(Ho trovato questo scritto in rete e ho pensato di proporlo)
Sono un po’ “stanchino”, stasera, dopo una giornata a dir poco “faticosa”, ma prima di spegnere la luce vorrei condividere con chi vorrà leggerli questi pensieri, che mi martellano la testa.
Dico subito che non sarò breve, per invitare chi non ha voglia/tempo a passare oltre...
La vita di un sindaco può essere massacrante (vi assicuro che spesso è così), ma anche piena di straordinarie opportunità, di momenti che ti penetrano nello stomaco e sono colpi forti da assorbire (credetemi sulla fiducia anche in questo).
Capisci che sono anche grandi regali, da cui impari tanto, ammesso che riesci a metabolizzarli.
Oggi ho vissuto tre situazioni diverse, ma ho soprattutto incrociato tre donne straordinarie. Che mi resteranno nel cuore e nella testa.
Non credo affatto si conoscano tra loro, ma c’è un filo rosso, (ma d’acciaio però, e capirete perché) che le tiene unite, pur nelle loro storie così diverse.
La prima si chiama Francesca. Avevo letto di lei, ma stamattina l’ho conosciuta di persona alla stazione di Thiene. Poche parole le sue, anche con i giornalisti che la intervistavano.
Lei vive (credo da sempre, non la conosco granché) su una carrozzina.
Immagino che la sua vita non sia mai stata facile.
Ad un certo punto si è trovata davanti ad un ennesimo muro (le chiamiamo abitualmente barriere architettoniche
È poca cosa, uno scalino. Però succede spesso che noi che stiamo bene neanche ce ne accorgiamo. E lo scalino resta lì. Grande, la Francesca. Non deve essere stato facile. C’è riuscita.
Seconda donna. Stasera al teatro del Centro Giovanile a Santorso ho ascoltato le parole di Claudia, un’altra bella tosta. Raccontava la sua storia, sul palco, mescolandola alle danze hip hop delle sue amiche, sia quelle che accompagnano le sue serate (lo spettacolo si chiama: Ce la farò anche stRavolta) sia quelle che hanno vissuto la sua stessa esperienza. Claudia racconta di un drago nero, che si chiama cancro, che ha affrontato e combattuto. Con un’energia positiva che ti fa sentire tanto, ma tanto piccolo e inadeguato al confronto...
Grande, la Claudia. Parole vere. Penetranti. E tanta tanta voglia di vivere. Quella che vedi nei film stucchevoli, e sai che è finta. Qui invece è tutta vera. Non ci sono dubbi. Ti entra dappertutto.
Grazie, Claudia.
Meriterebbero molto più spazio, e parole giuste, che io sicuramente non so trovare.
Ma vi devo raccontare di una terza donna, forse ancora più forte delle prime due.
La chiamerò Giovanna, che non è il suo vero nome. Perché non sono sicuro che vorrebbe si parlasse di lei.
L’ho conosciuta nel tardo pomeriggio, sempre a Santorso, bussando alla sua porta di casa, ed entrandoci più che intimidito.
Ci vive davvero da una vita lì dentro (e qui le parole andrebbero soppesate fino in fondo, perché fanno male, a ben pensarci). Lì dentro, in quella casa, ha assistito e curato suo padre, per ben 26 anni, dopo che era diventato un disabile con tante necessità, ma anche sua madre, malata pure lei. E poi, come se la vita non le avesse riservato già abbastanza, suo marito, che da diversi anni si trova in una condizione ancora peggiore di suo padre.
Impossibile, può pensare qualcuno. Tutto vero: garantisco io. Su questo terreno non permetterei a nessuno di montare fandonie. Figuriamoci a me stesso...
Giovanna se le è caricate addosso, queste tre tragedie. E lo ha fatto mollando e rinunciando a tutto. Compreso il lavoro. Compreso, temo, se stessa.
Io ci ho lavorato, per trent’anni, con le persone con disabilità e le loro famiglie. E di storie dolorose ne ho viste e conosciute parecchie, ma il volto di Giovanna stasera mi raccontava qualcosa che non avevo ancora mai visto. Qualcosa che toglie il fiato, che ha rischiato di portarmi a domande pericolose per la mia fede e per la mia salute mentale.
E invece Giovanna non ha detto una sola parola di lamento, nel raccontarmi la sua storia straziata e continuava a sorridere accarezzando con una tenerezza infinita quel corpo di uomo devastato dalla malattia rannicchiato nel letto. E la guardavo, con quel suo volto scavato, e ad ogni secondo che passava mi sentivo sempre più una merda infinita, con i miei piccoli grandi problemi esistenziali, in cui spesso mi perdo, rispetto ai suoi, così veri, irrisolti ed irrisolvibili.
E mi è sembrata una luce, Giovanna, a cui guardare, in questi giorni così bui...
Francesca, Claudia, Giovanna.
Tre donne. Non credo affatto sia una coincidenza.
Noi uomini dobbiamo solo piegare la testa. E tacere. E imparare.
Ora provo a dormirci sù, se ci riesco.
E domani provo a ricordarmi di loro, che oggi mi hanno insegnato tanto.
Franco Balzi - Sindaco di Santorso
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