lunedì 12 novembre 2012

Le pale de Nando


                                                                     

Questa notte Morfeo non arriva, ”sarà il minestrone acido che ho mangiato“ pensò Nando rigirandosi nel giaciglio di cartocci di sorgo. 
Nando era l’unico maschio rimasto della famiglia dei Bortolo, un tempo agiata e potente, oggi  purtroppo, tra debiti, disgrazie e qualche affare andato male, si trova alle soglie della povertà.   
In quell'aprile del 1945 le speranze che la guerra finisse erano concrete, anche se di notte il caccia Northrop P-61 blackwidow–pippo- (vedova nera) dava ancora fastidio. 
Verso le ventitrè, puntuale il rombo dei due motori svegliarono Nando dal tentato sonno, uscì subito di casa e imprecando verso la guerra attese il passaggio del velivolo.   
Pippo volava basso e quasi sfiorava il campanile del paese, stranamente si scorgeva  il pilota, avvolto da una luce verde; sembrava salutasse, virò sopra la contrada Lucca e Nando ne rimase estasiato. Sparì borbottando dietro il Belvedere di Lavarone e tutto tornò pacifico. 
Ritornò a letto e decise che il giorno dopo sarebbe andato nel suo bosco, a dare una pulita al suo baito. 
L’alba illuminava le cime del Siroccoli, ma i suoi scarponi già pestavano le ghiaie sopra la diga.  Arrivò nel suo lotto di bosco, tra la busa del Tinazzo e la parete del Campolongo, tirò il fiato e subito toccò le rocce. Erano lisce come il marmo, ”forse un giorno qualcuno lo sfrutterà  e farà dei soldi“ disse a voce alta, ma subito si mise al lavoro. Dopo poco tempo il baito fu rinnovato sia nel giaciglio che nel tetto, fu allora che decise di fermarsi per la notte, ”così voglio vedere Pippo dall’alto e tirargli un sasso”. 
La notte trascorse tranquilla, l’americano non sorvolò la valle e verso mattina cominciò a cadere una leggera pioggerellina. L’alba vista da sotto le rocce  era magnifica, verso nord  le nebbie coprivano la zona dei Fiorentini, a sud verso Tonezza il primo verde primaverile mandava dei contrasti di colore stupendi, solo verso Pedescala un leggero fumo oscurava la valle. Tornò giù in paese prendendo il sentiero che passava per la Botte. 
Giunto alla svolta dei Menonce si accorse che nell’aria c’era un odore strano, come di carne ai ferri, in più un leggero vento trasportava del residuo di bruciato, cenere e faville spente. 
Alla fontana della contrada Lucca incrociò tutto il clero del paese, preti e suore seguiti da molti abitanti, si gridava:  via via che riva i todeschi... i gà brusà Pedescala…  
Nando ne fu scosso e informandosi seppe che tutti i paesani si stavano dirigendo verso la montagna, ”non si sa mai... e noi proviamo ad arrivare alle Valpiane” disse passando il giovane prete. 
Fra un diffuso senso di malessere decise di tornare sù nel suo baito, passando per il sentiero del cògolo. Era la seconda volta che gli abitanti di S. Piero, nel giro di una trentina d’anni, lasciavano le proprie case per cause di guerra. Con questo pensiero arrivò sopra la val dei Mariassi, e lì incontrò praticamente mezzo paese; vide Agostino detto “Tena” che assieme ai compagni stava  coprendo con rami e fronde la scafa scelta per il ricovero (oggi sulla roccia che copre il sentiero c’è una piccola icona di S. Antonio da Padova a ricordo dello scampato pericolo). L’invito a rimanere fu unanime, ma Nando volle proseguire lo stesso verso il suo baito. 
Quando arrivò era verso sera, si sdraiò nel  letto di coperte e foglie secche e si addormentò. Nando non vide mai la fine della storia, un tremendo infarto se lo portò via quella notte stessa. 
Dopo alcuni giorni lo cercarono, lo trovarono con il viso rivolto a valle e vicino a lui un biglietto con scritto: 

Se muoio qui, lasciatemi qui. 

Parenti non ne aveva, nessuno che lo aspettasse, forse lo seppellirono veramente lì,  dietro il suo baito.

Oggi l'escursionista che passa vicino ai resti del baito non s'accorge di niente, ma se guarda attentamente sotto il faggio più maturo, forse lo sguardo si poserà su delle pietre di marmo, con una forma strana, sembrano eliche di aereo.
Da quell'estate del '45 tutti chiamarono quel posto:

le pale de Nando
Piero Lorenzi



                                                                                                                                                                


                                                                    

      



                                                                              

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