[Gianni Spagnolo © 24L24]
L’attuale impari lotta con le cimici, che hanno ormai capillarmente colonizzato ogni più recondito angolino delle nostre case, mi riporta agli inizi, quelli dei tempi belli, dove schissare el bao rappresentava il primo gradino del nostro imprinting criminale.
Questa era, infatti, un’attività gratificante e alla portata anche del bocéta pì baùco. Il bao non emetteva alcun grido o suono di disappunto per l’operazione, per cui anche la nostra imberbe coscienza ne era sollevata. Inoltre, i bai erano criminalizzati nel mondo rurale per il danno, vero o presunto, che arrecavano all’agricoltura, dunque la loro soppressione, ancorché cruenta, beneficiava dell’incondizionata approvazione sociale. Di bai, allora, ne avevamo anca pai pai, dato che la nostra categoria para-scientifica di “bao”, includeva miriadi di creature delle più diverse specie. Che strisciassero, volassero o si arrampicassero, qualsiasi piccolo animaletto era catalogato come “bao”, salvo ragni e poeje, che erano considerati a parte.
La goduria dello schissaménto spaziava tra varie esperienze, a seconda della conformazione del bao stesso. Si andava dal voluttuoso splosc delle gatte pelose, per finire allo scrocchio dell’esoscheletro per gl'insetti che ne erano dotati. D’altra parte, allora di bai ce n’erano talmente tanti che la nostra attività schissatoria non avrebbe certo compromesso l’ecosistema. L’effetto catartico dell’operazione, poi, era talmente radicato, che la minaccia più efficace nelle nostre baruffe di boce era di dire all’avversario: Vara ca te schisso come on bao!
I bai che davano più soddisfazione erano, oltre ovviamente alle gatte pelose, quelli da patata, Questi, infatti, al par delle prime, erano piuttosto insulsi e facili da ciapàre, oltreché ampiamente diffusi in stagione e parecchio odiati per i danni che causavano ai raccolti dei preziosi tuberi. C’erano tuttavia alcune categorie di bai che non sollecitavano le nostre brame baicide: le coccinelle e i maggiolini. Le prime perché portavano fortuna e sono anche carinucce, i bronbùi perché ci servivano per i riti di maggio.
Passati gli anni belli, industrializzata l’agricoltura e arrivato il cambio climatico, ci troviamo ora alle prese con un insetto tanto invadente quanto insulso: la cimice. Ma non è più la cimice nostrana di quel bel colore verde fosforescente, ma una più sobria e prolifica cimice asiatica dal mantello marroncino, che la rende anche più mimetica e sfuggevole. Il problema è che le nostre case ne sono infestate, dato che s’intrufolano dappertutto, ma sulle quali non possiamo certo esercitare le tecniche di schissamento apprese e sperimentate in gioventù.
Inutile, carimìe: schissare la cimice non è affatto consigliabile per l’odore repulsivo che emana e ti s’attacca addosso senza remissione. L’effetto punitivo, ancestrale e liberatorio della schissada, non è compensato dal trovarsi addosso quel penetrante e persistente odore. La cimice apparterrebbe a pieno titolo alla nostra vecchia categoria dei bai insulsi, dato che è facile acchiapparla, ma non così la sua eliminazione. Infatti, non ha praticamente predatori proprio per il suo mefitico olezzo. Odore caratteristico, che non ha un nome specifico, ma viene chiamato banalmente: spussa da bao verde.
Per sopprimere l’invadente e ronzante insetto, bisogna infatti ricorrere ad artifici che non danno proprio nessuna soddisfazione, anzi, sono fonte di stress. Buttar la cimice nel water, per esempio, non serve; ci sguazza allegramente e consumiamo una valanga d’acqua per niente. Andrebbe messa in una contenitore con dell’acqua saponata, così da eliminare la tensione superficiale del liquido che le permette di galleggiare dispettosamente, ma è una bella struma. Inoltre è uno spettacolo troppo sadico per la sensibilità moderna, l'aspettare che l'insetto si dibatta nell'annegamento e dispieghi infine le alette a riprova dell'avvenuto decesso. L’alternativa, che permette di applicare appieno la pena capitale ed esercitare così un congruo effetto punitivo, è di buttarla nella stufa. Lì dovrebbe essere pianto e stridore di denti, come una moderna Geenna, ma dobbiamo considerare che, tutto sommato, l’unico peccato della cimice è invadere i nostri spazi vitali e la pena non sarebbe cristianamente proporzionata. Quindi, per conciliare coscienza e igiene, sarà meglio ricorrere all'aspirapolvere. Attenzione però! la cimice non emette quello sgradevole odore solo quando schiacciata, ma pure se si sente minacciata, per cui occorre agire sempre con fulminea circospezione.
Vabbè, mi pare che comunque non ne andiamo fuori!
Ognuno, nell’omertoso silenzio della sua coscienza, avrà senz’altro escogitato qualche misura di contenimento di questo invadente insetto. Misure più o meno efficaci e più o meno umane a seconda degli strumenti e della sensibilità di cui dispone. Dopo tutto è pur sempre una creatura supposta senziente, che la natura, nella sua sapienza, ha dotato di una pestilenziale arma olfattiva proprio per difendere la sua insulsaggine dall'egoismo e dagli istinti criminali di noi umani.
Nessun commento:
Posta un commento