[Gianni Spagnolo © 22E15]
No, qui non scriverò di finanza speculativa, né darò consigli sui mutui; più banalmente mi occuperò dei due tassi che sono di casa dalle parti nostre.
Uno è il furtivo e massiccio mustelide notturno che scava grandi tane nei pendii, ma raramente si fa vedere dagli umani, mentre l’altro è l’elegante conifera cui è stato affibbiato il maleaugurante nome di “albero della morte”. Entrambi abitano da noi, anche se non mi ricordo avessero nomi particolari nel nostro dialetto.
Un famiglia di tassi a quattro zampe (Meles meles) ha da tempo la tana sotto le Fontanelle dei Chéca. Già vent’anni fa, infatti, un grosso esemplare si acquattò sulle scalette di casa nostra attirando la stupita attenzione dei miei figli con il suo caratteristico e sordo grugnito. Le principali attività del nostro amico sono il riposo nel periodo invernale e la manutenzione della propria tana in primavera e in estate. La sua tana si presenta infatti come una struttura estremamente complessa suddivisa in aree con funzioni ben precise, quali: magazzini per le provviste, stanze dove dormire, latrine e corridoi d’accesso. È una tana stabile, che viene tramandata di generazione in generazione per decenni, pare addirittura per secoli. Essa può essere abitata da più famiglie di tassi, che utilizzano però accessi, gallerie e stanze differenti. Se non viene disturbato questo mammifero non si rivela affatto pericoloso, anzi, è piuttosto socievole, ma qualora si senta minacciato o venga disturbato, può reagire con notevole forza e coraggio attaccando anche animali più grandi, come i cani.
Non ho notizie del rapporto che avessero i nostri vecchi col tasso; sulle Alpi di area germanica il suo pelo viene utilizzato per fare quel caratteristico e vistoso scopino che si porta sul cappello alla bavarese, come la penna per gli alpini. So che stiàni s'usava il suo grasso, il cosiddetto “onto de tasso”, per curare le lussazioni e altri accidenti. Era quasi una panacea per vari malanni, dato che il suo odore pare fosse insopportabile; e si sa che più un rimedio fa schifo, tanto maggiore è la sua presunta efficacia. Lo si conservava perciò in un barattolo a chiusura ermetica, sul scaféto pì alto dela càneva. Non ne ho personalmente esperienza, ma ricordo la faccia schifata di chi ebbe modo di sperimentare il medicamento in gioventù e raccontarne il pestilenziale effluvio.
Veniamo ora alla pianta del tasso (Taxus baccata), che è un albero sempreverde molto longevo appartenente alla famiglia delle conifere, molto utilizzato a scopi ornamentali. Questa conifera, a causa del suo elevato contenuto di tassina in tutte le sue parti (tranne la polpa della sua bacca rossa), una sostanza altamente tossica, è anche noto come albero della morte. In passato, veniva utilizzato per la creazione di veleni capaci di indurre un decesso improvviso per paralisi cardiaca o respiratoria. Il taxus baccata presenta un tronco rugoso e delle foglie aghiformi, molto simili a quelle dell’abete bianco, ma non pungenti perché tenere e d'un colore verde brillante intenso. Non è un albero particolarmente alto, arrivando di rado fino ai 15 metri e presentandosi talvolta come arbusto. Il tasso, con la sua eleganza, ha un’indubbia valenza ornamentale e presenta dei frutti costituiti da piccole bacche rosse e carnose che contengono un seme di colore scuro. Gli uccelli ne sono ghiotti e contribuiscono a disseminare il frutto lungo le loro vie migratorie. Il legno di tasso è molto pesante, resistente ed elastico, ideale come legno per tornitura e intaglio e molto resistente all'umidità, inoltre non ha resina né nel legno né nella corteccia. I bordi degli anelli annuali sono facili da vedere, il che lo rende molto particolare e decorativo. Di legno di tasso erano fatti gli archi lunghi degli arcieri inglesi, sì, proprio quei longbow che ad Azincourt, nel 1415, decimarono la cavalleria pesante francese e la nobiltà transalpina in quell’epica battaglia.
Non ho ricordi dell’albero di tasso nei racconti dei nostri vecchi e dei suoi usi da noi; in verità mi sembra anche di non averne mai visti dalle nostre parti in gioventù, ma allora ero più interessato ai gnari che ai loro sostegni. Mi sono quindi stupito di trovarne attualmente molti di sparsi nelle vallette rivolte a nord e più riparate delle pendici della nostra valle. La loro chioma d’un verde cupo, gli aghetti teneri e, soprattutto, le evidenti bacche rosse che lo punteggiano a fine estate, lo rendono facilmente riconoscibile. In quella stagione offre succulenta pastura specialmente ai tordi, particolarmente ghiotti degli arilli del tasso. Una fitta cornice di tassi circonda anche la mia casa; è un albero che mi piace, il tasso; piccolo, ma tenace e d’un bel verde carico. Un albero resiliente, dato che se ne annoverano alcuni vecchi anche di quattromila anni. A no l’è mìa on scavessòn, el tasso; elo magari el s'incùcia, ma nol se scavessa!