lunedì 30 novembre 2015

La consegna del defibrillatore


La consegna del DEFIBRILLATORE alla nostra Società di calcio A.C. VALDASTICO.
Macchinario importantissimo per eventuali emergenze nel campo di gioco e non. 
OFFERTA dalla ditta BERNAR&MUNARI che ringraziamo a nome di tutti.
Alla presenza del nostro Sindaco Guglielmi, il massaggiatore Andrea Munari, il presidente Walter Pretto, Stefano Munari rappresentate della ditta offerente, il mister Lorenzo Lorenzi.
Augurandoci che non ce ne sia mai bisogno, auguriamo una buona stagione calcistica alla società VALDASTICO.
(fonte: Amministriamo insieme lista giovani FB)

Luserna



Quando le lavatrici non si sapeva nemmeno cosa fossero...


sabato 28 novembre 2015

La cava fotografata dallo Spitz - by Laura DB


Se aveva ragione...


Val Rio Torto - by Adelfo


Pasticciando con fantasia - by Cinzia Giacomelli

Queste sono le torte che ho preparato per il mio ometto che il 23 novembre ha compiuto 7 anni. 
Una è una farcita con ganasce al cioccolato bianco e lamponi, l' altra con crema al cioccolato fondente.  La ganasce è una crema da farcitura buonissima e semplicissima da fare, ma si presta molto bene per "stuccare" le torte al fine di renderle lisce per poterle decorare. In poche parole: se farcisci la torta, la crema resta morbidissima, se la ricopri e la metti in frigo diventa dura. La ricetta è veramente elementare!  

250 gr di panna fresca 
300 gr di cioccolato, almeno con 60% di cacao.  

Un dettaglio da non sottovalutare: prediligete cioccolato svizzero o di marca.  La consistenza non cambia, ma il gusto sì. Essendo una farcitura, il gusto deve essere deciso, ma allo stesso tempo leggero .

In una ciotola a sponde alte spezzettate la cioccolata a quadretti. In un pentolino fate bollire la panna e una volta portata a bollore versatela a filo sulla cioccolata mescolando bene. Mescolate energicamente finché tutta la cioccolata sarà sciolta. Lasciate riposare a temperatura ambiente per un quarto d'ora. Fatto! Buon dolce a tutti!
Cinzia Giacomelli

venerdì 27 novembre 2015

Non ci sono parole


Combattiamo "Attila" con la cara vecchia mònega...


Buono a sapersi


Stephen Hawking: "La razza umana per sopravvivere dovrà abbandonare la Terra"

 
"Sento il dovere di informare la gente riguardo alla scienza". 

Stephen Hawking, 73 anni, nonostante la malattia degenerativa che lo ha reso paralitico è più lucido che mai. 
In una lunga intervista rilasciata al giornale spagnolo El Pais a Tenerife in occasione della presentazione della terza edizione del festival scientifico Starmus, il fisico ha toccato diversi temi: dalla necessità di conquistare lo spazio affinché la specie umana sopravviva, fino al pericolo rappresentato dallo sviluppo dell'intelligenza artificiale e al futuro dei giovani scienziati. Lo speciale sintetizzatore vocale posizionato all'altezza delle guance gli permette di parlare, seppure con lentezza e difficoltà.
Hawking ha anticipato che, dopo "La teoria del tutto", il suo prossimo libro potrebbe parlare del fatto che sia sopravvissuto così a lungo contro ogni prognostico e ha rivelato che un suo sogno è viaggiare nello spazio con la Virgin Galactic. La conversazione si è quindi spostata sul tema del futuro dei giovani scienziati, che secondo il 73enne si trova negli Stati Uniti, e su quello della conoscenza scientifica.
La scienza e la tecnologia stanno cambiando drasticamente il mondo ed è fondamentale assicurarsi che questi cambiamenti avvengano nella direzione corretta. In una società democratica ciò significa che tutti dobbiamo avere una conoscenza basilare della scienza, in modo da potere prendere le nostre decisioni con cognizione di causa senza lasciarle in mano agli esperti.
Un'altra questione dibattuta è stata quella degli extraterrestri, che a detta del fisico rappresentano una minaccia concreta. "Se gli alieni ci faranno visita, il risultato sarà molto simile a quello che è successo quando Cristoforo Colombo ha scoperto l'America: non è stata una gran cosa per gli indigeni americani", afferma Hawking. "La sfida reale è scoprire come potrebbero essere". In ogni caso, lo scienziato sostiene che la razza umana per sopravvivere dovrà trovare un nuovo luogo dove abitare e sottolinea l'importanza dei voli spaziali. "Il rischio che un disastro distrugga la Terra è sempre maggiore".
Non sono però i buchi neri a preoccuparlo. "Venire risucchiati da un buco nero è come precipitare nelle cascate del Niagara in canoa: se remi abbastanza rapidamente puoi scappare", spiega. "I buchi neri sono il migliore sistema di riciclaggio: ciò che esce è ciò che è entrato, ma dopo avere subito un particolare processo". Quello che al giorno d'oggi desta grande preoccupazione è invece l'intelligenza artificiale. "L'importante è assicurarsi che, quando i computer supereranno gli esseri umani, gli obiettivi dei primi e dei secondi coincidano".
I giornalisti gli hanno poi domandato la sua opinione sulla religione. "Per spiegare l'origine dell'universo basta la scienza, non serve Dio", asserisce lo scienziato. Hawking ha infine parlato di che cosa significa essere disabili. 
"Bisogna concentrarsi su quelle cose per cui la disabilità non rappresenta un ostacolo ed evitare di lamentarsi di ciò che non si riesce a fare".

giovedì 26 novembre 2015

Pagine tristi della nostra storia: il campo di concentramento di Plaszow in Polonia

Alla periferia di Cracovia, non è semplice trovare Plaszow perchè non è ben segnalato, direi quasi nascosto (volontariamente?!?), nè possiamo fare tanto affidamento sugli abitanti del posto per chiedere informazioni. Stranamente, nell'arco di 500 mt, NESSUNO sapeva di questo campo. Per questo abbiamo impiegato molto tempo per trovarlo con una mappa e una bussola. Merita una visita l'eccezionale museo Oskar Schindler a pochi chilometri. Inviamo alcune foto per condividerle sul blog.
Didier PEYSSONNEL e Corinne Agostini









Era probabilmente chiamato anche la Strada Reale. 
Sotto questo nome nobile si nasconde la tragica realtà del campo di Plaszow, dal momento che questo percorso è costituito da pietre tombali. Le tombe iniziano a scomparire sotto l'erba perché Plaszow è volontariamente abbandonato dalle autorità locali.

 





Płaszów era un sobborgo nella parte meridionale della città di Cracovia in Polonia, dove nel dicembre 1942 venne inaugurato un campo di lavoro forzato nazista.
La denominazione ufficiale era Zwangsarbeitslager Płaszów des SS- und Polizeiführers im Distrikt Krakau.
Il campo sorgeva in corrispondenza di due cimiteri israelitici e i proprietari del terreno furono espropriati. Si allargò progressivamente e nel 1944 aveva raggiunto un'estensione di 81 ettari.
Il campo fu fino inizialmente un campo di lavoro forzato, che forniva manodopera a diverse fabbriche di armamenti e ad una cava di pietra che si trovava nelle immediate vicinanze. Trattandosi di un campo di lavoro, era sottoposto alla giurisdizione del locale comando delle SS presso il Governatorato Generale della parte centrale della Polonia occupata. Era controllato da guardie ucraine. 
Nel gennaio del 1944 divenne un campo di concentramento e vi furono trasferite circa 600 SS delle SS-Totenkopfverbande.
Il comandante del campo fu dal febbraio del 1943, Amon Goth, comandante viennese dell SS, il cui staff comprendeva anche membri femminili. Precedentemente avevano comandato il campo Horst Pilarzik e Franz Muller.
Gli ebrei di Cracovia erano stati costretti nel marzo del 1941 a radunarsi in un quartiere di Podgorze, che venne trasformato in un ghetto racchiuso da mura. Il 13 e 14 marzo del 1943 il comandante Göth supervisionò personalmente la liquidazione del ghetto di Cracovia. trasferendone tutti gli abitanti a Płaszów. Il campo era precedentemente occupato da circa 2.000 prigionieri, tutti ebrei, e dopo il trasferimento il loro numero salì a circa 8.000.
Nel luglio dello stesso anno fu inoltre aggiunta una sezione per i prigionieri polacchi, che avevano infranto le leggi del governo di occupazione. A differenza degli ebrei i prigionieri polacchi venivano rilasciati dopo aver scontato la propria pena. Nella sezione polacca erano state internate anche diverse famiglie di zingari, compresi i bambini. Alla metà del 1944 i prigionieri permanenti avevano raggiunto un numero di circa 24.000, compresi circa 6-8.000 ebrei cecoslovacchi.
La percentuale di morte era molto alta: molti prigionieri, compresi donne e bambini, morirono di tifo o di fame e molti altri per le esecuzioni. Il campo era noto per le fucilazioni singole e di massa che vi avevano luogo.
Il comandante Göth fu arrestato nel settembre del 1944 dalle SS per aver sottratto i beni di valore dei prigionieri e fu internato in un ospedale in quanto sofferente di diabete. Qui fu arrestato dopo la guerra dalle truppe americane, che lo estradarono in Polonia, dove subì un processo, nel quale fu considerato responsabile della morte di circa 2.000 ebrei uccisi durante la liquidazione del ghetto di Cracovia e di altri 8.000 uccisi nel campo di Płaszów. Fu condannato a morte e impiccato.
Nel gennaio 1945 gli ultimi prigionieri e le guardie delle SS lasciarono il campo per una "marcia della morte" fino ad Auschwitz: molti dei prigionieri che sopravvissero alla marcia furono quindi uccisi all'arrivo. Per nascondere le prove dei crimini compiuti Himmler aveva dato ordine di organizzare una serie di unità speciali (le "Unità 10051") che dovevano disseppellire i corpi dei prigionieri uccisi e bruciarli. Nel gennaio una di queste unità esumò a Płaszów circa 9.000 corpi che erano stati seppelliti in 11 fosse comuni.
L'Armata Rossa sovietica liberò il campo, ormai deserto, il 20 gennaio 1945.
Nel ghetto di Cracovia e nel campo di Płaszów è ambientato il film Schindler's List sulla vita di Oskar Schindler, nella cui industria di oggetti smaltati erano impiegati alcuni dei prigionieri del campo e che contribuì a salvarne molti dalla morte.
(Fonte Wikipedia)



Un incontro inaspettato: come un "nome" può risvegliare dolorosi ricordi




Non è mia abitudine durante il pranzo, alzarmi, spostarmi, ma appena bevuto il caffè, debitamente corretto, niente e nessuno mi trattiene più seduto. Così successe quella domenica di agosto, quando i coscritti della classe 1938, puntualissimi, festeggiarono il loro 77esimo compleanno, alla “Taverna Clara” ai Busatti, in territorio “imperiale”.





Mi alzai da tavola e mi diressi verso nord, per la strada della “Raut” che dopo qualche tornante, va a incrociarsi con quella del “Lancino“; passando per i Piccoli ed il Dazio portava, un tempo, in Allemagna.

Il pasto abbondante ed il peso degli anni, non mi permisero di fare un lungo percorso su quel pendio. Eppure pensai, che un po' più di due secoli fa, per questo erto selciato, i “Busattari” trasportavano i loro morti, sulle spalle, fino al cimitero di ... Lavarone. 
Essi, abitando tutti sulla destra dell'Astico, nel territorio di Venezia, quindi civilmente “veneti”, religiosamente dipendevano dalla parrocchia più vicina: Lavarone.

Ritornai dunque sui miei passi e mi sedetti per osservare quella decina di case che compone la contrada Busatti. 
Sono costruite sopra la sponda destra del torrente Astico. Le più grandi erano ex caserme della guardia di finanza e della dogana, adibite ora ad alloggi sociali. 
Fino al 1915 questa località fu confine di Stato. Fu distrutta durante la prima guerra mondiale e ricostruita. Come pure la Cappella fu distrutta, una prima volta dalla guerra, ed una seconda volta per allargare la strada statale e ricostruita nell'attuale sito. 
Fatto insolito e straordinario, questa piccola contrada possiede, in poche centinaia di metri, la bellezza, anche se corti, di sei ponti: tre nei vari torrenti e tre sull'Astico. Uno, il Prukar, a sud, fu costruito nei secoli, per il passaggio dei carretti. Il secondo, cinquanta metri sopra, di un metro di larghezza, per il passaggio delle carriole. Questo é il più antico, in pietra lavorata, e serviva per recarsi nelle tede e nelle stalle situate in territorio Austriaco. Il terzo, carrozzabile, all'entrata nord, fu, nel 1902, edificato dai “Pionieri del Tirolo” di teutonica stirpe.
Senza dimenticare il “Cippo” all'entrata nord, in onore del passaggio del confine nel 1916, dell'erede al trono d'Austria, Carlo d'Asburgo.

Chi avrà mai avuto l'idea di costruire una contrada in questo luogo, dove il torrente Astico ha dovuto lavorare secoli per scavarsi un varco nelle rocce ed il sole deve guerreggiare tutti i giorni con le cime per poter gettare sul fondo valle i suoi raggi luminosi???

Di che viveva questa gente nel passato???

Vivevano miseramente della poca agricoltura e pastorizia e, approfittando delle abbondanti acque, di due molini ed un maglio. 
Acquistavano granaglie e ferro laggiù nella lontana pianura padana e poi, dopo debita lavorazione, a dorso d'uomo, le trasportavano su negli altipiani. E, zona di confine, il contrabbando, sopratutto di sale e tabacco, doveva essere molto fiorente.


La storia degli abitanti dei Busatti e di quelli di Lastebasse, i Lastarolli, é molto dolorosa per non dire tragica e crudele.

Abitavano lassù, in montagna, sotto il forte Cherle. Il loro paese si chiamava San Fermo e Rustico. Un giorno di novembre del 1752, i Folgaraiti, austroungarici, secolari amici-nemici, approfittando dell'assenza degli uomini, si presentarono nel piccolo paese, in territorio della Repubblica di Venezia e con asce, con picchi e mazze, cominciarono a demolire case e chiesa, cacciando nella sottostante Valle dell'Astico bestie e popolazione... diseredata e derubata della propria terra dagli stessi fratelli, cattolicissimi, che per secoli avevano comunicato e pregato assieme, nella chiesa comune di Folgaria.

Scesi sulla strada asfaltata e mi diressi verso le Carotte. Le vecchie stalle sulla sinistra dell'Astico, sono ora una Taverna, e case di abitazione con garage e parcheggi.
L'asfalto non durò che duecento metri e dopo si presentò la vecchia e antica strada della “Raut”: il selciato ricoperto d'erba... abbandonata e deserta.

Mi giriai verso sinistra e vidi in un prato, non più grande di un fazzoletto, un anziano signore che con il gomito appoggiato su un tavolo, la testa reclinata sulla mano, contemplava le nuvole che passavano nel cielo. Istintivamente levai la mano come per salutarlo.

Lui si alzò e con passo claudicante si diresse verso di me; naturalmente io feci la stessa cosa. Arrivati l'uno in faccia all'altro, fu lui il primo a chiedermi: “Cerca qualcuno?“. Lì per lì volevo rispondere no, no, ma poi una luce si accese dentro di me. “Scusi, gli chiesi, lei é del paese?”.

Sicuro! anzi sono uno degli ultimi “veri” Busattari. Ora abito a Carré, con mia figlia, ma sono nato e cresciuto qui”.

In quell'istante,iniziai a ricordare uno dei primi eventi dolorosi della mia vita lavorativa. Era l'estate del 1954.

 
Lavoravo a Bessans, un piccolo paesetto della Savoia, al confine con l'Italia, situato a 1800 metri di altitudine. Stavamo ricostruendo le case che le barbarie teutoniche delle S.S. avevano bruciato, come qui da noi a Pedescala. Un mattino vediamo arrivare un bel giovanotto un po' rossiccio... “EZIO.” Era dai Busatti. Lo accogliemmo con grande calore, eravamo tutti della Val del'Astego!!!



Come ci spiegò, in realtà, lui non era venuto in Francia in cerca di lavoro, no, il lavoro lui lo aveva in Piemonte. Era venuto solo per qualche mese, il tempo di rinnovare la carta di soggiorno francese... perché nella vita non si sa mai di chi o di cosa si ha bisogno.

L'uomo propone... Dio dispone.

Pochi giorni dopo il suo arrivo, in una splendida giornata primaverile, era circa l'una del pomeriggio, la maggior parte degli operai stava mangiando il misero pasto, ”di propria fabbricazione”, quando si sentì un urlo provenire da una casa vicina, in costruzione.

Come un solo uomo ci precipitammo…

Uno spettacolo insopportabile si presentò davanti ai nostri occhi atterriti.

Il corpo esanime del giovane ventenne, giaceva supino per terra... solo un filetto di sangue usciva da un orecchio.

Immagine impressa per sempre nei nostri occhi, incancellabile!!!

Non si poteva toccarlo. L'ambulanza impiegò un tempo infinito prima di arrivare. Il dottore nel vederlo scosse la testa. Fu trasportato nell'ospedale più vicino che si trovava a settanta chilometri, con tutte strade di montagna. Rimase in vita forse qualche giorno.

Ho conosciuto nell'estate del 1954 in Francia un giovane, di qui, che si chiamava...”

Non mi lasciò finire... La sua faccia impallidì. “Ezio... era mio fratello mormorò“. “Sono stato io a ricevere il telegramma... Lavoravo in comune... sono io che ho dovuto annunziare la triste novella agli anziani genitori... e sempre io, qualche giorno dopo, sono venuto in Francia per riportare la sua salma in Italia.”

Si vedeva che il ricordo di quei giorni l'aveva commosso.

Nel frattempo, si era avvicinata la figlia con in braccio un bambino piccolo, che, vedendomi, non so perché, volle venire subito nelle mie braccia, intanto che il padre faceva le presentazioni e le raccontava la storia.

L'incontro finì alla “Taverna della Clara”, la sola cugina che gli restava. La sola donna nata qui e che aveva sempre abitato in questa contrada!!!

Lino Bonifaci

Camosci - by Federico Toldo




Ve li ricordate i cestini di plastica azzurri e rosa?


mercoledì 25 novembre 2015

La nebbia che sale dalla pianura - by Florio Sartori


Da Santa Caterina... se no la ghe zé ala sera... la ghe zé ala matìna... Gò voja de gneve...


Ecco perchè digiunare fa bene

ll digiuno ha virtù di prevenzione, purificazione e guarigione

Il digiuno, cioè il riposo alimentare completo oppure parziale, è uno dei trattamenti più antichi ed efficaci che esistano. Per la forza di guarigione, il digiuno supera in efficacia tutti gli altri procedimenti conosciuti; la sua azione, priva di pericoli e salutare in tante situazioni, è stata comprovata e questo perché il digiuno agisce direttamente sulla causa della malattia, arrivando addirittura a guarirla se mantenuto abbastanza a lungo. I principali effetti del digiuno sono: riposo dell’intero tubo digerente, facilitazione di certi processi e cambiamenti interiori, eliminazione dei residui metabolici e purificazione dell’intero corpo. Ricerche scientifiche recenti hanno dimostrato che il digiuno ha anche importanti virtù antiossidanti.
Quando parliamo di digiuno ci riferiamo principalmente al “digiuno nero”, ovvero al riposo alimentare completo, realizzato per un certo intervallo di tempo solo con acqua. Digiunando un giorno a settimana – questa è la frequenza ottimale per il riposo alimentare totale – offriamo al corpo il tempo necessario per la rigenerazione e la purificazione.
  • E’ obbligatorio bere acqua, almeno 1,5 litri in 24 ore, per evitare la disidratazione del corpo e il blocco renale.
  • Quelli che si sentono spossati durante il digiuno oppure dopo, devono bere più acqua, 3 oppure 4 litri.
  • La cosa migliore è cominciare il digiuno la sera, continuare a digiunare tutto il giorno successivo e mangiare il mattino seguente.
Questo tipo di digiuno è indicato come cura di disintossicazione, essendo la terapia più forte e con gli effetti più rapidi per la guarigione del corpo e dell’anima. Esso rappresenta una modalità essenziale, non solo per la guarigione, ma anche per la trasformazione spirituale dell’essere.
Praticamente, possiamo affermare che il digiuno agisce a livello di tutte le strutture dell’essere, cominciando da quelle più sottili e, attraverso la risonanza, anche a livello fisico.

Il digiuno, un argomento di moda nel mondo della scienza.

Il digiuno nero è arrivato negli ultimi 5-10 anni a catturare l’attenzione degli uomini di scienza. I possibili aspetti psicologici e spirituali del digiuno rappresentano ancora un grande mistero per il mondo medico-scientifico, a questo contribuisce anche il fatto che vi è, nella medicina attuale, una mancanza di strumenti per quantificare e monitorare i processi meno concreti. Benché gli effetti del digiuno rimangano ancora sconosciuti, è stato accertato che esso ha un effetto anti-vecchiaia e che riduce il rischio di sviluppo di patologie.
Si attesta scientificamente che una persona può vivere senza cibo fino a 100 giorni, perché ci sono delle riserve interiori depositate nell’organismo per casi di necessità, sufficienti a mantenere la vita senza cibo, per l’intera durata di una normale malattia. Sono numerosi gli esempi di persone che hanno digiunato 40 giorni per guarire malattie gravi oppure per avvicinarsi a Dio.

Nutrizione e longevità

Il legame tra il tipo di cibo e la longevità è menzionato sin dall’inizio della storia dell’umanità. Nell’antichità, gli eccessi alimentari erano considerati la causa di tutte le malattie, avendo la reputazione di diminuire la vita, mentre la moderazione nell’alimentazione rappresentava una delle “regole d’oro” di qualsiasi strategia terapeutica.
Un’abitudine tradizionale che ha come scopo il mantenimento della salute, praticato ancora nell’Oriente, e quella di “alzarsi da tavola ancora con fame” oppure in altre parole, con lo stomaco pieno solo per metà. I nutrizionisti moderni sono d’accordo su questo punto, considerando la sovralimentazione come uno dei motivi dell’apparizione delle affezioni, inclusa l’obesità.

Cibo puro e cibo impuro

Qualsiasi alimento, anche se naturale, lascia nell’organismo dei residui. Quando mangiamo, l’organismo assorbe dal cibo quello di cui ha bisogno e dopo elimina i residui. L’organismo non può realizzare l’eliminazione quando è sovraccaricato oppure quando – così come succede nella maggior parte dei casi – il cibo mangiato ha una digestione lunga e difficoltosa.
A questo punto i residui si accumulano nei vari organi, specialmente nell’intestino, dove entrano in putrefazione, diventando così una fonte di squilibrio e di malattia per l’intero corpo.In modo tradizionale parliamo di cibi “puri” (quelli che sono benefici per il nostro l’organismo da tutti punti di vista) e cibi “impuri” (quelli che sono nocivi indipendentemente dal motivo). Ovvio che qui non ci riferiamo in nessun caso al fatto che gli alimenti siano lavati e puliti, ma alla loro qualità.

martedì 24 novembre 2015

Qualche immagine della gita nel delta del Po domenica 22










































La gita nel delta del Po, organizzata da Daniela, è stata piacevolissima. Il tempo è stato clemente, il posto in aperta campagna stupendo e con arredamenti molto particolari, direi unici! Il pranzo, tutto a base di pesce, ottimo e anche la compagnia è stata "frizzante", merito soprattutto della "delegazione di Stoccareddo" che si è sbizzarrita nel raccontare barzellette. Per fortuna che Secondo alla fine li ha assolti tutti! Gente allegra e simpatica, (merito forse del loro DNA particolare? Mah... chissà...). Il rientro verso le 20 tutti soddisfatti.
Come potete notare dall'ultima foto, presenti anche i "gemelli siamesi" Florio & Delmo che sono ancora "attaccati" da quest'estate...
Eravamo in 37, compresa la delegazione di Stokka (circa una decina).
Vediamo se riesco a ricordarli tutti, altrimenti aiutatemi a completare:
Daniela e Gianni, Wendy e Secondo, Manuela e Beppino, Olimpia e Attilio, Maria e Vittorio, ... e Florio, Stefania, sua sorella e Delmo, Adriana e Gino, Nita, Carla, Gina, Graziella, Mary,  Oliva, Marisa, Gianni, Fausto, Lionella, Luciana, Tony dall'Australia (da Rotzo),

Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...