sabato 17 novembre 2012

Il maestro Rando


 La signora Nives è  una dolce signora bionda sempre ben curata ed elegante; i riflessi d’oro dei capelli  si confondono con i raggi del sole che colora questa giornata di maggio ’08. Occasione dell’incontro è la piccola festa che abbiamo organizzato Tonin Lucca ed io per la ricollocazione nel capitello della statua della Madonna del Rosario di via Costo a Chiuppano dopo una profonda opera di restauro compiuta da tre bravi volontari: Sofia Terzo, Armando Balasso e per la cappellina l’impresa Bonaguro di Chiuppano, padre e figlio.
Questa edicola incastrata nel muro del ponte appena dopo la curva che sale da casa mia è lì dal 1923, frutto della devozione della contrada che negli anni ne ha affidato le pene e le sofferenze dei periodi difficili soprattutto nei  tempi bui e grami del periodo bellico.
In quegli anni lontani, quasi ogni sera, davanti alla Madonna, si radunavano per pregare le persone che avevano solo la speranza da osare per cercare di intravedere  la luce oltre le tenebre della guerra. Tra le persone oranti vi era spesso anche mia madre, a quel tempo poco più che ventenne che supplicava per i suoi fratelli prigionieri giù in Africa orientale e per la sua salute, minata dal terribile morbo del tetano che l’aveva ridotta in fin di vita. Avrà voluto Dio, saranno state le preghiere o semplicemente non era giunta la sua ora, fattostà  che cominciò a star meglio, uscendo da un incubo che comunque la segnerà per sempre.
A quella Madonnina dallo sguardo mesto è rimasta devotamente attaccata per tutta la vita e anche a me, fin da piccolo,  raccomandava sempre di “segnarmi” quando Le passavo davanti. Questa raccomandazione mi è rimasta dentro e anche ora quando ci passo davanti, non so fare a meno di rivolgere almeno uno sguardo a quel piccolo tempio;  ricordo così mia madre e gli anni dolci della mia infanzia.
Purtroppo non sono un buon osservante  della  regola cattolica, cerco Dio, nei gesti e nel rispetto, ma spero che qualche volta mi cerchi anche Lui.
Non ho mai compreso fino in fondo tutta la devozione dei vecchi e poco sono riuscito a pregare quella immagine, ma  ora che sono sul confine anagrafico che declina agli anni della maturità avanzata e dopo che mia madre se ne era andata, avevo deciso che la mia preghiera alla Madonna  sarebbe stata quella di risistemare quella sacra e dolce immagine ormai segnata dal tempo e dall’umidità, a cui doveva aggiungersi qualche sassata di una  mano idiota.
Il lavoro complessivo alla fine è venuto piuttosto bene; la Madonna nelle vesti ridipinte con gli antichi colori è tornata a rivivere e la piccola nicchia tinta di azzurro con le stelle sulla volta del cielo sembra un pezzo di paradiso incastrato in quel muro intrigante e ammuffito. Un lampo di speranza e di fede nel grigio delle esistenze che le passano davanti.
Abbiamo scelto di  ricollocare la statua in accordo col parroco don Leonardo nel mese di maggio:  mese a vocazione mariana con novene e fioretti nel paese.
Tonin ha voluto l’intervento della banda cittadina e delle autorità, sindaco in testa. L’invito alla festa è stato recapitato a tutte la famiglie di via Costo e di Bessè ed anche eventuali altri devoti della Madonna sarebbero stati ben accolti. Così ai famigliari abitanti della contrada si sono aggiunte persone di tutto il paese e anche di fuori: in totale più di un centinaio di presenze, un piccolo evento, ma importante per chi ha sempre visto questo capitello.
Suoni della banda, interventi, letture e un piccolo rinfresco hanno fatto da cornice alla festa.
È  stata in questa circostanza che ho avvicinato la signora Nives figlia del Maestro Rando  autore del libro “Sulle rive dell’Astico” che proprio nel 2008 ricorre il cinquantesimo della pubblicazione.
E’ questa un’opera che ha impegnato il suo autore per tutta la vita e che in quasi 1500 pagine è raccolta tutta la storia del nostro paese e limitrofi partendo dal periodo neolitico per finire ai tempi moderni. Uno scrigno di notizie, di avvenimenti, di storie, canzoni, poesie e aneddoti che altrimenti si sarebbero persi nel limbo vago dei ricordi e della dimenticanza.
Dentro quelle pagine c’è il vecchio paese, ci sono le strade, i volti degli anziani e di bambini, gente che ormai non c’è più o che è diventata vecchia, ma che si perpetua grazie al Maestro.  Francesco Rando ha insegnato per tanti anni nella scuola elementare di Chiuppano e per i tempi era all’avanguardia nella didattica e nella pedagogia: usciva dai parametri rigidi di quella cultura accademica che in quegli anni non attecchiva molto su ampi strati della popolazione scolastica. Molti allievi gli sono ancora legati da gratitudine e devozione. Tonin Lucca ad ogni novembre per la festa dei morti porta sulla tomba del suo Maestro una rosa rossa in segno di gratitudine. La Maestra Mary Gioppo ne ricorda ancora le doti umane e di grande mitezza e ripete sempre che deve a Lui  se i suoi genitori con grandi sacrifici la fecero studiare.
Personalmente dalla signora Nives in quel breve colloquio a margine della festa per la Madonna  volevo capire che genitore era stato il Maestro e come si comportava nell’ambito  famigliare.
Così mi raccontò di un padre impegnato, ma comunque  attento e dolce.
Negli anni '50  Rando stava completando il suo lavoro di ricerca e di scrittura del libro e si sfiniva su cumuli di fogli a volte redarguito anche dalla moglie perché campeggiava sulla tavola da cucina dalla mattina alla sera.
I mezzi della famiglia erano pochi e a tutti erano richiesti dei sacrifici. 
Anche Nives  che allora si affacciava agli anni leggeri della gioventù e alle esigenze di qualche festicciola in casa, come si usava allora, comprendeva bene la situazione.
Bastava poco, qualche amico, le amiche del cuore, un po’ di dolci e di vino o del vermouth e cosa che non poteva mancare, qualche disco, magari i nuovi 45 giri da mettere su un giradischi.
Cose semplici di una famiglia semplice in un dopoguerra non esattamente facile.
A quei tempi si sa che la corrente nelle case era appena sufficiente per una illuminazione di pochi watts nelle stanze.
Di attaccare il giradischi assieme alla illuminazione neanche a parlarne, si rischiava il corto circuito lasciando nell’oscurità la casa.
Allora il Maestro che comprendeva benissimo le esigenze della gioventù e di quella diletta figlia, accendeva una candela e continuava a scrivere alle luce fioca di quella torcia, mentre i giovani si godevano un po’ di musica dal moderno apparecchio.
La signora Nives nel ricordare quel gesto tenero del padre per un attimo le brillano gli occhi di commozione, un lampo che le illumina il viso.
Ricorda anche con tenerezza il cesto di arance sul tavolo di una vicina di casa messe là come una tentazione.
Avrebbe dato  chissà che cosa per assaggiare un frutto, perché in casa sua il tavolo era coperto di fogli che poi andranno a comporre l’opera che suo padre stava scrivendo e di arance neanche l’ombra.
Per lei e i suoi fratelli il libro aveva anche il sapore aspro della rinuncia e delle privazioni, perché il sogno di suo padre potesse realizzarsi.
Il libro uscì che costava 2500 lire. Una cifra consistente per le famiglie di quegli anni ancora attanagliate dai morsi della miseria.
Purtroppo non se ne vendettero molte copie, il resto finì per anni stipato in soffitta.
Il suo autore venne a mancare poco dopo nel 1960  senza aver avuto il tempo di cogliere la soddisfazione che meritava.
Il tempo lo risarcirà  a larghe mani, tutti conosceranno la sua opera anche ben di fuori del confine cittadino e nel 1988 ci sarà la ristampa del volume in mille copie, andate esaurite in poco tempo.
Io ho letteralmente consumato il libro acquistato nella prima edizione del ‘58 da mio nonno Bepi Bon.
Lo consultavo con la passione di un bambino curioso e mi sono alimentato di quelle storie e di quelle atmosfere. Ho riso, ho sognato e mi sono anche commosso.
A pagina 584 c’è la storia del nostro capitello e a pagina  358 c’è una foto del ponte dei Granatieri datata 1957 in tutta la sua maestosa arditezza, ma questo per me è paradossalmente meno importante.
In quell’immagine c’è uno scorcio di una casa con dei panni stesi ad asciugare.
Quella è la mia casa, dove sono nato e dove ancora vivo  e quelle lenzuola bianche erano di mia madre allora giovane sposa.
Io ero piccolo avevo appena tre anni e forse devo proprio a quella immagine la passione di scrivere le storie del mio paese.
Provavo e provo ancora adesso un certo brivido a riguardare lo scorcio di quella foto.
Quei panni bianchi per me sono pagine appese nella storia e sospese nel tempo che mi commuovono sempre.
Io cercherò di riempirle con la memoria, in onore di mia madre e mio padre, di gratitudine per il Maestro e amore per il mio paese.

Maurizio Boschiero


                                             




3 commenti:

  1. bellissima testimonianza

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  2. Buon giorno,
    io sarei interessato all'acquisto del libro "Sulle Rive dell'Astico" di Francesco Rando, volevo sapere se conoscete qualcuno disposto a venderlo.
    grazie mille
    Roberto

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