Ho fatto una mano di conti: per preparare un piatto di pasta
all'Amatriciana non si spendono neanche due euro. Un etto di pasta, un
po' di pomodoro, una manciata di guanciale, una spruzzata di pepe e una
di pecorino. No, ai 2 euro non si arriva. E quindi,
mi chiedo io, dove sta il grande cuore dei ristoratori che devolveranno 2 euro (uno di tasca loro e uno
dalla tasca dei clienti) per ogni piatto di Amatriciana servito? Direi,
malpensante e "malpancista" come ogni tanto riesco a essere, che il
cuore, in questo caso, sia preoccupantemente vicino
al portafogli. Perché se da un lato è vero che tutto fa brodo,
dall'altro è anche vero che il brodo può essere di verdurine un po'
appassite o di cappone bello grasso. La differenza non è da poco, sia
nel gusto che nel costo.
Ammantarsi del velo della solidarietà sacrificando due euro (in realtà poi uno solo) davanti a interi paesi esplosi, centinaia di morti e migliaia di sfollati, mi sembra più lavorio di
marketing che di sentimento e, con tutto il rispetto per i
professionisti del marketing, direi che al momento non ce n'è un gran
bisogno. O meglio, se proprio vogliamo essere cinici e saltellare
sul carro delle donazioni, almeno facciamolo seriamente: non due euro,
ma l'intero costo del piatto sostenuto dal cliente.
Eh, ma così ci si rimette, si dirà. Eh, ma infatti stiamo parlando di
solidarietà, di aiuti, di "sbattimento", non di fare cassa. Perché oggi
fare cassa, farla su una tragedia i cui confini non sono ancora
definibili, potrebbe apparire come sciacallaggio
e gli sciacalli stanno bene nella giungla di liane non in quella di
macerie. Il ricordo delle speculazioni, delle risate che accolsero
l'ipotesi della ricostruzione offerta dagli ultimi terremoti, è ancora
freschissimo, indimenticabile. E non importa se le
"iene palazzinare" si fregavano le zampe al pensiero di milioni di euro
da mettere in cassa e qui stiamo parlando di ristoratori che venderanno
piatti di pasta per una decina di euro. È il principio, la sostanza,
che contesto. Dei conti correnti non mi importa.
Chiunque sia pronto a intravedere un'occasione di guadagno fondata sui
calcinacci di un terremoto, sui corpi massacrati da quei calcinacci, sui
morti ammazzati da quei calcinacci, è un uomo piccolo piccolo. Piccolo
quasi quanto piccola è una monetina da 2
euro, buona per un caffè e una bottiglietta d'acqua, di sicuro non per
un metro quadrato di cemento armato.
Non scherziamo, per favore. Ci sono già (già, ma non in tutto) 247 morti, 2500 sfollati, centinaia di dispersi. Ci sono famiglie frantumate, aziende che non daranno più lavoro a chi di quelle famiglie è sopravvissuto, ci sono bambini che non hanno una scuola a cui tornare a settembre e c'è chi si sente un
grand'uomo perché dona 2 "miserissimi" euro guadagnati su un piatto di
pasta che porta il nome di un paese andato in pezzi?
Possiamo essere migliori di così. Sappiamo esserlo: siamo quelli che fanno la fila per donare il sangue, che si organizzano per portare pannolini e scatolete e pacchi di spaghetti
dove degli sconosciuti hanno perso tutto. Siamo quelli che partono e
vanno a dare una mano. Di solito siamo silenziosi, non ci appendiamo
cartelli e targhette addosso per prenderci un
applauso. Siamo la parte migliore di questo mondo ingiusto e rabbioso.
Non perdiamoci in speculazioni da pochi spiccioli, non cerchiamo
l'ammirazione per due euro su un piatto di pasta che, così servito, ce
ne farà guadagnare almeno altri 6. Prima di scavare tra le macerie di
Amatrice, scaviamo tra le macerie della nostra umanità.
Perché di sicuro là sotto sta lottando per sopravvivere la parte
migliore di noi, quella che non dona due euro per ogni porzione di
spaghetti venduta, ma dona tutto l'incasso che quegli spaghetti le hanno
procurato. Che sì, c'è la crisi e non si guadagna più
come una volta, e gli anni '80 non torneranno mai... Ma basta un
terremoto per perdere tutto, anche quel poco che è rimasto dei grandi
incassi dell'altro millennio. Bastano 40 secondi per ricordarci che da
soli non possiamo farcela, che abbiamo bisogno di
chi ci allunga una mano e ci salva, ci strappa via dalla morte e dalla
miseria senza preoccuparsi di quanto ci guadagnerà.
Deborah Dirani (Huffington Post)
D'accordissimo con Deborah. Donare è bello, ma c'è donare e donare. E' la "generosità"
RispondiEliminache fa la differenza. Per un bel piatto di spaghetti all'amatriciana si potrebbero devolvere 10 Euro, 5 del cliente e 5 del ristoratore... 1 e 1 andrebbe bene per un caffè al bar.
E sottoscrivo la frase "Possiamo essere migliori di così. Sappiamo esserlo..."
Stamattina in televisione una signora dell'Emilia ha lanciato un appello perchè non inviamo soldi tramite cellulare. Diceva che loro di quei soldi per il loro terremoto non hanno ricevuto mai niente.
RispondiEliminaDobbiamo essere orgogliosi. Esempio partito da un veronese, veneto Doc!
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