San Pietro in Val d'Astico, anno 1947 La famiglia Spagnolo del ramo dei Paregin-Ghia I miei Nonni: Giovanni M. Spagnolo e Giuseppina Mioni mio padre Giuseppe e le mie zie Caterina e Angela. |
Gli Spagnolo
non sono originari di San Pietro, o per meglio dire, non appartengono alle famiglie di più antico insediamento. Ci sono venuti infatti alla metà del millesettecento oriundi da
Rotzo; per essere precisi, dalla zona di Albaredo, che con Mezzaselva è la loro
patria ancestrale e dove un tempo esisteva una contra' col loro nome.
Negli atti del
notaio Antonio Toldo fu Battista di San Pietro del 16 luglio 1754, compare come teste di un atto di vendita fra Mattio Bonifaci e Domenico Gianesini, un certo “.. Dominico fg. di Batt.a, Spagnolo oriondo de Albaredo di Rozzo, et ora abita qui in San Pietro ..”. Da questa notazione apprendiamo che Domenico si
è da poco stabilito in paese; ma andiamo con ordine.
La coppia ebbe
due figli: Domenico e Tomaso e due figlie: Maddalena ed Elisabetta.
Maria Loser morì giovane il 5 marzo del 1725, lasciando il marito vedovo
con i 4 figli da allevare ("Maria ux. Baptista Slaviero Spagnolo" -
Come si vede, in parrocchia si usa ancora richiamarsi al cognome
originario, usando Spagnolo in subordine, come distinzione). Le due figlie
lasciarono poi la casa paterna: Maddalena si sposò nel 1735
con Antonio Dalla Costa di Rotzo, mentre Elisabetta si
accasò nel 1747 con Bortolo Vescovi di
Asiago; così fecero anche i due fratelli, come vedremo poi.
Nel 1752,
quando i figli erano già sistemati, Gio:Battista, ormai
sessantenne, decide di passare a seconde nozze. I dettagli della faccenda non
ci sono noti, ma ai due maschi la cosa non sembra sia andata molto a
genio, tant’è che chiedono al padre di restituire loro la dote della madre. Per provvedere alla loro liquidazione, questi dovette vendere una sua proprietà: ".. teza coperta di paglia in Albaredo in Contra' degli Slavieri, stimata in Troni 357 .." Ne toccheranno 227=6 a Tomaso e solo 30 a Domenico, presumibilmente per precedenti assegnazioni in occasione del suo matrimonio.
Fino ad allora i due fratelli avevano forse coadiuvato il padre nell'attività di manutenzione delle strade comunali che dalla Val Martello conducevano in Val d'Astico; da atti dell'epoca apprendiamo infatti che egli ottenne dal Comune di Rotzo questi appalti.
Sarà forse per
queste occupazioni, che troviamo traccia di Domenico a San
Pietro nel 1748 e poi (1751) anche di Tomaso, sposato con Donna Chiara
Cerato, già vedova di Giacomo di Lunardo Mattielli di
Pedescala. Di Tomaso si perdono presto le tracce, non
avendone trovate ulteriori nei documenti, mentre di Domenico sappiamo
che è sposato con Anna Slaviero(3). Avranno anche
loro 4 figli:
Maddalena (1747), Giacomo (1749), Domenico (1758), Gio:Batta (1760).
Maddalena va in sposa a Giuseppe Serafin(i), di San Pietro (Osto),
la cui famiglia è oriunda da Casotto.
Giacomo sposa Catarina Lorenzi e avrà una sola figlia: Anna,
che morirà nel 1817.
Gio:Batta si accasa con Bortola Panozzo, presumibilmente di Tresché, e
ha due figli: Luigi, che morirà adolescente e Domenico,
che si sposerà poi con Elisabetta Cornolò trasferendosi alle
Seghe di Velo e dando origine al ramo degli Spagnolo di Velo d’Astico.
A proseguire la
linea a San Pietro rimane quindi la discendenza di Domenico,
che infatti è il capostipite di tutti gli Spagnolo attuali di questa località.
Giovanni Spagnolo dei Nelo da Albaredo (Hans bon Neln kan Aspach) |
Inoltre, un
certo Francesco Spagnolo è documentato a San Pietro già nel
1581, nella vicinìa per l’elezione del parroco Don Lorenzi, ma in seguito per
quasi due secoli non si hanno testimonianze ulteriori, segno che si trattò di
un insediamento effimero o di una linea presto estintasi.
I patronimici
che ricorrevano principalmente nel mio ramo ancestrale erano Giovanni Battista
(Gio:Batta o Batta) e Domenico (D.co), mentre presso quello parallelo degli Scrich si
avvicendavano prevalentemente Giovanni Maria (Gio:Maria) e Matteo (Matio).
Ciò ha reso più agevole distinguere le discendenze, che altrimenti sarebbe
stato impossibile seguire nel corso delle generazioni.
Gli studiosi Schmeller e Battisti lo fanno derivare dalla voce longobarda Espan, nell'accezione di "pascolo vicino all'abitato", etimo presente anche nell'antico e medio alto tedesco e rimasto nei suoi retaggi dialettali. Infatti, la contrazione del demotico: Espanier, .. Spanier nell'antica lingua, si prestava ad essere tradotta in italiano con "spagnolo", equivocandone l'originale significato, che evidentemente s'era perso.(5) Il cognome non si affermò allora in paese; si sarà estinto o legato in rami femminili agli Slaviero. Forse in questo modo le sue terre passarono presto a questi ultimi, i quali perciò acquisirono come soprannome distintivo “Spagnolo”, che vanta perciò una lunghissima tradizione in loco.
Domenico sposa Maddalena Toldo e va ad abitare nella casa
d’angolo dell’Aréta, allora Capovilla, al numero 319 (ora Via Santa
Barbara), esercitando la professione di sarto. Sarà forse perché, dato il mestiere, veste con una certa eleganza, oppure per le sue opinioni
politiche, che gli viene affibbiato il soprannome di “Parigin”(6),
che connoterà anche la sua discendenza. Domenico sa scrivere e
far di conto e sembra interessato anche alla politica, in quel passaggio di
secolo che vedeva sconvolti i precedenti secolari equilibri. Nel 1797 cadde
infatti la Serenissima e le influenze della Rivoluzione Francese cominciarono a
lambire anche il nostro territorio. Da alcuni indizi si può ritenere che
egli non fosse ostile ai venti nuovi che giungevano d’oltralpe. Per il suo
lavoro Domenico aveva inoltre frequenti rapporti anche con gli
altri paesi dell’Alta Valle.
Con
l’instaurazione dell’effimero Regno d’Italia napoleonico (1806-15), venne
imposta l’istituzione di uno Stato Civile, laicizzando l’amministrazione. Le
registrazioni sono pertanto curate da un cittadino a ciò preposto e non più dal
parroco. L’Ufficiale di Stato Civile di San Pietro a quel tempo è Giuseppe
Serafini, che di Domenico è il cognato avendone sposato la
sorella Maddalena. Negli atti del periodo napoleonico troveremo
infatti spesso Domenico citato come testimone.
Domenico coltivò amicizia e forse affinità politiche con i Sartori Braidi del
Casotto e con i Rossati Gallo degli Scalzeri, chiamati anche Galeni(7). Questi ultimi avevano tradizionalmente un’indole piuttosto indocile e ardita ed erano
refrattari al governo austriaco, verosimilmente a causa delle restrizioni
doganali e delle tassazioni che gravavano sui loro traffici transfrontalieri. Non sorprende quindi che preferissero assecondare il nuovo
corso delle cose. Questa posizione costò loro parecchio con la successiva
restaurazione del vecchio ordine, inclusa la perdita del feudo del Bìsele,
che passò ai livellari lusernati, i quali ne mantennero anche
la menda di Galeni.
Ferdinando eredita la bottega del padre ed esercita l’attività di sarto nella casa paterna sull’Aréta, che d’allora in poi sarà il luogo di residenza secolare di quelle famiglie.
Ma ecco che in quei tempi cominciarono a profilarsi anni bui, in cui all’inclemenza della natura seguirono ripetute carestie e pestilenze per oltre un trentennio, minando seriamente l’economia e la stessa sopravvivenza della popolazione di buona parte d’Europa. Alcuni ceppi familiari si estinsero; la mortalità infantile, già alta di suo, crebbe a dismisura e si contrasse la durata della vita. Dopo il Congresso di Vienna del 1815, seguito alla sconfitta di Napoleone, Rotzo, di cui San Pietro era colonnello e tutto il Serenissimo Dominio, furono assoggettati al Regno Lombardo-Veneto e alla Corona D’Austria, mentre il confine sulla Torra venne a perdere per un po’ il suo plurisecolare significato. I registri civili e parrocchiali cominciano a essere lacunosi e imprecisi; i colpiti da colera e tifo venivano spesso sepolti di notte alla chetichella, i bambini morivano come mosche e la situazione di scoramento e deprivazione della gente non favoriva certo la corretta e puntuale tenuta dei documenti. La tradizionale economia di sussistenza fu seriamente compromessa e la condizione sociale e sanitaria della nostra gente peggiorò sensibilmente.
Ecco che in
questo periodo diventa difficile seguire con precisione il percorso delle
nostre famiglie e intuirne le vicissitudini. Le lacune documentali
costringono ad autentiche peripezie per riannodare i fili generazionali e il
rischio di incappare in errori è molto alto. Cerchiamo comunque
di procedere con ordine.
Ferdinando e Maddalena generarono 7 figli: Barbara
Speranza (1822); Domenico Antonio (1823); Costanza
Maria (1826); Maria Maddalena (1828); Giovanni
Battista (06/07/1830); Pietro Paolo (1838); Giovanni (1835?1908).
Della prima figlia sappiamo che morì a 7 mesi, delle altre femmine non si ha
ulteriore notizia, così come di Domenico Antonio e Pietro
Paolo: presumibilmente morirono in giovane età nel periodo di lacuna
dei registri.
Giovanni
Battista e Giovanni invece
sopravvissero e furono i progenitori dei due attuali ceppi degli
Spagnolo di San Pietro: quello dei “Paregin” continuò con Gio:Battista,
mentre quello di Giovanni con i “Nandi”, soprannome
derivato dalla contrazione di quello del padre.
I Nandi si
occuparono in seguito della gestione dell’osteria della Dogana, dove vi si
trasferirono dalla Piazza. Questo casello riprese a funzionare dopo il 1866,
quando il Veneto venne accorpato al neonato Regno d’Italia e sulla Torra
tornarono gli antichi termini e le inveterate abitudini. Da questa famiglia,
figlio di Giovanni, venne Domenico, detto il Maestro
Nando, che fu per molti anni stimato educatore nelle scuole locali e poi Roberto, che
aprì e gestì il laboratorio di oreficeria e fotografia in paese.
Gio:Batta si sposò con Maria Domenica Lorenzi (1831) generando
3 figli:
Gio:Batta (06/08/1849); Domenico (16/02/1851) e Antonio
(26/09/1855).
Gio:Batta e Antonio sposarono poi due sorelle Alessi,
rispettivamente Orsola e Maria e rimasero
accasati attorno all’Aréta, acquisendo il soprannome di “Lussi” - forse dalla corruzione del cognome delle mogli o da Lütz (alto/allampanato) - che d’allora in poi cominciò a caratterizzarli soppiantando in seguito quello paterno di “Parigin”.(9)
Giobatta e Orsola ebbero 3 figli: Battista, Fortunato e Antonio, che
furono rispettivamente i capostipiti dei rami dei “Belasio”
(Tita da Belasio), dei “Lussi” (Nato Lusso) e dei “Fabrélo” (Toni
Fabrélo)
Antonio e Maria generarono 5 figli: Battista, Daniele,
Augusta, Caterina e Maria, anch’essi detti “Lussi”.
Domenico invece si accasò con Caterina Sartori Grandon, che
abitava a San Pietro affiliata da zia materna, essendo orfana di
madre dall'età di due anni, ma che proveniva dal maso di Belfiore, sopra Casotto. Era un Paregin,
ma non un Lusso e per distinguerlo dai fratelli venne chiamato “Ghìar”, che pare fosse il soprannome della famiglia adottiva della moglie, forse contrazione di ghialàr (it. urlatore)
Entriamo ora in
tempi più moderni e alla portata dei ricordi familiari, essendo Domenico mio
trisavolo. La coppia ebbe infatti 4 figli: Battista Giuseppe (1873), Giuseppa
(1874) Giuseppe (1880), Maria (1883) e Giovanni
Maria (1885).
Battista
Giuseppe sposò Anna Canale da Tonezza
detta “Passéta” ed ebbe 6 figli: Giuseppe, Vittorio, Domenico, Caterina, Nella ed Emilia. Dal
soprannome tonezzano della moglie, questo ramo venne chiamato appunto “Passéti” e
si stabilì in contra’ Pertile dopo la prima guerra mondiale. Giuseppe emigrò
ancor giovane in Francia non fece più ritorno, Caterina si sposò a Velo d'Astico, mentre Vittorio, Domenico ed Emilia rimasero in paese, pur con le
vicende di emigrazione periodica che caratterizzarono la nostra gente. Nella, sposata con un Alessi Magnéi,
perì appunto nell’attraversamento invernale del Moncenisio, nel tentativo di espatriare clandestinamente in Francia, dove già si trovava la sua famiglia.
Le sorelle Giuseppa e Maria si maritarono a Velo d’Astico, abbandonando il paese. Giuseppe morì a
20 anni nel 1900, mentre il più piccolo, Giovanni Maria, era mio
Nonno, quello della foto di apertura, che rimase nella casa paterna di Via Carlo Alberto, 11 in prossimità della piazza, dove visse mio Padre e poi io.
Di questa lunga
storia attraverso cinquecento anni e tante generazioni che si sono passate il
testimone, ho potuto ricostruire solo i fatti salienti legati a nascite, morti, matrimoni, passaggi di proprietà, doti, ecc.; poco altro infatti è possibile evincere dalle tracce
documentali rimaste. Ho effettuato analoghe ricostruzioni anche per il mio ramo materno, ricavando una visione piuttosto articolata delle vicende familiari del nostro
paese nel corso del tempo. È interessante vedere gli intrecci
familiari che hanno interessato i miei avi in questo lungo periodo; cito di seguito
i loro cognomi in ordine alfabetico, limitandomi agli ultimi tre secoli:
- Ramo paterno: Bonato, Calgaro, Capovilla, Carotta, Ciechi, Lancin, Longhi, Lorenzi, Loser, Mioni, Rocchetti, Ronzan, Rossati, Sartori, Scalzeri, Slaviero, Sterchele, Toldo, Zordan.
- Ramo materno: Alessi, Cerato, Dal Cason, Dall'Osteria, Delai, Fontana, Giacomelli, Lorenzi, Lucca, Gianesini, Munari, Nicolussi, Pellizzari, Pettinà, Pretto, Sella, Serafini, Toldo.
Come
si può notare, tutti i cognomi elencati oltre a quelli di San Pietro, sono
tipici dei territori confinanti con l'antico comune di Rotzo, ovvero: Roana,
Luserna, Lavarone, Pedemonte, Lastebasse, Tonezza e Cogollo.(10) Alcuni
di essi ricorrono più volte nel corso delle generazioni. Per almeno cinquecento
anni documentati le nostre famiglie si sono amalgamate all'interno di questo
areale; si tratta di circa 25 generazioni.(11)
Analoghe
considerazioni valgono per ciascuna delle persone originarie dell'Alta Valle
dell'Astico e degli Altopiani che la circondano e dovrebbero indurci delle
riflessioni illuminanti sulla nostra capacità di riconoscerci fratelli e legati
da un antico, comune, innegabile e profondo retaggio.
Gianni Spagnolo
III-II-MMXVI
Richiami del testo:
(1) 371=6 Troni: equivalevano a circa 2,5 Kg d’argento.
(2) A Mezzaselva e Roana il cognome Spagnolo si estinse nel corso del
milleottocento.
(3) Sarà stranamente indicata poi come “Lucha”,
nell’atto di morte della figlia Maddalena. Gli errori e le imprecisioni sono abbastanza frequenti nei registri parrocchiali del tempo e possono trarre in inganno chi cerca di riannodare i fili delle generazioni.
(4) Questo santuario della Galizia spagnola fu ambita meta dei pellegrini cristiani quando la Terra Santa fu ad essi preclusa dalla riconquista araba. A quel tempo la Spagna non era ancora una nazione, ma una indicazione geografica, perciò le aggettivazioni d'origine erano legate agli stati/regni allora esistenti: Castiglia, Navarra, Aragona, ecc. come testimoniano molti cognomi italiani che ad essi rimandano. Spagnolo infatti è documentato a Trento e Verona già dal XII° secolo.
(5) La traduzione dei nomi di famiglia in latino e poi italiano fu ricorrente nelle nostre zone nel periodo di formazione dei cognomi, stante la necessità di redigere documenti in lingua colta ed essendo la parlata locale assai poco considerata anche dai pubblici ufficiali che pur la conoscevano. (Ad esempio il cognome Smiderle, diminutivo cimbro di fabbro e pertanto assai comune, che divenne Fabris (latino) in Roana, Fabrello (veneto) in Val di Rio Freddo, Smittarello (italianizzato) in Val Posina, mentre rimase invariato in Val Leogra. Molto dipese dai parroci, sempre assai impegnati a sgrezzare le nostre popolazioni.
(5) La traduzione dei nomi di famiglia in latino e poi italiano fu ricorrente nelle nostre zone nel periodo di formazione dei cognomi, stante la necessità di redigere documenti in lingua colta ed essendo la parlata locale assai poco considerata anche dai pubblici ufficiali che pur la conoscevano. (Ad esempio il cognome Smiderle, diminutivo cimbro di fabbro e pertanto assai comune, che divenne Fabris (latino) in Roana, Fabrello (veneto) in Val di Rio Freddo, Smittarello (italianizzato) in Val Posina, mentre rimase invariato in Val Leogra. Molto dipese dai parroci, sempre assai impegnati a sgrezzare le nostre popolazioni.
(6) Parigin: nel veneto di allora si diceva di persona elegante, affettata, mondana, di un tipo originale, insomma.
(7) I Rossati del Maso Scalzeri erano proprietari del grande mulino
sull’Astico e di ampi possedimenti sul Bìsele, dove si accedeva
dalla valle proprio attraverso il Ponte di Rossato, un valico in legno sulla testata della Val Torra che sul contrafforte portava scolpito nella pietra il loro stemma, un
gallo appunto. Erano infatti fornitori di granaglie e farine per tutto
l’Alto Astico e le montagne circostanti, che servivano tramite trasporti someggiati
che risalivano i sentieri della valle.
(8) Notare la chiara influenza francese in questi nomi che si discostano
dalla tradizione.
(9) Sul portico, ora bruciato, della specola dell’Aréta si poteva
ancora leggere a caratteri cubitali rossi il monogramma “FSP”: Fortunato
Spagnolo Parigin, che di Gio:Batta era figlio, ma era
chiamato Nato Lusso.
(10) Cogollo compare solo recentemente per via di mia nonna paterna.
(11) Applicando un paradosso demografico, che evidenzia l'eclatante
consanguineità della nostra gente, potremmo dire che per generare il
sottoscritto in questo lungo lasso di tempo, se nessuno dei miei avi fossero
stati in alcun modo parenti fra loro, ci sarebbero voluti: [2 (genitori) x 25-1
(generazioni)], vale a dire 2 elevato alla 24.ma potenza e pari a 16.777.216 di persone, ovvero all'incirca il doppio di tutti gli abitanti dell'Italia di
allora e non lo scarso migliaio in età riproduttiva che cinque secoli fa
abitavano il nostro territorio.
- Fonti:
- Archivio di Stato di Vicenza e Bassano del Grappa;
- Atti del Notaio Antonio Toldo di San Pietro 1748-56;
- Atti dei Notai Slaviero e Tondello di Rotzo;
- Registi delle anime delle parrocchie di S. Gertrude di Rotzo, S. Maria Assunta di Brancafora, S Maria Maddalena di Forni;
- Archivi della Curia Vescovile di Padova;
- Archivio Capitolo di Vicenza c/o Seminario - Catastico Lasagna vol. primo n. 4506*;
- Biblioteca Marciana di Venezia;
- Biblioteca Bertoliana di Vicenza;
- Documenti della famiglia di Giuseppe Spagnolo;
- Ivo Matteo
Slaviero: Attraverso la storia – Cronache delle famiglie Slaviero – 1997
- Ivo Matteo
Slaviero: Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità -
2014.
Bravissimo come sempre Gianni, grazie per questa pagina di storia e per le spiegazioni relative ai soprannomi delle varie famiglie Spagnolo,
RispondiEliminaBel lavoro, Gianni ! Interessante capire chi siamo e da dove proveniamo.
RispondiEliminaBergan era un sopranome per certi Sartori di Valpegara fine 1600, come Zerbin, Menegante, Melchiori... Però, non ho mai visto Sartori "Loria" nei documenti di genealogia.
Ciao Gianni,
RispondiEliminaLei scrivo perche la mia famiglia proviene dal ramo Spagnolo-Alessi, Antonio Spagnolo (1855) è il mio bis-bisnonno. E una cosa che ho scoperto grazie al suo lavoro ! Quindi, grazie mille ! Mi chiedevo se aveva tenuto una copia di alcuni atti, e se questo è il caso, se sarebbe disposto a farmi vedere. Ho iniziato la genealogia ma quando non viviamo in Italia, a volte è difficile trovare cose interessanti. Non esitate a contattarmi se desiderate discutere anche dei diversi rami della famiglia.
A presto spero !
Alexandra
Mi fa piacere Alexandra di esserti stato d'aiuto. Se mi dai qualche informazione di chi sei figlia/nipote, vedo se ho qualche documento in merito.
EliminaGrazie mille Gianni. Mia madre, Giacomina Olimpia è una Spagnolo, figlia di Nives Clara Treppo (1932) e Antonio Giuseppe Spagnolo (1932-2000, nato a Rotzo) che vivevano a Nizza e dopo a San Pietro. Il padre di mio nonno Antonio era Daniele Spagnolo (1881-1959) chi potrebbe essere il figlio di Antonio Spagnolo (1855) e Maria "Rosalia" Alessi chi lei menzione. Il Daniele ha sposato Maria Slaviero (1893-1969) in seconde nozze e sono entrambi sepolti nel cimitero di San Pietro. Se si scopre che stiamo parlando dello stesso Antonio (1855), allora siamo della stessa famiglia :).
EliminaCiao ancora Gianni, spero che stia bene!
EliminaÈ passato un po 'di tempo dall'ultimo messaggio, ma per ogni evenienza, ecco il mio e-mail se vuoi parlare della famiglia : alexandra.maiffret@laposte.net
Mia mamma era Spagnolo di cognome. Veniva da Fratte di S.Giustina in Colle (PD). Tanti anni parlando con i vecchi della famiglia, in particolare con un missionario mi disse che la nostra famiglia proveniva da Asiago e che non so in che epoca un certo Daniele Spagnolo si è diviso dai fratelli e si è trasferito a Fratte e qui acquistò una campagna intera. Il missionario (p.Nerio Spagnolo) mi disse anche che prima di arrivare ad Asiago gli Spagnolo provenivano dalla Germania.
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