lunedì 31 dicembre 2012

Dal sojo de medojorno

dal sojo de medojorno
dicembre 2012








Presso il teatro di Forni il 7 dicembre Gino ha presentato il suo libro: il distributore automatico del pane. Meravigliosa serata, ben riuscita, allietata dal Gruppo dei Valincantà, a mio personale giudizio, semplicemente meravigliosi! Eravamo veramente in tanti...nonostante la neve che ha frenato molti a partecipare.





I lavori della strada dalla Piazza alla Cappella proseguono, ma per il momento la viabilità è buona. Metterò le foto quando tutto sarà finito. Intanto ve ne offro una, quella relativa alla nuova entrata dell'Ufficio Postale direttamente sulla strada, della Biblioteca e del Circolo dei Pensionati. Vi assicuro che il posto per il POSTAMAT è predisposto anche se i tempi non sono ancora maturi per l'installazione, ma han promesso a breve. Vi terrò informati.




Domenica 23 dicembre 2012, in chiesa  a Pedescala si è tenuto il "CONCERTO NELLA VALLE"  organizzato dalla pro loco del paese.
A esibirsi per primi, i coristi del coro Caviojo con il loro ricco programma natalizio, che sono stati calorosamente applauditi dal numeroso pubblico.
Poi è stata la volta di alcuni ragazzi del catechismo che, con la loro
catechista, si sono alternati in poesie e pensieri sul Natale.
Per finire le note magiche che i giovani musicisti di Pedescala han saputo far uscire dagli strumenti: pianoforte, violincello, flauto, hanno fatto sognare!
E' stata veramente una bella serata, partecipata con silenzio e attenzione;
ogni intervento è stato gradito.


Il giorno di Natale verso sera sono tornati ... per la terza volta! Han di mira una particolare zona e stavolta han "spazzolato" ben 9 abitazioni!










E' vero, non avevano le renne, ma con un trattore e un rimorchio di tutto rispetto...i sei Babbi Natale della Pro Loco di San Pietro hanno escogitato una bella e nuova iniziativa: la vigilia di Natale nel pomeriggio, con partenza dalla Contrà Cerati, hanno dato appuntamento a tutti i bambini nelle varie Contrà di San Piero, nonchè Forme, Forni e Pedescala per offrire loro un pacchettino di dolcetti.
Semplice, ma lodevole iniziativa! Bravi! 



La notte di Natale (quest'anno a San Pietro alle 22.00) la tradizionale Messa di mezzanotte (la prima per Don Francesco). La Chiesa era piena di Persone, fors'anche di più dell'anno scorso, bella la cerimonia e all'uscita..........auguri, convivialità e sotto l'albero di Natale ci attendevano i Babbi Natale per offrirci la cioccolata calda e il vin brulè. Mancava la neve...ma non si può avere tutto!






Sabato 29 ci siamo trovati in 26 davanti ad una pizza "al Solario" di San Pietro per la premiazione del concorso natalizio dei Rebus promosso da Felicia. I 3 classificati sono stati: Niccolò Lorenzi - Raffaella e Piero Lorenzi e Floriana Ferrarini. (Floriana non ha potuto essere presente) - Bravissimi!!!
Un sentito grazie anche a Felicia.











CALCIO VALDASTICO a cura di Walter Jona








2-12
VALDASTICO/SILVA 1950 MARANO
4 - 3
Agostini                            Bianchini
Giacon                              Carollo
   "                                      "
   "                                    

16-12
TORREBELVICINO/VALDASTICO
2 - 1
Dal Lago                          Sy Alion
  "

23-12
SS TRINITA' - VALDASTICO
1 - 2 
Zampieri                           Giacon
                                         Sy Alion    






Non sono più tra noi:
Giovanni Fontana (fuma) di anni 80, 
deceduto a Roma e sepolto ad Asiago il paese della moglie.

Antonio Pettinà di anni 85, dal Maso,
Ospite da qualche anno della locale Casa di Riposo.






Il Blog, come sapete, ha promosso l'iniziativa: "in volta a presepi". Come primo anno siamo rimasti soddisfatti della partecipazione: a parte le 3 Chiese, si sono iscritte 46 Persone e una decina "fuori tempo massimo" per poter essere inseriti col nome nella mappa che è stata distribuita a tutti. Con le mie passeggiate li sto fotografando tutti e, con un post a parte specifico il 7 gennaio,  pubblicherò tutte le fotografie con i nomi. 




 un paio d'ore prima di  mezzanotte è nato Valentino di Cristina e Giampaolo




questo mese i numeri li vuole dare Babbo Natale...



dal 9 febbraio al 31.12.2012 -                                    100.213
mese di dicembre  totale visualizzazioni                       13.157
(meno 2.074 rispetto a novembre)


















di dicembre
Italia
Francia
Stati Uniti
Germania
Australia
Giappone
Svizzera
Inghilterra
Argentina
Belgio





Intanto ricordiamoci di andare ad ascoltare il concerto di Natale al Teatro di Forni il giorno 3 gennaio alle 20.30. Ci saranno i Cori Parrocchiali del Grumello - di Monte di Malo e "sulle ali del canto"

Poi non dimentichiamoci di pagare l'abbonamento alla TV - il bollo auto -  controlliamo se dobbiamo fare il bollino blu o la revisione dell'auto (da quest'anno la si può fare anche a Valdastico) - 
Informiamoci bene dal nostro assicuratore riguardo alla copertura dei 15 giorni supplementari alla scadenza ("sembrerebbe" che da gennaio cambi qualcosa)




i consigli della Nonna



Come sbrinare il parabrezza dell’auto in modo naturale


 L’inverno porta con sè dei piccoli problemi nella quotidianità, come ad esempio il vetro del parabrezza ghiacciato al mattino, magari proprio quando si ha fretta.

Normalmente la tentazione è quella di accendere l’auto e aspettare che si scaldi..
La Nonna oggi vuole darvi qualche consiglio naturale, per poter trattare i vostri vetri e prevenire, ma anche sghiacciare, la formazione del ghiaccio.
Basterà un po’ di creatività, ingegno e pazienza così da tutelare l’ambiente, ma anche diminuire lo “steress” mattutino.


Rimedi naturali per sbrinare il parabrezza

Telo Copri Parabrezza: una delle soluzioni più semplici, ma anche più efficaci, è quella di coprire, ogni sera, il parabrezza con un telo, dei pezzi di cartone, o dei fogli di giornale. Il mattino sarà semplice togliere la copertura e partire senza stress verso l’ufficio. 
Antighiaccio liquido: per ritardare la formazione del ghiaccio: è sufficiente miscelare 3 parti di aceto e 1 parte di acqua in un contenitore che abbia l’erogatore a spruzzo. Prima di rientrare in casa la sera sarà sufficiente spruzzare il parabrezza dell’auto e i vari finestrini con questa soluzione, passare un panno morbido e asciutto per stendere uniformemente la miscela su tutte le superfici. Al mattino quando vi alzerete, potrete trovare due situazioni – Niente ghiaccio sui vetri, oppure un velo di ghiaccio non aggressivo, che si rimuoverà molto facilmente. 
Soluzione per sbrinare fatta in casaMescolare una parte di acqua e due parti di alcol. Applicare ai vetri e lasciare agire per 1 minuto, prendere il raschietto e rimuovere tutto il ghiaccio rimanente. Il consiglio è quello di preparare la soluzione e tenerla a portata di mano in uno spruzzino. Vi consigliamo di utilizzare alcol al 70%. 
Cipolla antigelo:la sera prima di rientrare in casa, prendete mezza cipolla e passatela con cura su tutti i vetri dell’auto, al mattino seguente il ghiaccio non si farà neanche vedere, forse per l’odore…


L'uomo vive nel rumore.
Nella civiltà della parola non si sa più cosa sia il silenzio. L'uomo muore nel silenzio. Il silenzio è indispensabile alla vita dell'uomo perchè ti stimola a pensare, ti serve per non sbagliare, ti dispone ad ascoltare, ti aiuta a pregare. E' necessario avere nella vita momenti di silenzio. Tacere di sè è umiltà, tacere degli altri è carità, tacere in certi momenti è sofferenza, tacere nell'insicurezza è prudenza, quando tutto va storto è pazienza. L'uomo autentico ama il silenzio. Esso è maestro di verità, è gusto di profondità, è pace, gioia, serenità.


proverbi e modi di dire della nostra zona perchè non vadano dimenticati


El bastòn l'é sempre stà un cativo maestro
(il bastone è sempre stato un cattivo maestro)

El bate broche...
(persona infreddolita che batte di piedi per scaldarsi,riferito al fatto che nel secolo scorso, le scarpe avevano le broche)  




un fià de bàgolo...
 
 



Avvisodalla prossima uscita, anzichè l'ultimo giorno del mese a mezzogiorno, "il sojo" esce il primo del mese sempre a mezzogiorno. Dunque il prossimo appuntamento non è il 31 gennaio, bensì il primo febbraio e via a seguire.

domenica 30 dicembre 2012

Spignatando - la fregolòta


Sarà per le mille briciole che fa nel momento in cui si rompe per assaporarne tutta la sua gustosa croccantezza, sarà perchè sembra un magico insieme di briciole, ma ancora non è chiara l'origine del nome di questo dolce tipico.

Ingredienti (nella variante con farina maranello)

200 gr.farina
200 gr. farina di mais maranello
200 gr. zucchero
200 gr. mandorle sgusciate
200 gr. burro
2 tuorli d'uovo
la scorza gratugiata di un limone non trattato


Setacciate le 2 farine, lasciate ammorbidire il burro e tritate grosolanemente le mandorle, tenendone alcune come  decorazione. Amalgamate insieme tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo, ma dall'aspetto granuloso. Foderate una tortiera con carta da forno e versate l'impasto senza premerlo con le dita, avendo cura cioè di lasciarlo il più possibile irregolare e "sbrisoloso". Decorate con qualche mandorla intera e infornate a 180° per circa 40 minuti.
Da servire dopo cena con un buon bicchiere di vino dolce.

sabato 29 dicembre 2012

L'educazione sessuale anni '60



La signorina Angelina, mia vicina di casa, figlia unica, ormai avviata alla trentina e a restare “na zitelòna”, diceva mio padre, spesso si sistemava sotto “el figàro” tra i “fasolàri e i pumidoro”, a leggere “Famiglia Cristiana” e a ripassare il catechismo, perché di domenica faceva la maestra di dottrina in parrocchia.
Viveva con la madre, la Maria ”lavandara,” che tribolava dalla mattina alla sera, “poracagna”, a far la “lissia” nelle famiglie che le chiedevano questo servizio, che di solito coincideva con la fine dell’inverno e l’avviarsi della buona stagione. Le sue mani  erano sempre rosse; mi ricordo poco il suo viso, ma le mani, quelle sì, consumate a lavare e a strizzare panni tutto l’anno. 
Tony, il padre, aveva una bicicletta nera, con i freni a bacchetta, il fanale davanti a carburo e una gemma che di notte sembrava “na bronsa.” Andava in opera in certi campi a Giavenale. Portava con sè una zappa legata alla canna e un piccolo fagotto, con qualche vivanda per la giornata. Vivevano in una casa che faceva “canton” tra via Costo e via Bessè a Chiuppano, una pergola davanti di uva bianca dava ombra, un piccolo orto aiutava l’economia della famiglia e appunto “el figàro.” La cucina era uno stanzone con i “quarej” per terra, una stufa magagnata di smalto verde, con la cassa dell’acqua e i “canuni de porpora” in una parete “color smario”, un mobile tipo vetrina con certi vetri a ghirigori, che sembravano disegni di fiabe, una tavola scura, quattro sedie impagliate, e appesa al muro una Sacra Famiglia, che io pensavo fossero loro qualche anno prima. Quello che più mi stupiva erano le camere: un “armaron” scuro, “el cadìn sul trepìe” e il letto, un ”pajaro” col materasso “pien de scartossi”, che quando uno vi dormiva e si “ramenava” faceva un rumore della madonna. Io abitavo accanto a questa famiglia, in una casa che mio padre aveva tirato su a spintoni e braccia, in una sequenza  confusa di una stanza sopra l’altra. L’aspetto esterno era abbastanza gradevole; lo sbruffo giallo sui muri, la ringhiera e persiane verdi completavano il quadretto di una costruzione degli anni ‘60. Cucina, tinello, camere e stalla erano  i vani abitati, il gabinetto, guai a dire cesso, era una baracchetta di lamiere e “tole” messe su alla meno peggio nell’orto, anzi forse alla peggio, ma era proprio così. Mia madre, che s’era sposata tardi, oltre la trentina, era una specie di monaca rigida e severa. Non usciva da casa se non per andare a messa prima, qualche volta al cimitero o a trovare mia nonna al Costo. Usava un linguaggio tutto suo per non lasciar trasparire niente di delicato o che fossero “affari de femene” a noi bambini. Una donna incinta, allora diventava una donna che aveva un gran raffreddore. Quell’anno ne sentii diverse con quella “malattia,” ed io, in mezzo a quella epidemia, avevo paura ”de ciaparme su calcossa anca mi”. Ai miei occhi di bambino di sei, sette anni era una specie di maestra di dottrina: mai un bacio, poche carezze, sempre pronta a bacchettare i comportamenti che non fossero secondo lei più che corretti, guai a dire una parola storta, mai una domanda impertinente, erano “papìne” e rimbrotti. Ma ciò che non mi tornava e mi tormentava era il fatto che era piatta come “na tola”, cioè a dire ora, non aveva seno. Come fare a chiedere come mai tutte le donne avevano davanti due “gnochi” così, invece lei “gnente, un figo seco”. Sapevo solo che a lei non potevo chiedere niente, guai, guai. Mio padre lavorava alla Lanerossi, poi tra i campi, “punaro” e bestie non ne aveva un minuto “poro omo”, poco sapeva dei miei turbamenti,  delle mie domande. Capii che dovevo arrangiarmi. Un giorno la signorina Angelina se ne stava proprio sotto “el figàro” ed io con una scusa mi avvicinai a lei. Qualche volta mi interrogava, chi è Dio?, chi ci ha creato? Ed io rispondevo sicuro, impettito nei miei pantaloncini corti e nei miei sandali poco conformi. Quel giorno, chissà che cosa mi era passato per la testa, una domanda gliela feci io, forse vedendo quei fichi maturi che mi sembravano dei seni appesi, d’un fiato sbottai: “Angelina, cosa sono quei due gnochi che ha sulo stomego (non conoscevo la parola seni) “Gala par caso messo dele bale de carta soto? Parchè me mama no la ga gnente, la xè come pialà?” La signorina Angelina mi guardò come avesse visto “el demonio”, poco mancò non cadesse per terra dallo sdraio. Divenne “color dela fine del mondo,” io mi accesi come la gemma della bicicletta de Tony, de un rosso “bronsa invampà.” Si alzò di scatto, alzò le braccia al cielo e mi graffiò con gli occhi. Santa Maria Addolorata, sbottò, “cossa me toca sentire, varda Gesù  che el pianse, domandeghe scusa sennò te vè all’inferno e desso ghe lo digo a to mama che la te sistema ela.” Mia madre attratta dallo strepito accorse subito e  subito informata della mia bravata. “Vilan d’un vilanasso, domandeghe  scusa all’Angelina e disi subito l’Atto di dolore. Stasera  in letto sensa magnare”. Poi tentò di prendermi per le “recie”, ma con uno scatto mi liberai da quegli sguardi e da quella morsa; mi dileguai tra le piante e le “vanese” del mio orto e mi rifugiai  “drio al cesso”. Rimasi lì fino a sera tardi quando mio padre mi trovò e mi accompagnò dritto a letto. Dormii male, mi “ramenai” tanto, forse ebbi la febbre e sognai che mia madre aveva due “gnochi” così e la signorina Angelina, “invese gnente, na tola”. Il giorno dopo ricordo bene, mi guardai dal chiedere spiegazioni. Che tempi, altri tempi, colorati di lontananza e di poesia.
Rimpianto per quel mondo semplice e timorato, come in un quadro di Millet!

Maurizio Boschiero



venerdì 28 dicembre 2012

I pensieri di Lucia - poesie





Stanotte è arrivato un regalo:
sui monti, sui prati, sui tetti è scesa la neve.
Una coltre candida ha coperto tutto
rendendo il paesaggio quasi fatato, avvolgendomi in un abbraccio leggero.
Ecco, in questo abbraccio vorrei entrare,
nascondermi, farmi coccolare, chiudere gli occhi…
Rimanere dentro quel bianco batuffolo
e lì abbandonarmi e trovare serenità, pace, silenzio…
Mancano pochi giorni a Natale ,
un Natale come tanti altri ,dove ho sperimentato
tristezza, dolore, ansia e pianto..
Un Natale dove mi ritrovo sola a sconfiggere guerrieri
armati di spade che mi trafiggono il cuore,che mi fanno male, tanto male…
Ma poi mi guardo intorno e trovo accanto a  me
l’immagine dell’amore, dell’affetto, dell’amicizia, della condivisione.
I volti delle persone che mi sono care, gli abbracci , le parole
mi fanno capire che nonostante tutto, Natale viene ancora e
quel Bimbo che nasce sa far fiorire l’amore
anche in mezzo a tanta tristezza, a tanto dolore..
Allora non posso fare a meno di dire il mio grazie a Dio
che ha messo sul mio cammino molti amici
che riescono a colmare tanti vuoti e a farmi sentire meno sola..
E so che per tanti questo sarà un triste Natale…
Ma voglio sperare che la luce che viene da quel Bimbo Speciale
Illumini tutti, riscaldi i cuori, ci sorregga e ci dia forza per andare avanti … 

Che ci sia in questo giorno, per tutti, un segno anche piccolo, dell’amore che abbiamo intorno!



Notte di Natale …
Mentre si sprecano auguri falsi,
si stringono mani per abitudine,
si fanno auguri senza senso…
io sono qui che cerco silenzio...
Via da tutto, via da tutti, più in fretta possibile!
Niente mi fa star bene, niente mi tira via i pensieri tristi,
niente mi aiuta a non pensare…
Sola, sola, sola … senza  nessun rumore,
 senza parole inutili, senza sguardi vuoti,
vorrei sparire, allontanarmi da tutto questo
invece è sempre davanti a me...
E’ qualcosa che mi segue in continuazione
e anche se credo di riuscire a restare staccata,
quest’ombra fa parte di me, è dentro di me…
Che Natale è questo?

                               Lucia Marangoni

 Ore 23,50   Dopo messa della notte



Santo Natale 2012

giovedì 27 dicembre 2012

Spignatando - el bussolà


Uno dei dolci più tipici della cucina vicentina è il bussolà, una ciambella dolce di origine molto antica, tanto che sembra venisse consumata durante i pellegrinaggi anche in sostituzione del pane. Il bussolà è un prodotto de.co. di Caldogno.

Ingredienti


350 gr. farina

150 gr. zucchero
100 gr. burro fuso
4 uova
1 limone non trattato
1 bacello di vaniglia
1 bustina lievito   
zucchero in granella
50 gr. di uvetta passa
grappa
sale

Separate per prima cosa i tuorli dagli albumi (attenzione che negli albumi non ci sia traccia di tuorlo) e montate a neve gli albumi. In un'altra ciotola sbattete i tuorli con lo zucchero, aggiungere la buccia grattugiata e il succo di un limone, i semi della vaniglia, un pizzico di sale, il burro fuso e un bicchierino di grappa. Mescolate con cura quindi aggiungete la farina setacciata con la bustina di lievito e amalgamate molto bene tuti gli ingredienti.

Fatto questo inserite poco alla volta gli albumi avendo cura di mescolare semre dal basso verso l'alto per evitare che "smontino".
Arrichite infine con l'uvetta passa precedentemente ammollata, versate il tutto in una ciambella  imburrata e infarinata, spolverate con granella di zucchero e cuocete a 180° per circa 35 minu

martedì 25 dicembre 2012

Notte di Natale



                                                   
      E' una notte di Natale fredda e nebbiosa, io sono un po’ stanco e non ho voglia di uscire nemmeno per la messa di mezzanotte. Fuori la nebbia confonde le luci e i passanti frettolosi scompaiono in fretta nel buio e nel silenzio.

Quest’anno per me è stato duro, a volte angoscioso e anche l’anno nuovo per tante persone,  si profila incerto e difficile. Le previsioni non sono buone, chissà che passi in fretta questo periodo in cui sembra che tutto vada male.
In casa abbiamo fatto il solito albero sintetico e un piccolo presepio con le statuine di cartapesta acquistato in un mercatino di roba vecchia.
Ci è stato detto che proviene da un istituto di suore di Venezia, e questo mi piace.
Lo guardo senza troppo trasporto, ma la malinconia mi porta via, lontano, negli anni in cui ero bambino e in casa facevamo un piccolo presepe in un angolo freddo della “saletta”, che poi era il piccolo corridoio che dava sulla cucina.
Poche statuine vecchie di gesso, qualcuna avuta in regalo dai nonni materni, i Bon, rosicchiate dalle “moréje” e dal tempo.
Le conservavamo incartate per bene in una cassetta di legno della frutta in un angolo remoto del “granàro” in compagnia della polvere e delle ragnatele fino ai primi di dicembre. Quando il freddo e la neve coloravano i visi e i campi, andavamo  per “lispo“ giù per la riva, verso i terreni e le siepi gelate di Rondello.
Ci facevano compagnia rari pettirossi e scriccioli intirizziti e il giocoso ricamo del fiato che si gelava in una nuvoletta tiepida e allegra.
Tornavamo a casa con il sacco pieno del soffice e profumato mantello che presto sistemavamo sopra una vecchia tavola che per l’occasione toglievamo dall’oblio del disuso. La grotta celeste la ricavavamo da dei sassi muschiosi posizionati in modo da ricavarne un anfratto e le stradine le tracciavamo con un po’ di farina bianca che ci concedeva nostra madre misurandola con parsimonia.
Tiravamo poi fuori dalla cassetta di legno le piccole statuine e le scartavamo lentamente, facendo attenzione a non rompere niente e cominciavamo a disporle una ad una nei posti che ritenevamo più giusti, magari cambiandone più volte la posizione.
Quando si scartavano quei personaggi, ci pareva di ritrovare dei vecchi amici che ci venivano a far compagnia in quei giorni sereni di Natale  della nostra fanciullezza. Io mi incantavo a guardare quel mondo magico con i piedi nudi poggiati sul pavimento di palladiana gelata, ma non avvertivo per niente il pungere del freddo. Sentivo solo il profumo del muschio e di qualche candela che aggiungevano a quell’atmosfera un tocco di magia e un poco di poesia.
Col tempo accanto al presepe, abbiamo aggiunto un piccolo abete,  che mio padre si procurava non so dove, con poche palline di vetro colorato e qualche candelina che accendevamo la notte di Natale, e mi pareva che il cielo entrasse  in quella povera stanza. Quel profumo di muschio e di abete erano l’incenso di noi poveri, l’amore di mia madre era poi la dolcezza di quei giorni. Bastava questo e si poteva sognare ad occhi aperti.
Adesso c’è ancora solo quella stanza vuota, sono rimaste  le piastrelle bianche e nere del pavimento che col freddo mi mordeva i piedi, tutto il resto non esiste più, le statuine si sono perse chissà dove e mia madre se ne è andata ormai da più di un anno.
Domani è Natale, mi mancherà il suo solito biglietto di auguri vergato con calligrafia incerta ed antica con su scritto: auguri Giovanni e Giannina.
Firmava anche per mio padre come se fosse stato ancora vivo; anche se l’aveva preceduta nella partenza già da un paio di anni. Mi mancherà il profumo del brodo che bolliva sulla stufa già dal mattino, e il suo gran daffare per preparare il pranzo. Il povero torrone  con i bagigi nel cesto e i pochi mandarini per l’occasione, il buon sapore del bussolao e quello antico della ”salsetta” da una ricetta di mia nonna. I vetri appannati della cucina in cui io scrivevo buon Natale col dito e quelle pareti mal dipinte di calce  e di muffa. Mi rimane poco di quei Natali, dei miei Natali, non mi vanno quei babbi natale di adesso che pendono pateticamente dalle case e quelle luminarie che danzano al vento a cui forse solo i bambini appendono il loro stupore.
Stasera vorrei addormentarmi e sognare, raggomitolato nella mia stanchezza e nella mia malinconia.
Vorrei sognare un presepe costruito col poco che è restato della mia giovinezza.
Ci metterei i “miei vecchi” come li chiamo io, le persone che ho sempre visto e che amo, che mi hanno accompagnato per tutta la vita e che spero facciano ancora un po’ di strada in mia compagnia.
Allora ci metterei Toni Lucca vestito da meccanico col suo solito cinturone di cuoio, ci metterei Aldo Fabrello nei panni di un contadino con la sua saggezza di un buon padre, Danilo “latàro” col suo furgoncino di tanti anni fa , Versilio “scarpàro” seduto al desco tra pece e spago, Alcide “munàro” mio cugino curvato dal peso dei sacchi e degli anni,  Bruno Zabino vestito da zampognaro, Angelin Piai il mio vecchio barbiere, la maestra Mary Gioppo e l’ultima dolce amica di mia madre  l’Albina Bellinaso, la Beppina del maestro e Battista Jane, la Rina “bela” vestita da attrice del cinema, Tony e Checco Gasparotto vestiti da macellai, Gian Silvio Gheno il farmacista, il mio antico professore di scuola Enzo Segalla e Bruno Zucchi mio buon compagno delle elementari. Poi Umberto Sarolo, Teresiano “Mossanega” e Ninin Dal Prà. Ci metterei un torrentello con l’acqua ed un ponticello come l’Astico ed il ponte di Caltrano dove andavo a pescare con mio padre e mio cugino Armando. Non mancherebbe neppure la volta celeste e le stelle in cui metterei quelli che ormai sono in cielo, i miei genitori, Claudio, i miei suoceri  e chi del paese se ne è andato e ora riposano tutti sulla collina. Purtroppo questo presepe ogni anno perde qualche pezzo, vuol dire che ormai anch’io sto diventando vecchio.
Il giorno di Natale l’ho trascorso in casa con i miei figli, di buon mattino, appena si è fatta luce  è venuto Aldo a farmi gli auguri, senza di lui non mi sembra festa, poi le visite dei parenti e qualche telefonata di amici.
Ho pensato anche al mio sogno: è un po’ come restare bambino aggrappato agli ultimi sprazzi di quei giorni lontani e sereni che sapevano di freddo e di sole, di siepi e giochi.   Verso sera è comparsa la neve, una mezza bufera che in breve ha imbiancato le strade, gli alberi e i campi. Il giorno dopo è tutto bianco: ecco il mio Natale venuto dal cielo forse lassù qualcuno mi ha ascoltato. Anche il camposanto è coperto di neve, le tombe, i fiori e le fotografie. Devo togliere quel bianco per ritrovare quei visi che sono lì per sempre.
Porto qualche bucaneve e un po’ di pungitopo a chi mi è più caro, ma uno sguardo come un augurio lo porto da tutti e a mia madre una viola gelata che ho trovato lungo le siepi di Rondello dove da bambino andavo per “lispo”. Forse l’ultima viola dell’anno o meglio la prima che precede la primavera che verrà. 
Una viola di Natale per tutti quelli che sono là.


                                         Maurizio Boschiero

lunedì 24 dicembre 2012

Natale - poesie


 INNO ALL'AMORE

“Se parlo le lingue
degli uomini o degli angeli,
ma non ho l’amore,
sono un metallo che rimbomba,
uno strumento che suona a vuoto.”


L’amore si può intendere in vari modi,
ognuno di essi ha un’importanza particolare,
ha un valore speciale perché nel suo manifestarsi,
dona  sempre e comunque, 
l’essenza del più grande dei sentimenti.

Pazienza, condivisione, ascolto, dedizione, 
accoglienza, onestà,
apertura, confidenza, fiducia, generosità,
consolazione, rispetto, umiltà, coraggio... 
quante le occasioni d’amore!

In tutti questi modi di amare,
possiamo trovare l’espressione 
più grande e completa della parola AMORE 
in una famiglia semplice, ma grande:


La Sacra famiglia


Giuseppe che si è fidato totalmente,
Gesù che ha ubbidito a un disegno Divino
e Maria che ha accolto la parola dell’Angelo,
sono l’immagine umana
di un amore  pienamente spirituale.

Niente d’eccezionale, d’irraggiungibile,
non è al di fuori della nostra vita   
e delle nostre esperienze,
nei nostri modi di dare amore,
anche noi, se lo vogliamo,
possiamo amare in modo totale e unico,
rendendo speciale ogni giorno della nostra esistenza.


Lucia



Ho Bisogno di Te



In questa notte di stelle,
dove la luce si espande ovunque,
io, piccola e fragile, ho bisogno di Te.
Ho bisogno dei tuoi occhi, per vedere la strada che ho dinnanzi;
delle tue mani, per porgerle ai miei fratelli;
delle tue parole, per portarle a chi vive nel silenzio;
delle tue gambe, per venirti incontro;
del tuo cuore per  essere sensibile a ogni cosa;
della tua verità, per portare verità;
della tua povertà, per denudarmi del superfluo;
della tua umiltà, per sentire le voci che ho intorno;
della tua luce, per illuminare le tenebre della vita.
Ho bisogno di Te, che ancora vieni e mi prendi per mano,
che arrivi in silenzio e cerchi la pace,
che sei sempre pronto a darmi il tuo amore.
Ho bisogno di Te e so che mai mi lascerai sola.

                                                                            Lucia  - Natale 2012

Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...