domenica 28 febbraio 2016

L'angolo della Poesia

A farmi compagnia... sogni discreti.
Senza pretese si affacciano alla mente,
sperando, che non mi siano indifferenti.
C'è stato un tempo in cui, 
davvero... ci ho creduto.
Ho speso tutti i risparmi di una vita:
la giovinezza, le facili illusioni,
la forza resa forte dall'amore.
E poi di colpo, senza una ragione,
il vuoto e l'abbandono... e fuori piove.
Adesso... come allora... piove!
E tutta la pioggia, non basta per dimenticare.
Francesca Stassi

venerdì 26 febbraio 2016

Niente è come sembra

Già Simonide prima e Cicerone poi,  sottolinearono quanto l’immagine fosse importante per la memorizzazione delle informazioni e quindi per l’istruzione dell’uomo, dato che la vista è uno dei sensi più sviluppati e utili allo scopo. 

Fin dalla scuola dell’obbligo, siamo stati abituati ad avere aule con  muri tappezzati di carte geografiche dell’Italia e del mondo. Concentrati  o distratti che fossimo, per tutti gli anni della nostra età-spugna il nostro campo visivo è stato occupato da queste immagini e la mappa del mondo è forse l’immagine scolastica più ricorrente ed  evocativa che abbiamo. Dava la collocazione del nostro Paese nel globo e il confronto con gli altri stati e continenti. 
Su di essa abbiamo inconsapevolmente fossilizzato i nostri criteri di giudizio territoriali che probabilmente ci guidano ancor oggi. Ovviamente non ci siamo mai chiesti se quei criteri fossero esatti: era così e basta; in ogni caso erano comunemente accettati e quindi giusti. 
Se sul comunemente accettati possiamo essere tutti d’accordo,  sulla correttezza lo siamo un po’ meno; vediamo perché.

Senza che ce ne rendessimo troppo conto, le carte geografiche del passato ci davano
un'immagine distorta della Terra e delle sue parti. In una certa misura ciò è inevitabile, in quanto è impossibile rappresentare fedelmente su una carta piana una superficie sferica qual è quella della Terra. Per convincersene basta sbucciare un'arancia e provare a premere un pezzo di buccia su un piatto: si deforma e si spezza. In parte però la distorsione era di tipo "ideologico": i criteri con cui la superficie sferica veniva trasferita sulla carta geografica erano tali da privilegiare l'Europa e gli Stati Uniti a danno del Terzo Mondo e ciò era funzionale alla nostra concezione euro-centrica del mondo.

Gerhard Kremer era un astronomo e cartografo fiammingo del XVI secolo, al quale è legata la fondamentale invenzione del sistema di proiezione cartografica della terra. Il suo nome fu latinizzato in Gerardus Mercator e quindi italianizzato in Mercatore: Appunto con il nome di  “Proiezione di Mercatore” è universalmente conosciuto il suo metodo di raffigurazione delle carte geografiche, che è stato usato per secoli fino all’avvento dei satelliti e in parte lo è tuttora.

Mercatore disegnò il planisfero tracciando i meridiani uno parallelo all'altro e non confluenti nei poli. In questo modo i Paesi nordici appaiono più estesi e quelli vicini all'equatore molto rimpiccioliti. La Groenlandia sembra più grande del Sud America, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica sembrano grandi quanto l'Africa.
La proiezione di Mercatore ha il pregio di rispettare gli angoli tra ogni segmento che unisca due punti sulla carta e i meridiani e i paralleli; era quindi l'ideale per la navigazione: bastava che i marinai misurassero sulla carta geografica l'angolo della rotta e poi con il timone tenessero esattamente quell'angolo, perché la nave arrivasse nel porto di destinazione.
Ecco alcune delle distorsioni più evidenti:
  • L'Alaska è grande quasi quanto gli Stati Uniti: In realtà è un terzo;
  • La Groenlandia ha più o meno la stessa grandezza dell’Africa: In realtà l’Africa è ben 14 volte più grande;
  • L'Europa (esclusa la Russia) è solo un po' più grande del Sud America: invece quest’ultimo è ampio quasi il doppio dell’Europa;
  • La grandezza dell'Antartide rende tutti gli altri continenti estremamente piccoli: veramente essa è il continente più piccolo, dopo l’Australia.
Una delle migliori alternative alla proiezione di Mercatore quella di Gall-Peters, che mostra la dimensione relativa dei luoghi in maniera molto più realistica. In particolare, questa versione si avvicina a dimostrare che ciò che noi percepiamo come massa di terra a "Sud" è quasi due volte più grande a “Nord” - 38,6 milioni di miglia quadrate rispetto ai 18,9 milioni.
Ma anche la proiezione di Gall-Peters ha i suoi difetti. Non ingrandisce le aree tanto quanto quella di Mercatore, ma certi luoghi appaiono allungati orizzontalmente vicino ai poli e verticalmente in prossimità dell'equatore.
Comunque la mettiamo, vediamo che non è poi così facile e scontato rappresentare la realtà, perché niente è come sembra...
Gianni Spagnolo
XIV-II-MMXVI
Fonti:
  • Wikipedia;
  • http://web.unife.it/progetti/matematicainsieme/matcart/prmerc.htm;
  • http://www.pensareperstorie.it/carte/cap_3f.html





La camera di un tempo


L'involo del gheppio - by Alago








giovedì 25 febbraio 2016

PARLIAMONE...


Era il 1 febbraio del 2012 quando il premier Mario Monti in un'intervista televisiva definì il posto fisso una noia: “I giovani devono abituarsi all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. E poi, diciamolo, che monotonia”. Subito si scatenarono le polemiche su un tema che esattamente tre anni dopo ritorna alla ribalta grazie alla commedia campione di incassi “Quo vado?” di Checco Zalone. La storia dell'adulto mammone che pur di non rinunciare all'impiego statale, si fa rimbalzare di regione in regione fino ad approdare al Polo Nord, diverte gli italiani che sono corsi in massa a vedere la pellicola – 36 milioni di incasso in pochi giorni-.
Ma il mito del posto fisso esiste ancora? Confrontando diverse ricerche pubblicate da istituti accreditati il lavoro a tempo indeterminato non è da tempo tra i desideri dei giovani che non possono provare né la noia “montiana”, né la nostalgia “zaloniana” per un contratto che difficilmente gli verrà offerto e che comunque non desiderano più. Nell'indagine Bain & Company per i giovani del 2013 su un campione di mille ragazzi ventenni le priorità sono la soddisfazione nel luogo di lavoro (69%), il reddito (52%) e il bilanciamento tra impegni professionali e vita privata. Solo il 37% indica il posto fisso. Carriera e un percorso di crescita raggiunto solo con determinazione, talento e coraggio (senza la spinta di qualcuno, le università prestigiose e voto di laurea con lode che sono in fondo alle opzioni) erano gli obiettivi. Due anni dopo un'altra ricerca conferma questi trend. Sanpellegrino Campus, che ha sondato le aspettative per il 2016 su più di 1.200 studenti tra i 17 e i 25 anni, riferisce che per i più (61%) queste sono legate alla quotidianità: finire la scuola in tranquillità (46%) e prendere una laurea senza badare al voto (58%) - solo per effetto della boutade del ministro del lavoro Poletti?-  
L'urgenza per molti (il 38%) è quella di diventare indipendenti economicamente dai genitori orientandosi verso le nuove professioni digitali, (32%): c'è chi sogna di lavorare nei social media (42%) e chi invece di mettersi in proprio e inventare un'app (27%) o una piattaforma e-commerce (23%). I lavori manuali (12%) e il sogno del posto fisso (8%) sono di nuovo in fondo alle preferenze.
I giovani sono molto più realisti e concreti di quanto si pensi e ambiscono a costruire un “portfolio career” piuttosto che fermarsi a una singola esperienza di lavoro sicura e protetta. Con portfolio career si intende quella capacità di combinare insieme diverse esperienze professionali autonome affiancando, nel migliore dei mondi possibili, un percorso di crescita personale, con il plus di poter vivere e operare in luoghi diversi, senza “timbrare il cartellino”. La professione che dà la libertà di lavorare dove e come si vuole non è scelta solo dagli “smanettoni”. Ne parla anche il Financial Times che cita la rapida espansione della società di consulenza Eden McCallum, fondata nel 2000, che offre a profili altamente qualificati contratti part time e super flessibili per rispondere meglio sia alle loro richieste personali sia perché queste si adattano meglio ai ritmi di una economia fondata sull'”on demand”. Un'altra ricerca della società di recruiting Robert Walters del 2015 rivolta ai lavoratori adulti ribadisce questa tendenza. Il 59% dei 6700 professionisti europei intervistati sarebbe disposto a lasciare l'impiego sicuro per un lavoro temporaneo anche per un contratto annuale, ma ideale cioè che permetta una migliore qualità della vita e una crescita professionale e salariale. L'unico punto fondamentale dunque è il reddito. Chi si affaccia al mondo del lavoro non pretende postazioni fisse, benefit inutili e straordinari pagati, ma chiede una retribuzione adeguata e “on time”, la cui gestione anche contributiva sia più semplice e meno penalizzante (vedi il post di Luca De Biase "Come cambia il lavoro nella on demand econimy: freelance, digital labour e altre ambiguità". 
Anche Checco Zalone alla fine l'ha capito e si converte alla vita nomade della compagna ricercatrice Valeria, che molto più del protagonista rappresenta i giovani lavoratori italiani (e globali) di oggi.

L.B. ilsole24ore

L'ho pubblicata ancora, ma non così nitida


mercoledì 24 febbraio 2016

COSA NASCONDE L’ANSIA DI AVER SEMPRE TUTTO PULITO E IN ORDINE?




Una forma d’ansia da non sottovalutare
Mamme che continuano a mettere a posto i giochi dei figli; mariti che ripassano con metodicità sulle cose già riordinate dalla moglie; donne che non riescono ad andare a letto la sera se non hanno concluso tutte le faccende domestiche; persone che sul lavoro tengono la scrivania libera e pulita come un tempio. Sono quattro esempi che parlano dell’ ansia dell’ordine, un problema così diffuso che forse nessuno di noi può dire di non averlo mai incontrato.
Quando l’ansia ci parla di emozioni ipercontrollate
Certo, saper tenere in ordine l’ambiente in cui si vive o si lavora denota equilibrio interiore e chiarezza mentale; ma c’è un punto superato il quale questa capacità diventa ansia, fino all’ossessione: quando cioè non si può fare a meno di mettere sempre tutto a posto, quando non si riesce a smettere, quando un po’ di disordine può rovinare la giornata creando una sgradevole sensazione di “incompiutezza” che porta dritti all’ ansia.
Più vorremmo controllare tutto, più ci assale l’ansia: un circolo vizioso
Si tratta a tutti gli effetti di una forma d’ ansia acuta, nella quale si scarica un fortissimo bisogno di controllo. Di solito è un modo inconsapevole per impedire alle emozioni di emergere, o per gestire insicurezze radicate, o per sentirsi a posto con la coscienza: in questo caso l’ordine, ad esempio della casa, diventa per analogia un ordine morale, un senso di “pulizia interiore”, e le geometrie con cui si risistemano le cose offrono l’idea di “rettitudine”. In pratica la persona sta tenendo a bada qualcosa e al contempo sta mantenendo il suo equilibrio grazie a queste azioni rituali, che però hanno un prezzo alto: la mancanza di libertà nel vivere il proprio tempo e l’impossibilità di lasciarsi andare pienamente al relax, alle emozioni, ai cambiamenti.
I segnali da non sottovalutare: scopri se sei a rischio ansia da disordine
Più agiamo per rimuovere il disordine, più la dimensione del “caos” si farà strada dentro di noi in modi inaspettati: è quindi inutile cercare di fuggirla; molto meglio accoglierla e imparare a viverla un po’ alla volta. Per prima cosa prestiamo attenzione ai seguenti segnali, che si affacciano nella vita di tutti i giorni. Testimoniano di una situazione psicologica particolare, che può trovare proprio nella ricerca spasmodica di ordine un suo tentativo di sfogo. Per ognuno, vi proponiamo una possibile via d’uscita più produttiva.
– Hai spesso reazioni scomposte e irritate per nulla.
La causa: probabilmente stai accumulando aggressività.
Cosa fare: esprimi subito le tue contrarietà, non covare astio, sii diretto.
– Ti distrai sempre, non sai stare “sul pezzo”.
La causa: forse hai riempito il tuo tempo di attività che non ti interessano davvero.
Cosa fare: arricchisci la tua vita di elementi interessanti, pescandoli anche nel tuo passato (cose che ti piacevano fare ma che ora hai abbandonato).
– Ti capita spesso di provare ansia
La causa: ti sei imposto una morale troppo rigida, specialmente in ambito sessuale.
Cosa fare: sii più elastico e cedevole, concediti qualcosa senza eccedere nei sensi di colpa.
– Hai frequenti sintomi fisici, anche se di poca importanza.
La causa: un eccesso di autocontrollo impedisce il fluire libero delle emozioni.
Cosa fare: dedicati di più al tuo corpo, fai uno sport che ti piace, vai in palestra, fai attività che ti procurano piacere.
– Fai pensieri caotici e logorroici, continui a rimuginare.
La causa: hai paura di incontrare il tuo vuoto interiore.
Cosa fare: rallenta le tue azioni, prova a vivere momenti in cui non fai nulla, senza domandarti il perché.
(www.riza.it)

Qualche foto del Carnevale di Caltrano - by Silvia e Romina























Asiago: sciatori del tempo




Pedescala - by Alago


lunedì 22 febbraio 2016

Napoleone tappo

Quanto era alto Napoleone Bonaparte?

Quando nel 1821 il dottor Francesco Marco Antommarchi, medico personale dell’ex imperatore e corso come lui, compì l’autopsia, registrò la sua altezza come: 5/2”. 
Quello che si ritiene ora è che tale dizione rappresentasse la misura francese (non inglese) di 5 pieds et 2 pouces: secondo le unità di misura dell’epoca perciò Napoleone risultava alto all’incirca 1 metro e 69.  
Allora nell’esercito francese si veniva riformati solo sotto il metro e 48, ben al di sotto della sua statura.

Consideriamo che ai suoi tempi  il francese medio era alto 1,64m, quindi l’altezza fisica di Napoleone sarebbe stata di assoluta normalità per l’epoca, non certo il tappo che ci hanno tramandato.
Neanche il suo avversario inglese medio, la cui statura era 5 feet and 6 inches (corrispondente a 1,68m, con le misure inglesi), non lo soverchiava. L’imperatore era sì più basso del Duca di Wellington (1,75m, un gigante per l’epoca), ma più alto di Horatio Nelson (1,62m).

Ma allora perché si ricorda Napoleone basso? 
In Francia, per motivi militari: poco dopo aver preso il potere nel 1799, Napoleone impose dei requisiti di altezza per tutti i soldati francesi. Nell’elitaria Guardia Imperiale venne imposta un altezza minima di 1,78m per i granatieri e 1,70m per la sua guardia personale: gli Chasseurs à Cheval. Napoleone stesso perciò fece una riforma dell’esercito che lo circondò di soldati parecchio più alti di lui, dando  perciò l’impressione che fosse basso.

La propaganda inglese ne fece poi un “tappo” sminuendone la statura fisica: successe per la prima volta tramite il grande caricaturista James Gillray, che lo rappresentò minuscolo in "Il Re di Brobdingnag e Gulliver", ispirato all’opera di Jonathan Swift. 
In una vignetta re Giorgio III lo teneva sul palmo della mano ispezionandolo con cura con una lente e dicendo: “Posso solo concludere che sei uno dei più perniciosi e odiosi piccoli rettili che la natura abbia mai tollerato strisciassero sulla faccia della Terra”. 
Forse attaccare la statura fisica serviva a sminuire quella di soldato, comunque la falsa notizia che fosse basso si diffuse, aiutata anche dal fatto che il “piede” inglese" è un po’ più corto di quello parigino (32,483 cm contro 30,48) e 5 piedi e due pollici fanno 158 cm circa.

Siccome però la storia la scrivono i vincitori, Napoleone tappo è stato etichettato e tappo è rimasto.



Alcuni pensano che ci sia relazione proporzionale fra altezza del contenitore e qualità del contenuto.
Mah!

Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...