martedì 15 dicembre 2015

La Strada Boara

Fra tutte le strade antiche del paese, la Strada Consortile detta Boara, è forse la meno  conosciuta. Abbiamo ribadito più volte nelle altre schede, come l’assetto viario del territorio fino alla prima metà del 1800 fosse assai diverso dall’attuale, che si è sviluppato compiutamente solo nel secolo scorso.
Fino al XVII secolo il transito viario principale, ovvero l’antichissima Via di Germania, passava per la centro del paese e  per la Campagna, attraversando la forra della Torra alle Sléche sull’unico ponte esistente. 

Fu soltanto in quel secolo, in seguito alla bonifica dei prati dell’Astico, che fu costruita la Strada Cavallara fino allo sbocco della Val dei Mori. Qui, probabilmente in relazione alla tremenda epidemia di peste del 1630 (calamitas calamitatum), la Serenissima istituì il Casello di Sanità e il presidio confinario, che prima d’allora era verosimilmente attestato sulla Rocchetta dei Pèrtile, sulla soprastante strada della Campagna.
Lo sfruttamento del grande patrimonio forestale delle montagne, vedeva nell’alveo della Torra il suo principale e naturale canale di transito. 
Non esistevano allora strade carreggiabili che collegassero l’altopiano al fondovalle, (la Singéla era ancora al di là da venire), né i mezzi di trasporto idonei a condurre al piano il legname.

Il divallamento dei tronchi avveniva quindi solo attraverso le “menàde”, cioè facendo scivolare le bore per gravità lungo le valli, utilizzandone dove possibile l’alveo naturale, o agevolando il percorso con scivoli in tronchi e/o piste di ghiaccio. 
Queste condotte venivano appunto fatte durante l’inverno e con la complicità di neve e ghiaccio che riducevano l’attrito e facilitavano non poco le operazioni d’impostazione dei canali di scorrimento.
La valle della Torra, che s’incuneava profonda fin su al Bìsele, rappresentava dunque la via più efficace per condurre a valle il legname degli altopiani e questa attività costituì per secoli la principale attività stagionale della nostra gente.

Non si riusciva però a raggiungere direttamente i prati rivieraschi dell’Astico a causa della stretta e sinuosa forra delle Sléche, solcata dall’antico ponte. Probabilmente non era nemmeno consigliabile mettere a repentaglio la stabilità di quel manufatto facendovi scorrere sotto le condotte. Ecco che allora queste terminavano in prossimità dell’attuale diga dell’acquedotto (le Gràpe) sulla sponda veneta del varco. 
Qui finiva anche l’aiuto della forza di gravità e il legname doveva essere trascinato lungo la strada per mezzo di buoi (i bò), aggiogati a coppie.

Ecco la ragione del nome di “Strada Boara”.

Dal ponte si seguiva il percorso incassato fino allo slargo del Capitello di San Rocco, dove incrociava la strada della Campagna, per poi proseguire verso valle fino a raggiungere il ciglio dello sbocco della Val dei Mori.
In quest'area rivierasca di confluenza delle valli, rialzata sul corso dei torrenti per evitarne le bizze, venivano costruiti i “tassoni”. Erano questi delle grandi cataste di tronchi, opportunamente orientate e congegnate per facilitare in primavera la caduta a spinta delle bore nell’acqua dell’Astico e quindi poi la loro fluitazione.
L’Astico ha un regime torrentizio autunnale-primaverile e in primavera le sue acque s’ingrossano per lo scioglimento delle nevi sugli altopiani e permettevano di fluitare i tronchi verso la pianura, governandone il flusso a mo’ di zattere.


Oggi questa circostanza appare un po’ incredibile, data la modesta portata che ha il torrente ai nostri tempi. In passato era ben diverso; non c’erano i prelievi e i drenaggi che ora lo riducono al lumicino già nel suo alto corso, era minore la vegetazione e quindi il flusso d’acqua ben più copioso e spesso imprevedibile e disastroso.
Questa attività impegnava i nostri antichi paesani con competenze che poi vennero perdute, su tutte quella dei menadòri e degli zattieri.

Lo strosso delle bore veniva fatto tramite i buoi, lungo il breve tratto della strada boara. Questi animali avevano massa muscolare adeguata e servivano anche per l’aratura dei campi. Solo le famiglie più agiate avevano la possibilità di mantenere anche i buoi e provvederli per questo fondamentale servizio.
Le ultime fluitazioni di legname lungo l’Astico datano della fine dell’ottocento; poi cessarono anche per la difficoltà a preservare le opere che sempre più costellavano il corso torrente. Non era infatti impresa facile evitare che queste masse di legnami in corsa giù per il torrente, cozzassero contro le opere di presa di rogge, mulini, folli e segherie, danneggiandoli e costringendo i fluitatori a costosi e imprevedibili risarcimenti e liti.

La corsa terminava alle Giare de Montecio (Montecchio Precalcino) dov’erano un tempo concentrate le segherie e dove anche l’Astico finisce, inabissandosi nell’area di carico delle risorgive e concorrendo ad alimentare il  Tèsina.

Ma cosa resta oggi di questa strada?

Dopo poche decine di metri dall’incrocio del Capitello, la strada è chiusa da un cancello. Non si potrebbe comunque andare oltre, anche se non ci fosse questo sbarramento, dato che il sedime è completamente cespugliato e  avvolto da un inestricabile groviglio di rovi e clematidi. 
Non va meglio allo sbocco della Val dei Mori, il cui alveo è completamente invaso dalla vegetazione e quasi irriconoscibile.
Si fatica proprio a riconoscere in questi luoghi l’ambiente delle attività richiamate sopra e si può comprendere la trasformazione che il nostro territorio ha subito nei secoli e quanto la regimentazione delle valli laterali abbia influito sulla stabilità dei terreni.

Dalla mappa accanto vediamo come ancora nel 1850 lo sbocco della valle fosse assai ampio e instabile e l’attraversamento stradale avvenisse a guado in prossimità del Casello di Sanità. Anche il basso corso del Rio dei Mori dovette essere un tempo molto più impetuoso e soggetto a periodiche e disastrose esondazioni, tali da rendere infido anche il soprastante piano dei coltivi.

Gianni Spagnolo
XXX.XI.MMXV
Bibliografia, annotazioni, avvertenze e diritti:
  • San Pietro Valdastico  - Storia del paese - Don Giovanni Toldo - 1936;
  • Valdastico Ieri e Oggi - Mons. Antonio Toldo - Ed. La Galaverna - 1984;
  • I documenti catastali qui riportati sono estratti dagli originali  conservati presso l'Archivio di Stato di Bassano del Grappa -  Catasto Napoleonico ed Austriaco del comune censuario di Rotzo - Mappa d'Avviso;  Mappa I; IV e Libri partite  e riportano in filigrana il marchio d'origine. Sono concessi ad uso esclusivo di questa pubblicazione con  prot. n. 01  del 04/02/2015 dal Mistero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo sez. d'Archivio di Stato Bassano del Grappa.
  • E fatto divieto di riproduzione e ulteriore divulgazione in qualsiasi forma e modalità.

8 commenti:

  1. Ciò Giani, ..statento belo, mòleghe de fare el fabioco e èrderne su na fraca de balote. Còntenela giusta! Figurete se el castigo par far slissegare le bore fin sui prà del'Astego gera la "sinuosa forra delle Sleche". Col giasso, soto al ponte, le stanghe sarià sbrissià fa un prete su na boassa. Se i sanpieroti i se toléa la briga de strossarle fin oltra ai cogulìti, a gera parché sonò i garìa dovesto inmuciarle sui pra' davanti ai Braidi, col ris-cio de trovare ala matina solo i schìti dele cornàce. Tarè chei casotàni garìa impiantà depaca na fabrica de stussicadente. Altro che Sandokan! Fioldunkan! (2°MMS le prime volte la xe nà proprio cussita e la matina drio i Braidi ghe garà ito che de note le bore le ga da esser sbrissià dò intel'acua parché noi ghea èrto su ben i tassuni. Dopo, ...dai ancò e dai domàn, i garà magnà anca la foja).

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    1. Sembra che su questo blog, a parte Carla, Gianni e alcuni altri, si faccia la gara di chi la dice più grossa. Trovo che i contributi di Gianni sono eccellenti, il risultato di accurate ricerche, spiegazioni precise, cartine, foto e grafici interessanti con le quali cerca di trasmettere un po’ di storia locale ai lettori. È proprio anche per questo che ‘bronsescoverte’ è di gran valore, non solo per i pensionati, ma per i giovani.
      È simpatico fare battute, certo, ma quando diventano sistematiche, pesanti e un po’ offensive, stancano.
      Don Sponcio certamente non riderebbe molto se qualche rimarolo(a) nello scrivere qualche versetto utilizzasse parole che rimino con il suo pseudonimo. A quando un contributo valido, Don Sponcio?

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    2. Sponcio, in fato de “menade” no posso certo competere col maestro. Varda però che no me par mia che el pesso sia bon da far stussicadenti, i te impegolaria tuta la dentiera.

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    3. Povero incompreso Sponcio! Il tapino coglieva la ghiotta e assai appropriata occasione della strada boara per trarla in vacca e toh che si prende questa dura reprimenda. Vedi Enrico, per tutta la vita ho cecato di dare contributi validi, ora che sono invalido ho pensato bene di adeguarmi. Or ora mi ritirerò in meditabonda penitenza natalizia e poscia mi farò portare a Pinè per lucrare l’indulgenza di Colui che move il sol e l’altre stelle e, spero, anche la tua. Buon Natale a Tutti.

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    4. Veramente simpatico !
      Auguri

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    5. Ecco, bravo Don. Prega anche per noi e cerca di fare il misericordioso evitando di soffiare sulle bronse delle polemiche paesane.

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  2. Oh sublime storico,immenso Sponcio, ti si che te conti la verità vera.
    Dighe a Giani che i SXT(qui de sanpiero) i ga fato la strada boaria,quando
    che i se ga accorto che i cinque mulini che esistea fra i Braidi e il Talchino,
    de giorno i masenava el formento che passava de contrabando dal Venesian,all'Impero,
    e de note i se trasformava in segherie convertendo in tole le bore che i porican
    de Sanpiero impilava in tassoni,al de qua della Tora per trasportarle con l'acqua
    della brentana dell'Astego fin a Montecchio. Quando "quili de sanpiero" i se
    lamentava con "quili de casotto" della scomparsa delle bore de note,gli Imperiali ,
    che luri i nava a scola da dovene,che gera l'astego che ghe portava via le bore.
    DE note sotto l'efetto della luna,come el mare,el xe ingrossava e slamp via
    le bore. Par un toco i la ga bevu' ,fin che i Baise da lassu' i xe ga acorto....

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  3. Eh, già! ...Valtri la in sima a tegnivi tuto de ocio, se sa! Ma mai quanto i altri ve tegnéa de ocio valtri.

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