Non
se ne può più di questa retorica alla giornata con cui i soliti
ipocriti pensano di lavarsi la coscienza infiocchettando frasi fatte.
Festeggerò la giornata contro la violenza sulle donne quando gli
stessi ipocriti che la promuovono smetteranno di considerare il velo
una libera scelta culturale. Proprio perché è la cultura il terreno
di coltura della violenza. Le culture non sono affatto tutte uguali e
soprattutto non sono tutte libere, anzi in realtà nessuna lo è
proprio perché condiziona, volenti o nolenti, le nostre scelte. E la
violenza, per definizione, è una coercizione della libertà. Una
violenza psichica che può essere ancora più limitativa della
libertà di una violenza fisica perché annienta la volontà. E
allora ditemi come si possa considerare davvero libera una donna
quando la cultura in cui vive la costringe ad adeguarsi
all’imposizione tutta maschile di nascondersi. In Marocco
quest’estate una giovane e molto intelligente guida (specifico per
la Presidenta degli ipocriti che si trattava di un uomo), quando gli
ho chiesto come mai tante giovani ragazze, apparentemente moderne e
vestite alla moda, fossero velate, mi ha aperto gli occhi con una
semplice quanto disarmante risposta: “per trovare marito”. Mi si
è gelato il sangue, soprattutto quando mi raccontava che fino a
pochi anni fa non lo portava nessuna, non era imposto dalla religione
né dalla famiglia, poi qualche marito ha cominciato a farlo
indossare alla moglie per dimostrare all’esterno quanto fosse
religioso e padrone in casa propria, gli altri mariti hanno fatto
altrettanto, poi sono passati alle figlie e in breve tempo quasi
tutte le ragazze si sono convinte di avere più possibilità di farsi
scegliere in sposa mettendosi il velo. In quel “farsi scegliere”
c’è tutta la violenza che da millenni le donne subiscono in tutto
il mondo. Non serve a niente cambiare l’ultima lettera di un
mestiere, inventarsi un reato con un nome pietoso e offensivo, né
sproloquiare di pari opportunità se non si prende atto di una
semplice realtà: siamo animali istintivamente portati alla
procreazione. Le donne, però, scontano quello che agli occhi degli
uomini è un peccato originale imperdonabile: sono sempre certe di
essere la madre del proprio figlio. Loro no. È banale? È riduttivo?
Può darsi, ma la realtà è semplice, sono gli esseri umani che
l’hanno resa complicata infiocchettandola di cultura. Volete forse
negare che gli uomini soffrano da migliaia di anni della sindrome del
cuculo? Quel terrore atavico di crescere e dare immortalità ai geni
di un altro uomo. Osservate i precetti religiosi, il peccato di atti
impuri, l’adulterio, il mito della verginità, la lettera
scarlatta, la lotta per la minigonna, la rivoluzione sessuale nata
grazie alla pillola anticoncezionale, la mutilazione dei genitali
femminili, il velo, la cintura di castità, le streghe bruciate sul
rogo, l’isteria, lo stesso matrimonio, inventato dagli uomini per
segnare il territorio. Non ci vedete lo stesso filo conduttore? E
pensate davvero che dopo 5.000 anni di sottomissione
culturale bastino 50 anni di emancipazione femminile per mettere a
tacere gli istinti animali di uomini insicuri? Forse, invece, di
tante chiacchiere sarebbe banalmente più utile imporre il test del
DNA ad ogni nuovo nato per iniziare a cambiare mentalità. Certo,
abbiamo fatto un salto evolutivo incredibile, in occidente siamo in
una situazione decisamente migliore perché le donne hanno dovuto
raggiungere una certa indipendenza economica per smarcarsi dalla
dipendenza psicologica e poter finalmente iniziare a scegliere. Ma
siamo ancora anni luce dalla vera libertà reciproca di scelta, siamo
nella confusione dei ruoli più incredibile, siamo al vagare senza
bussola da un letto all’altro, siamo all’arroganza di donne
cacciatrici ed al terrore di uomini preda, siamo ai rapporti virtuali
che si consumano nell’arco di una spunta blu, siamo alla solitudine
perché ci siamo dimenticati proprio di essere animali che si
scelgono a vicenda per donarsi reciprocamente l’eternità. La
direzione è giusta, ma la strada è ancora lunghissima e non si può
transigere in alcun modo sulla libertà di scelta delle donne, basta
un “quella è una facile” di troppo, basta un rossetto “troppo
acceso”, basta una gonna “troppo corta”, basta un voltarsi
dall’altra parte quando un vicino di casa ammazza di botte la
figlia perché veste all’occidentale, basta un velo giustificato
dalla cultura e tornare alla repressione e alla violenza è un
attimo. E allora, invece di festeggiare una inutile giornata
all’anno, chiedetevi ogni giorno quanto davvero ciò che dite, ciò
che fate, ciò che pensate, ciò che giudicate, ciò che commentate
nei confronti di qualsiasi donna incontriate la induca davvero a
continuare a farsi scegliere o finalmente scegliere.
Barbara Di
Il Giornale 25/11/16
Barbara Di
Il Giornale 25/11/16
Intanto, bela, ... 5000 ani i me par puchìti. Secondariamentemente, anca l'omo el ga le so pitime. Quando che le robe le dura cussita tanto tempo, vol dire che le ghe fa comodo a tuti. Desso te sarè pì libara de far quel che te vui, ma te toca spessegare un pasto e girare fa un moscolo. A no so mia se te ghiné guadagnà, setu. Sta storia dela mater semper certa est pater numquam, messà che la centra fa il pisso intela menestra.
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