Non
è mia abitudine durante il pranzo, alzarmi, spostarmi, ma
appena bevuto il caffè, debitamente corretto, niente e nessuno mi
trattiene più seduto. Così successe quella domenica di agosto,
quando i coscritti della classe 1938, puntualissimi, festeggiarono
il loro 77esimo compleanno, alla “Taverna Clara” ai Busatti, in territorio “imperiale”.
Mi
alzai da tavola e mi diressi verso nord, per la strada della
“Raut” che dopo qualche tornante, va a incrociarsi con quella
del “Lancino“; passando per i Piccoli ed il Dazio portava, un
tempo, in Allemagna.
Il
pasto abbondante ed il peso degli anni, non mi permisero di fare un
lungo percorso su quel pendio. Eppure pensai, che un po' più di due
secoli fa, per
questo erto selciato, i “Busattari” trasportavano i loro morti,
sulle spalle, fino al cimitero di ... Lavarone.
Essi, abitando
tutti sulla destra dell'Astico, nel territorio di Venezia, quindi
civilmente “veneti”, religiosamente dipendevano dalla parrocchia
più vicina: Lavarone.
Ritornai
dunque sui miei passi e mi sedetti per osservare quella decina di
case che compone la contrada Busatti.
Sono costruite sopra la sponda
destra del torrente Astico. Le più grandi erano ex caserme della
guardia di finanza e della dogana, adibite ora ad alloggi sociali.
Fino al 1915 questa località fu confine di Stato. Fu distrutta
durante la prima guerra mondiale e ricostruita. Come pure la
Cappella fu distrutta, una prima volta dalla guerra, ed una seconda
volta per allargare la strada statale e ricostruita nell'attuale
sito.
Fatto insolito e straordinario, questa piccola contrada
possiede, in poche centinaia di metri, la bellezza, anche se corti, di
sei ponti: tre nei vari torrenti e tre sull'Astico. Uno, il Prukar, a sud, fu costruito nei secoli, per il passaggio dei carretti.
Il secondo, cinquanta metri sopra, di un metro di larghezza, per il
passaggio delle carriole. Questo é il più antico, in pietra
lavorata, e serviva per recarsi nelle tede e nelle stalle situate
in territorio Austriaco. Il terzo, carrozzabile, all'entrata nord,
fu, nel 1902, edificato dai “Pionieri del Tirolo” di teutonica
stirpe.
Senza
dimenticare il “Cippo” all'entrata nord, in onore del passaggio
del confine nel 1916, dell'erede al trono d'Austria, Carlo d'Asburgo.
Chi
avrà mai avuto l'idea di costruire una contrada in questo luogo,
dove il torrente Astico ha dovuto lavorare secoli per scavarsi un
varco nelle rocce ed il sole deve guerreggiare tutti i giorni con le
cime per poter gettare sul fondo valle i suoi raggi luminosi???
Di
che viveva questa gente nel passato???
Vivevano
miseramente della poca agricoltura e pastorizia e, approfittando
delle abbondanti acque, di due molini ed un maglio.
Acquistavano
granaglie e ferro laggiù nella lontana pianura padana e poi, dopo
debita lavorazione, a dorso d'uomo, le trasportavano su negli
altipiani. E, zona di confine, il contrabbando, sopratutto di sale
e tabacco, doveva essere molto fiorente.
La
storia degli abitanti dei Busatti e di quelli di Lastebasse, i
Lastarolli, é molto dolorosa per non dire tragica e crudele.
Abitavano
lassù, in montagna, sotto il forte Cherle. Il loro paese si
chiamava San Fermo e Rustico. Un giorno di novembre del 1752, i
Folgaraiti, austroungarici, secolari amici-nemici, approfittando
dell'assenza degli uomini, si presentarono nel piccolo paese, in
territorio della Repubblica di Venezia e con asce, con picchi e
mazze, cominciarono a demolire case e chiesa, cacciando nella
sottostante Valle dell'Astico bestie e popolazione... diseredata e
derubata della propria terra dagli stessi fratelli, cattolicissimi,
che per secoli avevano comunicato e pregato assieme, nella chiesa
comune di Folgaria.
Scesi
sulla strada asfaltata e mi diressi verso le Carotte. Le vecchie
stalle sulla sinistra dell'Astico, sono ora una Taverna, e case
di abitazione con garage e parcheggi.
L'asfalto non durò che duecento metri e dopo si presentò la vecchia e
antica strada della “Raut”: il selciato ricoperto d'erba... abbandonata e deserta.
Mi
giriai verso sinistra e vidi in un prato, non più grande di un
fazzoletto, un anziano signore che con il gomito appoggiato su un
tavolo, la testa reclinata
sulla mano, contemplava le nuvole che passavano nel cielo.
Istintivamente levai la mano come per salutarlo.
Lui
si alzò e con passo claudicante si diresse verso di me;
naturalmente io feci la stessa cosa. Arrivati l'uno in faccia all'altro, fu lui il primo a chiedermi: “Cerca qualcuno?“. Lì
per lì volevo rispondere no, no, ma poi una luce si accese dentro
di me. “Scusi, gli chiesi, lei é del paese?”.
“Sicuro!
anzi sono uno degli ultimi “veri” Busattari. Ora abito a Carré, con mia figlia, ma sono nato e cresciuto qui”.
In
quell'istante,iniziai a ricordare uno dei
primi eventi dolorosi della mia vita lavorativa. Era l'estate
del 1954.
Lavoravo
a Bessans, un piccolo paesetto della Savoia, al confine con l'Italia, situato a 1800 metri di altitudine. Stavamo ricostruendo le
case che le barbarie teutoniche delle S.S. avevano bruciato, come qui da
noi a Pedescala. Un mattino vediamo arrivare un bel giovanotto un
po' rossiccio... “EZIO.” Era dai Busatti. Lo accogliemmo
con grande calore, eravamo tutti della Val del'Astego!!!
Come
ci spiegò, in realtà, lui non era venuto in Francia in cerca di
lavoro, no,
il lavoro lui lo aveva in Piemonte. Era venuto solo per qualche
mese, il
tempo di rinnovare la carta di soggiorno francese... perché nella
vita non
si sa mai di chi o di cosa si ha bisogno.
L'uomo propone... Dio dispone.
Pochi
giorni dopo il suo arrivo, in una splendida giornata primaverile, era
circa l'una del pomeriggio, la maggior parte degli operai stava mangiando il misero pasto, ”di propria fabbricazione”, quando si
sentì un urlo provenire da una casa vicina, in costruzione.
Come
un solo uomo ci precipitammo…
Uno
spettacolo insopportabile si presentò davanti ai nostri occhi
atterriti.
Il
corpo esanime del giovane ventenne, giaceva supino per terra...
solo un filetto di sangue usciva da un orecchio.
Immagine
impressa per sempre nei nostri occhi, incancellabile!!!
Non
si poteva toccarlo. L'ambulanza impiegò un tempo infinito prima di
arrivare. Il dottore nel vederlo scosse la testa. Fu
trasportato nell'ospedale più vicino che si trovava a settanta
chilometri, con tutte strade di montagna. Rimase in vita forse
qualche giorno.
“Ho
conosciuto nell'estate del 1954 in Francia un giovane, di qui, che
si chiamava...”
Non
mi lasciò finire... La sua faccia impallidì. “Ezio... era mio
fratello mormorò“. “Sono stato io a ricevere il telegramma... Lavoravo in
comune... sono io che ho dovuto annunziare la triste novella agli
anziani genitori... e sempre io, qualche giorno dopo,
sono venuto in Francia per riportare la sua salma in Italia.”
Si
vedeva che il ricordo di quei giorni l'aveva commosso.
Nel
frattempo, si era avvicinata la figlia con in braccio un bambino
piccolo, che, vedendomi, non so perché, volle venire subito nelle mie
braccia, intanto che il padre faceva le presentazioni e le
raccontava la storia.
L'incontro finì alla “Taverna della Clara”, la sola cugina che
gli restava. La sola donna nata qui e che aveva sempre abitato in
questa contrada!!!
Lino Bonifaci