fuori dai pericoli bellici. Il mio reparto probabilmente fra pochi giorni sarà trasferito, finito il riposo si ricomincerà la battaglia, oggi siamo qui, domani… chissà!?...
Maggio 1968
Il nostro maestro di scuola era Carlo Pesavento un grande in tutti i sensi;
appassionato di storia locale, non ci faceva mai mancare le gesta dei vari Samoggia, Lussù, Nicolussi ecc. ecc. Già allora i racconti fatti dal maestro mi spingevano a scoprire il territorio, caverne e trincee erano sinonimo di avventura, trovare un piccolo bossolo di cartuccia mi riempiva di gioia… figuriamoci quel giorno quando ci disse che ci avrebbe portati a visitare una posizione Austriaca ancora quasi intatta.
La mia frenesia di andarci mi suggeriva di visitarla il pomeriggio stesso, il problema era che il maestro non ci disse dov’era, in trepidante attesa aspettavo di sapere…
La mattina seguente in classe regnava il silenzio, compito di aritmetica. Mi promisi che se il voto fosse stato più che sufficiente avrei domandato all’insegnante il programma della passeggiata. In ordine alfabetico ci chiamò alla cattedra e pervaso da un po’ di emozione toccò a me. Era risaputo che il maestro Carlo con i giudizi era un po’ ristretto ma… mi andò bene, adesso si trattava di trovare il coraggio di chiedere quella cosa… Allontanandomi di un passo chiesi: “ signor maestro quando ci porta sulle caverne austriache? “ Il gigante alzò lo sguardo, i suoi occhi azzurri parevano più grandi e luminosi del solito, mi fissò e sottovoce mi disse: ”preparate zaino, bastone e pila che se sabo zé belo partìmo”.
Chiesi il permesso di dirlo ai miei compagni e dopo un leggero sì di approvazione, quasi urlando, svegliai la classe con l’annuncio della passeggiata. Tutti i maschi della classe furono entusiasti, forse le femmine un po’ meno, ma in generale poter saltare un giorno di scuola per fare un ‘escursione fece sorridere tutti. Il pomeriggio dello stesso giorno scesi di buona lena nella legnaia, tra le frasche per i fagioli trovai il bastone che faceva al mio caso, zaino e pila già erano pronti su una sedia della cucina nella mia casa di via S. Barbara. Con grande sollievo arrivò la mattina del sabato. Con anticipo sull’orario mi trovai con dei miei compagni di classe e con passo allegro arrivammo al luogo della partenza. I pensieri erano rivolti alla giornata di avventura, ma non avevamo fatto i conti con la grossa responsabilità del maestro il quale, una volta sceso dalla sua 850 azzurra, con fare dispiaciuto ci avvisò subito che la gita era rimandata per le condizioni meteo della giornata. Per tutta la settimana il sole baciò el Sojo de Medojorno regalandoci giorni estivi, ci fece dispetto il sabato con tre nuvolette sopra Tonezza.
Il gigante non era certo della situazione meteo e alla fine con visi bastonati ci fece caracollare in classe. Quella mattina passò con la mente dentro le gallerie, le postazioni, le trincee e i camminamenti, ma non restò più il tempo per ripetere l’escursione.
Grandissima fu la mia delusione e ancora oggi ricordando il mio maestro, mi tornano in mente sempre questi momenti.
Oggi, visitando il sito, mi immagino quella giornata, il vociare di noi ragazzi, il maestro con i suoi commenti, i fasci di luce delle nostre pile, i gridolini della Mariarosa per aver toccato una ragnatela e noi giovani stambecchi su e giù per le scale dei camminamenti…
Ho letto che in Regione Veneto c’è un progetto per la pulitura e la posa di tabelle con la descrizione storica del posto, sarebbe certamente una buona cosa.
Per chi desidera scoprire Giblaltar, si porti al tornante n° 13 del Piovàn e scenda per circa 100 m, prenda la mulattiera che parte sulla destra e sulla sinistra vede subito le vuote occhiaie delle gallerie.
Ricordatevi una buona torcia elettrica e prudenza nei sotterranei che portano alle postazioni del livello più basso; aggiungo che certi lavori di consolidamento sono stati eseguiti durante il secondo conflitto mondiale dal genio militare tedesco.