domenica 31 marzo 2013

Buona Pasqua



A Voi 
e alle vostre Famiglie 
sinceri Auguri 
di serenità 
e pace.

Pace

Troppo spesso, la parola Pace
viene pronunciata senza sapere veramente di cosa si parla…
La pace nel mondo, la pace fra le religioni,
la pace nelle città, nei paesi, nelle vie...
Quante parole, preghiere, implorazioni, suppliche…
Si arriva sempre e in ogni caso alla pace
di ogni singola persona…
La pace che non è data da situazioni,
da modi di fare, da dimensioni, da ambienti, da muri…
La vera pace si costruisce, sasso dopo sasso,
dentro all’uomo, nel suo cuore, nell’anima…
Se si è in pace con se stessi,
si è in pace con il mondo intero…
Non la si può cercare, se non dentro,
scavando nel profondo,
cercandola nel più intimo dei desideri,
volendola a tutti i costi…

Il vocabolario dà tante definizioni:
-stato in cui vivono i popoli che non hanno la guerra,
­-buon accordo tra le persone nella vita sociale o nei rapporti privati,
-senso, condizione di quiete, di serenità, di tranquillità,
-significato cristiano: la calma dell’anima, o anche la serenità eterna che Dio offre nell’altra vita,
-saluto augurale dei religiosi: - La pace sia con voi -.
Quando ci viene dato questo saluto, l’augurio è di una pace in ogni sua forma, ma più di tutto la pace interiore, quella che è dentro ogni singola persona; ma bisogna cercarla, costruirla, alimentarla… sempre.

Però mi chiedo… se sono bombardata all’esterno da questioni, da amarezze, da cattiverie, da ingiustizie, se attorno a me nessuno  cerca pace, anzi, la dimentica totalmente, come posso fare io a proteggere la “mia” pace? E’ lì che faccio tanta fatica, me la tengo stretta per non farla contaminare, perché nessuno me la tolga… è difficile restare ferma nelle mie posizioni, quando c’è un martellamento esterno che tende a farmi cambiare pensiero, a farmi credere che sbaglio… Credo anche che se non fosse così complicato difenderla, non sarebbe altrettanto preziosa…
E’ nella mia pace che spesso mi rifugio, lì mi ritrovo, ma il bello viene, quando la voglio far conoscere agli altri: lì combatto battaglie, ne parlo senza essere sentita, vengo ritenuta “stupida”, mi viene consigliato di “svegliarmi”… così ogni volta è una “ritirata”, una sconfitta…, ma non mi dispiace per me, bensì per chi amo e che vorrei capissero il senso del mio “essere”…, ma non demordo…, mai!
Lucia Marangoni
                                                                                                         

S. Pasqua


Il buio delle ore quieto attende
quel fremito nell'aria ancor sopita:
rincorsa di campane, per la vita
che da una pietra smossa già risplende.

E come l'erba danza a primavera
e il boccio s'abbandona al nuovo sole,
così, cullato e avvinto nell'amore
il cuore si ridesta, e vive, e spera.

Ada Agostini

sabato 30 marzo 2013

Asiago



Asiago da quota 6.000 mt.
si vede molto bene l'Ossario
- by Pedro -

Maria Zannoni


Un futuro migliore,

ma a quale prezzo?

“I ricordi di mia madre”


   
       Maria Zannoni (Faccio) è nata nel 1924 a Bassano del Grappa. Ha avuto un’infanzia felice, ha frequentato le scuole e a dieci anni ha iniziato a lavorare in una fabbrica di figurine natalizie. Era aperta e cordiale di carattere. A vent’anni ha conosciuto Gino, un bel “alpino”, di Fara Vicentino che era di servizio a Bassano. L’amicizia tra Maria e Gino si era conclusa con il matrimonio il 26 gennaio 1946. Trasferendosi nella casa dello sposo a Fara, Maria ebbe subito la sensazione di trovarsi sola e abbandonata. Entrava in una famiglia di cinque figli maschi, i suoceri e la nonna di Gino, la “matriarca” che regnava dalla sua poltrona-trono con ferrea determinazione. Nuora docile, Maria doveva fare i lavori più umili: pulizie di casa, portare il mangiare ai maiali e altri animali, recarsi ogni mattina al caseificio con i pesanti secchi di latte anche d’inverno con il freddo e la neve, e anche quando era incinta. Per visitare i propri genitori Maria doveva chiedere il permesso 15 giorni prima. Era un ambiente soffocante per una giovane sposa, divenuta anche madre di tre bambine: Concetta, Rossella e Daniela.
   Un amico di famiglia ritornato dall’Australia per una vacanza, si fece garante dell’emigrazione di Gino in quel Paese, e nonostante l’opposizione del padre, Gino decise che l’Australia sarebbe stata la nuova casa per la sua famiglia. Cercava una vita migliore. La decisione rappresentò un sollievo immenso per Maria.
   Gino arrivò in Australia l’8 agosto 1951 con la nave “Hellenic Prince”. Un anno dopo venne raggiunto dal fratello Silvio, sette anni più giovane. Era una caratteristica dell’emigrazione di quegli anni: le donne ed i bambini rimanevano in paese, a casa dei genitori o suoceri, in attesa di un atto di richiamo da parte del marito. “La decisione di Gino di emigrare – confessò Maria alla figlia Daniela - mi rallegrava molto perchè stavo vivendo un inferno con i suoceri”.
  Maria e le sue tre figlie partirono da Genova il 16 maggio 1953, insieme ad altri 792 passeggeri. Il viaggio in nave fu un incubo per Maria. “Sulla nave ero sempre in infermeria perchè soffrivo terribilmente di mal di mare. Non potevo alzarmi dal letto, non ne avevo le forze”. Gino aveva scritto a Maria dall’Australia circa le dure condizioni di vita nel nuovo Paese assicurandola che ce l’avrebbero fatta data la loro giovane età.
    Maria e le bambine arrivarono a Melbourne il 14 giugno1953, attese al porto da Gino e Silvio. Ma quale sarebbe stata la destinazione finale del viaggio? Presero il treno per Mount Gambier, nel South Australia, a circa 500 chilometri da Melbourne, viaggiando di notte. Fu una notte fonda e misteriosa per le nuove arrivate dall’Italia.  Da Mount Gambier presero un taxi per Tantanoola, distante 37 chilometri. All’arrivo nella “nuova casa” Gino chiese al tassista di puntare gli abbaglianti sulla lampada a cherosene per accenderla. Maria iniziò a piangere trovandosi di fronte ad una baracca in lamiere, immersa nel nulla, circondata solo da alberi. “Ho pianto quando ho visto la mia nuova residenza. Ho pianto giorno e notte. Mi svegliavo gridando e piangendo. Gino mi portava fuori per calmarmi e per lavarmi la faccia. Tornavo a letto e ricominciava tutto da capo. Mi sembrava di essere arrivata al finimondo”. Iniziò una vita di grandi sacrifici, soprattutto a causa della barriera della lingua e della solitudine. Accompagnava le bambine a scuola sedute cavalcioni sul manubrio e il sellino della bicicletta, percorrendo 8 chilometri all’andata e altrettanti al ritorno; per poi rifare lo stesso percorso nel pomeriggio. E quando era sola nella baracca si sentiva stretta nel morso della  nostalgia. Dovette affrontare un lungo periodo di depressione.
   Ma Gino era un uomo di grande comprensione ed un lavoratore instancabile. Gino ed il fratello Silvio iniziarono una attività commerciale con il marchio “Fratelli Zannoni”. Consisteva nel taglio e trasporto di tronchi d’alberi dai boschi alle industrie del legname. Nel periodo più prosperoso della loro impresa possedevano 22 camion e davano lavoro a 75 dipendenti. E la famiglia era resa felice dall’arrivo di altre due bambine: Lina e Domenica.

   Gino ha saputo abbinare al lavoro una intensa vita sociale. Nella sua casa transitavano molti nuovi immigrati dall’Italia e ricevevano alloggio, vitto e generi di prima necessità. Promosse l’iniziativa di fondare una associazione italo-australiana e nel 1967 divenne il primo presidente del club. Per la sua dedizione ai connazionali gli venne conferita l’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana”.
    Gino e Silvio acquistarono un grande podere di circa 500 ettari a Penola, a 50 km da Mount Gambier. Avrebbe dovuto diventare una residenza di campagna, con allevamento di bestiame ed altre attività. Durante i fine settimana si recavano in quel podere per disboscarlo. Il 7 febbraio 1970 il loro furgoncino lungo la strada per Penola venne investito frontalmente da un autoarticolato. Nel drammatico incidente i due fratelli morirono all’istante. Venne accertato che la causa dell’incidente fu un colpo di sonno dell’autista del camion. Maria ed Annalice, rispettando la volontà dei mariti defunti, fecero inviare le salme in Italia per essere sepolte nella tomba della famiglia Zannoni a Fara Vicentino.
    Maria ha raggiunto la veneranda età di 88 anni, e viene assistita in una casa di riposo di Mount Gambier.
         La vita di Maria Zannoni  è stata raccontata dalla figlia Daniela nel libro   “I ricordi di mia madre - Successi e tragedie di una famiglia italiana emigrata”. Daniela, che lavora a Melbourne come assistente comunitaria e interprete, si è sentita spinta da una “necessità morale” a scrivere la storia della propria famiglia, sia per tener viva nella memoria dei suoi cinque figli il valore dei sacrifici compiuti dai loro nonni, sia per il significato sociale della travagliata esperienza dei suoi genitori.
Germano Spagnolo

   
“My Mother’s Memories”
    Daniela Zannoni tells a family story in “My Mother’s Memories”: the life of a strong and courageous woman.  The documentation of Italian migration is enriched year by year by research, degree thesis, sociological essays, etc.  However, the human aspect of migration can only emerge from statistics and anonymous analyses if the author nurtures a strong passion for their own family story.  This is the case with Daniela Zannoni (married Di Clemente) who for many years collected the most vivid, moving and dramatic memories which she had published in a book she titled “My Mother’s Memories”.
   Daniela, as she introduces herself: “was born in 1950 in Fara Vicentino.  In 1953 she emigrated to Australia and did all her schooling here.  After her marriage and raising five children, she attended university and gained a Bachelor of Arts degree, a Diploma of Education and a Diploma of Interpreting, all for the Italian language.  The desire to write her mother’s memories developed during her studies.”
   The book, from a literary point of view, is fluent and straightforward.  The phrasing is clear. The contents describe a series of dramatic events which evoke intense emotions in the reader.
   It is the story of Gino Zannoni, a young emigrant originally from Fara Vicentino, and of his wife Maria from Bassano Del Grappa.  The themes in the first few chapters are the story of the two cities, several episodes during the war, her childhood and her life in the Zannoni household.  The second part of the book describes the human drama lived by Maria on her arrival: “I cried when I saw where my future home would be.  I cried day and night…”  Her “new” house was a shed, 30 kilometres from Mount Gambier, and she had to endure immense solitude due to the language barrier.  After having left her in-laws’ family where she endured many humiliations, she found herself in hell.  When her situation seemed to change for the better, an inhumane tragedy happened to the Zannoni family;  Gino and his brother Silvio die in a road accident.  The sad story continues, but with some light at the end of the tunnel, and this light is the personal successes attained by the five daughters: Concetta, Rossella, Daniela, Lina and Domenica.
   “My Mother’s Memories” is a book which merits being read, meditated upon and made known to the younger generation, so that they don’t have the regret of not knowing enough about their parents’ , their grandparents’ and their great-grandparents’ lives.  It is a book for families, schools and libraries.

venerdì 29 marzo 2013

Venerdì Santo


Il parcheggio del calvario... 
a due passi dalla Pasqua!


Un vibrante ed appassionato atto di fede 

del compianto Vescovo di Molfetta Tonino Bello




Nel Duomo vecchio di Molfetta c’è un grande Crocifisso di terracotta. 
L’ha donato, qualche anno fa uno scultore del luogo. Il Parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: "Collocazione provvisoria".

La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il Parroco di non rimuovere per nessuna ragione il Crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.

Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la Croce. La mia, la tua croce, non solo quella del Cristo.


Animo dunque, tu che provi i morsi della solitudine.

Abbi fiducia, tu che bevi il calice amaro dell’abbandono.

Non ti disperare, madre dolcissima, che hai partorito un figlio focomelico.

Coraggio allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. 
Non imprecare sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona.

Non angosciarti, tu che per un tracollo improvviso vedi i tuoi beni pignorati, i tuoi progetti in frantumi, le tue fatiche distrutte.

Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire.

Non abbatterti, fratello povero, che non sei calcolato da nessuno, che non sei creduto dalla gente e che, invece del pane, sei costretto ad ingoiare bocconi di amarezza.
Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che credevi tuoi amici.
Non avvilirti, amico sfortunato, che nella vita hai visto partire tanti bastimenti, e tu sei rimasto sempre a terra.
Coraggio. La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre "collocazione provvisoria ".


Il Calvario, dove essa è piantata non è zona residenziale.

E il terreno di questa collina dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio.

Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce.

C ’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo: 
"Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra". 
Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose.

Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo concesso al buio di infierire sulla terra.

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell’uomo.

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota.

Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva da Dio.

Coraggio, fratello che soffri. C ’è anche per te una deposizione della croce. C ’è anche per te una pietà sovrumana. Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua. Ecco un volto amico, intriso di sangue e coronato di spine, che sfiora con un bacio la tua fronte febbricitante. Ecco un grembo dolcissimo di donna che ti avvolge di tenerezza.

Tra le braccia materne si svelerà, finalmente, tutto il mistero di un dolore che ora ti sembra assurdo.
Coraggio. Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio. 
Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali, e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

Un abbraccio.
Don Tonino Bello - Vescovo

Intervista a Dio


Ho sognato d’intervistare Dio


"Ti piacerebbe intervistarmi?", 

Dio mi domandò.

"Se hai tempo"

gli dissi.

Dio sorrise.
"Il mio tempo è eterno, 
che cosa vuoi domandarmi?"

"Che sorprese hai per l’umanità?..."


E Dio rispose...





"Siete così ansiosi per il futuro, perché vi dimenticate del presente.

Vivete la vita senza pensare al presente o al futuro.

Vivete la vita come se non dovreste morire mai, e morite come se non aveste mai vissuto..."

”Avete fretta perché i vostri figli crescano,

e appena crescono volete che siano di nuovo bambini.

Perdete la salute per guadagnare i soldi e poi usate i soldi per recuperare la salute".


Le mani di Dio presero le mie e per un momento restò in silenzio, allora gli domandai...
"Padre, che lezione di vita desideri che i tuoi figli imparino?"

Dio rispose con un sorriso:

"Che imparino che non possono pretendere di essere amati da tutti, però ciò che possono fare è lasciarsi amare dagli altri".



"Imparino che ciò che vale di più non è quello che hanno nella vita, ma che hanno la vita stessa".



"Imparino che non è buono paragonarsi con gli altri".



"Imparino che una persona ricca non è quella che ha di più, ma è quella che ha bisogno di meno".



"Imparino che in alcuni secondi si ferisce profondamente una persona che si ama, e che ci vogliono molti anni per cicatrizzare la ferita".



"Imparino a perdonare e a praticare il perdono".





"Imparino che ci sono persone che vi amano profondamente, ma che non sanno come esprimere o mostrare i loro sentimenti".

"Imparino che due persone possono vedere la stessa cosa in modo differente".




"Imparino che non si perdona mai abbastanza gli altri, però sempre bisogna imparare a perdonare se stessi".



"E imparino 
che IO sono sempre qui.

SEMPRE".

Momenti particolari


DIO MIO, DIO MIO, 
PERCHÈ 
MI HAI ABBANDONATO?



Ci sono momenti, Signore Gesù, in cui abbiamo la certezza razionale, palpabile, documentabile che Dio non ci sia.
Momenti di rabbia, di tradimento, di delusione.
O momenti di lucida evidenza: crederemo soltanto a ciò che è provato e tangibile. Siamo soli in mezzo a un mondo ingiusto e imperfetto: questa è la triste realtà che percepiamo. Nella disperazione pensiamo in fondo di essere nati per soffrire. Sconfitti, divisi, spaccati, in balia delle onde: nella tempesta o alla deriva, tutto ciò che conosciamo ci dice che nessuno ci può salvare.
Dio sembrò abbandonare anche te, Gesù. Scelse di essere lontano, ignoto, invisibile. Così nascosto e rispettoso da passare per inesistente. Un Dio con cui adirarsi, tanto da bramare il giorno del giudizio per rovesciare i luoghi comuni e trattarlo come imputato, colpevole di tutte le croci del mondo. Chissà se hai pensato anche a queste cose, nell’ora più buia, con quella frase che assomiglia ad una bestemmia.
Sicuramente è stato un momento. Poi ti sarai ricordato il Padre che predicavi, del Dio che cancella la sua signoria e immensità per chiedere scusa, per piangere con te. Forse hai pianto anche tu, liberandoti dalla tentazione del maligno. Dio ti è stato vicino per tutta la vita, riempiendoti di doni che ti hanno fatto acclamare come Messia. Non ti abbandonerà proprio adesso.
“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Hai trovato la quiete, passando attraverso il perdono. Hai perdonato i tuoi persecutori, perché non sapevano quello che facevano. Hai perdonato quel silenzio di Dio, perché la certezza del suo amore c’è soltanto nella fede. Insegnala anche a noi, nei momenti più duri delle prove della vita. E saremo salvi. Nei barlumi di vita e per l’eternità.
Lucia Marangoni

Via Crucis a Chiampo




Fin da quando ero bambina, una volta all’anno , mio papà portava tutta la famiglia a Chiampo, presso la grotta di Lourdes (una copia di quella vera), per pregare e invocare grazie da fra Claudio ora divenuto Beato. La grotta e la posizione di quello che sta attorno, fa pensare di essere proprio a Lourdes e credo sia stato anche per questo, che mio papà ci teneva ad andare spesso. Nel 1960, aveva accompagnato il fratello di mia mamma, diventato cieco per un incidente, proprio a Lourdes, facendo enormi sacrifici per poter pagare il viaggio e l’alloggio; forse per questo, quando andavamo a Chiampo, lui era felice e ci raccontava di quella meravigliosa esperienza. Ho avuto l’occasione, tramite un’amica, di andare a una Via Crucis  guidata  dai frati cappuccini di Thiene, proprio in quel luogo ed è stata veramente un’esperienza di silenzio, meditazione e preghiera. Il percorso della Via Crucis si snoda tra prati, colline e alberi, con statue a grandezza naturale che rappresentano ogni stazione; un ruscello scorre lento come una continua preghiera; il sepolcro, con davanti il grande masso, è un luogo dove si può entrare attraverso un pertugio (non accessibile a tutti) e vedere il corpo di Gesù, sepolto. Un percorso che, se fatto con fede, può essere veramente arricchente, ma anche se si va, come fanno tanti, soffermandosi sulle stazioni un attimo, è comunque un percorso di preghiera. Poi un cero e una preghiera davanti alla grotta della Madonna i Lourdes, mi ha ricordato le tante visite con la mia famiglia e mi sono cullata in quei ricordi. Ora, poco lontano, è stata edificata una grande chiesa, che contiene tante persone che sempre vengono ad ascoltare le S.S. Messe; bella, luminosa, ma per me troppo ricca … ci sono dei  mosaici  splendidi e credo tanto, ma tanto costosi … che raffigurano Gesù ed altri personaggi, ma a mio avviso, è uno spreco immenso. Personalmente preferisco la semplicità della grotta con i suoi banchi all’aperto e la povertà degli addobbi… Ma, fortunatamente, non tutti la pensiamo allo stesso modo.

                                                                       Lucia Marangoni



La Via Crucis dei Ragazzi



Chi ha a che fare con bambini e ragazzi, sa quanto sia difficile al giorno d’oggi avere attenzione, comunicare, far partecipare. Specialmente con il catechismo, l’attenzione e la partecipazione sono davvero difficili da ottenere. Forse perché è ritenuto un qualcosa di poco conto, o per il poco rispetto che a volte hanno i ragazzi, oppure per la loro vita così “piena” di tutto, che anche un’ora di catechismo diventa  di difficile gestione. Quello che le catechiste di San Pietro sono riuscite a fare con i ragazzi, è stato senza dubbio un gran lavoro, un impegno non indifferente, ma che ha avuto un risultato sicuramente appagante per il compito che si sono imposte di portare a termine. Supportate da una ex catechista che si è sempre data da fare, è stata organizzata una serata che ha visto l’interpretazione di alcune stazioni della Via Crucis, da parte di tutti i bambini del Catechismo. Gesù e alcuni personaggi hanno raccontato alcuni momenti della Passione, intervallati da brani del Vangelo proposti da due lettori e da preghiere recitate da don Francesco e dalle persone presenti in chiesa.
Momenti di silenzio, di preghiera, di condivisione, con un unico scopo: far conoscere da vicino ai bambini, la drammatica storia degli ultimi giorni di Gesù, vivendola in modo attivo; credo che questo tipo di catechesi, valga molto di più di tante lezioni distratte …

Le catechiste, e chi si è impegnato per realizzare questo momento importante, sono da ringraziare e da sostenere; se non si prova non si può sapere come può andare, poi, visti i risultati, si può avere più forza per andare avanti. Auguro a tutte le persone che si impegnano con le giovani generazioni, di avere la possibilità di seminare, seminare costantemente perché anche un piccolo seme sparso, può dare molto frutto!                  
                                                                 Lucia Marangoni

giovedì 28 marzo 2013

Tesori preziosi

                              



In questo tempo di progresso,
dove tutto è all’eccesso…
fermati un attimo, stai a guardare
quanta arte c’è nel ricamare !

                     Mani abili e tanta passione
                     stoffa e fili di cotone…
                     che sian bianchi o colorati,
                     son con gioia maneggiati!

Ecco…inizia a poco a poco..
con destrezza, è quasi un …gioco,
come un  quadro da colorare
o una frase da pensare…

                     Quanta arte abbiamo intorno…
                     punto croce, orlo a giorno…
                     che siano preziosi o delicati
                     tutti i ricami son…. ricercati!

Son lenzuola , federe e centrini,
asciugamani , tovaglie e bavaglini,
quadri, vestitini , bomboniere,
copertine, fiocchi, tutto da vedere!!!

                     Sia con l’ago, i ferri o l’uncinetto
                     ogni lavoro è sempre perfetto,
                     punti e ricami  con cura lavorati
                     fanno tornare ai tempi passati!

Non è l’ago che ha magia..
né le spole in compagnia…
né i ferri o l’uncinetto,
né un disegno d’architetto…

                     E’ soltanto la passione,
                     l’impegno, la dedizione..
                     con la mente che sa imparare
                     e cose stupende sa creare!


Con ago, filo e…fantasia
ogni disegno prende il via…
del ricamo programmato
presto vedi il risultato!

                     Questa è un’arte  da salvare
                     insegnare e.. tramandare…

                    Se imparare tu vorrai..
                     chiedi  a Sabrina  e Milly e poi…vedrai!

                                        
                                                                                            Lucia Marangoni                                 

Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...