sabato 31 agosto 2019
El resentìn
Una tazzina di porcellana ancora calda
dall’ottimo espresso che è appena stato consumato. Una decina di
millilitri di grappa pulita e fragrante, non importa se giovane o
invecchiata. Una rotazione veloce della tazzina per fare accorpare nella
grappa il calore, le gocce di caffè residue, ma soprattutto le tracce
di crema presenti sulle pareti. Un’ispirazione profonda per cogliere le
pregiate molecole presenti, rese più volatili dal calore, e quindi giù
in un solo sorso, per poi aprire la bocca e godere dell’aroma. Cosa
possibile solo se l'espresso e la grappa sono ottimi.
Questo rituale nasce qui a casa nostra: da sempre, Veneto e distilleria sono un binomio indissolubile!
Questo rituale nasce qui a casa nostra: da sempre, Veneto e distilleria sono un binomio indissolubile!
Veneto a 360°
NOVITA' AGGIUNTIVE AL FILM FESTIVAL !!!
Nelle serate di sabato 31 agosto
e domenica 1 settembre
l'evento si allarga...
e domenica 1 settembre
l'evento si allarga...
SABATO 31 AGOSTO ALLE ORE 17
PRESSO LA SALA ADIACENTE
LA BIBLIOTECA DI SAN PIETRO:
"CONSORZIO 1985"
da una vecchia pellicola 16mm
datata 1985,
un video che ci farà rivivere
il passato delle nostre montagne.
Durata 35 minuti
Ci sarà anche la possibilità
di acquistare il DVD!
***§§§***
DOMENICA 1 SETTEMBRE
ALLE ORE 17.30
PRESSO LA SALA ADIACENTE
LA BIBLIOTECA DI SAN PIETRO:
"RAZU SURKUNA"
- la stagione del ghiaccio,
un'attività dimenticata -
Direttamente dal cuore dell'Equador
un video che ci farà rivivere
vecchi lavori presenti un tempo
anche nella nostra Valle.
venerdì 30 agosto 2019
La lezione di FEDERICO IL GRANDE!!!
Dopo l’esordio
trionfale dello scorso anno, Federico Rossi è tornato nuovamente sui
passi della “PEDESCALAndoROTZO”, ripercorrendo i dodici km di
asfalto che da Pedescala portano al più antico dei 7 Comuni. La
strada del Piovan è frequentata assiduamente e in quasi tutte le
stagioni da fondisti e ciclisti che la apprezzano sopratutto per la
pendenza dolce e regolare: percorrerla spingendo una carrozzina,
peraltro, dev’essere tutta un’altra cosa, specie nel tratto
finale, veramente ripido e impegnativo. Ma nel volto di Federico,
giunto al traguardo, c’era più gioia che fatica e nei suoi occhi
si leggeva la soddisfazione per un altro risultato raggiunto, da
aggiungere ai tanti altri colti in precedenza. Perché l’importante
è non arrendersi mai e cercare sempre di ottenere il massimo
partendo dalle condizioni in cui ognuno si trova. Lo diceva anche
Andrea Zanardi, parlando del terribile incidente che nel 2001 lo
aveva privato degli arti inferiori: “quando mi sono risvegliato dal
coma e ho realizzato in che condizioni mi trovavo, ho pensato: devo
trovare il modo di fare tutto quello che facevo prima anche senza le
gambe…”. Quante corse potrebbero fare, quante valli scavalcare,
quante montagne potrebbero e vorrebbero scalare Federico e Andrea, se
solo avessero l’uso delle gambe? E le braccia, sono forse meno
importanti? Perdere anche quelle, quanta difficoltà in più
comporterebbe? E che dire degli occhi, in grado di farci vedere
immagini e colori, e l’udito che ci permette di cogliere il canto
delle api regine e ci apre al contatto con il mondo? E non è forse
un’autentica meraviglia, nel suo complesso, quella stupenda
macchina chiamata corpo umano, fatta di un ben disposto insieme di
braccia, gambe, mani ma soprattutto di un cervello e di un cuore?
Questo vorremmo dire ai nostri giovani, ai nostri figli cui la vita
appare spesso noiosa, che spostano a fatica occhi stanchi e svogliati
da un gioco elettronico all’altro, occhi che non conoscono più
meraviglia e stupore: uscite di casa, andate a correre nei prati e a
camminare nei boschi, poi sedetevi sotto un albero ad ascoltare i
suoni della natura. Con la schiena appoggiata al tronco toccatevi le
gambe e stupitevi nel sentirle vive, irrorate di sangue, vitali;
accarezzatevi le mani, meravigliandovi di quali e quanti movimenti
riescano a fare; datevi un pizzicotto sulla guancia e cogliete il
pulsare del vostro cuore. Sentitevi parte dell’universo, al pari
della formica che sta risalendo i vostri pantaloni o del fiore che vi
occhieggia a lato. Poi guardatevi lentamente attorno e considerate
come niente di tutto questo sia scontato: invece tutto, ma proprio
tutto, è un dono. Un grandissimo dono che ci viene dato e rinnovato
ogni giorno da Qualcuno – chiamatelo pure come volete -
immensamente più grande di noi, al solo scopo di vedere i nostri
occhi illuminarsi di gioia e felicità, perché così a Lui piace.
Quante opportunità ci vengono offerte che noi sistematicamente
ignoriamo! Infine pensate a Federico, alla sua lezione e al suo
esempio, alla sua irrefrenabile voglia di vivere, al fatto che sia
riuscito a montare sulla propria carrozzina non un cambio ultimo
modello, ma le ali del coraggio e della volontà per poter volare su
ogni traguardo; Federico che è innamorato della vita e non sa che
significato abbia la parola noia.
Quando, più tardi, vi incamminerete lentamente verso casa – senza più correre, questa volta – allora forse proverete un piccolo spicchio di serena felicità, dovuta alla semplice consapevolezza di essere vivi e al fatto di sentirsi finalmente parte di questo mondo.
Quando, più tardi, vi incamminerete lentamente verso casa – senza più correre, questa volta – allora forse proverete un piccolo spicchio di serena felicità, dovuta alla semplice consapevolezza di essere vivi e al fatto di sentirsi finalmente parte di questo mondo.
(biblioteca civica di Rotzo)
giovedì 29 agosto 2019
Avventure in canoa
Siamo a Piovene Rocchette,
vicino alla Centrale Idroelettrica.
Un’immersione nella natura con
scorci di archeologia industriale.
E voi ne eravate al corrente?
Veneto segreto
Il Prato della Valle a Padova
E’ uno dei simboli di Padova nonché una delle piazze più grandi d’Europa
con i suoi 88.620 mq: Prato della Valle è la grande piazza elittica che
vanta il fatto di essere anche un grande spazio monumentale. Si
caratterizza per l’isola verde posta al centro, chiamata Isola Memmia, in
onore del podestà che commissionò i lavori. Intorno il canale è ornato
da un doppio basamento di statue numerate che raffigurano celebri
personaggi del passato, i più illustri figli della città, padovani di
nascita o d’adozione o comunque personalità celebri che avevano avuto un
ruolo nella storia cittadina.
In epoca romana era un vasto teatro e dava grande spazio alle corse dei cavalli. Durante le persecuzioni è stato il luogo dove vennero martirizzati Santa Giustina e San Daniele, mentre in epoca medievale era sede di fiere, giostre, feste pubbliche e gare. Ma è stato anche lo spazio perfetto per le grandi assemblee e per il mercato. La tradizione vuole che le frequentate prediche di Sant'Antonio avvenivano proprio in Prato della Valle. Bisogna però aspettare il 1775 per dare al luogo la giusta valorizzazione essendo comunque poco curata e in una zona piuttosto paludosa.
Veneto a 360°
In epoca romana era un vasto teatro e dava grande spazio alle corse dei cavalli. Durante le persecuzioni è stato il luogo dove vennero martirizzati Santa Giustina e San Daniele, mentre in epoca medievale era sede di fiere, giostre, feste pubbliche e gare. Ma è stato anche lo spazio perfetto per le grandi assemblee e per il mercato. La tradizione vuole che le frequentate prediche di Sant'Antonio avvenivano proprio in Prato della Valle. Bisogna però aspettare il 1775 per dare al luogo la giusta valorizzazione essendo comunque poco curata e in una zona piuttosto paludosa.
Veneto a 360°
mercoledì 28 agosto 2019
I video di Gino Sartori - andando per contrade con Fermino Brazzale e Tarcisio Bellò
Questo video è dedicato a Fermino Brazzale che purtroppo ci ha lasciato alcuni anni fa. Devo dire che raramente ho incontrato Persone di un tale livello umano e culturale come Fermino!
martedì 27 agosto 2019
La giassàra de Valpegàra
Molti sono
i manufatti, i monumenti e le costruzioni che silenziose e nascoste continuano
a vivere nella valle, nei paesi e
nelle contrà.
Se alcuni
ci sono sempre davanti agli occhi, come le preziose fontane, altri sono meno
conosciuti, ma non per questo di minore importanza. Parliamo oggi della
“Giassàra” di Forni, nel comune di Valdastico il cui recupero è stato possibile
grazie all’impegno e alla volontà del “Comitato Forni” da sempre attento alla
salvaguardia del territorio e delle sue ricchezze.
Promotore
di quest’idea è stato Luciano Zambon che ha trovato consenso e aiuto in
molti amici disposti a dare il loro contributo per la realizzazione di questo
intervento. Anche la Comunità Montana Alto Astico e Posina, l’Assessorato ai
Beni Ambientali e l’Amministrazione Provinciale di Vicenza, si sono impegnati a
contribuire economicamente all’opera di restauro realizzata da volontari e da
alcune aziende della zona. I lavori sono stati eseguiti dal 1991
fino al 2 ottobre 1993, giorno della cerimonia dove è stata festeggiata la fine
dei lavori. Pulizia, sgombero del materiale all’interno, (era stata
trasformata in una discarica) restauro, fugatura dei muri e pulizia, posa
dell’acciottolato, impianto di illuminazione, recupero della lunetta d’entrata,
cancello d’entrata e all’interno; tutte opere che hanno impegnato i volontari
con 300 ore di lavoro. La “Giassàra” di cui parliamo è situata sulla
strada provinciale per Trento, ora statale 350, appena sopra il bivio per
Valpegara, una piccola località sulla sponda destra dell’Astico, ed è un
monumento che vale la pena di conoscere. Costruita per iniziativa del Parroco
don Domenico Calvi, che aveva ristrutturato molte opere Parrocchiali e fondato
una delle prime Casse Rurali del Veneto, porta l’insegna “Ghiacciaia
della Parrocchia di Forni” A.D. 1898; i proventi della vendita del ghiaccio
andavano a favore della Parrocchia stessa. Le fondamenta sono circolari, del
diametro di 8 metri, le mura di pietra si innalzano per 10 metri arrivando alla
cupola semisferica che chiude la cima da dove, una pietra spostabile permetteva
di introdurre il ghiaccio. L’uso che si faceva di queste enormi celle
frigorifere, non era quello di fabbricare ghiaccio, bensì di conservare il
ghiaccio che madre natura, ogni inverno regalava con il gelo. I ghiaccioli
erano staccati da dove pendevano sulle rocce, spezzati e trasportati con sacchi
e gerle fino a riempire la ghiacciaia. Quando la raccolta era finita nei
dintorni, si andava a raccogliere il ghiaccio anche lontano, alla valle delle
Pozze, al Salto, nei valloni dello Spitz di Tonezza, anche camminando per due
ore, guadagnando 20 centesimi al sacco. Il commercio del ghiaccio nella buona
stagione, forniva i paesi e le macellerie della Valdastico, di Arsiero,
Piovene, Santorso, Schio, Thiene e anche le Farmacie di tutte queste zone.
Veniva trasportato in sacchi con carretti tirati da muli, sempre di notte per
evitare che il caldo del giorno sciogliesse il prezioso materiale.
Così, per
merito e volontà di molti, l’antica “Giassàra” è ritornata a vivere dandoci
testimonianza del lavoro, delle fatiche, dei sacrifici e dell’unione dei
nostri avi; gli stessi che ci hanno lasciato testimonianze mute e silenziose
come le “masiére”, i “rapari” e tante altre costruzioni di cui ignoriamo
l’esistenza o che siamo talmente abituati a vedere che non ci rendiamo
conto di quanto esse siano un tesoro prezioso. A tutti quelli che si prodigano
per il recupero delle opere nel territorio, va il nostro grazie; solo in
questo modo, ritagliandoci un po' di tempo, potremo tener vivo ciò che
c’è stato lasciato, perché nulla del nostro patrimonio vada irrimediabilmente
perduto.
Lucia Marangoni
Lucia Marangoni
lunedì 26 agosto 2019
La quarantena
Chi coniò e come ebbe origine questo termine?
Con l'avvento della peste nera (secondo un documento originale datato 1377) le navi in arrivo nella città di Ragusa (Dubrovnik) erano costrette a rimanere 30 giorni al largo del porto prima di poter sbarcare, in attesa di vedere se i sintomi della malattia potessero comparire nell'equipaggio.
All'incirca nello stesso periodo, anche Venezia per tutti i territori della Serenissima emanò una serie di provvedimenti per arginare la diffusione della peste: l'isolamento fu prolungato a 40 giorni e venne chiamato dalle autorità veneziane "quarantena" (in italiano: quarantina).
Dopo questo lasso di tempo, infatti, si riteneva che un ammalato di peste non fosse più contagioso. In realtà, la malattia era diffusa dalle pulci dei roditori e tale misura di prevenzione contro la malattia risultò inutile.
Con l'avvento della peste nera (secondo un documento originale datato 1377) le navi in arrivo nella città di Ragusa (Dubrovnik) erano costrette a rimanere 30 giorni al largo del porto prima di poter sbarcare, in attesa di vedere se i sintomi della malattia potessero comparire nell'equipaggio.
All'incirca nello stesso periodo, anche Venezia per tutti i territori della Serenissima emanò una serie di provvedimenti per arginare la diffusione della peste: l'isolamento fu prolungato a 40 giorni e venne chiamato dalle autorità veneziane "quarantena" (in italiano: quarantina).
Dopo questo lasso di tempo, infatti, si riteneva che un ammalato di peste non fosse più contagioso. In realtà, la malattia era diffusa dalle pulci dei roditori e tale misura di prevenzione contro la malattia risultò inutile.
veneto a 360°
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[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...