L'estate si scioglie
lentamente
nel mite autunno
sorridente
e sul pendìo roccioso il vigneto
l'uva matura mostra
lieto.
Su rive scoscese tra
pallide viole,
con pioggia,
grandine e torrido sole,
l'umile vite è
cresciuta a stento,
battuta e piegata
dal vento.
E' tempo di
vendemmia, o gente!
Andiamo tra i filari
allegramente,
in ampie ceste i
grappoli poniamo
e un inno alla vita
cantiamo.
Non è dolce al
palato il nostro vino.
E' duro, aspro,
ribelle, assassino.
Mostra i muscoli,
rosso di rabbia,
inquieto come un
animale in gabbia.
Non è vino da cene
di signori
in sale splendenti
di luci e fiori.
E' un vino che si
beve all'osteria
col brigante di
turno in compagnia.
Bravo Germano ! Questa poesia mi fa pensare al vino che faceva, quand'ero bambina, mio nonno materno, poi quello che metteva in fiasco da 2 litri, un mio vicino di Valpegara, vino nel quale metteva resine e che non si poteva bere a causa del gusto "particolare", sebbene che fosse un modo di immergersi nella civiltà contadina.
RispondiEliminaGermano el fa un'ode ala pimpinela, ..pensete invesse chel Pascoli ghinà fata una ala Cavalina, ....cuéla che te fa vegnèr le stornixie.
RispondiEliminaIo ci provo a tener in piedi la tradizione di casa. Prima i nonni, poi mio papà, poi mio fratello assieme a mamma. Ora ho ereditato io questa cosa che è insieme un hobby (seppur da coltivare con fatica dividendo il tempo col lavoro) e un modo per tener vivo il ricordo dei miei avi e genitori che tennero vive le vigne dell orto..Sarà anche "pimpinela", ma fatto con le mie mani...non ha prezzo! Finché le viti del mio nonno, che ormai avranno 70 anni, vorranno donarmi dell'uva.
RispondiEliminaPiuttosto che spinàri, mejo pimpinela :-)