[Gianni Spagnolo © 190525]
M’è sempre piaciuto trapolàre col
legno, fin da bambino. Allora giravo con l’inseparabile coltello a serramanico
in tasca, come tutti del resto. Serviva per molteplici usi: decorare bastoni, far fionde, archi,
frecce, trappole, bàiti, bachetùni e mille altre robe. Di
riflesso anche sotto naja alpina, quando si voleva negare qualcosa, si
diceva sarcasticamente alle burbe: fàtelo de legno!
Porto ancora sulle mani le cicatrici
di quegli apprendistati e ne ricordo una per una le circostanze. Era una
passione di famiglia, dato che anche mio nonno e mio padre amavano lavorare il legno.
Mio padre poi era particolarmente abile con l’ascia: grazie alla pratica giovanile di
necessità e all’arte di carpentiere, riusciva a fare con la scure
lavori che normalmente necessitavano di utensili ben più specifici. Anche con
il sasso se la cavava bene; lo squadrava con pochi azzeccati colpi riconoscendo
ad occhio le microscopiche venature della pietra, che io neanche vedevo. Avevo
sei o sette anni quando ricevetti in regalo la mia prima scure: era un
residuato bellico, ricavata da un’ascia da pioniere; piccola e maneggevole,
adeguata alla mia taglia. Con quel menarotèlo cominciai ad
esercitarmi a spaccar la legna da ardere e mi divertivo un mondo a fendere con
un sol colpo i piccoli tronchetti di faggio e carpine o più ancora quelli di
abete, leggeri e dalle venature diritte. Il mio cruccio erano però i nodi dei
pezzi più grossi, che impedivano l’immediata fenditura e mi costringevano ad
estenuanti ribattute alternate a laboriose operazioni per estrarre la lama
incastrata. Mio padre osservava sornione i miei armeggi lasciandomi fare. Fin
quando mi contorsi nell'ennesimo tentativo di disincagliare il tagliente serrato nel legno, fu allora che m'incitò: Dàghe
de doja!
Al mio sguardo interrogativo e un po’
ebete, mi prese dalle mani la scure con il pezzo incastrato e
la sbatté sul sòco dalla parte opposta alla lama, provocando
l’immediata fenditura del legno in due belle stèle proiettate
vigorosamente ai lati. “Co te vidi che no la va de péna, biòn che te ghe dai
de doja.” Mi disse sorridendo.
Eccitato dalla scoperta mi addestrai in quella nuova tecnica, anche se a volte non riuscivo a
gestire bene l’operazione perché il manico del menaròto mi
scivolava fra le mani per il peso sbilanciato, vanificando il colpo fatidico.
Gradualmente acquisii maggior abilità, ma c’erano dei nodi ostici che non
riuscivo a spaccare in nessun modo e allora passavo mestamente l’incombenza a
mio padre, pensando che fosse solo una questione di forza fisica. Fu lì che lui
mi fece avvicinare al cumulo di legna e mi spiegò l’importanza di osservare bene i pezzi da spaccare, riconoscere il
tipo di legno e le sue diverse caratteristiche, l’andamento delle vene e la
struttura dei nodi prima di decidere come affrontarli. Poi mi disse che per
spaccare certi gròpi era necessario: “Dàrghe
séco intî corni.” L'operazione consisteva nello sferrare il fendente direttamente sui nodi del legno messo in posizione coricata e non
verticale e me ne mostrò l'efficacia sul pezzo sul quale m'ero appena incaponito, che infatti si divise magicamente in due al primo colpo.
“A xe come par le rogne!”
disse. “Serte le va destrigà co le molesìne, altre biòn
dàrghe de doja, invesse cuéle pì incatijà biòn ciapàrle a muso duro e bareta
fracà, co na bela stéca intî corni.” Come Alessandro con il carro di Gordo,
dunque, anche se quest’analogia la scoprii più avanti. Ecco che allora la mia
abilità di spaccalegna si perfezionò con una preventiva analisi della struttura
del pezzo da rompere e una più efficace scelta delle modalità d’intervento.
Spesso era necessario combinare le diverse tecniche per riuscire nell’intento.
Diventato poi adulto in contesti meno
rustici, ebbi l'occasione di partecipare a numerosi corsi di aggiornamento.
Allora via con: Situation Management, Lean thinking, Kaizen,
ecc. dove ti spiegavano come ottenere la massima efficacia negli schemi
organizzativi e nei processi industriali applicando ampiamente il lateral
thinking, con proiezione di slide, istogrammi, flow
chart, casistiche di successo e relative didattiche.
Mi veniva da sorridere al pensiero che
quei concetti li sapevo già fin da bambino. Me li aveva insegnati mio padre,
senza tanti paroloni, usando semplicemente un menaròto e dei
pezzi di legno.
Doja: parte superiore dell’occhio della scure opposta al tagliente,
utilizzabile come mazza. Dovrebbe derivare per analogia dal veneto dovo,
dojèlo (giogo).
Dàrghe intî corni: soluzione draconiana di un problema,
derivante verosimilmente dalle modalità di abbattimento del bestiame grosso tramite una
mazzata frontale, come avveniva prima dell'uso dei trombini a proiettile
captivo.
Lateral Thinking (Pensiero
laterale): Modalità di
risoluzione di problemi logici che prevede un approccio particolare, ovvero
l'osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla
tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al
problema.