giovedì 31 marzo 2016

Contra' FORME




La località è formalmente indicata come Forme-Cerati; una contra' duale quindi, in quanto fa coppia con i Cerati, intesi come il Maso della Breióla. (http://bronsescoverte.blogspot.it/2015/04/maso-cerati-breiola.html).

Era localmente conosciuta anche come Alfieri, ma il toponimo è ormai andato in disuso. Appartiene alla parrocchia di Forni e alla diocesi di Vicenza, diversamente dalle altre località poste sulla sinistra orografica dell’Astico e comprese negli antichi confini del comune di Rotzo.  La singolarità di questa situazione è riconducibile alle variazioni del corso dell’Astico, che da sempre segna i termini fra le diocesi di Vicenza e Padova e con l’antica Federazione dei 7 Comuni.  
In un lontano passato, infatti, il corso del torrente scorreva aderente al piede del Monte di Rotzo e le due attuali località di Forme e Cerati ricadevano nel territorio di Forni. (http://bronsescoverte.blogspot.it/2014/02/la-storia-del-poro-nono-seconda-parte.html).

Queste terre erano storicamente proprietà della famiglia Cerato di Forni, alla quale si affiancò nel XVII secolo quella dei Lorenzi. Questi ultimi erano oriundi da San Pietro e ingaggiarono un lungo contenzioso legale con Rotzo per ottenere il riconoscimento dei diritti spettanti ai terrieri in ordine al godimento degli usi civici (la "Causa Lorenzi"). 
Cerato e Lorenzi sono rimasti i due cognomi caratteristici della piccola contra’. 

Dalla mappa napoleonica riprodotta sotto, si vede la cesura che l'ansa dell'Astico interpose fra le due località rivierasche e s'intuisce anche l'antico andamento dell'alveo del torrente che ricalcava grossomodo quello dell'attuale stradone che conduce a Setteca'. 

L'Astico e gli abitati di Cerati (Breióla) e Forme nel 1809 (mappa del periodo napoleonico)
Mappa del territorio di Forme dal Catasto Austriaco (1832)


Bibliografia, annotazioni, avvertenze e diritti:
  • I documenti catastali qui riportati sono estratti dagli originali  conservati presso l'Archivio di Stato di Bassano del Grappa -  Catasto Napoleonico ed Austriaco del comune censuario di Rotzo - Mappa d'Avviso;  Mappa I; IV e Libri partite  e riportano in filigrana il marchio d'origine. Sono concessi ad uso esclusivo di questa pubblicazione con  prot. n. 01  del 04/02/2015 dal Mistero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo sez. d'Archivio di Stato Bassano del Grappa.
  • E fatto divieto di riproduzione e ulteriore divulgazione in qualsiasi forma e modalità.

Dalle passeggiate di Michele Toldo

Anche a San Pietro è sbocciata la primavera...







Non facciamoci fermare dal mostro della paura

Se la paura è un mostro che si nutre di buio, la scena del Martedì di Passione che ci resterà impressa nella mente l’ha ripresa un telefonino nelle viscere della metropolitana di Bruxelles. Il treno si è appena fermato in mezzo al tunnel e i passeggeri scendono dai vagoni per incamminarsi lungo le rotaie, verso la stazione più vicina. Nei loro gesti non si respira il panico dell’aeroporto, dove tutti correvano a perdifiato trascinandosi appresso i carrelli. Forse qui sotto non hanno ancora la percezione esatta di cosa è successo. Qui il buio e il silenzio avvolgono ogni azione e ogni emozione. A sporcarli affiorano il bagliore tenue delle luci di emergenza e il pianto isolato di un bambino. Ma gli adulti non piangono e non urlano. Neppure parlano. Si limitano a camminare silenziosi in fila per due, ascoltando il rumore dei propri passi senza rallentare né correre, come durante una processione. 

A un certo punto la camera del telefonino inquadra un uomo con un corpetto blu solcato da un’enorme scritta Nike.  
Cammina da solo in mezzo alle rotaie e tiene in mano un mazzo di fiori bianchi e rossi. Sembra quasi sollevarli con cura, affinché la polvere che sale dal basso non deturpi troppo la loro innocenza. Chissà a cos’erano destinati: se a battezzare una laurea, il vincitore di una gara sportiva o un appuntamento galante di prima mattina. La scena ha un effetto surreale che trascende nel magico: dopo tanto buio, in fondo al tunnel si comincia a intravedere una luce.  
 

Anche noi vorremmo vedere la luce, sperando non sia quella di un treno in corsa che procede contromano. Dopo la mattanza dei vignettisti di Charlie Hebdo eravamo sconvolti, ma immaginavamo ancora che il terrore colpisse obiettivi mirati. Dopo il Bataclan abbiamo capito che non era così, ma continuavamo a sperare che si trattasse di un attentato sporadico, non di un atto bellico a cui ne sarebbero seguiti molti altri. Finché è arrivata la battaglia di Bruxelles a ricordarci che qualcuno ci ha dichiarato guerra e che qualunque muro eretto tra noi e il nemico è ridicolo perché il nemico è già penetrato nella fortezza Europa. Ci è nato, ha frequentato le sue scuole, usufruito dei suoi servizi, imparato le sue lingue e quanto basta dei suoi costumi per coglierne gli aspetti più vulnerabili. I disperati che scappano dalla guerra e i fanatici che ce la portano in casa sono due problemi enormi, ma molto diversi tra loro, che non verranno mai risolti se affrontati allo stesso modo.  



La paura non dà mai risposte. Fa solo domande. La più stringente se la stanno ponendo le persone che avevano prenotato un viaggio all’estero per i giorni di Pasqua. Rinunciare, a costo di rimetterci dei soldi? O sfidare il destino, accettando il rischio di salire su un aereo, ma ormai anche su una metropolitana? E qual è il limite da dare all’espressione «viaggio all’estero», quando il terrore invade la capitale stessa dell’Europa?  



L’essere umano opta tendenzialmente per la soluzione che risuona meno pericolosa al suo carattere. Il fatto è che questa soluzione si sta rattrappendo di mese in mese, come il numero di Paesi sulla cartina geografica in cui sia ancora possibile immaginare di trascorrere una vacanza senza infilare troppa angoscia in valigia. E’ il ricatto del terrorismo, lo sappiamo, ma conosce un limite nel nostro desiderio naturale di muoverci, accettando rischi calcolati. I treni e gli aeroporti torneranno a popolarsi, perché nessuno è disposto a rinunciare al piacere di percorrere in libertà almeno la porzione di terra che gli è toccata in sorte. Quell’Europa che, paradossalmente, la tragedia spagnola del pullman dell’Erasmus e gli attentati di Bruxelles ci stanno facendo sentire finalmente nostra.  



Restringendo la visuale all’Italia, bisogna riconoscere che la sua prolungata impermeabilità ai sicari del Califfo non è frutto del caso o di un accordo segreto con la mafia, come giurano i dietrologi che tutto sanno, ma dello straordinario lavoro di una tra le Intelligence migliori del mondo. Si dice che l’esercizio sviluppa l’organo e i servizi italiani si sono addestrati attraverso mezzo secolo di lotta al terrorismo politico e alla criminalità organizzata, fino a raggiungere livelli di efficienza e di prestigio che le frange di agenti «deviati» non sono riusciti a macchiare. Forse un giorno verremo a sapere quante Bruxelles sono state risparmiate agli italiani in questi anni, grazie ai controlli e alle intercettazioni che qualche anima candida vorrebbe abolire.  



La paura è un sentimento reazionario che spinge verso scelte reazionarie. Storicamente trascina i popoli alla dittatura, nell’illusione che sospendere le garanzie democratiche possa proteggere meglio dal terrore. In realtà il populismo porta all’isolamento e l’isolamento non fa che aumentare il pericolo. Ma se avere paura è un diritto, e in certa misura un dovere, anche non perdere la testa lo è. Si brancola al buio come nel tunnel di Bruxelles, eppure si comincia a intravedere una luce. L’interruttore lo hanno in mano i leader europei. Cercheranno l’applauso facile delle opinioni pubbliche, sollevando ponti levatoi nel cuore dell’Europa, oppure useranno l’emergenza per accelerare il processo di integrazione tra le polizie continentali? Forse il terrorismo, come la paura, non si combatte alzando muri, ma gettando reti. 
M. Gramellini

mercoledì 30 marzo 2016

Da forte Corbin

(archivio f.lli Toldo)

Proviamo?

Lo so, sono consigli triti e ritriti, però penso che rileggerli ogni tanto male non faccia. Sono come le prediche della Mamma... e dai e dai e dai... alla fine qualcosa memorizziamo! Sarebbero suggerimenti molto semplici e anche fattibili, ma per una serie di motivi, spesso li snobbiamo. La primavera potrebbe essere il momento più propizio per farne un'abitudine giornaliera se non di tutti, ma almeno di qualcuno...












































Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...