martedì 29 novembre 2016

Le false difese della "clausola di supremazia" di Francesco Farri


La "clausola di supremazia", contenuta all'articolo 117, comma 4 della Costituzione che entrerà in vigore se vincerà il Sì, stabilisce che "su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale". Queste leggi saranno, secondo il nuovo articolo 70, comma 4, approvate dalla Camera, visto che il Senato avrà al massimo 10 giorni di tempo per esaminare il testo (il termine è così ristretto da apparire "canzonatorio") e visto che, comunque, eventuali richieste di modifiche da parte del Senato possono essere rigettate dalla Camera. Tale clausola conferma la matrice marcatamente statalista e accentratrice della nuova Costituzione e dà al principio di preferenza della autorganizzazione della società rispetto allo Stato, cardine della Costituzione del 1948, uno schiaffo che si ripercuote sugli stessi principi supremi della Costituzione, formalmente non toccati dalla riforma.
I sostenitori del Sì affermano che tale clausola recepirebbe un principio già affermato dalla Corte Costituzionale prima della riforma stessa, e costituirebbe una regola di chiusura presente anche nelle più evolute costituzioni federaliste moderne (in particolare, in Germania e negli USA). Niente di più errato. In realtà, il principio affermato dalla Corte Costituzionale si declina in modo totalmente diverso e le clausole contenute nelle costituzioni tedesca e statunitense prevedono delimitazioni neppure lontanamente comparabili con la clausola Renzi-Boschi. Il principio affermato dalla Corte Costituzionale (cosiddetta "chiamata in sussidiarietà", elaborata a partire dalla sentenza n. 303/2003 e ripetuta con piccoli aggiustamenti nella giurisprudenza successiva) poggia su due requisiti fondamentali:
 1) l'esercizio del potere legislativo dello Stato in materie riservate alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni può avvenire soltanto previa consultazione e accordo tra Stato e Regione interessata: "per giudicare se una legge statale che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca invece applicazione dei principî di sussidiarietà e adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra lo Stato e le Regioni interessate, alla quale sia subordinata l'operatività della disciplina" (sent. n. 303/2003). La necessità della consultazione e del coinvolgimento della Regione sono rimaste ferme nella sostanza anche nelle decisioni successive, tanto che per la Consulta “il mancato raggiungimento dell’intesa costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento” (Corte Cost., n. 6/2004);
 2) la chiamata in sussidiarietà ha presupposti e limiti precisi. Deve dimostrarsi che ai sensi dell'art. 118 Cost. una certa funzione amministrativa non può essere svolta in modo soddisfacente a livello sub-statale; conseguentemente, la deroga al criterio di riparto di competenze legislative stabilito dalla Costituzione deve limitarsi alla "organizzazione e (al)la disciplina delle funzioni amministrative assunte in sussidiarietà", poiché "il principio di legalità ... impone che anche le funzioni assunte per sussidiarietà siano organizzate e regolate dalla legge". Si statuisce quindi in modo chiaro che la chiamata in sussidiarietà non poteva basarsi su "mere formule verbali capaci con la loro sola evocazione di modificare a vantaggio della legge nazionale il riparto costituzionalmente stabilito": infatti, come chiarisce sempre la Consulta nella sent. n. 303/2003, "ciò equivarrebbe a negare la stessa rigidità della Costituzione".
I due predetti elementi, richiesti dalla giurisprudenza costituzionale in materia di "chiamata in sussidiarietà", sono completamente assenti nel nuovo testo costituzionale, che àncora la supremazia a concetti amplissimi (come tali, suscettibili di strumentalizzazione) ed esclude il coinvolgimento delle Regioni. L'affermazione secondo cui la clausola di supremazia del nuovo testo costituzionale costituirebbe la positivizzazione di un precedente orientamento della Corte Costituzionale risulta destituita di fondamento. Anzi, nella parte in cui indica come possibile elemento sufficiente per l'avocazione di competenze legislative "la tutela dell'interesse nazionale", essa contrasta apertamente con la giurisprudenza costituzionale precedentemente formata e concretizza quello stesso rischio che la Corte aveva evocato in casi del genere, ossia la trasformazione della Costituzione da rigida a flessibile.
Quanto agli USA, l'articolo 6, comma 2 della Costituzione americana stabilisce che soltanto le leggi federali approvate in conformità alla Costituzione prevalgono sulle legge dei singoli Stati e, considerato che le competenze del Congresso federale sono elencate tassativamente all'articolo 1, Sezione 8 della Costituzione, appare evidente come non possa essere rinvenuto alcun elemento di somiglianza rispetto al sistema delineato dalla riforma Renzi-Boschi. Per inciso, gli USA prevedono da oltre duecento anni un sistema parlamentare di vero e proprio bicameralismo perfetto (articolo 1, sezione 7): sono quindi false le affermazioni secondo cui la Costituzione Italiana del 1948 sarebbe risultato l'ultimo esemplare di bicameralismo perfetto nel mondo progredito.  
Quanto al sistema tedesco, l'art. 72 della GrundGesetz afferma che lo Stato Federale ha in ogni caso potere legislativo quando e nella misura in cui la creazione di condizioni di parità di vita o il mantenimento dell'unità giuridica o economica nell'interesse nazionale richieda una regolamentazione a livello federale, ma chiarisce che ciò può avvenire soltanto in determinate materie indicate tassativamente e già di regola (art. 74) comprese nell'ambito della legislazione concorrente (immigrazione; alcuni settori economici come industria, professioni, banche e assicurazioni; pubblica assistenza; circolazione stradale; diritto alimentare e fitosanitario; responsabilità dello Stato; bioetica), mentre in altre materie (cura e protezione di natura e paesaggio, ricerca scientifica, espropri, spesa sanitaria, pianificazione territoriale, distribuzione della terra, distribuzione dell'acqua, ammissione scolastica, caccia) vale il principio opposto, ossia quello per cui la legge dei Laender ha il sopravvento anche se il legislatore federale le abbia regolamentate diversamente.

Ci si rende immediatamente conto che, senza considerare la presenza di una vera clausola di "reciprocità" che non è prevista nella nuova Costituzione italiana, la clausola di supremazia tedesca può esercitarsi soltanto in ambiti tassativi, mentre quella targata Renzi-Boschi non ha alcun limite e non patisce alcuna circoscrizione, prestandosi così a ogni abuso: anche considerato che la competenza legislativa esclusiva statale copre, in Italia, già tutto quello che può ragionevolmente incidere sulla unità giuridica ed economica del Paese, compresa la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale.
La verità è che, a differenza della "chiamata in sussidiarietà" precedentemente elaborata dalla Corte Costituzionale, la "clausola di supremazia" contenuta in quello che, vincendo il Sì, diverrebbe il nuovo articolo 117, comma 4 della Costituzione si caratterizza per una estrema e pericolosa vaghezza e ampiezza dei requisiti in base ai quali l'avocazione può avvenire e per l'assenza di coinvolgimento delle Regioni (che sono distinte dal Senato, neppure al quale peraltro è conferito un sostanziale potere di incidere sul meccanismo). Ciò apre la via alla commissione di ogni abuso da parte del Governo e della Camera da essa controllata, rimettendo il tutto a un sindacato della Corte Costituzionale che si troverebbe in queste ipotesi le mani sostanzialmente legate per la vaghezza del meccanismo previsto dalla riforma. Non è un caso, del resto, che la nuova clausola utilizzi proprio quel concetto di "tutela dell'interesse nazionale" che la Corte Costituzionale aveva messo in guardia dall'invocare a questi fini denunciando che "ciò equivarrebbe a negare la stessa rigidità della Costituzione". 
Che la riforma Renzi-Boschi tenda a trasformare nella sostanza la Costituzione Italiana da rigida (casa comune degli Italiani) a flessibile (strumento della maggioranza politica di turno) traspare in modo evidente da un molteplicità di elementi, che vanno dalle deplorevoli modalità di approvazione (maggioranze risicatissime e sempre variabili a seconda della stampella politica di turno) al legame propagandistico con la legge elettorale. La clausola di supremazia è uno degli elementi che traduce questo passaggio in dato giuridico inoppugnabile. Con buona pace di chi sostiene che essa non incida sui principi fondamentali della Costituzione Italiana.








3 commenti:

  1. Vista la "Clausola di Supremazia" cosa hanno subito fatto i nostri in Regione?...Eh...già...supremazia di chi? La legge regionale che permette nessun controllo sulle cave, nessun controllo sulla redazione dei PRG, e molto altro "liberalizzato"... bene bene, ora a Sanpiero hanno carta libera per variare il PRG, per lasciare cavare tutto e dappertutto... VALLE PIANGI!!! Fra Renzi e questi, hanno sistemato la valle per sempre! Requiescant omnia

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  2. Cercando, ho trovato questo che, come dice Valle Piangi, mi preoccupa...

    URBANISTICA - POSSIBILITA’ DI ATTUARE VARIANTI URBANISTICHE SENZA ESSERE DOTATI DEL PAT – PIANO DI ASSETTO DEL TERRITORIO

    Per legge attualmente è vietato effettuare varianti urbanistiche ai vecchi PRG (Piani Regolatori Regionali) dopo il 31 dicembre del 2015.

    Questo era un incentivo per i comuni veneti, dopo l’approvazione della legge urbanistica n.11 del 2004, di dotarsi del nuovo strumento urbanistico da questa previsto, il PAT Piano di Assetto del Territorio che consente le varianti tramite i PI Piani di Intervento.

    Il PAT però, a differenza del PRG, risponde a logiche programmatorie più moderne prevedendo anche per la sua approvazione un processo conoscitivo e di partecipazione del pubblico, ovvero delle categorie interessate e dei cittadini.

    Togliere questo divieto significa premiare quei comuni che se ne sono infischiati della norma urbanistica che prevedeva l’approvazione dei PAT e che si sono tenuti i vecchi PRG. Ora potranno fare quello che vogliono anche con il vecchio PRG e di conseguenza non saranno più incentivati a dotarsi del PAT.

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  3. Ed ancora questo:

    CAVE - SMANTELLAMENTO DELLA LEGGE SULLE CAVE IN ATTESA DELLE NORME DEL PIANO REGIONALE ATTIVITA’ DI CAVA

    Nel Collegato vengono cancellate importanti disposizioni di tutela del territorio che in questi anni avevano costituito una seppur minima difesa dall’attività di cava.

    Viene innalzato notevolmente il limite di ampliamento delle cave attive pari al 30% in volume portandolo addirittura al 50%; viene cancellato il parere vincolante della Provincia in tema di autorizzazioni di ampliamenti delle cave esistenti; viene cancellato il limite massimo di suolo agricolo scavabile per ciascun comune, da sempre fissato al 3%; vengono consentiti ampliamenti in deroga alle fasce di rispetto da case, centri storici, zone industriali e commerciali; ogni cava potrà godere di un ampliamento di addirittura 500.000 metri cubi.

    Sulle cave la Regione accentra perciò il potere decisionale togliendolo alle Province, che però continuano sulla carta a mantenere le funzioni relative alla gestione delle cave.

    Trovo inverosimili e dannose queste disposizioni sulle cave che vanno contro il principio della limitazione del consumo di suolo: la Superstrada Pedemontana Veneta ha già saturato il mercato della ghiaia con un surplus di circa 10 milioni di metri cubi, estratti e da estrarre, immessi sul mercato.

    Trovo che queste norme nascoste nel collegato costituiscono un fortissimo incentivo a distruggere altro suolo in chiara contraddizione con la tanto proclamata intenzione della Giunta Zaia di limitarlo.

    La Giunta pensi ad approvare entro aprile 2017 il Piano Cave (il cosiddetto PRAC) come chiesto dal Tribunale Amministrativo del Veneto, anziché proporre queste leggine fatte probabilmente per specifici interessi locali, ma contro gli interessi generali di tutela del territorio.

    E’ evidente che si vuole aggravare la situazione di anarchia in materia di cave dovuta all’Assenza del PRAC, il piano cave, consentendo l’assalto alla diligenza prima dell’arrivo delle nuove regole del PRAC.

    Il rischio infatti è che vengano autorizzati ampliamenti che consentiranno di estrarre ghiaia anche in quantità superiore a quelle che verranno previste dal PRAC.

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