Non so se il Sera sia rimasto l’ultimo appassionato vignaiolo di Casotto, ma certamente da quelle parti l’arte di Bacco deve avere una lunga e misteriosa tradizione. Antica e riconosciuta, se anche Don Giovanni Toldo riporta nel suo libro che, durante la carestia del 1816, il parroco di Piovene ordinò il vino da messa ad un casotàn. Questi non trovò di meglio che portargli l’uva in un sacco, da quanto inclemente era stata quella stagione che non permise la giusta maturazione.
Ora, non è tanto sorprendente che il nostro valligiano potesse fornire solo dell'uva un po’ duretta da lasciarsi trasportare in un sacco per più di 20 km e sulle strade d'allora, quanto che l’arciprete di Piovene non avesse trovato di meglio che rifornirsi proprio a Casotto. Sorge perciò legittimo il dubbio che gli effluvi ammalianti che sicuramente aleggiano attorno al Cògolo delle Anguane, abbiano una qualche misteriosa influenza sulle vicine vanéde dedicate alla produzione di inebrianti nettari.
Non può essere altrimenti.
D’altra parte, il territorio di Pedemonte è costellato di Vingarti, toponimi che rimandano alla presenza di vigneti, tanto da farne addirittura l’emblema civico con la vigna che campeggia nel suo stemma. Qualcosa di particolare deve pur esserci al di là della Torra, dato che a San Pietro, per quanto ne so io, s’è sempre prodotto niente più che un onesto, ma sofferto pinpinéla.
Ma pare che la cosa venga da ancor più lontano, almeno a giudicare da quel documento del 1560 che ci ha segnalato la prima presenza in loco dei Sartori da Villaverla.
1560 indizione 7^ giorno mercoledì 20 del mese di novembre in villa detta Casotto distretto di Caldonazzo in casa dell’infrascritto Bernardino, presenti il nipote Gio:Maria, e Francesco figlio di Gio:Maria, entrambi testi a ciò chiamati e specialmente richiesti.
A titolo di vendita, e prezzo finito ed accettato di 15 ducati alla presenza dei testimoni detti, e di me notaio infrascritto, l’egregio sig. Francesco di Cerra da Forni, cittadino vicentino, realmente ebbe, e manualmente ricevette parte in oro e parte in moneta valida corrente, da Battista, fu Cristoforo di Toldi da S. Pietro Valdastico qui presente e solvente per sé e a nome di suo fratello e per gli eredi, per quei ducati e quel prezzo.
L’egregio sig. Francesco qui presente quanto per sé e i suoi eredi, consegnò trasferì vendette ed alienò come proprio e secondo i propri diritti libero e subito disponibile senza alcuna controversia al soprascritto Battista qui presente, acquirente stipulante e ricevente per se e i suoi eredi, ed a nome di suo fratello, un affitto di tre mastelli di vino puro e genuino, il quale affitto pagava Bernardino fu Francesco Sartori da Villaverla, al presente abitante nel luogo detto Casotto, per una porzione di terra arativa con piante di viti ed alberi, di un campo dei quattro posti nelle pertinenze e contra’ detta Casotto a mattina presso Gio:Maria nipote del detto venditore a mattina presso i beni comunali e delle altre parti presso il soprascritto venditore, ed altri, come appare nell’atto scritto di mio pugno 1560 indizione 3^ giorno venerdì secondo mese di febbraio.
Apprendiamo che questa stipula è accessoria di un precedente accordo. Sostanzialmente ratifica il pagamento di un affitto per l’uso di una parte dei terreni venduti e consistente in tre mastelli di vino puro e genuino.
Ecco che la storia comincia da lontano!
Ecco che la storia comincia da lontano!
Vuoi vedere che questi Sartori venuti dalle Basse, si son portati appresso qualche arcana tecnologia vinaria, che rimase ignota per secoli ai serenissimi sudditi dell'altra sponda della Torra e che ora vede magari nel Sera l’ultimo custode e depositario?
Una sorta di Santo Graal bacchico dunque, ma mentre i più cercavano per secoli il contenitore, a Casotto si concentravano più prosaicamente sul contenuto.
Mah,.. sti casotàni!
Mah,.. sti casotàni!
Nessun commento:
Posta un commento