La "clausola di supremazia", contenuta all'articolo 117, comma 4
della Costituzione che entrerà in vigore se vincerà il Sì, stabilisce
che "su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in
materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la
tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la
tutela dell'interesse nazionale". Queste leggi saranno, secondo il nuovo
articolo 70, comma 4, approvate dalla Camera, visto che il Senato avrà
al massimo 10 giorni di tempo per esaminare il testo (il termine è così
ristretto da apparire "canzonatorio") e visto che, comunque, eventuali
richieste di modifiche da parte del Senato possono essere rigettate
dalla Camera. Tale clausola conferma la matrice marcatamente statalista e
accentratrice della nuova Costituzione e dà al principio di preferenza
della autorganizzazione della società rispetto allo Stato, cardine della
Costituzione del 1948, uno schiaffo che si ripercuote sugli stessi
principi supremi della Costituzione, formalmente non toccati dalla
riforma.
I sostenitori del Sì affermano che tale clausola recepirebbe un principio
già affermato dalla Corte Costituzionale prima della riforma stessa, e
costituirebbe una regola di chiusura presente anche nelle più evolute
costituzioni federaliste moderne (in particolare, in Germania e negli
USA). Niente di più errato. In realtà, il principio affermato dalla
Corte Costituzionale si declina in modo totalmente diverso e le clausole
contenute nelle costituzioni tedesca e statunitense prevedono
delimitazioni neppure lontanamente comparabili con la clausola
Renzi-Boschi. Il principio affermato dalla Corte Costituzionale
(cosiddetta "chiamata in sussidiarietà", elaborata a partire dalla
sentenza n. 303/2003 e ripetuta con piccoli aggiustamenti nella
giurisprudenza successiva) poggia su due requisiti fondamentali:
1) l'esercizio del potere legislativo dello Stato
in materie riservate alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni
può avvenire soltanto previa consultazione e accordo tra Stato e
Regione interessata: "per giudicare se una legge statale che occupi
questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non
costituisca invece applicazione dei principî di sussidiarietà e
adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la previsione di
un'intesa fra lo Stato e le Regioni interessate, alla quale sia
subordinata l'operatività della disciplina" (sent. n. 303/2003). La
necessità della consultazione e del coinvolgimento della Regione sono
rimaste ferme nella sostanza anche nelle decisioni successive, tanto che
per la Consulta “il mancato raggiungimento dell’intesa costituisce
ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento” (Corte Cost.,
n. 6/2004);
2) la chiamata in sussidiarietà ha presupposti e limiti precisi.
Deve dimostrarsi che ai sensi dell'art. 118 Cost. una certa funzione
amministrativa non può essere svolta in modo soddisfacente a livello
sub-statale; conseguentemente, la deroga al criterio di riparto di
competenze legislative stabilito dalla Costituzione deve limitarsi alla
"organizzazione e (al)la disciplina delle funzioni amministrative
assunte in sussidiarietà", poiché "il principio di legalità ... impone
che anche le funzioni assunte per sussidiarietà siano organizzate e
regolate dalla legge". Si statuisce quindi in modo chiaro che la
chiamata in sussidiarietà non poteva basarsi su "mere formule verbali
capaci con la loro sola evocazione di modificare a vantaggio della legge
nazionale il riparto costituzionalmente stabilito": infatti, come
chiarisce sempre la Consulta nella sent. n. 303/2003, "ciò equivarrebbe a
negare la stessa rigidità della Costituzione".
I due predetti elementi, richiesti dalla giurisprudenza costituzionale
in materia di "chiamata in sussidiarietà", sono completamente assenti
nel nuovo testo costituzionale, che àncora la supremazia a concetti
amplissimi (come tali, suscettibili di strumentalizzazione) ed esclude
il coinvolgimento delle Regioni. L'affermazione secondo cui la clausola
di supremazia del nuovo testo costituzionale costituirebbe la
positivizzazione di un precedente orientamento della Corte
Costituzionale risulta destituita di fondamento. Anzi, nella parte in
cui indica come possibile elemento sufficiente per l'avocazione di
competenze legislative "la tutela dell'interesse nazionale", essa
contrasta apertamente con la giurisprudenza costituzionale
precedentemente formata e concretizza quello stesso rischio che la Corte
aveva evocato in casi del genere, ossia la trasformazione della
Costituzione da rigida a flessibile.
Quanto agli USA, l'articolo 6, comma 2 della Costituzione americana
stabilisce che soltanto le leggi federali approvate in conformità alla
Costituzione prevalgono sulle legge dei singoli Stati e, considerato che
le competenze del Congresso federale sono elencate tassativamente
all'articolo 1, Sezione 8 della Costituzione, appare evidente come non
possa essere rinvenuto alcun elemento di somiglianza rispetto al sistema
delineato dalla riforma Renzi-Boschi. Per inciso, gli USA prevedono da
oltre duecento anni un sistema parlamentare di vero e proprio
bicameralismo perfetto (articolo 1, sezione 7): sono quindi false le
affermazioni secondo cui la Costituzione Italiana del 1948 sarebbe
risultato l'ultimo esemplare di bicameralismo perfetto nel mondo
progredito.
Quanto al sistema tedesco, l'art. 72 della GrundGesetz
afferma che lo Stato Federale ha in ogni caso potere legislativo quando
e nella misura in cui la creazione di condizioni di parità di vita o il
mantenimento dell'unità giuridica o economica nell'interesse nazionale
richieda una regolamentazione a livello federale, ma chiarisce che ciò
può avvenire soltanto in determinate materie indicate tassativamente e
già di regola (art. 74) comprese nell'ambito della legislazione
concorrente (immigrazione; alcuni settori economici come industria,
professioni, banche e assicurazioni; pubblica assistenza; circolazione
stradale; diritto alimentare e fitosanitario; responsabilità dello
Stato; bioetica), mentre in altre materie (cura e protezione di natura e
paesaggio, ricerca scientifica, espropri, spesa sanitaria,
pianificazione territoriale, distribuzione della terra, distribuzione
dell'acqua, ammissione scolastica, caccia) vale il principio opposto,
ossia quello per cui la legge dei Laender ha il sopravvento anche se il
legislatore federale le abbia regolamentate diversamente.
Ci si rende immediatamente conto che, senza considerare la presenza di una vera clausola di "reciprocità" che non è prevista nella nuova Costituzione italiana, la clausola di supremazia tedesca può esercitarsi soltanto in ambiti tassativi, mentre quella targata Renzi-Boschi non ha alcun limite e non patisce alcuna circoscrizione, prestandosi così a ogni abuso: anche considerato che la competenza legislativa esclusiva statale copre, in Italia, già tutto quello che può ragionevolmente incidere sulla unità giuridica ed economica del Paese, compresa la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale.
Ci si rende immediatamente conto che, senza considerare la presenza di una vera clausola di "reciprocità" che non è prevista nella nuova Costituzione italiana, la clausola di supremazia tedesca può esercitarsi soltanto in ambiti tassativi, mentre quella targata Renzi-Boschi non ha alcun limite e non patisce alcuna circoscrizione, prestandosi così a ogni abuso: anche considerato che la competenza legislativa esclusiva statale copre, in Italia, già tutto quello che può ragionevolmente incidere sulla unità giuridica ed economica del Paese, compresa la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale.
La verità è che, a differenza della "chiamata in sussidiarietà"
precedentemente elaborata dalla Corte Costituzionale, la "clausola di
supremazia" contenuta in quello che, vincendo il Sì, diverrebbe il nuovo
articolo 117, comma 4 della Costituzione si caratterizza per una
estrema e pericolosa vaghezza e ampiezza dei requisiti in base ai quali
l'avocazione può avvenire e per l'assenza di coinvolgimento delle
Regioni (che sono distinte dal Senato, neppure al quale peraltro è
conferito un sostanziale potere di incidere sul meccanismo). Ciò apre la
via alla commissione di ogni abuso da parte del Governo e della Camera
da essa controllata, rimettendo il tutto a un sindacato della Corte
Costituzionale che si troverebbe in queste ipotesi le mani
sostanzialmente legate per la vaghezza del meccanismo previsto dalla
riforma. Non è un caso, del resto, che la nuova clausola utilizzi
proprio quel concetto di "tutela dell'interesse nazionale" che la Corte
Costituzionale aveva messo in guardia dall'invocare a questi fini
denunciando che "ciò equivarrebbe a negare la stessa rigidità della
Costituzione".
Che la riforma Renzi-Boschi tenda a trasformare
nella sostanza la Costituzione Italiana da rigida (casa comune degli
Italiani) a flessibile (strumento della maggioranza politica di turno)
traspare in modo evidente da un molteplicità di elementi, che vanno
dalle deplorevoli modalità di approvazione (maggioranze risicatissime e
sempre variabili a seconda della stampella politica di turno) al legame
propagandistico con la legge elettorale. La clausola di supremazia è uno
degli elementi che traduce questo passaggio in dato giuridico
inoppugnabile. Con buona pace di chi sostiene che essa non incida sui
principi fondamentali della Costituzione Italiana.
Vista la "Clausola di Supremazia" cosa hanno subito fatto i nostri in Regione?...Eh...già...supremazia di chi? La legge regionale che permette nessun controllo sulle cave, nessun controllo sulla redazione dei PRG, e molto altro "liberalizzato"... bene bene, ora a Sanpiero hanno carta libera per variare il PRG, per lasciare cavare tutto e dappertutto... VALLE PIANGI!!! Fra Renzi e questi, hanno sistemato la valle per sempre! Requiescant omnia
RispondiEliminaCercando, ho trovato questo che, come dice Valle Piangi, mi preoccupa...
RispondiEliminaURBANISTICA - POSSIBILITA’ DI ATTUARE VARIANTI URBANISTICHE SENZA ESSERE DOTATI DEL PAT – PIANO DI ASSETTO DEL TERRITORIO
Per legge attualmente è vietato effettuare varianti urbanistiche ai vecchi PRG (Piani Regolatori Regionali) dopo il 31 dicembre del 2015.
Questo era un incentivo per i comuni veneti, dopo l’approvazione della legge urbanistica n.11 del 2004, di dotarsi del nuovo strumento urbanistico da questa previsto, il PAT Piano di Assetto del Territorio che consente le varianti tramite i PI Piani di Intervento.
Il PAT però, a differenza del PRG, risponde a logiche programmatorie più moderne prevedendo anche per la sua approvazione un processo conoscitivo e di partecipazione del pubblico, ovvero delle categorie interessate e dei cittadini.
Togliere questo divieto significa premiare quei comuni che se ne sono infischiati della norma urbanistica che prevedeva l’approvazione dei PAT e che si sono tenuti i vecchi PRG. Ora potranno fare quello che vogliono anche con il vecchio PRG e di conseguenza non saranno più incentivati a dotarsi del PAT.
Ed ancora questo:
RispondiEliminaCAVE - SMANTELLAMENTO DELLA LEGGE SULLE CAVE IN ATTESA DELLE NORME DEL PIANO REGIONALE ATTIVITA’ DI CAVA
Nel Collegato vengono cancellate importanti disposizioni di tutela del territorio che in questi anni avevano costituito una seppur minima difesa dall’attività di cava.
Viene innalzato notevolmente il limite di ampliamento delle cave attive pari al 30% in volume portandolo addirittura al 50%; viene cancellato il parere vincolante della Provincia in tema di autorizzazioni di ampliamenti delle cave esistenti; viene cancellato il limite massimo di suolo agricolo scavabile per ciascun comune, da sempre fissato al 3%; vengono consentiti ampliamenti in deroga alle fasce di rispetto da case, centri storici, zone industriali e commerciali; ogni cava potrà godere di un ampliamento di addirittura 500.000 metri cubi.
Sulle cave la Regione accentra perciò il potere decisionale togliendolo alle Province, che però continuano sulla carta a mantenere le funzioni relative alla gestione delle cave.
Trovo inverosimili e dannose queste disposizioni sulle cave che vanno contro il principio della limitazione del consumo di suolo: la Superstrada Pedemontana Veneta ha già saturato il mercato della ghiaia con un surplus di circa 10 milioni di metri cubi, estratti e da estrarre, immessi sul mercato.
Trovo che queste norme nascoste nel collegato costituiscono un fortissimo incentivo a distruggere altro suolo in chiara contraddizione con la tanto proclamata intenzione della Giunta Zaia di limitarlo.
La Giunta pensi ad approvare entro aprile 2017 il Piano Cave (il cosiddetto PRAC) come chiesto dal Tribunale Amministrativo del Veneto, anziché proporre queste leggine fatte probabilmente per specifici interessi locali, ma contro gli interessi generali di tutela del territorio.
E’ evidente che si vuole aggravare la situazione di anarchia in materia di cave dovuta all’Assenza del PRAC, il piano cave, consentendo l’assalto alla diligenza prima dell’arrivo delle nuove regole del PRAC.
Il rischio infatti è che vengano autorizzati ampliamenti che consentiranno di estrarre ghiaia anche in quantità superiore a quelle che verranno previste dal PRAC.