Il periodo Pasquale in cui ci troviamo, porta con sé le tradizioni moderne di fare “Pasqua”, così ho pensato di andare alla ricerca di ciò che avveniva nei tempi passati per dare modo a tutti di capire come veniva vissuto, tanti anni fa, questo particolare momento.
Per la chiesa questo è un periodo “forte”, dove la Settimana Santa è colma di celebrazioni liturgiche speciali, che culminano con la solenne Veglia Pasquale. Celebrazioni particolari per il significato profondo che la Pasqua porta con sé, anche se ai giorni nostri spesso tutto è vissuto da “spettatori”…
Ciò che è rimasto di tante tradizioni passate, sono le processioni per le vie dei paesi ma per il resto molto è andato perduto. Un tempo, a Pedescala, la Settimana Santa era vissuta in pieno… ogni sera in chiesa, venivano cantati i “Mattutini”, salmi in latino che raccontavano le storie sacre. Esisteva un grande candelabro con molte candele, che venivano spente ad una ad una ad ogni salmo… alla fine, il Sacerdote dava un segnale e tutti i ragazzi presenti facevano girare le “reate” provocando un rumore assordante. (Reàta: strumento in legno usato al posto delle campane nella Settimana Santa). Per queste occasioni era usato anche il “reatón” molto più grande della “reàta” che da solo provocava un gran rumore. Le “reàte” avevano lo scopo di richiamare le persone alle celebrazioni nei giorni in cui le campane erano “legate”. Il giovedì santo, le donne e i ragazzi si davano da fare per procurarsi rami di pino, che servivano a preparare i “sepolcri”, rappresentazioni che erano fatte per le vie del paese dove sarebbe passata la processione. Il venerdì, in chiesa, si cantava il “Vexilla”, un canto antico in lingua latina che raccontava la passione di Gesù; era talmente importante che alcuni arrivavano anche da Thiene in bicicletta per cantare insieme alla gente del paese. Ma la cosa che richiamava molte persone anche da Tonezza era un avvenimento importante: per ogni via si potevano ammirare alcune stazioni viventi della Via Crucis chiamate “Sepolcri”.
Con i rami di pino venivano abbellite le capanne dove le persone rappresentavano ciò che avevano scelto di fare. C’era un vera e propria competizione, tutti si impegnavano perché il proprio “sepolcro” fosse il migliore. Si può pensare che i mezzi erano veramente pochi e poveri…, ma con la collaborazione di tutti si riusciva a realizzare qualcosa di particolare: dal Cristo flagellato, a quello crocifisso sul Calvario, alla deposizione, alle pie donne che piangevano, all’impiccagione di Giuda, anche l’ultima cena…, il tutto realizzato da gente del paese, ragazzi, uomini, donne che andavano a vedere in chiesa per “copiare” al meglio le stazioni; questa rappresentazione era motivo di orgoglio per tutto il paese. Le finestre delle vie venivano abbellite con lenzuola e copriletti bianchi: allora erano le cose più preziose che si possedevano e tutte le finestre dove passava la processione erano come coperte da candide nuvole … In Via Venezia, si ricorda che in una di queste “capanne” venivano esposti tutti i quadri con le immagini sacre che ogni famiglia teneva sopra i letti, tradizione di cui non si ricorda il significato, ma di certo queste usanze avranno avuto qualcosa di sacro.
Tutto è poi scomparso, nei ricordi dei più anziani del paese restano impresse quelle celebrazioni, in altre persone rimangono i rumori delle “reate” fatte “gracchiare” correndo tra le vie del paese in bicicletta per radunare le persone; le grandi croci di fuoco fatte nelle piazze e nelle contrà, ricordi che raccontano di fede antica, di legami profondi, di tradizioni scomparse vissute intensamente. Noi ora siamo i custodi dei ricordi, che devono farci capire il modo in cui, le generazioni passate, tenevano fortemente a certe tradizioni, ma ci dovrebbero però spronare a essere sempre parte viva di una comunità che il tempo ha certamente modificato, ma dove le cose che hanno valore restano comunque.
Lucia Marangoni
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