mercoledì 31 agosto 2022

Non é più tra noi (FC)


 

Chi prende il caffè con me?


𝗜𝗟 𝗣𝗢𝗡𝗧𝗘 𝗧𝗥𝗔 𝗜 𝟮 𝗣𝗔𝗥𝗖𝗛𝗜

𝗜𝗹 𝗽𝗼𝗻𝘁𝗲 𝘁𝗶𝗯𝗲𝘁𝗮𝗻𝗼 “𝗣𝗜𝗨̀ 𝗟𝗨𝗡𝗚𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗠𝗢𝗡𝗗𝗢” 𝗲̀ 𝗶𝗻 𝗟𝘂𝗰𝗮𝗻𝗶𝗮 𝗮 𝗖𝗔𝗦𝗧𝗘𝗟𝗦𝗔𝗥𝗔𝗖𝗘𝗡𝗢 𝗣otenza-𝗕𝗮𝘀𝗶𝗹𝗶𝗰𝗮𝘁𝗮 𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮 

Il ponte da Guinness dei primati collega il Parco nazionale del Pollino e il Parco nazionale dell’Appennino Lucano-Val d’Agri Lagonegrese e per questo motivo si chiamerà proprio “Ponte tra i due parchi”.
È lungo poco meno di 580 metri ed è sospeso a mezz’aria a un’altezza di circa 80 metri sul canyon del torrente Racanello. 
Ha una campata unica sorretta da solo quattro funi portanti da 35 mm e da 2 funi di sicurezza da 20 mm.
Il ponte collega il nucleo più antico del centro storico, dove svettano i ruderi del castrum saracenum, con uno sperone roccioso posizionato tra le pendici del Monte Raparo e del Monte Castelveglia.
I più coraggiosi e funambolici equilibristi potranno attraversarlo indossando un’imbracatura e un kit apposito da via ferrata. 







I tempi inevitabilmente cambiano continuamente... a volte in meglio, a volte in peggio...

 


Ma quante erano le commesse della Standa di Corso Palladio a Vicenza nel 1956? Non mi capacito di come sia potuto accadere che in ogni ambito sia incredibilmente diminuito il numero delle persone impiegate. Penso agli uffici, negli anni '60, pieni di segretarie alla macchina da scrivere e penso alle fabbriche con reparti pieni di operai più o meno specializzati. La verità è che si diceva che le macchine avrebbero fatto lavorare meno tutti... Vero! Ma a guardar bene, le macchine il lavoro ce l'hanno proprio preso e senza darci nulla in cambio!

[da: storie e leggende venete]

Foto Vajenti: La Standa di Vicenza nel 1956

Università popolare alto Astico e Posina


DOPO I CORSI, ECCO LE QUOTE

Pubblicata la bozza dei corsi previsti per il nuovo anno accademico, corsi naturalmente aperti a tutti, senza esclusione di sorta, pubblichiamo una seconda bozza, relativa ai costi di ogni iscrizione. Come si può vedere, rimane inalterata la quota di 30 euro, che permette di iscriversi fino a ben 5 corsi "a pacchetto": Archeologia; Grande Guerra; Itinerando fra le ville del Vicentino; In notturna alla pieve; Erbe dei nostri prati e boschi; Erbe: gli oli essenziali; Camminate autunnali; Camminate primaverili; Sul sentiero fogazzariano.
Per gli altri corsi, è stata soltanto "corretta" (da 90 a 100 euro) la quota di alcuni corsi di Lingua (Inglese e Spagnolo), a fronte dell'alto numero di ore di lezione e, conseguentemente, di spese di gestione.
Per non gravare sull'utenza, non sono state invece toccate le altre quote, che, quindi, rimangono le stesse. Ecco, comunque, il prospetto.



martedì 30 agosto 2022

Chi prende il caffè con me?

La nostra meravigliosa 

vacanza ai Caraibi 

è terminata!

😊😊😊

Siamo abbronzatissimi e felici, 

ma stanchissimi!

Usate un po' di clemenza 

che abbiamo bisogno 

di qualche giorno di rodaggio 

per riabituarci al tran-tran 

e pure al fuso orario...

😊😊😊











MIX: di tutto un po'...

   


I ricchi e poveri

Cambiamo i politici per non cambiare noi.
Siamo poveri, ma ricchi.
Da uno studio, sul risparmio degli italiani, del sindacato dei bancari Fabi, emergono cose molto interessanti.
Le famiglie degli italiani hanno, sui propri depositi bancari, in contanti, circa 500 miliardi in più rispetto al 2011, anno della grande crisi dello Spread. 550 miliardi in più in azioni, 550 in più nei fondi comuni e altrettanti, sempre in più, nei titoli di stato.
“La ricchezza finanziaria netta è, rispetto al reddito disponibile, pari al 3,4% in Italia, al 2,8% in Francia, al 2,6% in Germania e al 2,5% in Spagna. Alla fine del 2021, anche il tasso di indebitamento finanziario delle famiglie italiane rispetto ai mutui è il più basso d’Europa, con un distacco rilevante di 3 punti base rispetto a Francia, Germania e Spagna. L’Italia, con la sua percentuale del 39% investita in titoli azionari, è seconda sola alla Spagna, ma vanta il primato della quota di portafoglio destinata ai titoli di Stato, che rappresenta il 4,3% del totale, rispetto a una media europea dell’1,6%; ben più bassa per Paesi come Francia (0,6%) e Spagna (0,4 per cento)”.
E allora?
Sappiamo poi che l’Italia è il Paese fra i più patrimonializzati d’Europa: casa soprattutto.
E allora?
Inoltre, circa un milione e mezzo di italiani che non hanno soldi in banca (forse, per alcuni), nelle azioni, nei titoli di stato (forse, per alcuni), nei fondi, nelle assicurazioni, prendono il reddito di cittadinanza.
E allora?
Quindi abbiamo le famiglie fra le più ricche d’Europa nello Stato più indebitato.
E abbiamo la classe politica fra le più deboli e fluttuanti d’Europa: oggi ci sono, domani chissà.
Partiti che scompaiono nell’arco di anni, mesi, alcune volte. Con ricambi accentuati e continui.
Il popolo vuole il nuovo e poi lo rivuole di nuovo, con la velocità della luce.
E allora?
Che cosa significa tutto questo?
Significa che lo Stato non ha la colpa di non dare ai suoi cittadini... al contrario dà troppo, ma spesso troppo male.
Dà troppo sino al punto di indebitarsi molto, sino a diventare povero, fra i più poveri, mentre i suoi cittadini diventano ricchi, fra i più ricchi.
Nella media.
Ma dà troppo male, perché ad esempio... se sei un cittadino ricco o benestante hai la stessa stessa sanità pubblica di chi è meno ricco o più povero.
Perché se sei dipendente pubblico non rischi nulla, se sei un lavoratore privato rischi tutto, ogni giorno.
Perché sino a non molti anni fa andavi in pensione bambino. Oggi non sai quando. Mentre paghi ancora le pensioni bambine.
Perché se hai comprato case e affitti... hai la tassa piatta e bassa e se lavori o intraprendi... hai la tassa alta e tutt’altro che piatta.
Quindi che cosa significa tutto questo?
Significa che lo Stato lo abbiamo sfasciato noi.
Se gli italiani sono fra i cittadini europei con più ricchezza finanziaria e più patrimoni e lo Stato è fra i più indebitati, significa che lo Stato è debole perché non regge all’assalto delle nostre richieste e delle nostre pretese, delle nostre furberie. Della nostra diseducazione politica.
Significa che non ha più latte da mungere perché ne abbiamo munto troppo.
Ogni 5 anni circa, o anche meno, da almeno 30 anni, mandiamo via a calci quelli che c’erano prima per i nuovi, per poi riservar loro lo stesso trattamento da lì a poco.
E quelli di prima ancora, quelli della Prima Repubblica, che ci hanno tirato fuori da guerra, fame, terrorismo, li abbiamo seppelliti nell’infamia perenne.
Cosa significa tutto questo?
Significa che i politici cambiano, ma gli italiani no, e significa che gli italiani cambiano spesso i politici per non cambiare loro.
Noi.
[Sergio Pizzolante]
Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "1800.000 La ricchezza finanziaria delle famiglie 1.600.000 1.629.118 2011 1.400000 2021 1.200.000 1.119.138 1.000.000 800.000 1.251.471 600.000 712.841 400.000 1.213.808 690.478 200.000 771.061 680.179 233.220 14.168 10.323 235.751 664 Prestiti 146.370 104.288 Azioni Polizze assicurative Contante Titoli Derivati stock Fondi Fonte: Fabi depositi eobbligazioni option comuni Il risparmio degli italiani? In dieci anni segna +50% La crescita del «contante» Altri conti attivi CdS Spagna. Ne consegue che la ricchezza finanziaria netta rispetto reddito disponibi- e,pari al3,4% Italia,a 2,6% Spagna 2021, anche asso di finanziario delle famiglie taliane ne pa, distacco rilevante di punti base rispetto a Francia. Germania_ Spagna."


Gruppo HAT

Il gruppo HAT, 
con due nuove installazioni 
a tema “Il Ritorno dal Bosco” 
é una continua piacevole sorpresa!
🌲🌲🌲
Entrambe a San Pietro Valdastico, 
in via Cav. P. Sartori (nr. civici 4 e 17/A).
Da vedere assolutamente!... 
Anche per poter scoprire 
ed apprezzare da vicino 
"i dettagli"!
Un applauso al Pittore!


 

lunedì 29 agosto 2022

Stciopìti e stcioparùi


[Gianni Spagnolo © 22G4]
Non saprei in che data arrivarono da Catinòn le innovative canne rigide in PVC grigio per passare i cavi della luce. Sostituivano quelle usate fino ad allora, fatte, mi pare, in lamina di piombo rivestita all’interno d’un isolante nero un po’ peloso per agevolare il passaggio dei conduttori elettrici rigidi. Non che a noi bociasse interessassero gli impianti della luce, solo che con quei tubi di plastica si potevano fabbricare facilmente delle micidiali cerbottane multi-canna.  Prima d’allora era la natura che ci forniva il materiale necessario per i nostri esperimenti bellici, ma il lavoro di preparazione richiedeva molta più pazienza e abilità: era lo stciopéto o stcioparólo de sanbugaro.
Da noi i sanbugari fiorivano rigogliosi nella tarda primavera, con le loro appariscenti infiorescenze ombrelliformi dall’inebriante profumo. C’era chi le raccoglieva per fare lo sciroppo, ma non era quello il nostro interesse. Il sanbugaro ha un legno un po’ insulso, ma che si prestava benissimo agli usi dei nostri bàgoli, dato che poteva essere facilmente lavorato con l’unico attrezzo che avevamo sempre in tasca, la roncoléta o el corteléto.
El sanbugaro aveva i rami con un midollo molto grosso, bianco, leggerissimo e compatto e che si staccava facilmente dall’alburno, consentendo di ricavarne delle canne vuote. Ecco che allora si tagliava un ramo di almeno tri schéi  di diametro e lungo circa trenta. Si estraeva la meòla, ossia  l’anima interna morbida e leggera, ottenendo così la canna da sparo del stcioparólo, con un calibro di circa un schéo, o giù di lì. 
Poi si tagliava un bachéto di cornolaro, largo un fià manco del calibro e lo si lissiava pulito. El cornolaro el nava de oro par far da pistòn perché era rigido e di grana fine, inoltre, quando privato della corteccia, el suàva,  e così era praticamente autolubrificante. 
A parte si confezionavano i proiettili, costituiti da stoppa, carta o filamenti di spago, masticati a lungo per renderli belli compatti. Introdotto un proiettile nella canna, con il bachetélo lo si spingeva molto avanti, quasi sulla bocca; quindi si introduceva nella canna un secondo proiettile e poi lo si schissava rénto col pistòn de cornolaro premuto di scatto sul petto, tendendo con due mani la canna puntata verso il bersaglio. Avveniva quindi che il primo proiettile inserito, sospinto dall’aria compressa, usciva di scatto, col rumore d’un piccolo scoppio, mentre l’altro, che aveva compresso l’aria, si sostituiva al proiettile espulso, rimanendo sulla bocca del stciopéto, pronto ad essere espulso nel tiro successivo. Vabbé, la tecnologia era quella che era, l’avremmo affinata magari qualche lustro più avanti su al Lanzo, ma l’importante era ottenere un bel stciòco e tirare più distante dei compagni.

Era un gioco povero ma antico, di cui si sono perse le tracce. La sua elementare tecnologia non è probabilmente neanche più alla portata dei nostri figli e nipoti, che non sanno neanche com’è fatto il sanbugaro, per tacere di come lavorarlo per ottenerne un rudimentale stciopéto. Anche far stcioparùi non sarebbe più accettato: giochi troppo bellicosi! Taré che òmeni che vegnarà fora, cavandoghe cuél crèn che senpre i ga bìo i boce.

Gli orizzonti della Poesia



Un fiore lo sa

come gira il mondo
quanto poco sia il tempo
per rendersi conto
di quel che si é vissuto
Le mura diroccate
del mio vecchio io
cantano ancora
una canzone d'amore
E risplendono i vetri
che danno sulla strada
un viandante accenna un saluto
che ricambio con gli occhi
Sono viandante anch'io...
Francesca Stassi

Nuova segnaletica al "ponte dele Slèche"

 


domenica 28 agosto 2022

La Trilogia d’Agnér nelle Dolomiti in giornata per Diego Dellai e Marco Toldo

 






 di Planetmountain

Il doppio report, scritto da Marco Toldo e Diego Dellai del Gruppo Roccia 4 Gatti di Arsiero, che in giornata hanno concatenato Spiz d’Agner Nord per la via Susatti, lo Spigolo Nord del Monte Agner e la Torre Armena per la via Tissi. Un viaggio infinito nel cuore selvaggio delle Dolomiti con oltre 3250 metri di scalata dal 3° al 6° di difficoltà.

Giovedì 11 agosto Marco Toldo e Diego Dellai hanno salito "i tre brillanti più luminosi della valle di San Lucano nel versante nord del gruppo dell’Agner", ovvero lo Spiz d’Agner Nord per la via Susatti, lo Spigolo Nord d’Agner e la Torre Armena per la via Tissi. Come viene riassunto bene nel post del Gruppo Roccia 4 Gatti di Arsiero al quale i due alpinisti appartengono, si tratta di “Un infinito viaggio che sa di avventura, amore e passione per la montagna” che "sa di forti emozioni, esplorazione, grandezza di spazi vuoti e incolmabili, sa di emozioni profonde e intense, ma sopratutto sa dell’intima complicità, conoscenza e fiducia che Diego e Marco hanno coltivato negli anni con questa meravigliosa valle che è la Valle di San Lucano." Ecco il loro doppio report.



LA TRIOLOGIA D'AGNER di Marco Toldo
È da qualche anno che consiglio, a chi un po’ se lo merita, di entrare almeno una volta nella valle di San Lucano, recarsi nella piccola frazione di Col di Prà, voltarsi indietro e lasciarsi trasportare dall’ondata di forza ed energia che quelle pareti riescono a trasmettere, anche a chi, ne sono sicuro, di alpinismo se ne intende gran poco.

E c’è uno scorcio in particolare che mi ha sempre catturato. Basta parcheggiare la macchina sulla strada asfaltata in prossimità dell’imbocco del sentiero che porta al bivacco Cozzolino, superare la breve radura per trovarsi sulla riva del Tegnàs. Sarebbe da aver tenuto gli occhi chiusi fino a quel momento, per aprirli di colpo, guardare in alto e lasciarsi portare da quella sensazione di maestosità e potenza che credo pochi posti al mondo riescano a dare.

Siamo davanti al versante settentrionale dell’Agnér; ho passato ore a guardare quelle pareti, pensare alle vie percorse, quelle che vorrei salire e magari anche a qualche linea che aspetta ancora i primi cavalieri. Ho passato ore a sognare e fantasticare nuove avventure su quelle grandi pareti, ma c’è stato un momento in particolare in cui tra quelle enormi torri di roccia ho visto qualcosa in più, ho visto una possibilità nuova, come una visione, qualcosa di logico in realtà ma che probabilmente non aveva ancora catturato l’interesse di nessuno. Quel giorno ero stato stregato da un sogno come altre volte mi era accaduto in questa magica valle...

Davanti a me il gigante con i suoi satelliti: da sinistra lo Spiz Pìcol, all’apparenza esile e insignificante, poi lo Spiz d’Agnér Nord, alto e slanciato come una freccia appuntita verso il cielo. Dietro, un po' nascosto e quasi insignificante lo Spiz Sud. Poi il grande Agnér, in tutta la sua mole con il lunghissimo spigolo dritto davanti a me. A destra la Torre Armena, distante e isolata da sembrare irraggiungibile. Infine la catena continua verso ovest con grandi montagne che sembrano svanire sempre di più...

Quel giorno, e son passati un bel po' di anni, mi ero chiesto se mai sarebbe stato possibile concatenare quelle 3 affascinanti montagne in un solo giorno...Nel frattempo combinammo tante cose in Agnér, tra cui una sventurata discesa con gli sci per il Vallon delle Scandole. Quanta neve c’era, e che abisso quel canale! La mia testa tornò sul concatenamento; in effetti quella era una discesa che una volta veniva usata come rientro dalle vie in estate...

Siamo tornati in quel luogo l’anno scorso, ad inizio estate per avvicinarci alla ovest della Torre Armena per percorrere la via Maliarda, capolavoro dei grandi Renato Pancera e Gianpaolo Galiazzo. Quel giorno con Diego abbiamo accennato qualche considerazione a quella cavalcata, dato che di lì saremmo per forza dovuti scendere.

Quest’anno la poca neve presente nei canali di discesa ci ha portato a pensare che probabilmente era arrivato il momento di tentare quel concatenamento. L'organizzazione è venuta spontanea… L'idea iniziale era: dormire al Cozzolino, salire lo spigolo nord, scendere per le Scandole e a circa metà raggiungere la base della Torre Armena dove avremmo salito la Tissi. Tornare sulle Scandole e scenderle fino in fondo, passare per il Cozzolino e poi attaccare lo spigolo Susatti allo Spiz Nord.

A fine luglio sono salito da solo al bivacco Biasin per depositare acqua e cibo per poi scendere per il Vallon delle Scandole, attrezzando alcune doppie e ragionando su come poter essere il più rapidi possibili. Al di là dell’euforia alimentata dalle forti sensazioni provate durante tutta la discesa, sono arrivato a valle con la netta sensazione che la nostra idea era praticamente impossibile, perché le Scandole richiedevano troppo tempo. Dovevamo per forza scendere a nord per essere veloci, così abbiamo spostato l’attenzione sul lato opposto del Gigante: lì, tra lo Spiz Nord e l’Agnér scendono due grandi spaccature divise in alto dallo Spiz Sud. Diego programmò un tentativo di discesa dal grande e spaventoso canale a sinistra dell’Agner, per fortuna mai neanche iniziato, cosi abbiamo deciso di tentare una discesa tra lo Spiz Nord e lo Spiz Sud.

Giovedì 4 agosto dormiamo a malga Agnér. Quel giorno Diego ed Erika avevano salito la Via Andrea Oggioni. Il giorno seguente Erika sarebbe scesa a valle mentre io e Diego saremmo saliti verso lo Spiz Nord per la via normale e, raggiunta la forcella Parissenti, avremmo depositato acqua e cibo e tentato questa nuova discesa alternativa. La cosa andò meglio del previsto e con 8 doppie da 50 metri e qualche tratto da disarrampicare arrivammo al Cozzolino e poi giù in valle con la consapevolezza che quel sogno era forse realizzabile. Cambiamo la sequenza delle vie e quindi la logistica, ma rimanevano grandi dubbi...tempistiche sulle discese, la Susatti mai percorsa prima, l’avvicinamento alla Tissi dalle Scandole sconosciuto...

Giovedi 11 agosto usciamo dal Bivacco Cozzolino alle 3.53, saliamo veloci e attacchiamo lo spigolo Susatti. La via è bellissima, la percorriamo senza neanche renderci conto di essere veloci e quando arriviamo alla forcella Parissenti, poco sotto la cima, non sono ancora le 8. Cominciamo a scendere la nuova linea di doppie. Difficile pensare di essere veloci perché lì c’è anche da stare attenti, ma tutto fila e poco passate le 10 entriamo al bivacco Cozzolino. Ricorderò sempre il piacere, in una giornata così frenetica, di concederci dieci minuti di stop, mettere su la moka e bersi il caffè più buono che io abbia mai bevuto... Tocca allo spigolo Gilberti-Soravito, via che non ha bisogno di presentazioni, che scorre veloce. Arriviamo al bivacco Biasin sotto la cima dell’Agnér che l’orologio segna le 16.30.

C'è tempo, c’è ancora energia e c’è tanta motivazione. Scendiamo le Scandole e raggiungiamo l’attacco della Torre Armena in modo inaspettatamente semplice. La Tissi è una bellissima via, logica e non troppo difficile che, nonostante la stanchezza, percorriamo veloci e anche in maniera piacevole. Alle 20,30 manca l’ultimo tiro, poi la cima, tutta quella cresta affilata per poi scendere e risalire al bivacco Biasin. Accendiamo le frontali ed inizia a piovere... attorno a noi si sta manifestando un bel temporale, i tuoni si sentono decisi anche se ancora lontani. La cima della Torre Armena penso sia uno dei peggiori posti delle Dolomiti dove trovarsi in caso di temporale!

Sento un po' d’ansia salirmi, acceleriamo, speriamo non succeda un casino! Neanche il tempo di bagnarci le spalle che smette di piovere, riprenderà alle 23 quando noi saremo già distesi sulle brande del bivacco sotto qualche bel strato di coperte…

Più di 18 ore trascorse praticamente senza pause; 18 ore concentrati, veloci e determinati; 18 ore esposti agli inevitabili pericoli oggettivi che tre grandi montagne come queste possono creare sia durante le salite sia nelle discese; 18 ore immersi nei dubbi dovuti a una preparazione semplice, dove avevamo scelto di non essere troppo meticolosi per lasciare comunque spazio all’avventura...

E quando tutto finisce ti chiedi semplicemente: è possibile che sia andato tutto così incredibilmente bene? E allora anche se può sembrare un pensiero un pò astratto, mi sento di rispondere che ancora una volta il Gigante ha in qualche modo contribuito per fare andare tutto per il verso giusto in cambio della grande ammirazione che proviamo per questa montagna.

Non volevamo fare un record, né tanto meno “utilizzare” l’Agnér come una pista d’atletica. Volevamo semplicemente entrare a fondo in questa montagna, conoscerne i segreti e provare a trasformare in realtà quel sogno che quel giorno mi aveva trasmesso sulla riva del Tegnàs. Ci siamo riusciti. Grazie Agnér!

di Marco Toldo

5 SENSI di Diego Dellai
Profumo di caffè e luce calda, apro la porta del bivacco, è buio. I passi vanno in salita, le mani iniziano a toccare roccia conosciuta, il chiarore della pila frontale concentra tutta l'attenzione su quel metro quadro davanti a faccia e piedi, il resto è superfluo e buio.

Rumore di ferraglia e moschettoni, Marco inizia a salire legato, la corda fila veloce poi finisce. Indosso le scarpette e via! Le dita afferrano roccia e prese bellissime. Adatto la velocità a quella del mio compagno, se va piano so che fra cinquanta metri troverò un passaggio più impegnativo o un friend da rimuovere.

Ci ritroviamo in sosta, spegniamo la frontale, passo il materiale e poi riparte, prima piano, poi veloce su è ancora su. Non sono ancora le otto, quando a Forcella Parissenti sentiamo le voci di una cordata poco sopra, probabilmente hanno dormito fuori. "Che via avete fatto?" chiedono. Quasi in imbarazzo lascio la risposta a Marco: "La Susatti, questa mattina presto!" 

Iniziamo a scendere, corde doppie e tratti di disarrampicata dove la concentrazione è al massimo.
"Tonf!" Un sasso mi cade sopra il piede, faccio un rapido controllo togliendo la scarpa, è tutto ok ma fa male! La discesa riprende, mi sento vulnerabile ma all'altezza, in un ambiente severo ma che conosco. Ci si sente piccoli giù per quei budelli!

Poche parole, quasi nessuna, riprendiamo a parlare quando anche l'ultima doppia fila liscia, e veloci ripassiamo al bivacco Cozzolino per la merenda, panino con prosciutto e caffè! 


Sono quasi le 11, sullo Spigolo Nord riparte Marco, i primi tiri legati poi liberi e veloci tra il profumo dei mughi e il pizzicore dei suoi aghi. Le mani sono sporche di terra, non sento rumori, solo quel movimento di braccia e piedi perfettamente sincronizzato, veloce e leggero, che continua a salire ed aggrapparsi.

Marco è veloce, quasi non riesco a starci dietro, una breve sosta al grande Larice e via, su per i canali e diedri mentre giù sotto a destra arrivano le voci di una cordata. Maniche corte, è caldo e mi sento stanco, cerco di dosare le forze, di procedere il più costanti possibile sino alla parte alta.  Lui non fa una piega e continua a fare il suo compito, sale su roccia bellissima e io seguo, le soste ci sono.... ma non per noi!

All'uscita nemmeno un minuto, dritti verso il Bivacco Biasin dove abbiamo acqua e cibo. Sono quasi le cinque, un po' in ritardo sui piani ma in tolleranza, non sono pienamente convinto di continuare ma Marco lo chiede con una frase a senso unico: "Ne hai ancora vero? Siamo in orario e fermarsi adesso sarebbe un vero peccato!" Avanti!

I piedi scendono tra le ghiaie del Vallon delle Scandole, una doppia, roccia levigata, un buco d'acqua, tolgo gli occhiali e beviamo. Poi ancora giù su rocce esposte e l'incognita di trovare una soluzione veloce per raggiungere l'attacco della via Tissi. Più su? Più giù? Proviamo là! Una cengia, 80 metri di traverso su roccia magnifica, sopra la testa la Torre Armena e il cielo grigio.

Sento una nuova energia dentro, è il Diego determinato che potrebbe andare avanti per giorni perché sa che tutto è possibile. Inizio a salire, i piedi fanno male ma passano in secondo piano, penso a quanto forti erano quei pionieri con gli scarponi e l'attrezzatura pesante, su fessure impegnative e quarti gradi difficilmente proteggibili.

Arriva buio, accendiamo le frontali mentre in lontananza rimbombano tuoni e fulmini. Alcune gocce iniziano a cadere e sembra quasi grandine da quanto grosse sono, poi fortunatamente smette, poco sotto la cima togliamo corda e scarpette iniziando il saliscendi in cresta sempre concentrati, sotto i piedi la pila illumina ma a sinistra è il buio più totale.

Sono le 22 quando riapriamo la porta del Bivacco Bedin, un abbraccio, un semplice abbraccio atteso da ore è la dichiarazione che ora possiamo rilassarci, che quell'idea pazza nata qualche anno prima è diventata realtà.

Penso all'inutile senso di questa intensa giornata, i palmi delle mani sono dolenti come la pianta dei piedi, potrebbe sembrare una performance da atleti ma non è così. Discutiamo un po', confido a Marco che con questo "tour" ho la paura di svilire queste bellissime salite alpinistiche.

È stata una sfida dentro di noi, un gioco di strategia, un dover conoscere a fondo queste pareti per poter passare sicuri, leggeri e veloci. Un piacere possibile grazie ad un amico con il quale tutto sembra normale e il parlare alterna la voce al silenzio. Il rumore della pioggia accompagna il sonno dentro il bivacco, prima avevo voglia di terminare e ritrovarmi tra le luci in qualche festa di paese, ora la sensazione è strana, è come se avessi letto un libro fantastico, una sola copia tutta per me, potrei raccontarlo ma pochi riuscirebbero a capirne la bellezza.

Diego Dellai


Che fantastica storia è la vita!

 





In questi giorni i cardi stanno diffondendo, attraverso magici fuochi d'artificio, un'enorme quantità di semi leggeri, aerei e lucenti che solo in piccola parte sarà destinata ad attecchire e a dare origine a una nuova pianta.
Daniele Zovi nel suo libro "ALBERI SAPIENTI ANTICHE FORESTE" scrive: ho spesso pensato che spargere migliaia di semi per generare magari una sola pianta sia un'azione esagerata da parte della natura, uno dispendio di energie inutile. In realtà ogni seme è come un biglietto della lotteria per la sopravvivenza: più ne hai e più alte sono le probabilità che almeno uno sia vincente.
Quello della sopravvivenza della specie è una delle leggi generali della natura, obiettivo a cui essa tende con molte e fantasiose strategie.
Una di queste è abbastanza curiosa: quando un vegetale sta per morire, produce molti più semi di quando è nel pieno del suo vigore. È come se la pianta, sentendo avvicinarsi la morte, volesse esprimere un ultimo sforzo, non per sé, ma per garantire la sua specie."
Franca Rocchetti

La Vergine velata

 


"Come può un uomo
con uno scalpello,
trasformare in un velo
un materiale duro
come il marmo,
esso diventa trasparenza.

È incredibile la potenza del talento!
~ Alberto Angela ~

"La Vergine Velata" è uno straordinario capolavoro dello scultore italiano Giovanni Strazza, un’opera dal grande impatto realistico che nel corso del tempo ha conquistato il mondo intero .
Qui, la versatilità del marmo sembra trovare la sua massima espressione dove il volto di Maria, rivolto verso il basso e con gli occhi chiusi, è completamente ricoperto da un velo la cui leggerezza ci mostra la grande bravura di questo artista.
L’opera risale agli anni ’50 dell’Ottocento e si trova presso il Palazzo Episcopale della Cattedrale di San Giovanni a Terranova, in Canada.
"Una gemma di arte perfetta" : così venne definita quest'opera dal Vescovo di Terranova, John Thomas Mullock.
[Anna Quintavalle-web]

Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...